Deadlight è il primo gioco dei Tequila Works, un team spagnolo formato da decine di persone (i credits dopo i titoli di coda sono lunghissimi) che tradiscono un passato speso all'interno dei team di alcuni tra i più grandi publisher di software del mondo, da Blizzard a Sony. Un team giovane, quindi, ma che ha radici antiche. Ci siamo imbattuti per la prima volta in questa cupa avventura nel mese di febbraio, durante lo spring showcase event, dove, come in ogni occasione per mostrare i titoli dell'anno per Xbox 360, c'era la consueta parata di giochi che avrebbero fatto parte della Summer of Arcade. Deadlight, già allora, spiccava in maniera piuttosto evidente, visto che la qualità realizzativa, sia in termini audio che visivi, parlava di un gioco dalla chiara dignità di pacchettizzato. Un titolo AAA, pur coi limiti dati dal supporto, un file da poco meno di due gigabyte da scaricare dal Marketplace.
I soliti zombi?
Le premesse di Deadlight non sono esattamente originali, rimandando a episodi cinematografici evidenti (non disdegnando qualche richiamo a Lost), con un'epidemia che, per cause ignote, si propaga dall'Europa in tutto il mondo, fino a raggiungere il Canada, dove vive con la famiglia il nostro ranger, un boscaiolo di nome Randall Wayne, che si trova in un gruppo di sopravvissuti sulle tracce di moglie e figlia, che si suppone siano andate a Seattle, descritta da un messaggio radio instancabile come l'ultima sicura roccaforte del genere umano. La storia è raccontata da una serie di scene di intermezzo animate e in due dimensioni, con uno stile crudo e diretto, che sono anche quasi l'unico modo per vedere in faccia il protagonista, altrimenti quasi sempre inquadrato di lato e in controluce. Deadlight ha però anche una forte natura introspettiva e, quindi, risulta fondamentale andarsi a leggere quanto scritto nel diario da Randall, visto che sapere l'odissea che gli capita in testa è altrettanto fondamentale di quanto gli accade intorno. Alcune delle pagine, tra l'altro, vanno rinvenute esplorando il fondale e scoprendo stanze segrete nei livelli e queste, insieme ad una serie di altri oggetti,
sono uno degli elementi che servono ad allungare la longevità, sulla falsariga di quanto accade in Alan Wake, le cui atmosfere vengono spesso richiamate, anche a livello artistico. La drammatica corsa di Wayne, infatti, mentre attraversa boschi e città devastate da quest'orda di zombi inarrestabile, non dura più di cinque ore e, quindi, andare a recuperare gli item nascosti, grazie anche a un comodo sistema per rigiocare i singoli capitoli con in evidenza in quali ci siano ancora oggetti mancanti, diventa fondamentale anche per rigodersi le atmosfere del gioco, eccellenti. La trama è ricca di eventi, il mondo intorno si avverte perso e sconfinato e, purtroppo, si registra un finale troppo brusco, che lascia in sospeso qualche punto di troppo e che non affonda il colpo in tutto l'ottimo materiale che viene sparso dai Tequila per la prima metà del gioco. Insomma, viene quasi lasciato lo spazio per un secondo episodio senza che lo si dichiari apertamente, ma si ha la sensazione che a un certo punto si sia virato verso la conclusione della storia per mancanza di tempo. Detto questo, Deadlight è un'esperienza che non lascia indifferenti e che, a livello di cura per i dettagli e atmosfere, ha veramente pochi paragoni nel mondo del digital delivery su Xbox 360.
Obiettivi Xbox 360
Come tutti i nuovi giochi Arcade, anche Deadlight offre 400 punti al giocatore. Si sbloccano quasi tutti arrivando normalmente alla fine del gioco, lasciandone una manciata al rinvenimento di tutte le pagine del diario e agli oggetti segreti, che però non avranno scampo con un po' di pazienza, grazie al comodo sistema con cui rigiocare i capitoli già superati. Ci sono anche tre portatili stile Game & Watch da scoprire e con cui interagire per battere dei semplici record, ma sono pura curiosità e non vi ci vorrà molto per trovarli e battere i punteggi necessari a sbloccare i relativi obiettivi.
Citazioni a gogo
Deadlight è un survival horror atipico, ma forse più puro delle ultime derive action della serie capostipite, Resident Evil. L'impostazione è completamente bidimensionale e il nostro eroe è armato, quasi sempre, di un'ascia, e di un paio d'armi da fuoco con pochissime munizioni, però. La maggior parte del tempo, quindi, più che a sparare ai nemici, che vanno colpiti alla testa o decapitati al suolo con l'ascia, la si passa a scappare, risolvere enigmi ambientali, sfruttando colpo d'occhio e la necessità di capire come superare le stanze quando sono disseminate di trappole. Deadlight non è un gioco difficile, anche le stanze più impegnative o le sequenze in cui bisogna scappare da palazzi che crollano o orde di Ombre (questo il nome degli Zombi), non richiedono più di un paio di tentativi per essere superate, anche perché i checkpoint sono generosissimi e fanno rinascere quasi sempre sul luogo del delitto a piena energia e senza penalizzazioni, disperdendo quella sensazione d'angoscia che, invece, a livello visivo è riuscitissima. Il richiamo più evidente è quello a Flashback, rispetto al quale però il titolo dei Tequila non riesce a lasciare lo stesso segno, dando un'esperienza di qualità veramente alta, ma senza tirare quel colpo di grazia che era a portata di mano. Le mappe sono ben disegnate, quando ci si spinge a trovare tutti gli oggetti segreti si vede chiaramente che i level designer del team hanno esperienza da vendere, ma si resta un po' in superficie, rispetto alle alte aspettative che si creano nelle prime due ore di gioco. Tra citazioni al parkour di Mirror's Edge e persino a una piccola parte in cui bisogna interagire con un altro personaggio a la Ico, quando si arriva alla fine la sensazione è che al giocatore si sarebbe potuto chiedere di più.
Anche perché le meccaniche funzionano ed è impossibile non farsi trascinare in questo mondo disperato e pieno di pathos e ritrovarsi in un paio d'occasioni con dei salti da eseguire esattamente al pixel che, oltre che un tuffo al cuore, fanno riscoprire sensazioni che più spesso bisognerebbe trovare nei giochi d'oggi.
Deadlight è mosso dall'Unreal Engine e regala luci oniriche, città che cadono a pezzi, liquidi credibili, buoni effetti volumetrici e ottime animazioni. Difficile restare indifferenti a quanto appare su schermo, così come è difficile abbandonare il pad fino alla fine, che arriva, come detto, in non più di cinque ore di gioco. Tra flashback, scene d'intermezzo, al termine si sa esattamente chi è Randall e dispiace vederlo andar via, soprattutto perché lo fa in maniera un po' netta (anche se forte). Effetti sonori e musiche sono di pari livello, ottime quindi, e contribuiscono a completare il gioco che, pur mantenendo le voci in inglese, è completamente sottotitolato in italiano.
Conclusioni
Deadlight è un buon titolo, con un bel protagonista, confezionato con una cura al di sopra della media, sia per pulizia delle meccaniche che per la realizzazione degli ambienti e del mondo di gioco. Non è lunghissimo e, visto che viene venduto a 1200MP, offre il fianco alla sensazione che le meccaniche e le idee implementate avrebbero potuto essere sfruttate più a fondo, spingendo il giocatore verso morti più frequenti anche grazie a sequenze di gameplay più impegnative. Nel complesso resta un titolo consigliato, soprattutto in questa torrida estate, ed è un buon inizio per i Tequila Works, che speriamo prendano questo spunto per portare avanti una storia che finisce un po' troppo in fretta, lasciando, come certi serial a cui si richiama, qualche porta aperta di troppo.
PRO
- Bella ambientazione
- Meccaniche antiche e piacevoli
- Artisticamente di ottimo livello
CONTRO
- Un po' corto per il prezzo
- La vena survival horror si scontra con la facilità del gioco
- La storia avrebbe meritato qualche approfondimento