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Kingdom Come: Deliverance è quello che serviva ai veri appassionati dei giochi di ruolo?

Kingdom Come: Deliverance è stato oggetto di opinioni discordanti, ma al netto di alcune imperfezioni resta un titolo interessante

NOTIZIA di Davide Spotti   —   15/02/2018
Kingdom Come: Deliverance
Kingdom Come: Deliverance
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In un genere come quello degli action RPG, dove bene o male tutti gli studi di sviluppo fanno leva sulla componente fantasy, Warhorse Studios ha intrapreso un percorso diametralmente opposto, preferendo attingere dall'epoca medievale e puntando sulla fedeltà ad eventi, personaggi e usi appartenuti alla Boemia di fine quattordicesimo secolo. Così è nato Kingdom Come: Deliverance, l'ambizioso action RPG in prima persona che, dopo essere stato finanziato su Kickstarter all'inizio del 2014 e aver attraversato quattro lunghi anni di sviluppo, ha debuttato questa settimana su PC, PlayStation 4 e Xbox One.

Considerando il tipo di opera allestita dalla compagine polacca - nonché le notevoli ambizioni alla base del progetto - era lecito aspettarsi inevitabili carenze nella cura di determinati dettagli, e ancor più l'impossibilità di incontrare i gusti e le esigenze di un pubblico trasversale, come invece avviene su altri lidi. Probabilmente è anche in virtù di questi fattori che Kingdom Come: Deliverance è stato accolto con sentimenti contrastanti da parte della critica specializzata, divisa tra chi ne ha apprezzato i punti di forza e ha chiuso un occhio su determinate carenze, e chi viceversa non sembra aver digerito il metodo di Warhorse.

Kingdom Come: Deliverance è quello che serviva ai veri appassionati dei giochi di ruolo?

Se avete già avuto occasione di leggere la nostra recensione, saprete anche che Simone Tagliaferri appartiene alla prima categoria citata. Dal suo pezzo si evince un sincero apprezzamento per alcune delle soluzioni adottate dal team polacco, in primis l'accuratezza della ricostruzione storica e la qualità della scrittura dei dialoghi. Dettagli che hanno indotto gli sviluppatori ad introdurre persino una vera e propria enciclopedia interna al gioco, dove vengono riportate una gran varietà di informazioni e curiosità legate all'epoca di riferimento; insomma, una gioia per tutti gli appassionati di storia medievale.

A ben vedere, pur dovendo fare i conti con una struttura piuttosto grezza rispetto a un The Witcher 3 - ma alla luce della differenza di budget non avrebbe potuto essere diversamente - Kingdom Come: Deliverance è riuscito ad attrarre l'attenzione degli appassionati più duri e puri dei giochi di ruolo d'impostazione classica, per merito ad esempio dell'intricato sistema di relazioni sotteso ai dialoghi tra i personaggi, dove viene tenuto conto di variabili come l'aspetto attuale o il rango d'appartenenza dei partecipanti. Al contempo sono state tessute le lodi di un combat system che riesce a trasmettere con efficacia e sagace realismo cosa significasse all'epoca imbracciare una spada e uno scudo e scendere sul campo di battaglia, mettendo in gioco la propria vita a ogni piè sospinto.

Per contro ci siamo trovati al cospetto di un'opera che non intende trovare compromessi, che non prova nemmeno lontanamente a ingraziarsi il giocatore o a renderlo partecipe di una filosofia di gioco prendendolo per mano. Anzi è vero il contrario: è l'utente che deve essere sufficientemente smaliziato da capire come approcciarsi a determinate situazioni per sfruttarle a proprio vantaggio. Dal punto di vista di chi vi scrive sono soprattutto tre le ragioni in grado di scoraggiare un fruitore non preparato e poco consapevole del tipo di gioco che si troverà di fronte. La più ovvia è senz'altro legata alle dinamiche di sopravvivenza del proprio personaggio, ovvero al bisogno di nutrirsi e di riposare. Un retaggio della vecchia scuola, ormai quasi del tutto scomparso nelle opere ruolistiche contemporanee.

Kingdom Come: Deliverance è quello che serviva ai veri appassionati dei giochi di ruolo?

La seconda variabile è legata a un sistema di combattimento che, per quanto unico nel suo genere, deve essere compreso e padroneggiato con pazienza e con il giusto spirito d'iniziativa, e non tutti potrebbero avere tempo o voglia per dedicarsi alla faccenda con il giusto stato d'animo. Il terzo e ultimo fattore rilevante è connesso all'estrema fedeltà storica. L'assenza di riferimenti alla magia o al soprannaturale, così come la mancanza di quella varietà generalmente ascrivibile alle razze, potrebbe provocare una rapida perdita d'interesse in chi si aspetterebbe di mettere le mani su una versione alternativa di The Witcher o su una sorta di Skyrim in salsa polacca. Aggiungiamoci pure un sistema di salvataggio non particolarmente flessibile - ma va detto che su PC si è già provveduto con una mod - ed è facile intuire perché Kingdom Come: Deliverance rischi di essere giudicato più per le sue asperità che per le sue lacune.

Peraltro, pur non esente da difetti, il gioco sta riscuotendo un buon successo, come ha dichiarato proprio in queste ore il game director Daniel Vàvra. Se le prime informazioni sul venduto saranno confermate, significa che in una manciata di ore il titolo si trova già a metà dell'opera per raggiungere quel fatidico milione di copie che lo renderebbe un prodotto di successo. Pensando a quanto abbiamo detto finora, è indiscutibilmente un esito incoraggiante anche in ottica futura.

Nel caso siate interessati ad approfondire le tematiche che fanno da sfondo all'avventura, vi ricordiamo che questo pomeriggio abbiamo pubblicato uno speciale nel quale facciamo alcune considerazioni generali sulla ricostruzione storica.

E voi che ne pensate di Kingdom Come: Deliverance? Lo avete acquistato o state temporeggiando? Fatecelo sapere nei commenti!