Alla fine, un gioco esce, ci passi un po' di ore e capisci tante cose. Di Fable: The Journey si è cominciato a parlare un paio d'anni fa, atteso spin off di una delle saghe più amate dai possessori di Xbox, sempre a cavallo tra divertimento, innovazione e il tradimento di alcune delle meccaniche base degli action RPG. Lo specchio vero delle contraddizioni del Peter Molyneux game designer, uno dei personaggi, pure lui, più controversi di tutto il panorama dei videogiochi. Un genio, anche nell'esagerazione delle dichiarazioni, croce e delizia dei PR di tutto il mondo, soprattutto negli ultimi anni. Fable: The Journey era atteso dai possessori di Kinect, un vero gioco hardcore, con cui avventurarsi nella bella Albion e diventare potenti maghi in cerca di tesori.
Un video, all'E3 2011, mostrò quello che sembrava a tutti gli effetti uno shooter su, quasi, binari: un carro lungo una strada, da guidare scudisciando un cavallo, e una serie di dungeon in cui lanciare incantesimi. Curiosità tanta, ma anche tanti mugugni per la rigidità dello schema. Peter si erse a baluardo, promettendo aree più ampie da esplorare liberamente col carro, dungeon in cui spostarsi a piedi sporgendosi da una sedia, mentre si scoprivano segreti. Poi, Molyneux ha lasciato Lionhead prima dell'uscita del gioco e, a conti fatti, è un bene per tutti, perché Fable: The Journey è un discreto titolo per Kinect, ma esattamente quello che sembrava essere: uno shooter su, quasi, binari.
La storia di Theresa
Albion è cambiata e gli Eroi sono tutti estinti. La Malatorre è rispuntata in mezzo al mare, pronta a portare il nemico sulla terra attraverso il varco che riesce ad aprire tra le due realtà parallele. Theresa, la veggente cieca che accompagna la saga sin dall'inizio, è pronta a dare una mano anche questa volta, aiutando Gabriel, nomade al seguito di una carovana di zingari, facendogli acquisire dei poteri magici grazie a delle manopole che racchiudono i cristalli scaturiti dalla prima volta che la Malatorre fu distrutta dagli eroi. Il gioco inizia con Gabriel che resta isolato dalla sua comitiva dopo il crollo di un ponte e, lungo la strada, si imbatte in Theresa e nel male che cerca di travolgerlo corrompendo tutta la campagna circostante. Le manopole che gli vengono donate gli consentono di curare il cavallo, Stella, e di affrontare i nemici, a costo, però, della possibilità di togliersele, obbligandolo ad un lungo viaggio che lo porterà laddove un uomo comune non avrebbe mai osato spingersi. Per arrivarci, lungo un'avventura che dura circa dodici/tredici ore, si deve affrontare il viaggio sul carro, dirigendolo impugnando le briglie virtuali, e a piedi, quando bisogna recuperare tutti i poteri delle manopole o quando si esplorano le piccole side quest, che si trovano lungo la strada, evidenziate da dei cerchi lampeggianti nei quali far arrestare il carro. Quando si guida, ci si può spostare a sinistra e destra lungo le strade, scegliendo piccoli bivi, ma senza mai poter abbandonare la strada maestra. Con le briglie si può far incedere il carro a tre diverse velocità e raccogliere tre tipi diversi di gemme colorate che danno esperienza, rallentando o accelerando a seconda del colore.
Quando Stella va alla massima velocità consuma stamina, che va fatta aumentare dandole tregua, pena la perdita d'energia e salvo poi potergliela far recuperare nei numerosi punti di sosta/accampamento, in cui trovare forzieri e in cui strigliare il puledro, nutrirlo, abbeverarlo e curarlo, guadagnando ulteriore esperienza, ma che si esauriscono in una meccanica ripetizione di poche interazioni. Questa serve per guadagnare dei gettoni da spendere per aumentare la salute di Gabriel e i poteri a sua disposizione, in un crescendo che però relega i profili da gioco di ruolo a poco più che una serie di potenziamenti utili per fare punteggi più elevati, anche se nei combattimenti più avanzati lanciare incantesimi a casaccio porta inevitabilmente alla morte. I viaggi col carro sono un pretesto per ammirare fondali ottimamente realizzati e per ascoltare le storie di Theresa e dei vari comprimari, con una profondità di dettagli che alla saga sono a volte mancati, se però sapere queste storie non vi interessa, il viaggio potrebbe rivelarsi anche troppo lungo, fatte salve le sezioni in cui il male ci assale sconvolgendo il fondale o quelle in cui il carro si sposta da solo e a noi spetta eliminare gli hobbe a furia di incantesimi.
Obiettivi Xbox 360
Fable: The Journey è un titolo generoso e già con la prima passata, senza aver affrontato la modalità arcade, ci si ritrova con almeno 700 punti raccolti dei 1000 a disposizione. Fare bottino pieno è quasi inevitabile con un po' di pazienza.
A palle di fuoco
I combattimenti sono, ovviamente, il punto forte e in questo Lionhead ha fatto davvero un buon lavoro. Gabriel usa entrambe le mani: con la sinistra alza lo scudo magico con cui pararsi e rispedire al mittente massi e frecce infuocate. Sempre con la sinistra utilizza la "spinta" la magia che gli consente di spostare oggetti, stordire e lanciare i nemici in giro per lo schermo (fino ad un massimo di cinque potenziandolo) e risolvere piccoli puzzle ambientali, anche durante gli scontri coi boss; con la destra lancia fulmini, palle di fuoco e lance d'energia, ognuna con una diversa movenza e con effetti diversi. Ad aumentare la strategia degli scontri, l'aftertouch, ovvero la capacità di indirizzare le magie dietro gli ostacoli dopo averle lanciate in aria. Col tempo ci si trova a usare entrambe le mani senza pensarci, a scagliare nemici in aria (o a bloccarli coi tentacoli energetici della spinta) e a colpirli al volo, senza sosta. I dungeon sono ben disegnati (tutti su binari e senza bivi, ricordiamolo) e ricchi di quell'humor inglese tipico della saga. Ci sono anche alcuni scontri con boss di fine livello (anche se ne manca uno alla fine del gioco) che richiedono tattiche precise e l'uso combinato di fondali e poteri, peccato che gli sviluppatori hanno fatto sì che delle icone appaiano su schermo se il giocatore non usa al più presto la corretta magia sui diversi elementi del fondale, rendendo le cose più facili, ma meno intriganti.
Fable: The Journey è un gioco divertente in queste fasi, una chicca per chi ha giocato tutti i Fable, ma sembra un po' un ibrido tra quello che il team pensava potesse fare al meglio (un discreto shooter per kinect) e quello che Molyneux voleva assolutamente farlo diventare. Così delle scelte morali della saga non c'è traccia, le side quest si esauriscono in una serie di brevi sequenze a piedi aggiuntive e che i forzieri disseminati nel mondo contengono delle carte con i disegni di alcuni degli elementi più celebri della serie, ma che non hanno alcuna utilità se non quella di andare a formare una sorta di wikipedia su Albion. Insomma, una volta finito, resta una modalità arcade con cui giocare le sequenze migliori da shooter in cui realizzare punteggi più alti, divertirsi con le magie e sbloccare obiettivi, ma nessun reale motivo per ripartire dall'inizio, non essendoci livelli di difficoltà. Tanto più che tra i modelli poligonali molto dettagliati, gli effetti di luce, le texture e le animazioni, questa è una delle incarnazioni migliori di Albion, ma, trattandosi di un gioco su binari era difficile che problemi tecnici riuscissero ad intaccare la sempre ottima direzione artistica. Di fronte a questa cura nella realizzazione grafica, con l'utilizzo dell'unreal engine invece che del motore proprietario, e sonora i fan di Fable si divertiranno e basta e, in fin dei conti, giochi come Child of Eden hanno dimostrato che lo score attack può essere un ottimo incentivo a perseverare. Da Fable, però, è difficile non attendersi qualcosa di più con la nota ulteriore che, per l'edizione italiana, tutta ben doppiata e sottotitolata, non sono stati adattati i comandi vocali, che nella versione UK funzionano a meraviglia.
Conclusioni
Fable: The Journey è un titolo discreto, realizzato con cura, e Kinect non fa scherzi, rispondendo prontamente a qualsiasi sollecitazione. Ha anche una discreta longevità e chi ama Fable scoprirà, su alcuni personaggi, più retroscena in questo spin off che nei precedenti tre capitoli della saga , quasi fosse un vero e proprio omaggio. Una volta finito, però, resta poco e si vede che per strada si è provato a farlo diventare quello che, forse, non sarebbe potuto diventare: un vero e proprio RPG con dinamiche da sparatutto e i comandi gestuali. Ha poco spessore e scorre via come una favola, raccontata con tanti particolari e un finale un po' così, orfano di un vero e proprio scontro in cui fare tesoro delle tecniche apprese. Forse, ora che Molyneux se n'è andato, Gabriel e Albion prenderanno un po' dello spazio lasciato per ricominciare a crescere. Per adesso, se avete Kinect e volete lanciare incantesimi e palle di fuoco, potete farvi sotto, senza timore di scottarvi, considerato anche il prezzo.
PRO
- Ottima cura realizzativa
- Le movenze per gli incantesimi funzionano a dovere
- Discreti i dungeon e l'atmosfera
CONTRO
- E' poco più di uno shooter su binari
- Scarsa rigiocabilità
- Mancano i comandi vocali nella versione italiana