Due anime affini, l'una innamorata dell'altra, che però non possono stare insieme poiché appartengono a mondi diversi. Si tratta di un tema affrontato svariate volte da cinema e letteratura (ci viene da citare il film "Ladyhawke", ad esempio) e che, nel caso di Entwined, attinge a un'antica leggenda cinese.
Protagonisti del gioco sviluppato da Pixelopus per PlayStation 4 sono infatti un uccello e un pesce che, nell'arco di nove "vite", devono superare una serie di ostacoli per poter stare insieme. Una vera e propria metafora fatta videogame, insomma, che prometteva meraviglie in termini di atmosfera e impatto visivo grazie al curriculum dei suoi autori, tutti appartenenti al mondo accademico artistico. Ci siamo quindi avvicinati a Entwined non senza una certa aspettativa, ma dopo poco più di un'ora - il tempo necessario per completare lo story mode - l'entusiasmo iniziale era stato sostituito da un cocente senso di delusione. Perché? Fondamentalmente ci siamo trovati di fronte alla classica promessa non mantenuta, ludicamente molto povera e incapace di elevarsi anche sotto quegli aspetti su cui più si puntava. Ci riferiamo chiaramente all'elemento artistico, inteso come la capacità di stupire proponendo una sequenza di immagini evocative, magari accompagnate da musiche in grado di toccare determinate corde. Ma procediamo con ordine...
Entwined delude in quelle che dovevano essere le sue prerogative, ovvero la cifra artistica e lo stile
La tempesta imperfetta
Il gameplay di Entwined si rifà al classico Tempest, con un tradizionale "tunnel" che, nel caso del titolo di Pixelopus, può però essere percorso solo a metà dal pesce e dall'uccello, personaggi separati da un muro invisibile al centro del display e controllati dai rispettivi stick analogici del DualShock 4. Tenendo le levette costantemente tirate verso l'esterno (una sollecitazione che non crediamo faccia benissimo alla salute del controller), il nostro compito nel gioco è spostare i due animali mitologici, ognuno lungo la propria metà dello schermo, disegnando degli archi e cercando così di centrare degli "spicchi" colorati (e, facoltativamente, raccogliere sfere luminose) per far salire il doppio indicatore che si trova nella parte alta dell'interfaccia.
Una volta piena, la barra consente di effettuare uno step ulteriore: accelerare l'azione (premendo i tasti dorsali) e inanellare altri "centri" per arrivare alla fine dello stage, dove l'uccello e il pesce si fondono in un'unica creatura, entrano in una sorta di spazio aperto e devono raccogliere delle sfere luminose per colmare ancora un altro indicatore (il terzo), operazione al cui termine è possibile disegnare liberamente delle strisce nel cielo e richiamare così un portale che ci conduca al livello successivo. In Entwined non si spara come in Tempest, l'esperienza si basa esclusivamente sulla prontezza e su di un minimo di coordinazione, visto che nelle fasi più avanzate gli "spicchi" che scorrono verso di noi non hanno una connotazione simmetrica e richiedono dunque movimenti indipendenti del pollice destro e di quello sinistro. Non esiste il concetto di game over, o quantomeno così pare, visto che il mancato impatto con gli oggetti non produce altro che uno svuotamento della barra e un allungamento della partita, che può dunque durare anche svariati minuti laddove non si riesca a inanellare i movimenti richiesti, specie durante lo sprint finale, con ovvie ripercussioni in termini di frustrazione.
Trofei PlayStation 4
Sono quattordici i Trofei messi a disposizione di Entwined, e ottenerli è un'operazione piuttosto semplice: basta completare tutti i livelli, ovvero le "vite", e le sfide d'abilità che costituiscono l'alternativa allo story mode. Due soli Trofei richiedono un lavoro supplementare, ovvero far sì che l'incontro fra pesce e uccello si concretizzi per duecento volte o ottenere un punteggio superiore a 300 in un qualsiasi stage.
Fu vera gloria?
Come già accennato, i nove livelli che compongono la campagna di Entwined possono essere completati in poco più di un'ora, lasciando poi alle sole sfide extra il compito di intrattenerci ulteriormente. In effetti proprio le sfide riescono a mettere in campo qualche stimolo in più, chiedendoci di raggiungere determinati punteggi nell'ottica di situazioni particolari, e mettendo alla prova i nostri riflessi, ma in generale l'offerta del titolo di Pixelopus ci è sembrata davvero troppo povera e priva di mordente.
A maggior ragione se consideriamo quelle che erano le aspettative, perché dopo la presentazione all'E3 probabilmente tutti avevano pensato a un'esperienza visiva sulla falsariga di Journey, ritrovandosi poi di fronte a uno spettacolo molto, molto distante dallo stile e dalla qualità narrativa dell'avventura targata thatgamecompany. È dunque questo il più grosso problema di Entwined: non la semplicità del gameplay (fattore che, volendo, poteva anche starci) né l'eccessiva brevità (caratteristica comune anche al già citato Journey), quanto piuttosto il fatto che questi aspetti del prodotto non trovino una giustificazione nella dimensione artistica. La grafica del gioco è troppo spoglia, decisamente old gen, e a qualche sfondo cromaticamente armonioso si contrappongono composizioni che lasciano a desiderare dal punto di vista stilistico. Lo scrolling del "tunnel" si rende peraltro protagonista, dopo un po', di un fastidioso "scatto" che probabilmente serve per ripristinare il loop ma che, oltre a essere brutto da vedere, provoca errori indesiderati nel posizionamento dei personaggi. Quando poi il condotto termina e si passa allo scenario aperto, quest'ultimo si presenta spesso come un'anonima accozzaglia di elementi e mura invisibili che a tutto fanno pensare fuorché a un'opera d'arte. E le musiche che ci accompagnano in questo viaggio sono deludenti nella loro composizione, a completare il quadro di un comparto tecnico molto, molto al di sotto delle aspettative.
Conclusioni
Visto il recente entusiasmo per le produzioni indie, Entwined disponeva di un ampio spazio di manovra per consegnarci un'esperienza breve ma intensa, visivamente ispirata e ricca d'atmosfera. Purtroppo non è andata così: al di là dei limiti dell'impianto ludico, peraltro di scarsissima durata e con qualche brutto spigolo, il titolo sviluppato da Pixelopus ci ha fortemente deluso proprio in quelle che dovevano essere le sue prerogative, ovvero la cifra artistica, lo stile e la capacità di suscitare emozioni. Il gioco non si spinge al di là del pur ottimo incipit "mitologico", banalizzandolo all'interno di nove livelli (più una serie di sfide extra) che mettono in campo soluzioni discutibili e fini a sé stesse, che testimoniano una scarsa affinità con il concetto stesso di buon game design.
PRO
- Bella l'idea di partenza
- Le sfide offrono un po' di mordente...
CONTRO
- ...ma la campagna si finisce in poco più di un'ora
- Visivamente poco ispirato e banale: una delusione
- Impianto ludico semplicistico e limitato