Sono davvero pochi i giochi in cui la mano dell'autore è tanto evidente, ma Dragon's Crown porta la firma di George Kamitani dal primo all'ultimo sprite. Chi ha apprezzato la magia di GrimGrimoire, il fascino di Odin Sphere e l'eleganza di Muramasa non può non vedere il fil rouge che li lega, ma Dragon's Crown rappresenta non solo il progetto più ambizioso di Vanillaware, ma anche la chiusura di un cerchio nato ben quindici anni fa. Fin da quando lavorò a Dungeons & Dragons: Tower of Doom, il sogno di Kamitani è sempre stato quello di realizzare un beat'em up 2D che si rifacesse alla tradizione di Golden Axe e The King of Dragons, ma che allo stesso tempo fosse in grado di segnare una crescita per il genere. "Come sarebbero i beat'em up 2D se fossero evoluti nel corso degli anni?". Allo sviluppatore di Osaka ci sono voluti diversi anni, sei giochi e un porting, ma Dragon's Crown è la meravigliosa risposta a questa domanda.
Dragon's Crown riporta il genere dei beat'em up 2D al passo coi tempi
Nuovo Golden Axe o nuova Golden Age?
Mentre si attraversano gli splendidi livelli di Dragon's Crown non si può non scorgere al loro interno l'onesta ammirazione di Kamitani verso Golden Axe. Da un gigantesco minotauro armato di ascia dorata agli enormi mostri da usare come cavalcature, passando per un ladruncolo che di tanto in tanto spunta sullo schermo per rubare i tesori sparsi in giro mentre il giocatore è distratto.
Eppure l'ultimo nato in casa Vanillaware non è soltanto un beat'em up vecchia scuola con mille omaggi ai classici di un tempo, ma si sforza di dare nuova linfa al genere. E ci riesce, non solo attraverso uno dei migliori esempi che il 2D abbia visto negli ultimi anni, ma grazie e soprattutto a un livello di profondità raramente trovato in altri beat 'em up, che pesca a piene mani dei progressi fatti in ambito RPG, action e picchiaduro 2D per infiocchettare un'esperienza dinamica, veloce e ricca di contenuti. Non stupisce che la semplice componente narrativa serva unicamente a fare da filo conduttore tra uno scenario e l'altro. Entrato nella Gilda degli Avventurieri e portate a termine alcune semplici mansioni, chi gioca viene presto a conoscenza della scomparsa del Re, dileguatosi nel nulla mentre era in cerca della Dragon's Crown, l'artefatto magico che, stando alle leggende, conferirebbe il potere di controllare i draghi. Nonostante si incontrino altri personaggi, e sebbene ci si possa dedicare a tutta una serie di missioni secondarie, la trama ha un ruolo e un'articolazione assolutamente marginale se confrontata a quella di Muramasa o di Odin Sphere. Dragon's Crown è tutto gameplay, e lo si nota fin dalla differente caratterizzazione delle classi giocabili, divisi soltanto all'apparenza in due diverse tipologie, i tank da scontri corpo a corpo (Guerriero, Amazzone e Nano) e i combattenti dalla distanza (Elfa, Strega e Mago). In realtà c'è un'enorme differenziazione anche all'interno di queste due categorie, col Guerriero che è quello più adatto ai novellini, perfetto per il button mashing e in grado di subire una discreta quantità di danni; l'Amazzone compensa la minore difesa con colpi aerei e calci molto potenti, mentre il Nano è l'unico personaggio in grado di effettuare prese assolutamente devastanti.
Il modo di giocare cambia in maniera notevole impersonando gli altri tre eroi, quelli un po' più ostici ma probabilmente anche quelli più divertenti: la Strega è un ottimo personaggio di supporto, potendo evocare guerrieri non-morti da un mucchietto d'ossa, laddove il Mago utilizza il mana a propria disposizione per scagliare incantesimi estremamente potenti. Infine c'è l'Elfa, un personaggio non semplicissimo da padroneggiare ma molto speciale, agilissimo nel muoversi per lo schermo e in grado di incatenare attacchi fisici con rapide scoccate di freccia in una direzione o nell'altra. Ha solo due grossi problemi: da un lato la scarsa resistenza agli attacchi fisici, che la costringe così a restare il più possibile nelle retrovie o a darsela a gambe se le cose si mettono male, dall'altro il numero limitato di frecce, che vanno così scoccate con attenzione e raccolte da terra alla prima occasione buona. Per divertirsi non bisogna necessariamente essere giocatori esperti, sia chiaro, ma i più navigati potranno scoprire e apprezzare diverse tecniche che derivano perlopiù dal genere picchiaduro, come la possibilità di cancellare attacchi per anticipare mosse evasive o per essere sul nemico con maggiore velocità.
PS3 o Vita?
Dal momento che Dragon's Crown non supporta il cross-buy, chi possiede PlayStation 3 e PlayStation Vita si trova davanti alla necessità di scegliere una tra le due versioni. In quanto a contenuti, il gioco è assolutamente identico su entrambe le piattaforme, ma ci sono pro e contro da una parte e dall'altra in base alle esigenze di ciascun giocatore. Sulla TV di casa è possibile apprezzare al meglio fondali e personaggi in alta risoluzione, mentre lo schermo OLED di PlayStation Vita rischia di essere troppo piccolo per riuscire a distinguere i vari personaggi quando l'azione si fa più caotica. In compenso, il touchscreen della console portatile permette di toccare direttamente gli oggetti con cui interagire senza la necessità di spostare un lento cursore con lo stick analogico destro. Va infine considerato che la versione PlayStation 3 supporta un'opzione multiplayer in locale, sebbene PlayStation Vita abbia comunque una sua modalità cooperativa online.
Partire all'avventura per menare le mani
Avere una città centrale che fa da HUB tra un livello e l'altro ha permesso a Vanillaware di inserire tutta una serie di elementi da RPG, partendo dalla Taverna in cui cambiare il proprio eroe o assoldare nuovi alleati, passando per il Tempio dove resuscitare nuovi personaggi e pregare per ottenere bonus in battaglia, fino ad arrivare a una negoziante che compra, vende, ripara o valuta i propri oggetti.
Magari nel frattempo si fa una capatina alla Gilda, per raccogliere qualche missione secondaria o apprendere nuove abilità attraverso un sistema di punti e potenziamenti. Tuttavia, è solo quando si lascia la capitale e si entra in uno dei vari dungeon che Dragon's Crown si dimostra IL beat'em up della generazione. Gli scontri sono divertenti, frenetici e mai ripetitivi, complice anche la presenza di elementi dello scenario con cui interagire, come cannoni con cui fare fuoco, colonne da far crollare sugli avversari, pozze d'olio da incendiare o passaggi segreti da sbloccare per accedere a stanze nascoste. La stessa varietà la si trova nei nemici, tutti diversi e che, nonostante raramente sfoggino particolare originalità e inventiva, richiedono comunque approcci differenti, tra spettri sensibili al fuoco fino a ghoul che esplodono in una fontana di acido velenoso. Il problema sorge quando, fin troppo spesso, si supera un certo numero di personaggi su schermo, magari perché la Strega ha evocato un guerriero non-morto, il Mago una creatura elementale e intanto c'è un civile da salvare e un ladro che fa la spola tra un forziere e l'altro. Occasioni come questa sono a dir poco soverchianti, col giocatore che non solo non riesce a capire bene cosa sta accadendo nella mischia, ma rischia anche di perdere di vista il proprio eroe. Si finisce così per morire spesso, soprattutto dopo un certo numero di ore di gioco, quando l'avventura entra nel vivo, si dirama in nuove direzioni e offre un livello di sfida molto più alto; senza contare poi la modalità Inferno, nella quale il grinding non è più sufficiente e le abilità del giocatore vengono messe seriamente alla prova. Quando si gioca in compagnia dell'intelligenza artificiale le cose si fanno più complicate a causa di un pathfinding inadeguato, che spesso porta gli alleati a camminare tranquillamente sulle trappole o a fermarsi in mezzo alle fiamme come se nulla fosse.
Lo sviluppatore giapponese è riuscito tuttavia a mettere in piedi un sistema di Continua e Game Over non frustrante ma neppure permissivo, in grado di ricreare la sensazione di ansia da "ultimo gettone" tipica dei cabinati da sala. E poi, come già accennato, c'è tutta una serie di elementi tratti da altri giochi e altri generi: la possibilità di aprire forzieri e cercare oggetti nascosti all'interno dei dungeon deriva dichiaratamente da Diablo, mentre una delle idee più interessanti della componente online è ripresa con forza da Demon's Souls: una volta sconfitto, il giocatore lascia in quel punto del livello un mucchio d'ossa, che a sua volta può essere usato da altri giocatori per evocare non-morti o per resuscitare un alleato con le stesse caratteristiche del personaggio originale; la possibilità di associare al proprio eroe una serie di messaggi personalizzati rappresenta un'ulteriore chicca.
Trofei PlayStation 3
Alle numerose quest secondarie e alla possibilità di giocare l'avventura con diversi personaggi si affiancano tutta una serie di trofei segreti da sbloccare. Molti si ottengono semplicemente proseguendo nell'avventura, ma non manca una discreta varietà di sfide alternative, che vanno dall'eliminare un boss entro un certo numero di minuti all'infliggere un'enorme quantità di danni con un colpo solo, passando per altre un po' più particolari.
Beat'em Art
Paradossalmente, lo stile artistico di Dragon's Crown è stato tra gli elementi più lodati, ma allo stesso tempo anche quello che più di tutti ha attirato critiche e polemiche. In particolare, forconi sono stati impugnati per il design dell'Amazzone e della Strega, dalle curve troppo evidenziate e dall'aspetto che quasi supera il limite del sexy per invadere la sfera dell'erotismo. Eppure questo, che piaccia o meno, è sempre stato lo stile di Kamitani, stavolta portato all'estremo e accentuato forse da un'estetica ibrida tra l'arte orientale e quella occidentale. Le forme sono state esaltate anche per diversi personaggi maschili, ma giudicare il lavoro degli artisti di Vanillaware guardando unicamente al design di un paio di personaggi è un errore clamoroso. La cura per i fondali, e il fatto che ogni livello sembri un vero e proprio dipinto, mostra ancora una volta la sensibilità e il gusto che il team di Osaka ha sempre dimostrato da GrimGrimoire in avanti.
Sensibilità che si nota anche negli svariati riferimenti e omaggi alla cultura e all'arte occidentale, dalle opere Disney alla scultura greca, passando per il periodo rinascimentale o l'antico Egitto. Le mille fonti di ispirazione si notano anche negli spettacolari scontri con boss, che una volta mettono davanti a una gigantesca Chimera, la volta dopo faccia a faccia con Medusa, o ancora contro un Kraken, un Ciclope o un'Arpia. Se non fosse per il caos su schermo e per la concentrazione ai massimi livelli, ci si fermerebbe volentieri ad ammirarli uno per uno, accompagnati da una colonna sonora che passa da temi epici a melodie arabeggianti o a pezzi pirateschi a seconda dell'ambientazione.
Conclusioni
Da Shank a Castle Crashers, la scena indie ha provato più volte a riproporre l'esperienza dei vecchi beat'em up a scorrimento orizzontale, ma Dragon's Crown è probabilmente il primo a riportare davvero il genere al passo coi tempi, sia da un punto di vista artistico che di gameplay. L'ultimo gioco di Vanillaware non è soltanto un omaggio ai tempi che furono, né un semplice calderone pieno di citazioni, cameo e riferimenti, ma un'esperienza profonda, frenetica e di un certo spessore strategico. E questo sia che lo si giochi in compagnia di qualche amico, sia che ci si affidi all'intelligenza artificiale. Senza dubbio il punto più alto raggiunto finora dal team di Kamitani.
PRO
- Artisticamente incantevole
- Ritmo di gioco dinamico e frenetico
- Numerosi contenuti e tanta varietà
- In cooperativa è una festa
CONTRO
- Con troppi personaggi su schermo è difficile da seguire
- Qualche problema di pathfinding