Spente le luci e posata la polvere, è arrivato il momento di fare i conti con ciò che hanno rappresentato i The Game Awards 2023, ossia di dare conto di tutte le polemiche che hanno seguito l'evento organizzato da Geoff Keighley e che ancora non accennano a spegnersi. Perché quest'anno qualcosa pare essere andato terribilmente storto, con alcuni equilibri che sono saltati in aria, esponendo delle problematiche che non possono essere ignorate.
Sviluppatori trattati a pesci in faccia
Secondo la maggior parte degli osservatori, il problema più evidente dell'edizione 2023 dei The Game Awards è stato lo spazio concesso agli sviluppatori che, senza giri di parole, sono stati trattati letteralmente a pesci in faccia. Sinceramente non troviamo un modo più gentile per dirlo. Il trend seguito è quello degli ultimi anni, ossia di dare più spazio ad annunci e pubblicità, nonché ad ospiti di lusso come alcune star di Hollywood, togliendolo ai premi, ma quest'anno si è raggiunta una marginalizzazione dei premiati che difficilmente ci aspettavamo.
Ora, come il nome dell'evento fa intuire, il fulcro dei The Game Awards dovrebbe appunto essere nei premi dati agli studi di sviluppo per i loro videogiochi pubblicati nel corso dell'anno. Si tratta di un momento in cui persone che hanno lavorato per migliaia di ore per produrre i vari Baldur's Gate 3, Alan Wake 2, Hi-Fi Rush e tutti gli altri giochi che vi possono saltellare per la mente leggendo queste righe, vengono celebrati dall'intero settore con dei premi divisi in categorie e assegnati in larga parte dalla stampa specializzata, a parte il Players' Voice che viene votato dal pubblico nei giorni pre-evento.
Naturalmente sappiamo che organizzare una serata simile costa soldi e fatica, quindi non ci scandalizza la presenza di spot e sponsor. Però nei TGA gli equilibri sono completamente rotti a favore della parte business, chiamiamola così, con gli sviluppatori che ormai vengono seppelliti da tutto il resto e che sembrano sempre più rappresentare solo un pretesto per organizzare una serata che di suo ha obiettivi soprattutto commerciali.
Quest'anno, alla già scarsa attenzione posta verso tutti quelli che rappresentano il cuore pulsante dell'industria, si è aggiunta anche l'umiliazione dei tempi risicatissimi concessi ai pochi vincitori invitati a salire sul palco: i discorsi dovevano durare trenta secondi, con tanto di cartello luminoso, o teleprompter che dir si voglia, in bella vista che invitava a sbrigarsi e musica di disturbo che partiva sovrapponendosi alle parole di chi sforava i tempi dati.
Anche qui: capiamo che bisognava fare qualcosa per evitare che si ripetesse il caso Christopher Judge, con il suo discorso fiume dell'edizione del 2022 che è entrato nel guinness dei primati per la lunghezza, ma vedere umiliate in questo modo personalità come Eiji Aonuma di Nintendo o Sam Lake di Remedy, che avevano una scaletta serrata che gli ha impedito di dire qualsiasi cosa di sensato oltre a qualche ringraziamento generico, è stato sinceramente deprimente. Allo stesso Swen Vincke di Larian Studios, che ha ritirato il premio più prestigioso, quello di Gioco dell'anno dato a Baldur's Gate 3, non è stato concesso mezzo minuto in più. Se al quadro, decisamente fosco, aggiungiamo anche che come al solito la maggior parte dei premi sono stati letti, senza che nemmeno i vincitori fossero inquadrati dalle telecamere, e che alcuni sono stati dati addirittura nel preshow, quindi fuori dall'evento principale, capirete perché in tanti considerano quella che dovrebbe essere una festa dell'industria come un momento in cui la stessa ne esce con le ossa rotte dal punto di vista della credibilità, a prescindere da annunci roboanti e numero di spettatori.
Non si parla di licenziamenti, né di altri temi controversi
Un evento come i The Game Awards 2023 dovrebbe provare a dare un quadro il più completo possibile dell'intera industria dei videogiochi e delle problematiche che la attraversano, oltre che delle sensibilità che la popolano. Un po' come gli Oscar, dove negli anni non sono mancate prese di posizione e appelli. Naturalmente è chiara la sua natura spettacolare e commerciale, che non può essere repressa se si vuole portare a casa la serata, ma allo stesso tempo è stato triste vedere ignorata l'enorme crisi che ha colpito il settore e che dall'inizio dell'anno ha portato a più di 9.000 licenziamenti, nonché alla chiusura di diversi studi di sviluppo, come Volition e Mimimi Games. Eppure sono stati molti gli appelli pubblici di personalità dell'industria a che il tema entrasse nell'evento. Sarebbe bastato che Keighley e il suo entourage avessero riservato uno spazio di pochi minuti per toccare l'argomento, dimostrando vicinanza a chi ha perso il lavoro, così da fare anche i conti con i grossi problemi che stanno soffocando parte del settore (come l'aumento dei costi di sviluppo e la follia della crescita incontrollata avvenuta nel periodo pandemico), per aumentare la consapevolezza collettiva che c'è qualcosa che rischia di bloccare gli ingranaggi e, inoltre, che dietro ai pixel colorati che affollano gli schermi di televisori e monitor dei videogiocatori ci sono degli esseri umani. Inoltre si sarebbe data un'immagine dell'industria dei videogiochi magari meno patinata, ma sicuramente più realistica e apprezzabile.
Invece niente di niente. La questione licenziamenti non è stata nemmeno sfiorata e, anzi, alcuni degli studi che hanno licenziato sono stati addirittura premiati. Lo stesso oblio dei licenziati è toccato anche all'appello di Future Class, una selezione annuale di voci differenti che rappresentano il futuro dell'industria, perché si accennasse alla crisi umanitaria in Palestina. L'appello nasceva dal supporto dato lo scorso anno all'Ucraina dai TGA, con i firmatari che speravano si potesse fare qualcosa del genere anche quest'anno, eppure l'argomento non è stato minimamente sfiorato nel corso della manifestazione.
C'è chi ritiene che i TGA non siano l'evento più adatto per toccare problematiche di questo tipo, ma sinceramente non capiamo come si possa giustificare la totale indifferenza verso la realtà. Il mondo dei videogiochi anela da sempre a essere preso sul serio dall'opinione pubblica e dagli altri settori dell'intrattenimento, ma per farlo dovrebbe per prima cosa riuscire a elaborare i traumi che lo attraversano di anno in anno, esponendo i suoi drammi, invece di provare a rimuoverli facendo finta di niente. Ecco, forse per essere presi sul serio bisognerebbe per prima cosa iniziare a guardarsi allo specchio prendendo atto di ciò che si è. Purtroppo il vetro di quello dei The Game Awards era completamente opaco.
Hideo Kojima e altre celebrità
Un'altra polemica, che in realtà parte da quella dei tempi concessi agli sviluppatori, riguarda lo spazio accordato a Hideo Kojima e ad altre celebrità esterne al mondo dei videogiochi. Kojima, che è un grande amico di Geoff Keighley, è salito sul palco per presentare con una certa comodità OD, il gioco horror basato sul cloud che sta sviluppando per Microsoft. Per farlo ha portato con sé un teaser con cui ha mostrato solo i volti di alcuni attori e ha poi speso frasi estremamente generiche sul gioco, senza in realtà neanche descriverlo. Inoltre ha annunciato la collaborazione con il regista Jordan Peele, suggerendo che nel progetto sono coinvolti anche altri autori provenienti dal mondo del cinema. Insomma, di OD si è visto poco o nulla, si è capito anche di meno, ma quel nulla gli è valso ben otto minuti di presenza sul palco. Considerando i 30 secondi dei premiati, il tempo accordato a Kojima per non dire niente sul suo nuovo gioco è equivalso a ben sedici premiazioni. Lo stesso dicasi per alcune delle celebrità invitate, ossia Matthew McConaughey, Simu Liu e Timothée Chalamet, che in media hanno avuto molto più tempo degli sviluppatori per stare sul palco... per non parlare di Gonzo dei Muppets, la vera star della serata.
L’umanità che è mancata
Paradossalmente i momenti migliori dei The Game Awards 2023 hanno creato un contrasto ancora più forte con il resto dell'evento, esponendo la totale mancanza di empatia dello show di Keighley, che nella sua meccanicità è apparso devastante e inumano. Così interventi come quello di Abubakar Salim, che si è emozionato spiegando come il suo Tales of Kenzera: ZAU sia nato dall'elaborazione del lutto per la morte di suo padre, hanno esposto quella verità sottaciuta dal resto dello show che dietro ai videogiochi ci sono delle persone con la loro sensibilità e i loro drammi, i quali in qualche modo rendono uniche e coinvolgenti le esperienze proposte. Purtroppo si è trattato di momenti sparsi e molto radi, quasi casuali, che sono stati schiacciati dalle pubblicità e dallo spettacolo.
La sostanza è che i The Game Awards 2023 non sono stati né un evento per gli sviluppatori, che al massimo ne hanno rappresentato il pretesto nobile, né un evento per i videogiocatori, che hanno svolto il solito ruolo di spugne da hype, ma per gli inserzionisti, cui è stato garantito che i loro prodotti non fossero associati a niente di controverso e che avessero il campo più libero possibile da ogni altra distrazione. Forse sono loro quella "comunità da riunire" di cui ha parlato Keighley nei giorni prima dei The Game Awards. Speriamo che non sia così e che nelle prossime edizioni si faccia qualche passo indietro, non diciamo eliminando gli spot dall'evento, ma riorganizzando gli equilibri in modo tale che a fine serata non si abbia più la sensazione di aver visto una lunga trafila di spot, con qualcosa di poco rilevante accaduto tra l'uno e l'altro.