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Il gladiatore di Xbox One

Crytek stupisce come sempre dal punto di vista tecnico, ma il resto?

RECENSIONE di Antonio Jodice   —   21/11/2013
Ryse: Son of Rome
Ryse: Son of Rome
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Nel silenzio piuttosto strano di Epic, che probabilmente si sta riorganizzando dopo la dipartita di Cliff Bleszinsky e Rod Fergusson, s'è aperto un spazio interessante da riempire, ovvero quello di una software house che riuscisse da subito a sfruttare le capacità della next gen e, al tempo stesso, lanciare il proprio motore per venderlo alle terze parti.

Il gladiatore di Xbox One

Complice anche la struttura di Xbox One, molto più simile ai PC con cui da anni e normalmente lavora, Crytek si è trovata proprio lì, al posto giusto e al momento giusto con Ryse: Son of Rome. Nato come progetto Kinect per Xbox 360, vista la dimestichezza coi nuovi hardware e il Cryengine pronto per spingersi oltre la current gen senza particolari adattamenti, la software house tedesca ha preso quel che c'era di quel codice, l'ha pompato a dovere sotto il profilo tecnico e l'ha fatto diventare un action nudo e crudo, ambientato in una Roma a uso e consumo del grande pubblico, pronto per il lancio della nuova console Microsoft.

Il gladiatore di Xbox One

Tra elefanti, barbari e giovani rampolli

La Roma di Nerone è sotto assedio per mano dei barbari e un giovane generale comanda quel che resta delle truppe per riuscire a mettere in salvo l'Imperatore. I due si mettono al sicuro attraverso una serie di stanze del palazzo imperiale e, giunti in una stanza segreta, iniziano un colloquio in penombra in cui Marius Titus racconta la sua storia, quella di un giovane soldato romano che, volendo seguire le orme del padre senatore ed eroe dell'esercito, sogna di diventare un generale e un punto di riferimento tra i centurioni. Sogna di andare di stanza ai confini dell'Impero e di distinguersi, solo che, prima di riuscire a farlo, vede ucciso il padre e la madre da un gruppo di non precisati mercenari.

Il gladiatore di Xbox One

Da lì, saltando di missione in missione, pur sempre legate da un filo logico, o che almeno ci prova ad esserlo, viene narrata la vita di Marius attraverso una serie di flashback giocati che portano al finale, che non commentiamo per non rovinarlo a nessuno di voi, ma che lo vedranno combattere tra legioni di barbari, elefanti e i lascivi figli dell'Imperatore. La storia, così raccontata, permette a Crytek di variare le ambientazioni, che vanno dalla Roma imperiale a coste in tempesta e foreste assolate e misteriose, tutte con una resa visiva di cui parleremo in seguito ma che conforta il cuore di chi ha appena speso 500 euro per una nuova console. Pad alla mano il discorso è un po' diverso nel senso che il primo esperimento di Crytek con gli action mostra il fianco a una serie di critiche che ne fanno solo un titolo discreto o poco più. Piuttosto che il continuo concatenarsi di combo e di piroette di un God of War, qui il termine di paragone è il combat system dei Batman di Rocksteady, quello in cui il protagonista viene circondato da una serie di avversari che si alternano all'attacco e a cui bisogna rispondere con mosse e contromosse. Su questo impianto, però, il team mette del suo attribuendo a ognuna delle direzioni della croce digitale un perk che si attiva eseguendo una delle mosse finali che si possono innescare dopo un tot di colpi andati a segno, segnalate da un icona a forma di teschio che appare sul nemico pronto per essere affettato. A quel punto parte un quick time event (ce n'è un discreto numero) iper truculento e con inquadrature che cambiano a seconda della posizione dei personaggi rispetto al fondale, durante il quale bisogna premere il pulsante del colore corrispondente a quello di cui si illumina l'avversario. Sbagliando, la sequenza non si interrompe, ma il bonus che si ottiene è minore.

Il gladiatore di Xbox One

I quattro perk servono per ricaricare l'energia di Marius (non c'è altro modo per farlo), il potere speciale che rallenta il tempo, per fargli guadagnare più esperienza dall'uccisione o per fagli infliggere più danni con i colpi successivi. Questo aggiunge uno sottile strato di strategia, visto che il giocatore deve sempre scegliere quale perk attivare (va bene anche a mossa già iniziata) a seconda di cosa abbia bisogno. Il problema di base è che Marius ha due mosse, una con la spada e una con lo scudo e le può combinare, ma in poche sequenze diverse di tasti, tanto che non c'è neanche un elenco delle stesse, e che alla fine ci si trova a premere i tasti ritmicamente più preoccupati dai perk, salvo le parate o le schivate con capriola che servono per quei nemici che hanno colpi imparabili. Non ci sono armi diverse dalla spada, né equipaggiamenti da acquisire; i nemici sono di pochi tipi diversi e rispondono a tre, quattro pattern di attacco con cui è facile prendere dimestichezza. Il sistema è fluido, anche divertente, ma troppo poco profondo per pensare di impensierire gli altri esponenti del genere e la scelta di questi quick time event che non si possono sbagliare è quanto meno discutibile. Ogni tanto ci viene chiesto di guidare le truppe a coprirsi con gli scudi e avanzare in blocco per superare le difese avversarie, quanto piuttosto di usare alabarde installate a terra o di chiamare la copertura degli arcieri con Kinect, ma c'è davvero poco altro per le poco meno di sei ore di campagna a livello normale.

Ryse: Son of Rome è bellissimo da vedere, ma non riesce a convincere sulla lunga distanza

Obiettivi Xbox One

Ryse: Son of Rome, tra i titoli di lancio di Xbox One è certamente il più generoso in termini di obiettivi e con la campagna di sei ore e un po' del multiplayer è possibile portarsi a casa più di 600 punti. Per il resto ci sono gli altri livelli di difficoltà e il gladiatore da portare avanti. Con gli amici un po' di partite ce le farete.

Gladiatori!

Dove Ryse aggiunge un po' di sostanza è il multiplayer con la modalità Gladiatore, immaginata in una serie di arene all'interno del Colosseo che si modificano ondata dopo ondata e che si può giocare con un amico online. Qui il concetto è diverso, visto che si deve scegliere una tra quattro divinità a cui "affiliarsi", ognuna delle quali dà in dono uno solo dei quattro perk della campagna, ma un colpo speciale diverso. Per cui la scelta è fondamentale a seconda di come si preferisca giocare. Come per il single player, in cui i punti esperienza servono per potenziare le abilità per le esecuzioni o per migliorare le competenze di Marius, anche qui il proprio personaggio sale di livello e acquisisce crediti con cui si possono, però, comprare oggetti, ampolle curative e armi per potenziarsi e riuscire ad affrontare a dovere le dieci ambientazioni diverse tra quelle via via disponibili (al primo livello ce ne sono solo tre, divise ad ondate col fondale che si trasforma sotto gli occhi di chi gioca). Considerate che ognuna di queste sequenze - che ricordano l'orda di Gears of War, ma con le spade - dura circa una decina di minuti, stiamo quindi parlando di un paio d'ore a pieno regime, ma di molte più se si prende in considerazione il fatto che per riuscire a fare bene bisogna salire di livello e potenziare l'equipaggiamento.

Il gladiatore di Xbox One

Quindi le playlist vanno giocate più volte a ripetizione. Il problema ci riporta, però, a quelle poche mosse e a quei pochi nemici da affrontare. Insomma, non è che non funzioni alla base, ma la tenuta sulla lunga distanza e il grado di divertimento, una volta superata la meraviglia visiva, sono entrambi in discussione perché sembra che il combat system, dopo l'idea iniziale, si sia fermato lì nel disegno dei suoi creatori. Ed è un peccato perché Ryse: Son of Rome riesce in quello che Crytek difficilmente sbaglia, ovvero stupire chi gioca con una grafica che è di fatto la migliore tra i giochi di lancio di Xbox One e tra le cose più belle che è possibile vedere in giro di questi tempi. Si vede che è nato come un gioco Kinect, visto che le lunghe sequenze in game sono in cui i personaggi si muovono sono ben recitate e realizzate benissimo. Tra fonti di luce, qualità delle texture e poligoni su schermo, oltre al frame rate stabile, che cede un po' solo nella modalità gladiatore quando i nemici si fanno davvero numerosi, a volte non si sa dove guardare e certi scorci sono proprio memorabili. Non mancano le particelle del pulviscolo che si leva dalle torce e nemmeno il polline di foreste o la nebbia di porti lungo ipotetici mari del nord in questo quadro che dà un significato vero alla next gen, pure accompagnato da un buon commento sonoro e dal doppiaggio tutto in italiano.

Conclusioni

Multiplayer.it
7.0
Lettori (411)
7.0
Il tuo voto

Ryse: Son of Rome è il più bel gioco di Xbox One in assoluto. Il problema è che è bellissimo, ma quasi solo da vedere. Il combat system potrebbe anche funzionare, ma tradisce l'origine diversa del progetto, per il solo Kinect, a cui è stato aggiunta in corsa la struttura da action per dare un corpo più consistente a questa orgia visiva che sarete orgogliosi di mostrare agli amici per fargli vedere di cosa è capace la console appena comprata e magari giocarci nella modalità cooperativa. Alla fine, o all'inizio, c'è anche da giocare, ma terminata la breve campagna e superata la soddisfazione per aver visitato le diverse ambientazioni, restano le poche mosse di un titolo da mettere nella console di tanto in tanto per ricordarsi che cosa potrà arrivare da Crytek o dalle software house che prenderanno il CryENGINE in licenza nei prossimi mesi.

PRO

  • Un ottimo biglietto da visita tecnico per Xbox One
  • Belle le ambientazioni e le spettacolari scene d'azione
  • La modalità gladiatore può divertire online

CONTRO

  • La campagna dura troppo poco
  • Il combat system è appena abbozzato
  • Poca varietà dei nemici e dei pattern d'attacco