Nella giornata di ieri si è conclusa la seconda stagione della fase di Alpha di The Sandbox, il progetto che molto probabilmente è uno dei più ambiziosi e conosciuti metaversi in lavorazione. Si è trattato di un momento nel quale gli sviluppatori hanno aperto il loro gioco a tutti così da dare modo ai giocatori di testare con mano le potenzialità del progetto, ad alcuni fortunati per mettere le mani su un po' di preziosa moneta virtuale e agli sviluppatori di ottenere un prezioso feedback per migliorare le loro creazioni.
È stata anche l'occasione per i detrattori dei "metaversi", dei giochi play-to-earn e degli NFT di rafforzare le proprie convinzioni e di condividere le proprie previsioni catastrofiche sul futuro di questo genere di progetti e sull'intera industria di videogiochi.
Per discutere dei traguardi, dei dubbi e delle potenzialità di The Sandbox Alpha Season 2 abbiamo parlato direttamente con Hadrien Carpentier, Head of Live Ops and Play-to-Earn Seasons presso The Sandbox.
I traguardi
Parlando dei traguardi è facile capire quanto il progetto di The Sandbox sia cresciuto negli ultimi mesi: il quantitativo di giocatori coinvolte è decuplicato, raggiungendo circa 250mila giocatori che hanno esplorato il mondo virtuale del gioco, sperimentando le varie esperienze pubblicate e condividendo sui social gli obiettivi raggiunti.
Come Hadrien Carpentier ha ammesso, molte di queste persone lo hanno fatto mosse dalla possibilità di vincere i 1000 SAND dati in regalo a tutti coloro che sono riusciti a entrare in possesso di un Alpha Pass 2. Stiamo parlando di circa 3 mila e 500 euro per giocare circa un'ora al mese a un videogioco, mica bruscolini. Per incentivare i giocatori a partecipare all'Alpha sono stati distribuiti oltre 10 milioni di SAND, divisi tra i 10mila possessori di Alpha Pass 2.
L'ambizione del team, però, è che i giocatori prima o poi tornino anche e semplicemente perché si divertono e hanno voglia di passare del tempo all'interno del gioco. Da questo punto di vista abbiamo notato dei miglioramenti rispetto alla prima Alpha, con controlli più reattivi, interazioni un po' più precise e un level design più attento e professionale.
I dubbi
Notato il miglioramento, va anche detto che il team di The Sandbox ha ancora davanti a sé talmente tanta strada da far sorgere dubbi sulla fattibilità del progetto. Le animazioni, infatti, sono molto limitate, così come sono piuttosto grezze le interazioni con gli scenari e gli altri personaggi. Diverse esperienze richiedevano di combattere o di superare intere sezioni interamente a piattaforme, mettendo ferocemente a nudo i limiti del motore e della fisica di gioco.
Ai limiti tecnici se ne univano altri di design. Alcune esperienze, soprattutto quelle amatoriali, difettavano in stabilità, ma anche in level design. Non prevedere checkpoint sensati prima di sezioni particolarmente impegnative o creare livelli nei quali un salto sbagliato costringe a ripartire dall'inizio, o quasi, non è il miglior biglietto da visita possibile per il gioco. È vero che si tratta di un'Alpha, ma la frustrazione creata era grande, capace di gettare un'ombra di sulla qualità complessiva di The Sandbox. Inoltre la varietà delle esperienze era minima e andava dal semplice adventure al gioco di piattaforme, con magari qualche minimo puzzle e nulla più.
Anche in questo caso, dunque, coloro che non vedono un futuro di qualità nei metaversi hanno rafforzato le proprie convinzioni. Molti livelli, infatti, sembravano più una mostra di costosissimi NFT che dei videogiochi, con interazioni e possibilità oltretutto limitate.
Un altro grande tema dei giochi su blockchiain è legato al loro impatto ambientale. Validare ogni transazione, infatti, richiede una potenza di calcolo non indifferente che in precedenza veniva gestita dalla rete Ethereum, una della poche che, ancora per qualche mese, si basa sul concetto di Proof of Work, e quindi richiede macchine dedicate processare e verificare ogni nuovo blocco delle blockchiain. Per rispondere alle preoccupazioni legate all'ambiente, Hadrien Carpentier ha detto che il team sta trasferendo tutta l'infrastruttura di The Sandbox su rete Polygon. Grazie a questo cambio di tecnologia (da PoW a PoS), l'impatto delle transazioni nel gioco è diminuito del 99%, pur mantenendo inalterata la presenza di NFT e di tutta la struttura web3. E per quanto riguarda la presenza di non fungible token. Lì non c'è niente da fare. The Sandbox è basato sul concetto play-to-earn, sulle collaborazioni con altri brand, sulla presenza o lo scambio di NFT e lo sarà anche in futuro. Quello che Carpentier ha detto è che il team vuole lavorare per fare in modo di trovare il giusto bilanciamento tra il lato economico e quello ludico, così da far emergere le qualità e i vantaggi di questo nuovo modo di concepire i videogiochi.
Il programmatore francese sostiene che molti di quelli attuali siano preconcetti legati al fatto che da un lato non si conoscono ancora bene i vantaggi di questa evoluzione della rete e dall'altro la non regolamentazione di questo genere di cose ha consentito lo sviluppo di un vero e proprio Far West, dove sono presenti un gran numero di progetti poco virtuosi, che gettano un'ombra anche su tutti gli altri. Ma esattamente come è successo col gioco mobile, inizialmente osteggiato dalla maggior parte dei giocatori tradizionali, il tempo e una maggiore maturazione dei giochi proposti hanno contribuito a far emergere i vantaggi di questo nuovo approccio e a diffonderlo.
Le potenzialità
Come dicevamo, però, si è ancora all'inizio di questa potenziale "rivoluzione" ed è quindi sia difficile capire se questo genere di esperienze sarà effettivamente il futuro, sia se sarà The Sandbox il progetto in grado di tracciare la strada. Il fatto che questo genere di giochi si basi su di un modello economico molto ricco e già avviato dovrebbe garantire al team le risorse per potersi espandere e sperimentare.
Hadrien Carpentier ci ha detto che nei prossimi mesi vedremo tanti cambiamenti in The Sandbox, sia tecnologici che strutturali. Innanzitutto ci saranno un'Alpha Season 3 (poi forse una quarta o l'inizio della fase di Beta) e l'arrivo di tante nuove collaborazioni. Tra una fase e l'altra, però, verranno migliorati i controlli, introdotta la compatibilità con in gamepad, ma soprattutto espanse le potenzialità del gameplay in modo da poter consentire di creare altre tipologie di giochi, come sparatutto, farming o giochi di corse.
Il team cercherà, inoltre, di rendere più semplice il potersi avvicinare al gioco, smussando o eliminando quei passaggi che rendono estraniante questo genere di operazioni. Stiamo parlando della necessità di avere un wallet, di dover pagare delle gas fee piuttosto alte per mettere le mani su di un NFT e cose di questo tipo. Inoltre il team proverà a fornire strumenti di creazione più efficaci e semplici da utilizzare, così da semplificare la creazione di contenuti di qualità da parte della community. Per il momento la qualità è altalenante (un po' come in Roblox, sottolinea Carpentier), ma saranno poi i giocatori a premiare alcune esperienze a discapito di altre, indirizzando il lavoro dei creator.
Questa seconda fase di Alpha di The Sandbox ha messo in luce diversi punti di forza, ma altrettante criticità del metaverso francese. Le ambizioni del team e del progetto sono chiare, ovvero creare una vera e propria realtà parallela nella quale è possibile guadagnare giocando, ma allo stesso tempo The Sandbox è molto lontano dal conseguire i suoi obiettivi. Il gioco è ancora molto grezzo, le esperienze sono altalenanti e tutte piuttosto simili. Questo non consente di vedere le potenzialità ludiche del progetto, ma solo l'intricato e ricchissimo modello economico che c'è dietro, già oggetto di speculazione. Per fortuna il passaggio alla rete Polygon ha almeno smorzato l'impatto ambientale nella gestione del metaverso, così da rendere meno costoso avvicinarsi al progetto e meno oneroso per il pianeta sostenerne tutte le transazioni.
CERTEZZE
- Progetto in costante espansione
- Ambizioso piano di sviluppo
- Successo in crescita
DUBBI
- Gameplay ancora molto limitato
- Level design altalenante
- I play-to-earn sono ancora un Far West