Di esempi di ingerenze dei PR sul lavoro della stampa videoludica è piena la storia dei videogiochi. Forse alcuni di voi ricorderanno il caso Gerstmann, con il giornalista di GameSpot silurato per aver parlato male di Kane & Lynch di Eidos dopo le lamentele del publisher, mentre altri saranno a conoscenza che Kotaku è sulla lista nera di Sony per aver rivelato alcune informazioni su Home, rivelatesi poi accurate.
Oggi tocca a chi ha stroncato Duke Nukem Forever essere oggetto di ritorsione. Pare infatti che l'azienda che si è occupata delle pubbliche relazioni del gioco di Gearbox, The Redner Group di Jim Redner, abbia deciso di "schedare" i siti e le riviste che hanno stroncato il gioco, per evitare di mandargli materiale stampa in futuro.
Come si è saputo tutto ciò? Beh, quel genio del marketing e del male di Jim Redner in persona, un sicuro premio Nobel, lo ha scritto su Twitter. Ora, non vogliamo tediarvi chiedendovi se affidereste mai la pulizia della lettiera del vostro gatto a uno che fa una cosa del genere, ma come è ovvio, quando la notizia è trapelata, è scoppiata una polemica sui forum videoludici di tutto il mondo.
Gearbox e 2k Games si sono dissociate, mentre il buon Redner è stato costretto a scrivere una lunga email di scuse in cui ha provato a spiegare il suo punto di vista, paradossalmente anche condivisibile, ovvero che certe recensioni di Duke Nukem Forever sono state effettivamente troppo biliose e umorali, giudicando il gioco più per l'aspetto grafico datato che per le sue qualità (questo è un giudizio personale di chi ha riportato la notizia).
Certo, c'è modo e modo di porre le questioni e minacciare di privare la stampa del materiale per lavorare non fa certo apparire come un eroe agli occhi della comunità. Se quella dei videogiochi fosse un'industria sana che vuole crescere non solo in termini di profitti, sfrutterebbe la situazione per ragionare sul ruolo della critica videoludica, evidentemente importante se i publisher stanno sempre lì a contare i voti, e su come evitare certe situazioni spiacevoli. Ma l'industria dei videogiochi vuole crescere?
Fonte: Kotaku