The Dark Pictures Anthology, la serie horror sviluppata da Supermassive Games e prodotta da Bandai Namco, è pronta a chiudere la sua prima stagione il 18 novembre con l'uscita dell'ultimo capitolo, intitolato The Devil in Me. Quest'ultimo episodio sembra essere un'interessante summa del percorso fatto dal team di sviluppo in questi anni, da Man of Medan a oggi. The Devil in Me, infatti, introduce diverse novità alla formula già collaudata da Supermassive, andando incontro a quelle che sono state le richieste della community.
A parlarci di questo è Tom Heaton, Game Director di The Devil in Me, che abbiamo avuto il piacere d'intervistare nella cornice della Gamescom di Colonia, dopo aver assistito a un evento di presentazione stampa. Raccogliamo quindi all'interno di questa anteprima di The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me tutto quello che c'è da sapere sul capitolo conclusivo della prima stagione.
Ispirazione e ambientazione
Un elemento che accomuna tutti gli episodi di The Dark Picture è l'essere ispirati a vere leggende della tradizione popolare. Con The Devil in Me, Supermassive ha fatto un ulteriore salto, ripescando fatti di cronaca realmente accaduti negli Stati Uniti sul finire del XIX secolo. Heaton fa riferimento in modo esplicito alla vicenda di Herman Webster Mudgett, noto ai più come Henry Howard Holmes, uno tra i primi e senz'altro più prolifici serial killer della storia statunitense. Ispirato dalla World's Fair Columbian Exposition in corso a Chicago nel 1892, H. H. Holmes fece costruire nel quartiere di Englewood a Chicago, un hotel chiamato The World's Fair Hotel, ribattezzato negli anni il Castello della morte. Tra il '92 e il '94 del '800 infatti numerose persone visitarono il Castello, un edificio, come si può immaginare, ben lungi dall'essere un luogo di ristoro come gli alberghi normali.
L'edificio, costruito su tre piani, altro non era che una gigantesca trappola mortale: il secondo e terzo piano erano composti da un vero e proprio labirinto fatto di camere collegate tra loro attraverso passaggi segreti, spioncini, porte blindate, botole con scivoli e persino un enorme vasca piena di acido e calce viva. H. H. Holmes trascorse più di 2 anni intrappolando, torturando e uccidendo i malcapitati ospiti dell'albergo, godendosi ogni singolo momento della permanenza delle sue vittime. Una volta arrestato, vennero confermati 29 omicidi, anche se a oggi in molti sono convinti che le vittime di Holmes fossero ben di più. I cronisti dell'epoca riportano che quando venne chiesto a Holmes il movente e le motivazioni dietro le sue terribili azioni, il serial killer rispose sul banco degli imputati "Because I have a devil in me"
Storia e personaggi
Il demone di H. H. Holmes, oltre a dare il titolo al gioco, costituisce anche l'incipit delle vicende dei cinque personaggi protagonisti. La storia è ambientata ai giorni nostri e vede protagonista la troupe della Lonnit Entertainment, una piccola etichetta di produzione televisiva alle prese con una serie dedicata ai serial killer. Il progetto è arrivato ad un punto critico: la troupe si trova di fronte alla creazione dell'ultimo episodio, quello decisivo, che sancirà la cancellazione della serie oppure il rinnovo per la seconda stagione. Tutti sanno che arrivati a questo punto bisogna puntare in alto e l'idea è proprio quella di parlare del Castello della morte di H. H. Holmes.
Purtroppo i soldi scarseggiano fino a che, un giorno, la troupe viene contattata da un misterioso architetto, che rivela di aver ereditato da un anziano parente un edificio, a quanto pare un hotel. Pare che il vecchio proprietario fosse ossessionato dalle storie di serial killer, tanto che molte delle camere di questo albergo sono accurate riproduzioni del Castello della morte di Holmes: esistono alcune immagini dell'esterno del Castello, ma nessuno ne ha mai visto gli interni. E questa riproduzione messa a disposizione gratuitamente del misterioso benefattore è l'occasione d'oro per la Lonnit Entertainment. Stiamo pur sempre parlando di un capitolo di The Dark Pictures e quindi sappiamo che niente è bello come sembra: poco dopo aver varcato la soglia dell'edificio, i protagonisti si renderanno conto che la provvidenziale telefonata ricevuta li ha condotti dritti in una trappola mortale.
Tanto quanto i protagonisti di The Devil in Me, anche i Supermassive erano all'oscuro di come fosse realmente l'albergo di H. H. Holmes. La ricerca storica svolta dal team di sviluppo è stata parecchio estesa e Heaton ci racconta che un cronista dell'epoca disegnò una mappa del Castello, ma la riproduzione della piantina non è così verosimile. Per questo i Supermassive si sono affidati ad altro materiale, riproduzioni storiche di veri alberghi dell'epoca, alle quali hanno poi ascoltato le descrizioni del Castello.
Come detto i protagonisti di The Devil in Me sono cinque. Il primo è Charlie, proprietario della Lonnit Entertainment e regista dei documentari. Charlie è fortemente intenzionato a trovare la storia giusta e il rinnovo della serie è una questione tanto d'investimenti quanto personale; la pressione di questa situazione lo porterà a essere talvolta impulsivo e irascibile. Kate, interpretata dalla candidata al premio Oscar Jessie Buckley, è la conduttrice dei documentari. Alla Buckley è stato affidato uno dei personaggi forse più complessi dei cast, poiché Kate è una donna estremamente ambivalente: forte e determinata all'esterno, ma insicura e ansiosa nel suo intimo. Una dimensione, quella privata di Kate, che ha potuto conoscere solo Mark, cameraman della troupe nonché ex fidanzato della presentatrice.
I veterani di The Dark Picture sapranno che i trascorsi tra i personaggi costituiscono per il giocatore una lama a doppio taglio, fornendo da una parte risvolti narrativi sicuramente interessanti (perché un pizzico di dramma non guasta mai, ndr.), ma diventano contemporaneamente complessi da gestire nel momento dei bivi narrativi. La caposquadra del gruppo, nonché addetta a luci e impianti elettrici, è Jaime, personaggio che da quel che abbiamo potuto vedere ha un forte carisma e un innegabile ascendente di leadership nel gruppo. Lei è sicuramente la tosta del gruppo ma, come ben sappiamo, più è pesante il carico che il leader si porta sulle spalle, più fragoroso è il tonfo che questo fa una volta crollato. È innegabile infatti, che ai leader dei gruppi spetta sempre il destino peggiore nelle avventure di Supermassive... a meno che non siate abbastanza bravi da salvare Jamie dal suo destino.
Chiude il gruppo Erin, l'ultima arrivata, assistente di regia e appassionata fonica.
Esplorazione libera
Una prima grande novità presente in The Devil in Me riguarda l'esplorazione degli ambienti. Se la formula iniziale di Supermassive prevedeva una struttura a tunnel, con un avanzamento quasi su binari, The Devil in Me cambia rotta, permettendoci di visitare liberamente gli spazi. In questo modo il giocatore può gestire in autonomia non solo la telecamera, ma l'esplorazione di ogni singolo angolo e anfratto delle stanze del Castello della morte. Per la prima volta i personaggi potranno scavalcare ostacoli, arrampicarsi su scale a pioli e sporgenze e decidere liberamente se camminare o correre. Questa libertà di esplorazione, dice Heaton, è strettamente correlata alla natura degli ambienti proposti da The Devil in Me: trattandosi il Castello di un luogo pieno di passaggi segreti, botole, pareti scorrevoli e via dicendo, era essenziale che il giocatore avesse libero accesso agli spazi presenti nel gioco
Il tocco molto interessante che propone Supermassive sotto questo profilo è l'accostamento di una storia dal chiaro fascino ottocentesco con la brutalità del filone cinematografico di Saw. Le stanze del Castello diventano così mortali escape room, dove il killer della storia osserverà e si divertirà con i malcapitati protagonisti. Nel menzionare il genere escape room però non vogliamo trarvi in inganno: Heaton ci assicura che i puzzle presenti in The Devil in Me non sono degli rompicapo spacca-cervello, ma enigmi che richiederanno più capacità di problem solving che logiche. Alcuni di questi sono poi legati anche a dei countdown, come molte delle sequenze d'azione di The Dark Picture e, in quanto tali, aprono a diversi scenari nella storia. Heaton ci ha confermato che il successo o la mancata risoluzione di un "puzzle a tempo", porterà a determinate conseguenze, ma che lo sviluppatore non reputa giuste o sbagliate. "Chiaramente l'obiettivo è non fare morire tutti, ma non c'è un modo giusto o sbagliato di giocare un capitolo di The Dark Picture, l'importante è vivere la propria esperienza di gioco in modo divertito e senza pensare ai risultati. Se qualcuno muore non è un completo disastro ma solo parte della storia. Poi certo, con il senno di poi, si potrebbe rigiocare la partita per vedere tutti i possibili what if".
È qui che esplorazione libera della mappa, introduzione di enigmi ambientali e diramazioni sui bivi narrativi trovano un interessante punto di equilibrio. Le scelte che il giocatore deve prendere nelle avventure di The Dark Pictures sono per le più decisioni basate sull'istinto. Esiste una logica e una consequenzialità degli eventi, ma non sempre questi sono particolarmente manifesti al giocatore. Senza contare che la meccanica della premonizione, che permette di vedere alcuni scenari possibili, spesso disorientano più che aiutare. Per questo, l'idea di unire l'ansia e la tensione di un evento drammatico, magari da risolvere in un tempo limitato, con una meccanica puramente razionale come il venire a capo di un enigma, è tanto semplice quanto funzionale.
Inventario e oggetti unici
Altra novità introdotta in The Devil in Me riguarda i personaggi, o meglio, la loro gestione, perché Heaton ci anticipa l'introduzione di un inventario a disposizione del giocatore. Rispetto al passato quindi, si potranno raccogliere oggetti e selezionarli nell'inventario di ogni singolo personaggio; ma c'è di più, perché ogni membro del gruppo ha in dotazione un oggetto personale unico, utilizzabile nel corso dell'avventura. Charlie possiede un biglietto da visita rigido, utile per aprire serrature di porte e cassetti. Mark, in qualità di cameraman, ha disposizione una videocamera; Kate è solita prendere appunti e porterà sempre con sé una matita, utile per rivelare i solchi delle scritte su libri e pezzi di carta. Jaime possiede un multimetro che le permette di ricaricare circuiti elettrici, mentre Erin è dotata di un microfono direzionale, in grado di captare suoni e onde sonore oltre i muri del Castello.
Tutti questi oggetti, ci fa sapere Heaton, possono essere rotti, persi o ceduti ad altri personaggi, e la sopravvivenza dei protagonisti non è strettamente correlata al possesso del suo oggetto durante tutto il corso della partita... nel senso che non è detto che un personaggio si salverà solo perché è rimasto sempre in possesso del suo oggetto.
Riguardo alla totalità dell'avventura è quindi confermato che i protagonisti possono sia sopravvivere come gruppo che morire tutti; rispetto al passato però cambierà la durata dell'episodio, che gli sviluppatori dicono attestarsi circa sulle 7 ore, 3 in più rispetto alla media dei precedenti episodi.
Gli oggetti unici aggiungono, però, un ulteriore livello di difficoltà anche per gli sviluppatori, che noi immaginiamo come tanti Doctor Strange, capaci di vedere contemporaneamente in ogni singola diramazione della realtà. "è difficile tenere tutto sotto controllo, ma a ogni gioco sviluppato impariamo qualcosa di nuovo e utile" dice Heaton. "E nessuno del team conosce a memoria ogni singola piccola diramazione delle nostre storie. Per questo compiliamo questi immensi diagrammi consultabili da tutti. Solitamente, nelle prime fasi dello sviluppo, pensiamo alla storia ai punti importanti nei quali vogliamo inserire delle svolte potenti nella narrazione. Da lì in poi si scende sempre più nel dettaglio fino a che tutto non torna alla perfezione".
Il team, continua Heaton, mantiene un costante dialogo tra reparti e i suoi membri, su tutti gli argomenti. Come detto, l'ispirazione a Saw e a un'altra manciata di titoli horror, porta The Devil in me a essere forse il titolo più violento in termini di messa in scena, per via della natura malata dell'antagonista. Ci ha divertito molto sentire Heaton raccontare di alcune di queste riunioni, dove i membri di Supermassive si incontrano per "discutere di cose orribili", compresa la lista di morti dei protagonisti con dovizia di dettagli. "In questo noi siamo molto liberi" ci racconta Heaton, "perché devi essere libero di esprimere la tua personale idea, anche se raccapricciante". Paradossalmente per Supermassive, è più importante che le morti, anche le più truculente, siano contestualizzate e ben inserite nella narrazione. "Non c'è niente di peggio che vedere una scena con un morte truculenta e reagire con una risata. Per noi è molto importante che, nonostante gli scenari fantastici e fantasiosi, il tutto sia sempre credibile per gli spettatori. Poi lo devo ammettere: a queste riunioni sono io che incito tutti a fare del loro peggio... e sono i miei colleghi a mettermi un freno!"
Da quello che abbiamo potuto vedere, The Devil in Me sembra un intelligente somma di tutta l'esperienza appresa da Supermassive Games durante lo sviluppo di tutta la sua The Dark Pictures, sommata ai feedback richiesti dalla community. Questa serie horror antologica ha da sempre fatto dell'elemento di tensione e del peso delle scelte del giocatore il suo punto forte. Unire questo carico di tensione dal forte connotato emotivo a elementi più razionali come la risoluzione di enigmi e puzzle ambientali, prospetta ai giocatori un'esperienza ancor più stimolante che non vediamo l'ora di provare con mano all'uscita del gioco.
CERTEZZE
- I serial killer hanno sempre il loro fascino
- Novità che arricchiscono la formula
DUBBI
- Rischio di trovare puzzle troppo facili