Venticinque anni e cominciare un po' a sentirli: Strider resta ancora un concentrato di carisma, a partire dal possente titolo per arrivare alla caratterizzazione del personaggio principale, ma si tratta di un gioco che affronta ormai con una certa difficoltà la prova del tempo. E' forse per questo motivo che Capcom ha tardato così tanto a rispolverare un brand storico e dotato di un grande richiamo come questo, decidendo poi di dedicargli una produzione di dimensioni limitate e modificandone anche la struttura in maniera sostanziale, al di là di una genesi piuttosto complicata che è passata anche attraverso la chiusura del team di sviluppo Grin, inizialmente incaricato del progetto.
Si nota in questa ristrutturazione da parte di Double Helix una tensione verso una forma-videogioco di concezione più moderna, caratterizzata da una costruzione più complessa e profonda del gameplay rispetto all'originale. Non che questo abbia snaturato lo spirito di Strider, in ogni caso, poiché i movimenti veloci di Hiryu e i fendenti della sua spada Cypher continuano a restituire quella sensazione di potenza caratteristica del vecchio titolo, ma se nel 1989 questi elementi potevano bastare a decretare il successo di un gioco già dotato di grande carisma, insieme a un comparto tecnico sconvolgente all'epoca, oggi le cose si sono un po' complicate, considerando anche il notevole ridimensionamento della grafica, alquanto lontana dall'effetto spacca-mascella di tanto tempo fa. Il nuovo Strider appare dunque più dimesso del vecchio classico, arriva in punta di piedi ma si dimostra poi più complesso e sfaccettato dell'originale, forte della struttura in stile "metroidvania" che gli sviluppatori hanno scelto per dare un'ulteriore spinta ad un'impostazione classica che si sarebbe altrimenti rivelata troppo asciutta e leggera per poter trovare il suo spazio all'interno del panorama videoludico attuale.
Su e giù per Kazakh City
Quando si parla di spirito originale bisogna sforzarsi di immaginare l'impatto che Strider poteva avere nel 1989: chi lo vide all'epoca (nella sua forma arcade completa, possibilmente, non in una delle conversioni "zoppe" per home computer) probabilmente se lo ricorderà bene, visto che l'action game Capcom aveva un impatto spettacolare, dato da un comparto grafico di altissimo livello e dalla velocità dell'azione. Ai giorni nostri una situazione del genere è difficilmente replicabile, soprattutto con quella struttura, dunque il nuovo Strider deve necessariamente puntare a stimolare corde diverse, che non vuol dire sminuirne la portata. Se da una parte l'aspetto tecnico tradisce una produzione chiaramente di livello modesto, dall'altra la nuova struttura metroidvania amplifica e approfondisce il gameplay, dando nuovi impulsi al giocatore con la necessità di esplorare attentamente i vasti livelli e dosare in questo modo azione frenetica, piattaforme e ricerca di passaggi. Come da tradizione, Hiryu progredisce nel gioco ampliando i suoi poteri con l'evoluzione della spada Cypher e degli attacchi secondari e speciali, ottenibili solitamente in seguito agli scontri con i boss e in grado di aumentare le capacità di movimento del protagonista e d'interazione con vari elementi di scenario, aprendo in questo modo nuovi punti d'accesso e sezioni di livelli. La maggior parte dei potenziamenti è necessaria e contestuale all'avanzare lineare nel gioco, ma altri power-up, come le estensioni di energia vitale e d'attacco, possono essere nascosti in luoghi più o meno remoti dei livelli, garantendo dunque obiettivi aggiuntivi per esplorare più a fondo gli schemi. Il problema, in questo senso, è che Strider non è effettivamente né Castlevania, né Metroid. I due titoli che vengono menzionati insieme (anche a sproposito) per identificare questo genere ibrido si fondano a loro volta su caratteristiche difficilmente replicabili, tra cui atmosfere molto particolari e un attento studio del level design, due elementi che in Strider sono presenti, ma in misura piuttosto limitata rispetto a tali grandi maestri. La caratterizzazione di Strider era ottima per un action hack and slash arcade veloce e frenetico, ma appare piuttosto monotona e stiracchiata all'interno di livelli resi più ampi e complicati, in cui il backtracking occupa anche una certa porzione di gameplay, annacquando lo stimolo all'esplorazione completa di tutti i passaggi. L'azione classica tra le piattaforme, in definitiva, che in Strider peraltro consente approcci interessanti vista la capacità di Hiryu di arrampicarsi sulle varie superfici, non riesce a mantenere ritmi e situazioni esaltanti in maniera costante durante la lunga traversata, anche se non mancano gli elementi adrenalinici nel gameplay.
Passano gli anni ma Hiryu non cambia il suo approccio ai problemi: spadate in faccia a tutti con Strider
Lama furente
Sono rimasti intatti alcuni degli elementi distintivi dell'originale, come la velocità dell'azione e la grande mobilità del protagonista. Uno dei maggiori motivi d'esaltazione anche in questo nuovo Strider è dato dal piacere di controllare un personaggio caratterizzato da questa grande capacità di movimento, ulteriormente amplificata dall'uso della grafica poligonale, che aumenta il dinamismo dell'azione rimarcandolo con leggeri cambi d'inquadratura, zoomate e fluidità delle animazioni. Il gioco introduce progressivamente nuove tipologie di nemici che richiedono approcci differenti, anche se nella grande maggioranza dei casi si tratta di colpire con fendenti veloci e sempre più potenti grazie all'evoluzione di Cypher, con colpi caricati per infrangere le difese degli avversari più corazzati o utilizzare le armi secondarie da lancio e a lungo raggio.
In ogni caso le soluzioni proposte sono molteplici e proseguendo di livello in livello Hiryu si trasforma sempre di più in una macchina da guerra polivalente, con l'attivazione dei diversi power-up e abilità secondarie che si conquistano soprattutto abbattendo i vari boss. L'azione standard tende ad essere un po' monotona a causa della scarsa differenziazione tra i nemici normali che si incontrano in giro per i livelli ma il livello di sfida incontra dei notevoli picchi proprio in corrispondenza dei boss, che si ancorano fortemente alla tradizione classica del genere, con difficoltà crescente e necessità di memorizzare i pattern di attacco per venirne a capo. Occasionalmente il gioco ci pone davanti a delle sorte di enigmi da risolvere per poter avanzare, solitamente legati all'attivazione di marchingegni di varia tipologia o all'esecuzione di movimenti particolarmente precisi, ma in generale si tratta di soluzioni piuttosto basilari nel genere dell'action platform di questa tipologia, qualcosa che comunque riesce a bilanciare l'altrimenti imperversante monotonia della successione corsa-salti-attacchi. L'esplorazione dei vasti ambienti, peraltro coadiuvata da un sistema di mappatura dei livelli molto chiaro ed efficace, consente inoltre di trovare oggetti nascosti che sbloccano contenuti extra, per quanto riguarda materiali bonus come costumi, bozzetti, informazioni e altro per approfondire la conoscenza sul gioco o modificare l'aspetto del protagonista, o veri e propri elementi di gioco aggiuntivi come nuove modalità alternative, che arricchiscono ulteriormente l'offerta ludica e offrono dei concreti stimoli alla ricerca approfondita degli oggetti nascosti. Le modalità aggiuntive rappresentano dei veri e proprio mini-game incentrati in particolare sulla sopravvivenza contro ondate progressive di nemici o sull'esecuzione di frammenti di livello nel minor tempo possibile.
Obiettivi Xbox 360
Ci sono 30 obiettivi sbloccabili per un totale di 400 punti da aggiungere al proprio gamerscore in Strider. Seguendo la doppia anima da action classico e platform d'esplorazione, gli obiettivi si suddividono equamente tra quelli che si raccolgono semplicemente proseguendo nella storia, abbattendo boss e raggiungendo particolari punti di interesse e quelli che vanno invece scoperti esplorando a fondo i vari livelli, premiando dunque i giocatori più costanti e perfezionisti.
Le due dimensioni e mezzo di Strider
L'evoluzione tecnologica ha portato in dono la terza dimensione al comparto grafico di Strider, ma si tratta di un'aggiunta di carattere esclusivamente estetica. L'impostazione del gioco resta infatti fedelmente ancorata ai canoni dell'action game arcade in 2D a scorrimento multidirezionale, con l'applicazione della grafica poligonale secondo il classico stile "2.5D", ovvero con la profondità di campo utilizzata per costruire un impianto prospettico adatto a costruire delle scenografie complesse.
Tale soluzione grafica, applicata ai modelli dei personaggi, consente soprattutto una gestione molto più fluida e coerente delle animazioni, legandole tra loro in maniera molto convincente. Su questo aspetto, come abbiamo riferito in precedenza, il lavoro fatto da Double Helix è notevole, soprattutto per quanto riguarda il rispetto nei confronti dell'originale: le animazioni di Hiryu tra corsa, salti, arrampicata e fendenti sono dei chiari omaggi allo Strider dell'89, riprendendo alcuni elementi iconici dei movimenti dello sprite d'epoca e traducendoli in un'ottima interpretazione tridimensionale. La valutazione del comparto tecnico non può prescindere dalla constatazione che si tratti di una produzione destinata al mercato digitale, dunque di valore inferiore rispetto ad un tripla A standard, eppure la cura riposta dal team nella ricostruzione delle atmosfere originali e notevole, soprattutto nei riferimenti diretti all'originale, come la riproduzione di Kazakh City o di boss come il drago volante Ouroboros. Ci sono, tuttavia, notevoli alti e bassi anche in questo frangente, con una ripetizione anche eccessiva di elementi di scenario per coprire le ampie distanze di livelli dalla grande estensione e in generale sfondi non sempre molto ispirati, così come i modelli di diversi nemici. Niente di particolare da segnalare per quanto riguarda la colonna sonora, che accompagna l'azione senza particolari sussulti ma in linea con lo stile da arcade classico che pervade il gioco.
Conclusioni
La necessità di piegare l'orgogliosa fedeltà ai canoni di Strider verso una nuova forma videoludica, ovvero quella del "metroidvania", è dettata indubbiamente dalla difficoltà che un arcade classico come l'originale incontrerebbe ad affermarsi sul mercato attuale, cosa confermata anche dalla lunga assenza del brand. Tuttavia, non si può dire che la soluzione, quantunque di compromesso, non sia stata ben pianificata da Double Helix, che è riuscita a donare una nuova profondità al gioco, unendo il ritmo frenetico all'esplorazione resa necessaria dalla maggiore complessità dei livelli. Si registrano diverse carenze in termini di atmosfera e level design, con il gioco che resta aggrappato soprattutto al carisma di Hiryu per compensare i cali di ritmo e interesse che possono emergere nella lunga traversata tra livelli non sempre ispirati e caratterizzati anche da una discreta quantità di backtracking. L'operazione di modernizzazione per Strider nel complesso è comunque riuscita, considerando anche la difficoltà di riproporre un gioco così tanto legato alla sua epoca originale.
PRO
- Si sentiva la mancanza di uno Strider
- L'operazione di ibridazione tra action puro e metroidvania è sostanzialmente riuscita
- Si nota la fedeltà allo spirito originale
CONTRO
- Qualche ripetizione e calo di ritmo di troppo
- Livelli di qualità altalenante, con atmosfere più o meno ispirate