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Gli inferi di Sanctuary

Diablo III come naturale evoluzione del franchise da una parte, e di Blizzard ma anche del suo pubblico, dall'altra

RECENSIONE di Umberto Moioli   —   25/05/2012
Diablo III
Diablo III
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Quando chiesero ad Erich Shaefer, co-fondatore di quella che nel tempo prese il nome di Blizzard North, quali fossero gli aspetti meglio riusciti dell'intero processo di sviluppo di Diablo II, il primo punto individuato era la continuità dell'esperienza ludica rispetto al suo predecessore.

Gli inferi di Sanctuary

Una continuità fatta di poche gratificazioni ripetute e contenuti generati proceduralmente, spiegò Schaefer, ma anche di un'immediatezza che dovrebbe permettere a chiunque di mettersi davanti al monitor senza alcun bisogno di dover leggere il manuale o avere chissà quali pregressi ruolistici. Dodici anni dopo giocando Diablo III ci si rende conto dello sforzo fatto da Jay Wilson, il nuovo game director, per non scostarsi da questa direttiva. Adattandola a un pubblico in parte nuovo, magari risucchiato nell'universo Blizzard attraverso World of Warcraft, e in parte di ritorno nel mondo di Sanctuary dopo aver giocato in tutti questi anni molti altri titoli e in definitiva aver evoluto le proprie aspettative. Insomma se gli ingredienti di base non potevano mutare, la ricetta per un successo su vasta scala sarebbe dovuta passare da alcuni cambiamenti importanti che alla resa dei conti hanno prodotto un titolo di eccellente valore. Un campione nel genere degli hack and slash che nell'insieme di un'offerta complessivamente ricchissima e sfaccettata, non è esente da errori più o meno connaturati all'interno di una giocabilità che punta molto su alcune scelte totalizzanti.

Hack and slash

Diablo viene considerata una sorta di serie-manifesto per il genere hack and slash, caratterizzata da meccaniche che ne hanno contraddistinto a lungo l'immediatezza e che tornano pressoché immutate: la prospettiva isometrica, la semplice e ripetitiva selezione di migliaia di nemici, la raccolta del bottino da terra e la progressione nella difficoltà della sfida sono elementi distintivi che qui la fanno ancora una volta da protagonisti assoluti. Le cinque classi - Barbaro, Cacciatore di Demoni, Mago, Monaco e Sciamano - hanno delle simmetrie rispetto a quelle del secondo capitolo ma allo stesso tempo non mancano di colpire positivamente. Barbaro e Mago rientrano nei cliché ma godono di un nuovo spessore grazie alla più sofisticata caratterizzazione. Il Monaco è un uomo di fede spietato e dai riflessi fulminei. Mentre Sciamano e Cacciatori di Demoni si rapportano in maniera diametralmente opposta con l'oscurità: evocandola a suo favore, il primo, e facendo dell'uccisione dei demoni la sua unica ragione di vita, il secondo.

Gli inferi di Sanctuary

Senza entrare forzatamente nella descrizione di ciascuna classe - il sito ufficiale è ben documentato - l'alternanza di figure specializzate in attacchi ravvicinati oppure dalla distanza e le sfaccettature stesse all'interno di ogni ruolo, rendono ciascuna scelta una valida opzione. È credibile insomma che si vogliano provare con cura le cinque figure, per poi decidere con quale (o quali) tentare la scalata attraverso i quattro livelli di difficoltà. Normale, Incubo, Abisso e Inferno sono i gradini di una scala che parte come una semplice passeggiata ideale per gonfiarsi il petto d'orgoglio osservando quanto è potente il proprio alter ego, e diventa via via più irta d'ostacoli, bastarda. Anche per un utente appassionato, Diablo III riesce da una parte a rinnovare ogni completamento quel tanto che basta da offrire un'esperienza diversa da quello precedente, dall'altra a renderlo via via sempre più un divertentissimo e snervante esercizio di masochismo con sufficienti contenuti da impegnare a lungo. Tra l'altro per i più esigenti tutta la tiritera può essere ripetuta ad Hardcore, con tanto di brivido per l'eventuale morte permanente e definitiva.

Gli inferi di Sanctuary

In tutto questo se da soli è sempre possibile giocare, pur restando connessi a Battle.net, è evidente quanto centrale sia la cooperativa per quattro giocatori che può a tutti gli effetti essere considerata la modalità di fruizione principale: ogni nuova partita è di default aperta agli amici, la progressione delle stanze pubbliche è ben scaglionata per capitoli e livelli esperienza, alcune opzioni come il raggiungimento automatico dei compagni sono un toccasana e in generale tanti piccoli aggiustamenti alle quest e alla spartizione del loot favoriscono una perfetta condivisione del tempo speso online. Sia con gli amici che con perfetti sconosciuti. Difficile che nel 2012 venga rilasciata un'altra modalità coop così sofisticata. Blizzard negli anni ha imparato moltissimo anche per quanto riguarda la generazione procedurale dei contenuti con i soliti dungeon dotati di varietà visiva e contenutistica creati dal nulla ogni qual volta vi si entra, mostri che si ripropongono a seconda della difficoltà e grandi quantità di oggetti con i quali riempirsi l'inventario. Passano da algoritmi ed equazioni anche piccoli eventi o incontri assolutamente secondari ma divertenti oltre che capaci di rintuzzare il senso di scoperta che inevitabilmente manca ritornando più volte negli stessi luoghi. In ogni momento l'esplorazione diventa così un'incognita e questo nonostante le dodici-quindici ore minime per portare a termine ciascuna run siano un processo guidato dalle classiche quest principali ed estremamente lineare. Nonostante, insomma, non ci sia stata una spinta propositiva volta ad aumentare la libertà d'azione o inserire chissà quali contenuti secondari.
Le fondamenta sono quindi classiche ma solide, ideali per sostenere l'utente all'interno dei quattro atti in cui si divide l'avventura e rispondere alle sue sollecitazioni, dandogli allo stesso tempo modo di sperimentare un sistema di crescita che non ha mancato di far discutere.

Azione non-stop

L'impianto ruolistico di Diablo III è ciò che, tolta la diatriba sul requisito di una connessione permanente, più in assoluto ha sollevato polemiche: l'eliminazione degli alberi delle abilità e la mancata assegnazione manuale dei punti all'interno delle statistiche sono stati fortemente criticati perché individuati come motivo di eccessiva semplificazione. Blizzard ha deciso che l'interesse generato dalle scelte definitive di un tempo, spesso soggette all'individuazione di strade più efficaci di altre, potesse ben venir sostituito dal progressivo e predeterminato sblocco delle abilità attive e passive ma anche delle rune.

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Queste di norma non si limitano ad agire sui valori statistici ma possono a seconda del caso variare il tipo di danno, la portata oppure per intero lo scopo di un potere, trasformandolo ad esempio da offensivo in difensivo. La rappresentazione è ricchissima di dettagli, gli asset usati tantissimi e questo contribuisce non poco a dare un senso di appagamento restituito anche grazie all'ottimo peso dei colpi, esplosioni ed effetti curati oltre che una varietà di animazioni da urlo. Ci sono alcune cose che i soldi possono comprare e quando il risultato è una tale varietà visiva ripetuta per cinque personaggi, non ci si può che ritenere soddisfatti. Insomma il nostro mago giocato per la recensione aveva in ogni istante del suo sviluppo le stesse statistiche di base e gli stessi poteri a disposizione di qualsiasi altro mago di pari livello in circolazione. D'altra parte però poter cambiare ogni qual volta lo si desidera ciascuno dei sei poteri attivi e dei tre passivi selezionabili contemporaneamente si traduce in una grande spinta a sperimentare e considerando che le possibili combinazioni sono miliardi, non è certo la scelta a mancare.

Gli inferi di Sanctuary

Tra l'altro la varietà di build realizzabili si inserisce con naturalezza nella vocazione cooperativa del titolo: in diversi frangenti passando online da un gruppo di perfetti sconosciuti all'altro è stato molto più gratificante poter adattare il proprio stile di gioco alle classi e alle decisioni altrui, rispetto a quello che sarebbe stato doversi forzatamente accontentare. E infine questa flessibilità si dovrebbe dimostrare vincente nella modalità PvP a squadre, il cui rilascio è previsto entro le prime patch principali. L'esasperata ricerca di azione frenetica che ha spinto a spostare le scelte ruolistiche da qualche freddo conto numerico e di opportunità alla sperimentazione del campo di battaglia, ha mosso anche parecchie novità che hanno reso più divertente il sistema di combattimento. In particolare il cooldown delle pozioni, le sfere d'energia sul terreno e la presenza di una risorsa specifica per gli attacchi per ciascuna classe, fanno sì che gli scontri siano più vari, strategici e divertenti. D'altra parte quella che nel complesso si può ritenere una riuscitissima transizione verso un gameplay più moderno non è priva di qualche contraddizione. Su tutte la presenza di una statistica principale per classe e l'assenza di grosse limitazioni sulle armi equipaggiabili, rendono per alcune di esse - tra cui proprio il mago - del tutto ininfluente la tipologia impugnata.

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Insomma se vi divertite ad andare in giro svolazzando e lanciando palle di fuoco, un'ascia o una spada andranno benissimo purché abbiano alti valori alla voce Intelligenza. In generale tutto il processo di creazione, raccolta e gestione degli oggetti andrebbe aggiustato. Non tanto come varietà, molto alta, ma come assegnazione dei valori. Troppo vantaggioso rivolgersi alla casa d'aste per vedere quanto raccolto dagli altri, un processo che mortifica l'ottenimento in game, mentre i set Leggendari e Speciali non sempre reggono il confronto con altri di livello teoricamente inferiore ma all'atto pratico più utili. Un'economia da riequilibrare e un sistema di creazione del loot da tarare: aggiustamenti necessari sia in vista delle transizioni tra utenti con valuta reale, sia per ridare importanza agli artigiani e al crafting che ora come ora sono una bella idea, ben realizzata ma poco conveniente.

Una vita d'Inferno

Diablo III potrebbe deludere qualcuno sotto diversi aspetti, a partire dalla trama e dall'atmosfera, e nei giorni successivi all'uscita se n'é molto discusso. Quello che certamente non delude invece sono le meccaniche che si evolvono di difficoltà in difficoltà fino a magnificarsi verso la fine del livello Abisso e l'inizio di quello Inferno. Purtroppo perché avvenga la magia serve un equipaggiamento all'altezza, senza il quale tutto si risolve in frustranti sequenze di morti istantanee non appena un trio di campioni, magari accompagnati da uno special guest dal nome giallo, compare all'orizzonte. Ma non sprecate tempo nelle aste, spesso eccessive e puntate a raggiungere il livello di esperienza massimo. Al livello 60 infatti, grazie alla benedizione Valore dei Nephilim che incrementa la percentuale di raccolta degli oggetti, vestirsi diventa improvvisamente molto più facile. In ogni caso, anche attrezzati al meglio, in molte occasioni dovrete utilizzare le nove abilità a disposizione, magari riorganizzate a piacere in modalità Elettive, per sconfiggere nemici che corrono alla velocità della luce, lanciano laser e rigenerano a rapidità ultra. Alcuni frangenti si trasformano letteralmente in un Inferno e per superarli senza escamotage spesso servono pazienza e la spec giusta, visto che cambio di un'abilità può determinare la vita e la morte tanto quanto gli oggetti e l'abilità manuale. Una volta trovata la propria dimensione all'interno del gameplay ecco che il titolo diventa serrato, le combo si incastrano perfettamente e le scelte di Blizzard relative a Diablo III prendono d'incanto forma rendendo il gioco dei timing una scelta di gameplay decisamente azzeccata per la serie. Purtroppo al momento, ed è un purtroppo bello grosso, la difficoltà Inferno può risultare più facile in solitaria visto che in gruppo la cooperazione deve essere perfetta per evitare di essere colpiti da mob che, sproporzionati per il singolo giocatore, possono ammazzare con un singolo colpo. Abisso e Inferno insomma esaltano il gameplay e sono assuefacenti nonostante le numerose e quasi inevitabili morti. Ma le cose sono certamente destinate ad appiattirsi una volta ottenuto l'equipaggiamento massimo. In mancanza di PvP e di meccaniche di farming rapide c'è il rischio che i più veloci e assidui si ritrovino senza nulla da fare se non iniziare un secondo personaggio, lanciarsi nella modalità Hardcore o dedicarsi giorno e notte alle aste e al sottile mestiere dello strozzinaggio digitale. Comunque per rompere la monotonia, e in sostituzione del mitico livello segreto delle mucche, c'è il lisergico e coloratissimo regno dei MiniPony e degli Orsetti del Cuore che possiamo far deflagrare in un mare di sangue alla ricerca di oggetti speciali. E non è detto che non ci siano altri segreti come un nuovo Black Diablo da sbloccare vendendo chissà quali oggetti ai negozianti...

di Mattia Armani

Sanctuary

Come accennato in precedenza anche Diablo III si sviluppa lungo quattro atti a cui corrispondono altrettante location principali. Senza entrare troppo nello specifico degli eventi per non rischiare di rovinare la sorpresa a nessuno, possiamo dire che dalla gotica regione iniziale, quella attorno a New Tristram, si prosegue attraverso ambienti che più volte citano precedenti luoghi già noti all'interno della geografia della serie ma che sono stati completamente rivisti.

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L'alternanza di livelli aperti e dungeon è notevole anche per come vengono contestualizzati: fogne sotterranee fanno da contraltare all'opulenza dell'arebeggiante Caldeum, fortezze inespugnabili diventano sempre più lugubri man mano si scende in profondità e antichi luoghi sacri in rovina contrastano con la selvaggia disposizione di labirintiche caverne. Visivamente, soprattutto se ci si lascia coinvolgere dalla nuova atmosfera, siamo certamente davanti al miglior gioco mai fatto da Blizzard grazie a dettagli posti sulle decine e decine di armature, nemici e strutture. L'uso della terza dimensione ha consentito allo sviluppatore, molto più che in StarCraft II, di implementare una fisica degna di questo nome che pur non avendo veri riflessi sul gameplay, dona credibilità tanto all'interazione con i nemici quanto a quella con il fondale. Tanti sforzi produttivi sono al servizio della solita trama orchestrata in casa Blizzard da Chris Metzen e soci, con tanto di immani pericoli, figure eroiche e demoniache oltre che un ruolo da salvatore perfetto per il giocatore.

Gli inferi di Sanctuary

Purtroppo la necessità ideale di concludere con Diablo III la trilogia ha spinto a scrivere una storia che inizia come sperato, con un mistero coinvolgente, personaggi ben introdotti e un ritmo equilibrato, per poi accelerare senza controllo e buttare in pista una passerella di protagonisti consumati altrettanto in fretta, prima di un gran finale che non riesce ad essere epico per quanto ci si arriva frastornati. Nessuno si aspettava un risultato da premio letterario ma sinceramente poteva essere fatto di più riducendo la portata e approfondendo l'uso del moltissimo materiale creato. Un'evidenza, quella del gran lavoro di contorno, dimostrata dal numero di audio diari più o meno centrali ai fini del plot principale, ma che si rivelano gustosi intermezzi tra una carneficina e l'altra. L'audio è in generale votato al coinvolgimento sia grazie a brevi scambi di battute quando si è in viaggio accompagnati da qualche personaggio non giocante, sia a un'ottima campionatura di suoni e alla solita colonna sonora orchestrale, perfetta. Per gli appassionati di computer grafica i filmati di intermezzo tra gli atti sono tecnicamente la festa per gli occhi che ci si aspettava, impareggiabili in campo videoludico e forse non solo.

Punti di contatto

Uno degli aspetti più discussi di questo terzo Diablo è lo stile grafico scelto da Blizzard per ridare vita al mondo di Sanctuary, molto più cartoonesco rispetto al passato e innegabilmente molto simile al coloratissimo universo di World of Warcraft. Del resto, è altrettanto vero che l'MMORPG campione d'incassi abbia influenzato lo sviluppo dei suoi concorrenti, ma quanto può aver contaminato l'ultima fatica della sua stessa mamma? È una domanda alla quale non è per nulla facile rispondere, se non analizzando i fatti, o almeno alcuni di essi. Rispetto al prequel, Diablo III è stato semplificato, e anche questo è un dato di fatto, a favore di una maggiore accessibilità e flessibilità: è una filosofia che Blizzard porta avanti da qualche anno, strizzando l'occhio agli utenti più casual e tutto è cominciato proprio su Azeroth, per la precisione nel passaggio dalla seconda espansione, Wrath of the Lich King, alla terza, Cataclysm.

Gli inferi di Sanctuary

Già allora gli sviluppatori avevano capito che trilioni di statistiche, cifre e attributi mal si adattavano a quella parte della community che voleva divertirsi senza troppi pensieri: la soluzione repentina fu una specie di tabula rasa che spiazzò gran parte degli utenti, suscitando non poche polemiche sopratutto nell'ambiente hardcore. Fu un punto di svolta, un definitivo abbandono della nicchia a favore di un'utenza sempre più casual e coccolata. Così, mentre su World of Warcraft arrivavano i dungeon e i boss a prova di criceto, gli sviluppatori annunciavano qualcosa di simile anche per Diablo III: via gli alberi delle abilità, via i punti, largo all'acquisizione progressiva delle magie e alle statistiche unificate. Ironicamente sembra proprio che lo sviluppo della nuova espansione di WoW e gli ultimi ritocchi al gameplay di Diablo III abbiano marciato a braccetto: guardacaso, anche in Mists of Pandaria saranno rimossi i tradizionali alberi dei talenti a favore di una scelta progressiva dei bonus di ogni classe. Ma perché stupirsi, quando l'interfaccia sociale di Diablo III, così comoda e intuitiva, non è che l'ultima evoluzione di quel prototipo che si è sviluppato di patch in patch proprio su World of Warcraft? Tramite Battle.Net e un comodo menù integrato, nel giro di un anno gli abitanti di Azeroth hanno potuto prima mettersi in contatto con gli amici che giocavano a StarCraft II, poi fare gruppo con quelli che giocavano in altri server, e tra qualche mese ci si potrà perfino ospitare a vicenda, più o meno. Questione ancora più spinosa, ma ricca di parallelismi, è quella della casa d'aste a denaro reale non ancora attiva, le cui radici si trovano senza dubbio nella discutibile risposta di Blizzard al fenomeno illegale del "gold selling" che affligge World of Warcraft da tempo immemore: ora è possibile acquistare oggetti estetici come cavalcature e mascotte sul sito ufficiale per poi rivenderli nel gioco. L'esatto contrario succederà in Diablo III in una sorta di vendita legalizzata di oggetti e denaro per valuta reale, e a questo punto Azeroth già trema: quanto tempo ci vorrà prima che questa tipologia di asta arrivi anche lì, confermando un piano di marketing che lega definitivamente i due franchise e le loro utenze?

di Christian La Via Colli

Online e offline

Se Blizzard pretende che gli utenti giochino a Diablo III costantemente connessi, è giusto che gli utenti pretendano che il gioco sia, sessioni di mantenimento a parte, costantemente online a sua volta. Questo è buon senso. Quello che è successo all'uscita, i problemi dei primi giorni e del primo weekend ma anche quelli che ancora adesso vengono riportati sui forum, hanno rappresentato una debacle poco o per nulla giustificabile. A prescindere dal fatto che si giudichi la richiesta della connessione permanente come un elemento integrato all'interno dell'esperienza oppure un semplice DRM. Ciò detto, i disservizi online di questo primo periodo non sono stati considerati nella valutazione non tanto perché si suppone siano temporanei, ma perché si tratta di un problema tecnico legato alla piattaforma che difficilmente può essere fatto rientrare nella discussione dell'offerta ludica. Insomma sappiatelo: se volete giocare offline Diablo III non fa per voi, se non volete rischiare di restare sconnessi nemmeno un minuto meglio aspettare qualche giorno che ogni problema venga infine risolto.

Battle.net all'inferno

Gli sforzi per rinnovare il gameplay sono andati principalmente nella direzione di rendere ogni passaggio del gioco un concentrato d'azione che si presti a essere divertente - possibilmente sempre di più - tornando a rigiocarci una seconda, una terza e una quarta volta. Per ciascuna classe. Un risultato simile non passa solo dalle modifiche agli skill tree o al sistema di combattimento, ma dalla piattaforma di supporto Battle.net e dal lavoro di rifinitura a cui ogni elemento è stato sottoposto.

Gli inferi di Sanctuary

La sfida per l'infrastruttura rinnovata da Blizzard in occasione del lancio di StarCraft II, era superiore rispetto a quella affrontata dallo strategico vista la natura single e multiplayer di tutti i contenuti, ma l'esecuzione è al livello delle attese: i menu sono semplici e permettono di unirsi a un amico online con un semplice click, decidere oppure no di far entrare qualcuno in una partita pubblica, utilizzare la casa d'aste e tenere sotto controllo la molteplicità di personaggi creati.

Gli inferi di Sanctuary

Il sistema di riconoscimenti conta centinaia di piccoli obiettivi che aiutano a tenere incollati al gioco e spingono - come già in WoW e SC2 - un po' più avanti quanto fatto su console a inizio generazione da Microsoft e poi Sony. L'interfaccia e le soluzioni per la gestione del party, anche all'interno degli accampamenti-hub stessi nei quali acquistare equipaggiamenti, reclutare i mercenari controllati dall'intelligenza artificiale e accedere agli artigiani, sono un mix di funzionalità e integrazione all'ambiente di gioco.

Gli inferi di Sanctuary

Viene insomma tradita tutta la cura per un gioco che prima di tutto Blizzard stessa considera un'esperienza cooperativa online. Tutto ciò senza voler giustificare i problemi di stabilità dei server iniziali, ai quali si fa riferimento nell'apposito box e che hanno rappresentato uno scivolone notevole. Nel corso dei prossimi mesi, oltre che le aste per soldi reali e il PvP, dovrà continuare la già iniziata opera di ribilanciamento, che al momento è per certe specifiche abilità davvero necessaria, e speriamo possa concludersi quella di consolidamento del servizio.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.0
Lettori (999+)
7.7
Il tuo voto

Diablo III ripropone con successo un'esperienza che a più di dieci anni dall'ultima uscita non rinuncia a tenere incollati allo schermo facendo leva sugli stessi stimoli di un tempo: uccidere, raccogliere, potenziarsi e tornare a uccidere. Per farlo cambia radicalmente la componente ruolistica, sposta il focus dalla crescita del personaggio alla sperimentazione con le abilità e spinge fortissimo sulla cooperativa. Il risultato è uno dei videogame più immediati, divertenti e rigiocabili usciti su PC da parecchio tempo a questa parte. In questo quadro ideale c'è spazio per una manciata di sbavature e una trama che non convince, nonostante la perfezione formale della presentazione e l'abbondanza dei contenuti. Aspettando che si completi l'offerta con le feature già annunciate e quelle che verranno, l'acquisto è obbligato per chiunque disponga di un computer, una connessione a internet e parecchie notti insonni da spendere davanti al monitor.

PRO

  • Gameplay più immediato, divertente
  • Classi interessanti
  • Quantità e varietà dei contenuti lo rendono estremamente rigiocabile
  • Audio e video sono quanto di meglio prodotto da Blizzard
  • Rifinito in ogni sua componente

CONTRO

  • Storia frettolosa e poco ispirata
  • Necessità di qualche bilanciamento per classi e oggetti
  • Chi volesse una componente ruolistica più hardcore, dovrà rivolgere lo sguardo altrove

Requisiti di Sistema PC

Configurazione di Prova

  • Intel Core i7 2600K
  • 8 GB RAM
  • GeForce GTX 680

Requisiti minimi

  • Windows XP/Vista/7 con DirectX 9.0c // Mac OS X 10.6.8, 10.7.x
  • Intel Pentium D 2.8 GHz o AMD Athlon 64 X2 4400+ // Intel Core 2 Duo
  • NVIDIA GeForce 7800 GT o ATI Radeon X1950 Pro // NVIDIA GeForce 8600M GT, ATI Radeon HD 2600
  • 1 GB RAM (XP), 1.5 GB (Vista/7) // 2 GB RAM
  • 12 GB di spazio libero su disco
  • Connessione a Internet permanente

Requisiti consigliati

  • Windows Vista o 7 // Mac® OS X 10.7.x or newer
  • Intel Core 2 Duo 2.4 GHz o AMD Athlon 64 X2 5600+ 2.8 GHz // Intel® Core 2 Duo
  • 2 GB RAM
  • NVIDIA GeForce 260 o ATI Radeon HD 4870 // NVIDIA® GeForce GT 330M o ATI Radeon HD 4670