Gli ultimi dati di GfK tracciano un quadro piuttosto preciso del mercato britannico attuale, dove ben il 45% delle vendite di titoli tripla A su console proviene dal segmento digitale. Una crescita indirettamente confermata anche dal CFO di Electronic Arts, Blake Jorgensen, che di recente ha rimarcato l'ottimo andamento del digital delivery per le serie sportive di FIFA e Madden. Se si analizzano i dati del 2016, si può notare una crescita esponenziale del settore: lo scorso anno GfK stimava infatti un'incidenza del mercato digitale nell'ordine del 20-25%, a seconda del prodotto considerato.
Questi numeri riaprono l'annoso dibattito sull'evoluzione futura dei supporti: per quanto tempo la copia fisica resisterà all'avanzata del digitale? Ma soprattutto, siamo davvero pronti a una migrazione definitiva verso il secondo settore? Premesso che chi vi scrive predilige ancora di gran lunga stringere tra le mani la versione pacchettizzata di un videogioco, sussistono argomentazioni a favore dell'una o dell'altra categoria. Partendo dal versante retail, il primo punto a favore si lega al grado di soddisfazione che la copia fisica di un prodotto può determinare rispetto alla sua controparte immateriale. Forse è soprattutto una questione di prospettiva, ma il vecchio piacere di recarsi di tanto in tanto in negozio per decidere cosa comprare, sostituito per lo più dall'acquisto al PC per poi attendere la consegna a domicilio dell'oggetto stesso, non può in alcun modo essere comparata alla semplice pressione di un pulsante e all'avvio di un download.
Il secondo fattore che - almeno per adesso - gioca ancora a favore del mercato fisico, è dettato dalla possibilità di rivendere con immediatezza e semplicità la propria copia ad altri utenti. Senza dover per forza scendere a compromessi con le inaudite proposte sull'usato di qualche rivenditore molto noto (ci siamo capiti, dai), siti come Subito e Kijiji, o gli stessi mercatini dell'usato che abbondano su Facebook, sono un ottimo modo per riuscire a recuperare buona parte del proprio investimento, a maggior ragione quando un titolo è disponibile da poco e non richiede molte ore per essere portato a termine. Chi predilige questo tipo di strategia può ridurre a pochi euro la spesa netta per i videogiochi; un'opportunità ancora completamente avulsa dal mercato digitale.
E poi c'è il collezionismo. Partendo dal presupposto che stiamo parlando di una nicchia rispetto alla generalità del mercato, chi apprezza conservare le versioni fisiche dei suoi giochi preferiti di ieri e di oggi, interpreta la crescita inesorabile del digitale come un qualcosa che va boicottato ad ogni occasione utile. In più di un caso i publisher hanno provato a sondare il terreno, proponendo Collector's Edition con il codice download del gioco al posto della copia fisica. Un colpo al cuore per gli irriducibili della vecchia scuola, visto che la questione di fondo è sempre quella: la copia fisica è in grado di trasmettere tutt'altro tipo di appagamento rispetto al digitale. Chi oggi sostiene il contrario mente a se stesso, chi arriverà domani probabilmente non avrà la visione d'insieme necessaria per cogliere questa semplice differenza. Differenza che peraltro travalica semplici questioni di mentalità (o di vecchiaia anagrafica, se preferite definirla così). La copia fisica garantisce infatti maggiore effettività, trasmissibilità e sicurezza anche ai fini della conservazione dell'opera, di quanto non avvenga con gli archivi digitali legati a un account.
L'ultimo punto a favore del retail è rappresentato dal prezzo. Troppo spesso sussistono ancora differenze minime tra la somma richiesta in negozio - specialmente sui siti di e-commerce - e quella necessaria per accaparrarsi una copia in digital delivery. A giudicare dai dati di GfK citati in apertura, questa considerazione non sembra arginare la ritrosia dell'utenza verso il digitale, tuttavia la transizione sarebbe più coerente di fronte a una maggior convenienza della proposta, specialmente sugli store delle console. Proprio alla luce del fatto che il mercato digitale è più appetibile per i publisher dal punto di vista di costi e logistica, oltre a ridurre l'impatto sulla vendita dell'usato, servirebbe uno sforzo in più per proporre al pubblico offerte più convincenti.
Come detto, per quanto il sottoscritto appartenga senza remore al partito della copia retail, è innegabile che il versante digitale offra anche degli oggettivi vantaggi. Il primo è senz'altro la comodità di avere sempre tutto a portata di mano senza nemmeno doversi prendere la briga di trasportare cose o finanche cambiare disco o cartuccia mentre si passa da un titolo all'altro. Sì d'accordo, se vogliamo si tratta di una funzionalità per pigri all'ultimo stadio, ma indubitabilmente il fatto di non dover muovere dito è un bel presupposto di partenza per chi adora mettersi in simbiosi col divano durante i fine settimana.
Un altro vantaggio è speculare al discorso del collezionismo esplicato poco fa, ovvero l'opportunità di guadagnare spazio all'interno delle mura domestiche. Un'esigenza che è cresciuta di pari passo con l'età media del giocatore contemporaneo, sempre meno proiettato nell'immaginario della mitologica cameretta e sempre più in linea con l'immagine dell'utente adulto, talvolta del padre di famiglia, che deve per forza di cose conciliare la propria passione con ben altre priorità. In quest'ottica il digitale arriva più o meno come la manna dal cielo, specialmente per chi ancora si emoziona alla pronuncia dalla fatidica frase: "sono iniziati i saldi di Steam". Varrebbe la pena fare un discorso a parte su servizi in abbonamento come Xbox Game Pass e PlayStation TV, ma visto che ci stiamo già dilungando soprassediamo.
L'ultimo punto non è propriamente un vantaggio legato al mercato digitale, ma più che altro è una presa di coscienza delle analogie tra la fruizione dei videogiochi e gli altri media. Come ben sappiamo, in altri settori dell'intrattenimento la transizione verso il digitale ha ormai assunto una forma e una consistenza pressoché definitiva. Qualcuno ancora compra musica in versione retail nell'era di applicazioni ultra sdoganate come Spotify? E chi acquista ancora film e cofanetti di serie televisive in formato retail quando per pochi euro al mese si può usufruire dei cataloghi on demand dei vari Netflix, Amazon TV e via discorrendo? La risposta ve la siete già data da soli. Si potrebbe discutere anche della transizione dal cartaceo al digitale di riviste e quotidiani, o degli equilibri tra mercato del libro ed e-Book. Ma questa, come direbbe l'istrionico Federico Buffa, è un'altra storia.
Voi che ne pensate? Siete già passati al lato oscuro o continuate a sostenere la vendita delle copie fisiche? Credete che la transizione completa verso il digital delivery sia più vicina del previsto o ci vorrà ancora del tempo? Fatecelo sapere nei commenti!