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Yoshi's Crafted World, un gameplay all'insegna di relax e stile

Le scelte stilistiche e di design di Yoshi's Crafted World ci stanno regalando un'esperienza d'insieme che non provavamo da parecchio tempo. Ora vi spieghiamo il perché.

SPECIALE di Marco Perri   —   18/03/2019
Yoshi's Crafted World
Yoshi's Crafted World
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Quello in arrivo non è un lancio qualsiasi, o almeno non per chi è cresciuto con il dinosauro di Miyamoto. È incredibile quanto avanzare con il codice finale di Yoshi's Crafted World ci stia continuamente stimolando aneddoti, curiosità, elementi di dibattito da condividere con lettori appassionati. Purtroppo il tempo è tiranno ma di speciali come questo ne vorremmo pubblicare di più, così da sottoporvi le stesse domande che dolcemente navigano nella nostra testa mentre completiamo sempre più livelli. Good-Feel sta chiudendo una sorta di cerchio ideale aperto da Takeshi Tezuka tanti, tanti anni fa, quando lo storico producer descriveva Yoshi's Island come un prodotto dallo stile artistico "artigianale, fatto a mano". Beh, la vecchia Nintendo R&D4, oggi EAD, negli anni '90 aveva vita facile: il pubblico era molto meno viziato rispetto ai giocatori odierni e non è un caso che i millennial che in quel decennio digerivano con voracità platform coraggiosi, siano oggi percepiti come antidiluviani conservatori. Yoshi's Crafted World è la quintessenza di quel pensiero raffinato e autoriale che, attraversando le generazioni, ha dovuto resistere prima internamente - dimostrando alla dirigenza di Kyoto che era ancora profittevole investire in quella direzione - e poi esternamente, sul mercato reale, combattendo con i titani delle aspettative. Ma Yoshi, tra suoni bambineschi, lo stile naïf, una struttura spontanea e fortemente ingenua - in senso buono - ha mantenuto i suoi tratti, rendendo calma e dolcezza elementi di una personalità che oggi luminosa si erge su una platea spesso stordita da una quantità deprimente di opere puramente commerciali, senz'anima e sapore, figlie di un'industria inquinata. In questo lunedì pre-primaverile, a pochi giorni dall'inizio della stagione associata alla rinascita, ci piacerebbe trasmettervi tutta la positività sincera e contagiosa di una riscoperta ludica molto personale e introspettiva, un'offerta che da tanto tempo non ci spingeva, in ogni livello, a guardare estasiati la semplicità minimale, eppure splendida, del suo quadro artistico.

Fuori dai canoni

Nel vivere Yoshi's Crafted World, la sensazione è di tornare a quando Satoru Iwata descriveva con forza le basi della strategia dell'oceano blu. Se qualche giorno fa, dopo le prime ore sul titolo, ci chiedevamo cosa spingesse Kyoto a continuare a produrre platform in un mercato figlio delle mode, oggi, a più di metà gioco, dopo aver visto con quale abilità Good-Feel ricrea situazioni e ambientazioni peculiari, capiamo che quel dibattito era la punta di un iceberg.

Yoshi Crafted World 06

Un iceberg che però è morbido, isola felice di un titolo che raccoglie continuamente le proprie forze e getta in avanti i paletti di un perimetro che si allarga, livello dopo livello, incrementando di continuo i propri spunti creativi e asservendoli al gameplay. Giocando e attraversando bottiglie, tappi di sughero, mele, vasi e una miriade di altri oggetti o strumenti della quotidianità, in quello che è un flusso dove un livello inizia e finisce, dove gli obiettivi da cercare sono chiari fin da subito, dove regna la spensieratezza e la difficoltà è solo abbozzata, ci chiediamo se sia positivo che il regno dei tripla A si sia così allontanato dalla semplicità concettuale. La risposta non è universale: forse lo ha fatto perché il pubblico è diventato più complesso e oggi ricerca a ogni costo meccaniche e avanzamenti simil-ruolistici - talvolta banali e surrogati - che vanno inseriti per non sfigurare. È probabile che da un giorno all'altro la platea dei videogiocatori sia diventata esigente, forse attratta da promesse di blockbuster dove la "maturità" strutturale altro non è che un paravento per altre infinite assenze.

Un approccio diverso

Un'idea di videogioco, quella più strettamente legata al gameplay puro, si è certamente indebolita, centrifugata da correnti di anonimato concettuale in grado di fare presa sui grandi numeri, ma per fortuna non è scomparsa e Nintendo la porta avanti senza timidezza. Immersi nella leggerezza e leggiadria di Yoshi's Crafted World, vi potremmo chiedere cosa Kyoto effettivamente voglia affermare, o dimostrare, nel posizionare un prodotto così dichiaratamente rilassante e morbido, fuori dalle tendenze del momento e perché scelga di continuare in questa direzione orgogliosa, ostinata e diversa, vincendo la sua sfida solitaria. Sapreste controbattere?

Yoshi Crafted World 13

Una prima risposta ce la siamo data e affonda le radici nel passato, in un'era dove quelle parole erano deboli echi di marketing, al contrario oggi risuonano con una forza inaudita: portare sorrisi sulla faccia delle persone. Se ci pensate bene, quale sviluppatore ha il pedigree di Nintendo nel creare prodotti in grado di stimolare un approccio al videogioco così ottimista, spensierato e allegro? Yoshi's Crafted World, come innumerevoli titoli Nintendo prima di lui, comunica con grande energia la voglia di trascinare il giocatore fuori dal seminato, portandolo lontano dagli standard per posizionarlo in una dimensione dove la vivacità di carta e colori sembra catapultarci nella nostra infanzia, quando era più semplice e immediato ritrovarsi a giocare con forbici e pennarelli e correre all'aria aperta tra ruscelli e staccionate. Detto che approfondiremo tutto questo in sede di recensione, la cui uscita è prevista nei prossimi giorni, ci sembrava doveroso cogliere questa occasione per trasmettervi quanto non siano mai sufficienti i titoli con la personalità e capacità di rifuggire da dettami di design massificati, per offrire approcci circoscritti nella loro essenzialità eppure così efficacemente capaci di emozionare e farci tornare piccoli.