Negli ultimi tempi sono stati diversi gli sviluppatori che hanno tentato di conquistare gli appassionati di fantascienza e i più sfegatati fan dell'Enterprise attraverso il fascino dei viaggi interstellari. Un obiettivo tutt'altro che banale, visto che un conto è ambientare un gioco nello spazio, un altro è riuscire a comunicare la sensazione di mistero, solitudine e scoperta che si potrebbe provare esplorando nuovi mondi, incontrando nuove civiltà e spingendosi "là dove nessun uomo è mai giunto prima". Tra tentativi poco riusciti come Star Command e perle del calibro di FTL, quello di roguelike e simulazione si è rivelato un mix perfetto per proporre coinvolgenti avventure spaziali e mettere il giocatore nei panni di un provetto Kirk. Pur condividendo molti elementi con i due titoli citati, Out There prova a distinguersi accantonando completamente i combattimenti tra navi e focalizzando invece tutta l'attenzione sul viaggio del giocatore e sulla narrazione di una trama che, almeno in potenza, propone diverse sfumature ad ogni nuova partita.
Viaggio nello spazio profondo
Per un astronauta non deve esserci niente di peggio che svegliarsi da un lungo periodo in stasi criogenica e ritrovarsi in un punto sconosciuto della galassia; con le poche risorse a sua disposizione deve quindi trovare un modo per localizzare il sistema solare e tornare sulla Terra, cercando di cavarsela nelle mille situazioni pericolose che lo aspettano lungo il percorso. Se per le premesse del gioco i francesi di Mi-Clos Studio hanno voluto percorrere un sentiero tanto sicuro da sembrare quasi banale, la scelta di non definire il background del protagonista né di soffermarsi sui dettagli del suo viaggio è un riuscito trucco di design per rafforzare l'alone di mistero e aiutare il giocatore a immedesimarsi.
Anche il volto dell'astronauta è soltanto accennato, con pochi tratti e un'unica espressione. Trovandosi davanti alla mappa della galassia, chi ha giocato FTL avrà sicuramente una sensazione di deja vu. L'obiettivo è infatti quello di viaggiare da un sistema all'altro, cercando il percorso migliore per raggiungere la destinazione, o sperimentare percorsi alternativi mentre si è in cerca di risorse e nuove aree da esplorare. L'esito dell'intera spedizione dipende interamente dai tre tipi di risorse che il giocatore deve tenere d'occhio: il carburante, l'ossigeno e la resistenza dello scafo. Prevedibilmente, la nave consuma carburante quando viaggia, atterra su un pianeta o utilizza sonde e trivelle, lo scafo può essere danneggiato dall'impatto con un asteroide o un'atmosfera pericolosa, mentre l'ossigeno diminuisce costantemente turno dopo turno. La sfida proposta da Out There è quindi quella di riuscire a bilanciare la raccolta di risorse e assicurarsi una serie di scorte nel corso del viaggio, tenendo però bene a mente che ogni azione ha delle conseguenze, e la raccolta di un tipo di risorsa costringe spesso a sacrificare le altre. Magari capita di trovarsi su un pianeta ricco di minerali preziosi, ma la scarsa quantità di carburante a disposizione obbliga a proseguire in cerca di rifornimenti; oppure, con uno scafo in perfette condizioni, si può tentare l'azzardo e attraversare un campo di asteroidi sapendo che dall'altra parte c'è una stazione spaziale o un mondo ricco di risorse. Oltre ad eventuali riparazioni, l'estrazione e il trasporto di minerali è poi finalizzato alla costruzione di nuove tecnologie, fermo restando che ogni materiale e ogni nuovo potenziamento per la nave occupano slot preziosi. Considerato che la maggior parte delle tecnologie avanzate si scoprono casualmente nel corso di una partita, il giocatore è via via stimolato a stabilire delle priorità e scegliere quali tecnologie costruire in base alle risorse raccolte o alle necessità del viaggio. Installando degli scudi e dei generatori di risonanza termica si potrebbe ad esempio puntare tutto sulla resistenza della nave, attraversando senza paura atmosfere molto pericolose; oppure si possono ottimizzare i propri spostamenti, sprecando meno carburante grazie a delle vele solari oppure utilizzando dei generatori di buchi neri per viaggiare da un punto all'altro della galassia.
Out There è un affascinante viaggio spaziale, ma il pericolo è sempre dietro l'angolo
Un gioco a Improbabilità infinita
Quanto detto finora potrebbe far pensare a una partecipazione estremamente attiva da parte del giocatore, ma il problema è che qualsiasi illusione di approcciare Out There in modo strategico e ponderato si infrange contro l'enorme casualità degli eventi e l'importanza eccessiva che riveste l'elemento fortuna. Così come un viaggio iniziato in maniera disastrosa può essere risollevato dall'incontro fortuito di una stazione piena di rifornimenti, può capitare che una buona partita venga interamente compromessa da una sequela di disgrazie.
Uno sbalzo termico, un'esplosione di una stella vicina e una perdita d'ossigeno possono far perdere in pochi turni tutte le risorse accumulate fino a quel momento, l'imboscata di una nave aliena può danneggiare delle tecnologie fondamentali, mentre un tunnel spazio-temporale può riportare il giocatore all'inizio della mappa quando ormai mancava un ultimo salto al traguardo. Un susseguirsi di sventure che farebbe sembrare l'ora e mezza di Gravity un allegro picnic al parco. Non c'è modo di prevedere, prevenire o porre rimedio a questi eventi casuali, e visto che ad ogni nuova partita si ricomincia da zero è ovvio che in alcuni momenti l'esperienza sembri così ingiusta da essere frustrante. Le intenzioni dello sviluppatore francese erano quelle di creare un'atmosfera cupa e melanconica, e questo forte elemento di incertezza dovrebbe proprio far sentire chi gioca sperduto e inerme nello spazio profondo. Quello che spinge a ricominciare da capo dopo ogni game over è però l'enorme varietà di situazioni in cui ci si può imbattere. Durante il proprio viaggio ci si può ad esempio imbattere in una nave abbandonata e decidere se limitarsi a raccogliere le provviste al suo interno oppure se pilotarla per il resto della partita; può capitare di apprendere lingue aliene, trovare monoliti misteriosi o ricevere un segnale da un punto specifico della galassia. E ancora, si possono distruggere stelle, terraformare pianeti e raggiungere sistemi ostili. Le sorprese sono davvero innumerevoli, e nel corso della spedizione possono prendere forma diverse sottotrame che, se seguite e portate a termine, aiutano a ricomporre il puzzle narrativo sul protagonista e sulla civiltà umana.
Conclusioni
Quello che all'inizio può sembrare un pallido tentativo di imitare l'ottimo FTL si dimostra invece un simulatore di viaggi spaziali ricco di fascino e con una sua personalità. Mi-Clos Studio riesce a raccontare una storia coinvolgente e a comunicare un forte senso di solitudine e incertezza a chi gioca. Out There non è però un gioco adatto a chi non ama le esperienze passive, visto che l'elemento fortuna è così marcato da rendere del tutto marginale la strategia del giocatore.
PRO
- Un viaggio pieno di sorprese
- Atmosfera malinconica e piena di fascino
CONTRO
- Troppo casuale e legato alla fortuna