Recensire Call of Duty è sempre rischioso, è un'impresa titanica che vede chi scrive alla mercé di detrattori assatanati della serie e appassionati altrettanto esagitati, ma quest'anno - complice l'arrivo della next gen che (in teoria) segna uno stacco netto con i progetti del passato - il compito sembrerebbe essere più facile. Cosa è quindi Call of Duty: Ghosts? È un titolo "old gen" trasportato a forza nel futuro, che in tutte le sue componenti (campagna, multiplayer, Squads ed Extinction) guarda al franchise nella sua interezza, per mettere in scena una serie di contenuti senza dubbio interessanti, ma che non fanno molto per cercare una loro via, soprattutto quando abbiamo visto come Treyarch ha di fatto impresso una sterzata notevole alla serie con la sua serie parallela Black Ops.
Call of Duty: Ghosts non riesce a replicare con lo stesso successo la solita formula vincente
Il sud America alla riscossa
La campagna, della durata compresa tra le cinque e le sei ore se giocata a normale, ci mette nei panni di uno dei due fratelli "fantasmi" che impareranno ad essere l'ultima linea di difesa degli Stati Uniti contro l'esercito della Federazione, ovvero tutto il sud America compatto nell'annientare gli odiati yankee dopo l'implosione dei campi petroliferi del Medio Oriente. Tutto ha inizio quando l'Odin, il satellite dotato di enormi barre capaci di scatenare solo con l'impatto il potere distruttivo di una bomba atomica, viene abbordato e usato contro il territorio americano stesso. Gli Stati Uniti vengono messi in ginocchio, invasi ma non spezzati, con i resti di quello che era il più potente esercito del mondo che continua la lotta contro l'invasore, rinchiuso in sacche sempre a rischio di annientamento.
Questa la situazione iniziale, poi con la progressione visiteremo anche il sud America, per bloccare la messa in funzione dell'arma definitiva della Federazione, e per uccidere il capo, un rinnegato spietato e senza scrupoli. Una breve sinossi per un Call of Duty "classico" che propone ben diciotto missioni, non proprio lunghissime e decisamente frammentarie, in cui i brevi scarti temporali tra l'una e l'altra vengono legati insieme da filmati/spiegoni realizzati in una maniera molto particolare, non col motore del gioco, ma quasi in maniera astratta: un bel vedere comunque. Il gameplay è quello classico della serie, scriptato e assolutamente lineare: si passa tutto il tempo a seguire qualcuno, da nostro fratello agli altri membri della squadra Ghost. Un peccato veniale insito nel genere, certo, ma mai come ora si ha l'impressione di non essere mai al comando, complice anche lo stratagemma narrativo che ci vede come "reclute" alle prime armi. Il ritmo è buono come al solito, Infinity Ward mette in scena tutto e il contrario di tutto, si passa con disinvoltura dagli abissi marini alle stazioni spaziali (ad onor del vero questi livelli si giocano allo stesso modo...) e non mancano le solite infiltrazioni silenziose, fughe precipitose dall'esito ovviamente pirotecnico e le immancabili fasi su mezzi. Tanta varietà, insomma, ma per la prima volta, a causa forse di un'ambientazione che certamente non colpisce allo stomaco il giocatore e che sarebbe stata irriconoscibile senza la solita scritta in basso a sinistra dello schermo che indica il luogo dell'azione, non scatta quello che i professionisti dell'emozione chiamano "effetto WOW!" La campagna si lascia giocare senza scene o momenti indimenticabili, non ci sono livelli come quelle di Parigi o di Amburgo; non mancano ovviamente picchi molto buoni che fanno scattare in alto anche l'asticella della difficoltà, ma più in generale si arriva alla fine senza che l'investimento emotivo iniziale abbia portato i suoi frutti. Anche quelli che dovrebbero essere potenti colpi di scena non emozionano e si configurano come passaggi obbligati per arrivare al beffardo, ma non sconvolgente, finale. Quello che nelle intenzioni degli sviluppatori doveva essere il racconto di una nazione sull'orlo del collasso, in cui l'apparato militare è ridotto al lumicino e che magari avrebbe potuto dare il la ad un diverso modo di intendere il gameplay, non si discosta per nulla da tanti shooter giocati sinora. C'è tutto quello che ci si aspetta da un Modern Warfare e ciò non fa altro che creare un forte senso di scollamento tra quello che i protagonisti raccontano e quello che avviene a schermo. Insomma, quando si tratta di attaccare in forze gli americani lo fanno, anche nel cuore del territorio degli avversari, e ci si chiede perché creare come protagonisti dei veri e propri partigiani di una nazione sconfitta quando poi è l'esercito ad avere la possibilità, come sempre, di porre fine a tutto.
Di questa incertezza di fondo fa parte anche il cane Riley. Da protagonista assoluto dei meme di mezzo Internet al momento del reveal, è ridotto a semplice comparsa in due missioni iniziali per poi scomparire praticamente del tutto fino alla fine. E per di più il suo utilizzo è pari a quello di un qualsiasi drone terrestre stealth visto in decine di altri FPS. L'unica differenza è che azzanna invece di sparare. Un vero peccato, quindi, ma per fortuna ci hanno risparmiato scene strappalacrime alla Hachiko, anche se il suo guaito quando ferito può destabilizzare gli amanti degli animali più sensibili. A livello di design Infinity Ward non stravolge un copione mandato a memoria da anni: c'è tanta varietà e non mancano piccole trovate per ravvivare situazioni usuali, ma più in generale il senso di deja vu è ricorrente. Ad onor del vero, c'è da dire che il ritmo è sempre incalzante; Infinity Ward tenta anche di rendere gli ambienti più ricchi in termini di "verticalità" ma certamente il tutto non spicca per originalità e, come scritto precedentemente, i momenti che si ricordano sono pochi.
Le missioni nello spazio in un secondo si tramutano in tediose repliche di quella marina resa famosa nel trailer dei pesci, e quando si sale a bordo dei mezzi la situazione non migliora di molto. L'assalto degli elicotteri è messo in scena bene, ma praticamente impossibile da fallire, mentre la missione nel chiuso di un carro armato è sinceramente terribile e rende quella di Battlefield 3 un emblema di realismo. Basta semplicemente dire che gli Abrams sono dotati di strafe, di un modello di guida che si fa beffe di qualsiasi logica, e che soprattutto non c'è nessuna sfida, anche se ci viene chiesto di irrompere in quella che è a tutti gli effetti la zona più difesa del nemico. L'intelligenza artificiale si attesta sui soliti livelli. Gli spazi stretti giocano in suo favore, ma abbiamo assistito a momenti in cui, pur senza i paradossali e ferrei script invasivi di Battlefield 4, siamo rimasti a bocca aperta di fronte a soldati che rimangono allo scoperto in bella vista, che si espongono con noncuranza dalle coperture, o che peggio ancora puntano il fucile nella direzione opposta a dove ci troviamo. Emblematica la scena della fuga dallo stadio in elicottero. Dall'alto osserviamo i soldati che fino a poco prima ci stavano sparando rimanere immobili a terra senza sparare, nemmeno per "colorare" la scena.
Un confronto tra campagne
Se per il multiplayer Call of Duty: Ghosts e Battlefield 4 giocano di fatto sport e campionati diversi, nella campagna il confronto è estremamente plausibile, con il titolo made in Sweden che di fatto si è trovato a rincorrere quello made in USA. Quale delle due campagne è la migliore? Forse la domanda più interessante che ci dobbiamo porre è quale tra le due sia la meno peggio...
Tecnicamente parlando la risposta è scontata: Battlefield 4, nonostante la sua mediocrità contenutistica, è capace di farci rimanere a bocca aperta, almeno in ambito next gen. Per tutto il resto, entrambe hanno pochi pro e tanti contro. La varietà e l'intelligenza artificiale premiano Call of Duty sul filo di lana, ma Battlefield 4 ha dalla sua (pochi, a dire il vero) momenti entusiasmanti in cui gli spazi si aprono quasi alla Crysis, mentre per la scrittura il discorso è più complesso. Battlefield 4 deraglia completamente nella scelta di voler mettere in scena il lato umano degli uomini in guerra, scadendo nella macchietta grazie a scene e dialoghi ridicoli, mentre Call of Duty pecca nell'arco narrativo totale che non emoziona, lascia freddi e tradisce l'interessante incipit iniziale. Due risultati simili, insomma: cambia solo il modo in cui i due titoli arrivano a questo risultato poco entusiasmante.
Trofei PlayStation 4
Call of Duty: Ghosts premia il giocatore con 51 trofei, molti dei quali relativi alla modalità Extinction. La maggior parte di quelli di bronzo si ottengono con la semplice progressione nella campagna, ma ci impegnano anche nel cercare di uccidere gli avversari in modi diversi dal semplice sparare col nostro fucile. Per portare a casa l'oro bisogna lavorare di più, e magari finire il gioco alla difficoltà massima. Il platino invece è il naturale premio per aver ottenuto i precedenti trofei.
Piccole correzioni da fare
Il sistema alla base del multiplayer è estremamente semplice, ma davvero ricco di possibilità e combinazioni per il giocatore. Di fatto, da Modern Warfare 3 torna il sistema delle tre diversificazioni delle Strike Package, mentre il sistema "Pick 10" di Treyarch diventa ora "Pick 8", ma solo in riferimento ai perk. Di fatto armi, ottiche, granate e addirittura le "Killstreak" possono essere tutte equipaggiate in modo libero, a patto di avere i cosiddetti gettoni d'oro relativi necessari per il loro sblocco. Non c'è la barriera del livello da raggiungere, ma bisogna capire come spendere i gettoni, elargiti con parsimonia al salire di livello, ma anche al superamento delle "missioni" che coinvolgono un po' tutti gli aspetti del gioco.
Se vogliamo possiamo accumulare i soldi necessari (Squad Point) per comprare da subito il potentissimo fucile d'assalto Beretta ARX-160, ma facendo così non avremo i soldi per comprare altro. Solo i perk si ottengono al salire di livello, ma comunque il loro acquisto può essere anticipato pagando in Squad Point. Il sistema funziona; tutto concorre al salire di livello e quindi all'ottenere punti, di conseguenza il giocatore è spinto ad esplorare il gioco nella sua interezza. Le tre specializzazioni delle Strike Package funzionavano due anni fa e funzionano anche oggi, ma potendo liberamente muoverci abbiamo potuto osservare alcuni problemi da sistemare, che potrebbero inficiare il bilanciamento totale. Scegliendo Assault si accede dopo sole 5 uccisioni al cane, il caro vecchio Riley. Di fatto, siamo praticamente invincibili, sia da vivi sia da morti, una sorta di versione canina del tanto odiato Martirio. Il cane ci accompagna, gira intorno a noi e ci avvisa dei nemici nelle vicinanze, e li uccide col semplice tocco: non c'è scampo, quindi. Peccato solo che il cane continui a rimanere attivo anche se veniamo uccisi, accumulando kill in attesa della sua uscita di scena. La classe supporto fa il suo dovere, il giusto mix tra aiuto alla squadra e velleità offensive, mentre lo Specialista, quello non dotato di Strike Package propriamente dette, ma solo di perk, può diventare un vero e proprio ninja nelle mani dei giocatori esperti, arrivando ad un incredibile totale di oltre 15 abilità, eliminando quasi del tutto il loadout e diventando una macchina da morte inarrestabile, silenziosa, invisibile e letale.
Anche qui il bilanciamento è a forte rischio. Ma quello che più ci ha lasciato interdetti è la scelta fatta da Infinity Ward sull'energia del giocatore. Con pochissimi colpi si muore, specialmente quando gli avversari sono dotati di armi di alto livello, cosa questa che fa un po' a cazzotti con il respawn non sempre impeccabile, ma mai comunque da diventare un problema grave. Mark Rubin, produttore esecutivo del gioco, ci ha detto che questa scelta rispetta una tradizione di Infinity Ward, totalmente opposta a quanto fanno in Treyarch. Una visione condivisibile nell'ottica del DNA del gioco - veloce, frenetico e caciarone come non mai - ma c'è da dire che esser freddati con due colpi nel giro di un nanosecondo, sia da vicino sia da lontano, esaspera tutto quello verso il quale si scagliano i detrattori del gioco.
Riguardo alle nuove modalità di gioco, molte delle inclusioni sono azzeccate e possono essere intese come valida alternativa a quelle "classiche" più giocate e amate. Nella nostra personale classifica mettiamo Search and Rescue, una variante di Search and Destroy mescolata con Kill Confirmed, in cui non c'è respawn, a patto che uno dei compagni raccolga la nostra medaglietta; Blitz invece impegna le due squadre in una corsa verso la base avversaria, dove "fare gol" calpestando un piccolo hotspot per poi esser teletrasportati nella nostra base. Inutile muoversi in gruppo, un cooldown di dieci secondi tra un gol e l'altro impone di non accalcarsi intorno "alla porta". Ingegnoso. Ma anche Hunted ci è sembrata molto divertente, anche se più un passatempo che una modalità competitiva vera e propria. Si parte tutti con una pistola, l'acquisizione delle armi più performanti avviene grazie a casse che ogni tanto cadono sulla mappa: grandi corse in attesa del nuovo drop insomma. Delle altre solo Infected non ci è sembrata particolarmente azzeccata, mentre le nuove Cranked e Grind non hanno particolari difetti, ma certamente non riescono a rubare la scena a quelle precedentemente elencate.
Ma un altro settore in cui Infinity Ward ha lavorato molto è nella realizzazione delle mappe, dove i ragazzi americani hanno potuto sbizzarrirsi costruendo campi da gioco mediamente più grandi del passato, cosa questa di cui le console next gen ne beneficiano molto visto che possono supportare fino ad un massimo di diciotto giocatori, mentre le "current gen" si fermano a soli dodici, offrendo spesso una sensazione di solitudine quando gli spazi si allargano. In tal senso la bellissima Stone Heaven è emblematica. Un gigantesco castello diroccato, situato in una lussureggiante vallata e circondato da diverse casupole, anch'esse ridotte a mucchi di pietre. In pratica, il perfetto borgo medievale, incastonato tra collinette e ruscelli, il tutto all'insegna di un level design in cui sono predominanti i punti rialzati e i resti delle strutture da usare come coperture. Non solo zone esterne ovviamente: il resto del castello, col muschio che corre sulle sue pareti, è in buona parte percorribile. Ma il meglio è la possibilità di guardare tenere sempre d'occhio tutta la mappa nella sua interezza. Vuoi dal castello, vuoi dalla collinetta ai suoi fianchi, vuoi dal letto del fiume alla sua estremità. Whiteout è più piccola, ma è buon mix tra campi lunghi e zone per il combattimento ravvicinato, raccolta tra un villaggio di pescatori, piccole colline innevate, grotte e cunicoli il tutto intorno ad una radura boscosa perfetta per il fuoco incrociato. Molto grande è anche Chasm, ambientata in una Los Angeles devastata dagli impatti dell'Odin, strutturata su più livelli, dotata di una spiccata verticalità e anche molto intricata, capace di garantire un approccio per tutte le tipologie di giocatori.
La stessa filosofia appartiene a Siege, ambientata su un'isola industriale abbandonata. Anche qui gli spazi sono molto ampi, ma la ricca costruzione degli ambienti, tra cunicoli, palazzi diroccati, grandi saloni, terrazzi e piccole radure garantiscono giocabilità per tutti. Interessante anche Prison Break in cui lo snodo principale è il cortile di una prigione circondata da un boschetto e da un torrente, intorno ai quali ruota tutta la solita circolarità delle mappe di Call of Duty. Più in generale c'è da dire che il level design si mantiene sempre su ottimi livelli, come al solito ricco di passaggi secondari e strade alternative per arrivare ai punti caldi della mappa. Ma una volta assaggiate questa mappe più grandi tornare a giocare su quelle più piccole, ovvero di dimensioni standard, lascia un po' l'amaro in bocca. Gli spazi stretti, anche se ben strutturati in altezza, di mappe come il centro commerciale mezzo sommerso di Flooded, le cittadine in rovina di Tremor e Warhawk sono un tripudio di corridoi, angoli ciechi e improvvise aperture che non reggono il confronto con l'ariosità multi livello di quanto descritto poco sopra, e che poi rendono più palpabili tutte quelle criticità a livello di gameplay che abbiamo riscontrato. Attenzione, non stiamo parlando di layout che non funzionano, ma di costruzioni che osano poco, e che con o senza eventi dinamici rappresentano il passato. Il futuro del level design di Call of Duty deve essere quello degli spazi più grandi, in grado di adattarsi perfettamente ad ogni approccio possibile e in grado di essere molto più divertenti da giocare.
Obiettivi Xbox 360
I 50 obiettivi di Call of Duty: Ghosts permettono al giocatore di portarsi a casa 1000 punti. I 10 punti base si ottengono missione dopo missione con relativa facilità, mentre per portarsi a casa il nutrito gruppo dei 25 punti bisogna impegnarsi in azioni contestuali diverse dal semplice tirare il grilletto. 100 punti sono il giusto premio per un'irruzione al livello più alto di difficoltà, mentre un bel gruzzolo si mette via sviscerando a dovere Extinction.
Estinzione vuol dire divertimento!
Dove Call of Duty: Ghosts spicca letteralmente il volo è nella modalità Extinction, paragonabile idealmente a quella Zombie, ma con molte e notevoli differenze. Fino ad un massimo di quattro giocatori devono ripulire una cittadina da una infestazione aliena e il tutto avviene posizionando delle piccole trivelle di fronte ai nidi che bloccano alcune strade e resistendo alle orde che nel frattempo ci attaccano durante il processo di "trivellazione". L'esplorazione è libera, non c'è un percorso prestabilito, possiamo muoverci dove vogliamo visto che l'ordine dei nidi da distruggere lo decidiamo noi. A complicare ulteriormente le cose c'è la diversificazione degli alieni, via via sempre più ostici e corazzati, e non mancano alcuni frangenti in cui invece di sistemare la trivella dobbiamo resistere ai nemici aiutati da un elicottero. A rendere il tutto più coinvolgente, divertente e ben strutturato è l'implementazione delle classi dei quattro protagonisti, ognuno dotato di un ruolo e di tratti offensivi e difensivi specifici, che coinvolgono tutto il team, all'interno del più classico gioco di squadra. Nel dettaglio troviamo lo specialista d'armi, il tank, l'ingegnere e il medico. Il primo è più versato con le armi da fuoco, il secondo a mani nude (utile per risparmiare costosi proiettili) ed è dotato di maggior salute, il terzo ripara la trivella più velocemente, fa più danno con le granate e guadagna più soldi accendendo le trappole improvvisate.
Il doc invece fa quello che il suo mestiere gli impone, cura gli altri via via più velocemente ed efficacemente. Questi i tratti peculiari, poi ci sono delle ulteriori varianti comuni che specializzano ancora di più i protagonisti. Possiamo scegliere l'arma di partenza tra diversi tipi di pistole, proiettili di vario tipo (esplosivi, incendiari...) o semplicemente la possibilità di rifornirsi e di rifornire la squadra meglio, il supporto al team, che spazia da mine, granate e buff di vario tipo al rilasciare giubbetti antiproiettile per tutti o care package casuali, gli attacchi di supporto, come droni volanti, missili, mortai e torrette automatizzate e per finire armi da ultima spiaggia personali, come lancia granate, scudi antisommossa o una mitragliatrice pesante a canne rotanti. C'è tanto da scegliere per personalizzare il proprio alter ego, insomma, ma Infinity Ward ha aggiunto un altro livello di complessità. Distruggendo un nido o completando delle missioni ad ogni nuovo round, Extinction ci dona un punto da spendere nella crescita del nostro personaggio. Di fatto, tutto quello che abbiamo scelto può essere aumentato di livello fino a quattro volte, aumentando esponenzialmente la sua efficacia, portando vantaggi al giocatore ma anche ovviamente a tutta la squadra.
Le scelte che il gioco ci pone sono quasi da gioco di ruolo: specializziamo il nostro ruolo al massimo (il medico cura automaticamente tutti indipendentemente dalla distanza ad esempio), o disperdiamo i preziosi punti nelle varie "abilità"? La scelta è ardua perché le differenti categorie sono fondamentali per la progressione. Avere più proiettili esplosivi per tutti fa la differenza quando sulla scena compaiono gli Scorpion o peggio ancora i Rhino ma, allo stesso modo, un giubbetto rinforzato, una torretta con più colpi o un mortaio più efficace sono vantaggi da non sottovalutare. Pad alla mano, le partite sono estremamente frenetiche; partono piano ma già dal secondo, terzo nido le cose si complicano. Non dobbiamo poi sottovalutare che più uccidiamo i nemici più soldi guadagniamo, per comprare nuove armi, per accendere trappole improvvisate o per utilizzare postazioni fisse. C'è tanto da fare, in definitiva; a guardarla distrattamente potrebbe sembrare una modalità sempliciotta, ma si rivela esattamente l'opposto. Strategia, tatticismo, gioco di squadra e tanto divertimento, nel contesto di un'orda che solo all'apparenza ricorda le altre.
A concludere il ventaglio dei contenuti di gioco c'è Squads, da intendere come una sorta di multiplayer asincrono visto che di base, con le dovute differenze a seconda delle modalità di gioco, dobbiamo creare una nostra squadra mossa da bot, scegliendo accuratamente i ruoli e il relativo loadout, farla crescere giocando insieme a lei, ma anche e soprattutto facendo in modo che venga scelta e utilizzata dagli altri giocatori. Il tutto gestito da un'intelligenza artificiale sulla quale Infinity Ward sembra aver lavorato molto visto che risulta capace di adattarsi alle nostre capacità e abilità in tempo reale. Il concetto è semplice: meglio giochiamo noi, meglio giocherà la squadra, aumentando di livello più velocemente, quindi, e diventando più forte.
Molti contenuti anche qui, che replicano di fatto quelli del multiplayer, con l'addizione della modalità orda Safeguard, anche questa complessa e ben strutturata. Si gioca insieme ad altri avversari umani o con la squadra di bot, ma in qualunque momento possiamo richiamare un alleato "digitale". In pratica, combattiamo diversi round di crescente difficoltà intervallati in maniera totalmente casuale da "drop" di casse contenente armi e perk di vario tipo. Inoltre più kill facciamo, più aiuti in termini di proiettili e armamentari otteniamo. Come se non bastasse poi di tanto in tanto c'è la possibilità di ottenere gli strike package, in finestre di tempo brevissime e anche piuttosto rare. Safe Guard funziona e diverte, non è una semplice orda, anche se non ha la complessità strategica di Extinction. Squads va però vista e valutata sul lungo periodo, per capire se funzionerà a dovere tutto il sistema dell'utilizzo asincrono delle squadre.
Quanto c'è di vecchio nel nuovo?
Visivamente parlando, la prova delle tre versioni PlayStation 4, PlayStation 3 e Xbox 360 rende ancor più chiara la natura "cross gen" di Call of Duty: Ghosts. Sin dall'iniziale reveal del titolo, quello in cui venne dato grande risalto alla componente tecnologica del progetto, fu subito chiaro che il nuovo nato di casa Infinity Ward non aveva nel suo DNA un impianto totalmente votato alle nuove console. Ovviamente il balzo della risoluzione e un anti aliasing finalmente presente compongono un quadro molto pulito, ma oltre questo c'è poco altro.
Tutte quelle che nelle precedenti versioni erano magagne mascherate da un gran ritmo e da una messa in scena pirotecnica capace di pilotare la nostra attenzione verso ciò che la "regia" ha deciso, qui vengono messe a nudo. L'aumento del carico poligonale, così come del sistema di illuminazione, è visibile; gli ambienti sono più ricchi, ma si nota uno scollamento evidente tra il livello qualitativo di oggetti "importanti" e altri di secondo piano, fisica compresa. Come se non bastasse, poi, questa diversa attenzione riposta sulla bontà del quadro generale è visibile anche nella realizzazione complessiva di alcune missioni, con una qualità che talvolta si fa sensibilmente più bassa, quasi come se gli sviluppatori avessero lavorato alle varie parti con modi e tempi differenti. A complicare il tutto, poi, c'è il frame rate su PlayStation 4. Tanto nella campagna quanto nel multiplayer abbiamo riscontrato diversi rallentamenti, ben visibili ma che non compromettono l'esperienza di gioco. Abbiamo chiesto lumi in merito direttamente a Mark Rubin, il producer della serie, secondo cui la colpa è delle console di prova utilizzate per l'evento review, visto che con quelle attualmente in uso nei loro uffici Ghosts non ha nessun problema.
La questione è spinosa, abbiamo anche cercato di capire, con gli altri colleghi presenti, come e quando queste problematiche si verificassero, soprattutto in ambito multigiocatore, ma non c'è stato verso di arrivare ad una soluzione condivisa. Call of Duty: Ghosts su PlayStation 4 a 1080p nativi nella configurazione di prova per la recensione ha problemi di frame rate, infrangendo quindi il dogma dei 60 fotogrammi al secondo stabili del franchise. Saremo ben felici di scrivere il contrario quando il gioco sarà disponibile per tutti, ma per ora questo è un problema presente e che dobbiamo riportare. Sulle console di vecchia generazione Ghosts è fluido come al solito; dobbiamo citare un abbassamento tangibile del dettaglio e della pulizia, con aliasing e dithering gentilmente spalmati a schermo che gravano molto sulla qualità totale delle immagini, colpa forse dei compromessi accettati tra vecchia e nuova generazione. In definitiva Call of Duty: Ghosts non propone quel passo avanti tecnologico di cui il franchise ha disperatamente bisogno. Non è certamente una cosmesi insufficiente: i modelli dei protagonisti, le texture ad essi dedicati e soprattutto le animazioni e il motion capture facciale sono di altissimo livello, ma ci aspettavamo certamente molto di più. Un quadro solo sufficiente insomma, che non fa certamente gridare al miracolo.
Conclusioni
Call of Duty: Ghosts non è certamente quel passo avanti che tutti speravano con l'arrivo della next gen, e anzi si dimostra più debole in quelli che sono sempre stati i suoi punti di forza. Accanto ad un comparto multiplayer come al solito ricco di contenuti, ben ingegnato e molto divertente, troviamo una campagna che è, senza troppo giri di parole, mediocre. Non mancano buoni momenti ma ha poco mordente, è troppo frammentaria e senza picchi, soprattutto narrativi. Squads è una bella trovata, ma va valutata nel lungo periodo, mentre Extinction ruba la scena al "vecchio" Zombie di Treyarch, col suo essere una orda cooperativa ricca di personalità, grazie al suo piglio quasi ruolistico. La parte tecnica è ovviamente il difetto più visibile del progetto. Un antialiasing efficace, un dettaglio maggiore e una risoluzione più alta non riescono a mascherare un quadro generale che è ancora ampiamente ancorato alla vecchia generazione, con più bassi che alti.
PRO
- Tanti contenuti
- 1080p e antialiasing per un quadro molto pulito
- Le mappe grandi sono entusiasmanti
- Multiplayer come al solito molto divertente
- Extinction azzeccata: "caciarona" ma anche molto "tattica"
CONTRO
- Campagna decisamente mediocre
- Manca lo scatto tecnologico next gen
- I livelli di dimensioni ridotte hanno poco fascino
- Il multigiocatore richiede un po' di bilanciamento
- Problemi di frame rate su PlayStation 4