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Il coraggio nel cuore

Il nuovo progetto digital di Ubisoft arriva con il suo carico di aspettativa e fascino: scoprite nella nostra recensione se ci è piaciuto

RECENSIONE di Pierpaolo Greco   —   27/06/2014
Valiant Hearts: The Great War
Valiant Hearts: The Great War
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È ormai evidente come Ubisoft ci abbia preso la mano con i suoi recenti progetti digital: quasi degli esperimenti visivi che, in qualche modo, cercano di fare il verso alle produzioni indie più blasonate, buttando nel mucchio valori produttivi da tripla A. E allo stesso tempo è indubbio che proprio il framework sviluppato dalla divisione di Montpellier del publisher francese, quell'UbiArt che immediatamente rende riconoscibile ogni progetto che lo utilizza, stia dando dei risultati che vanno oltre le più rosee aspettative. E così, se tutto è nato con Rayman Origins e Legends, due platform audaci nella loro appartenenza a un genere molto classico, ben presto la deriva presa dalla software house ha permesso di puntare a prodotti ancora più fantasiosi e originali. Ad aprile è stata la volta di Child of Light, apprezzato gioco di ruolo dallo stile artistico molto ricercato e dal gameplay che proponeva un interessante mix a turni e in tempo reale, nel tentativo di avvicinarsi agli elementi tipici dei jRPG. E oggi è il momento di parlare di Valiant Hearts: The Great War, adventure triste e malinconico dal disegno caricaturale a cartone animato, che punta tutto su uno scenario storico molto affascinante ma poco battuto nei videogiochi. Forse talmente affascinante da risultare addirittura soverchiante rispetto al gameplay fin troppo basilare di questo progetto. Seguiteci e vi spiegheremo il perché.

Un'avventura grafica toccante e malinconica ma forse troppo basilare nel gameplay: ecco Valiant Hearts

La storia insegna

La trama di Valiant Hearts si snoda attraverso quattro differenti capitoli che utilizzano lo sfondo degli anni atroci della Prima Guerra Mondiale, dal suo scoppio conseguente all'assassino dell'arciduca d'Asburgo Francesco Ferdinando fino all'entrata nel conflitto del Canada, a pochi mesi dalla sconfitta della Germania. Alcune battaglie storiche vengono effettivamente rivissute durante lo svolgersi degli eventi di Valiant Hearts, come l'avanzata tedesca sulla Marna, la battaglia di Ypres o il tentativo di liberare Neuve-Chapelle ma a causa del gameplay peculiare di questo gioco, l'ambientazione storica si limita a stimolare nel giocatore specifiche sensazioni di tristezza, malinconia e infelicità per il terrore che si scatenò sull'Europa durante i cinque lunghi anni di guerra piuttosto che avere conseguenze concrete sull'azione di gioco.

Il coraggio nel cuore
Il coraggio nel cuore

Da questo punto di vista è assolutamente da lodare la capacità di Ubisoft di legare a doppia mandata quello che avviene su schermo a quello che avvenne storicamente tra il 1914 e il 1918 mantenendo l'originalità di una storia di fantasia che si innesta su vicende realmente accadute. La precisa volontà del publisher francese di insegnare qualcosa a chi decide di giocare Valiant Hearts è ben evidente anche dalla collaborazione con la fondazione attualmente alle prese con il centesimo anniversario della Grande Guerra e che ha permesso di riempire il gioco di collezionabili e documenti storici di grande valore sia per i più smemorati sia per chi deve ancora studiare questa pagina terribile della storia dell'umanità. L'arco narrativo si sviluppa attraverso le vicende che coinvolgono quattro diversi personaggi, ognuno con un suo preciso scopo che lo porterà a prendere parte al conflitto mondiale, le cui vite si incontreranno e saranno tenute insieme da un fil rouge rappresentato da un vivace e resistente cane soccorso che non potrà essere controllato direttamente dal giocatore ma lo accompagnerà per gran parte dell'avventura. Emile, Freddie e Anna saranno schierati dalla parte degli alleati, in ordine un francese, un americano e una belga, mentre Karl è di origini tedesche e il suo richiamo nelle forze dell'asse lo farà diventare l'espediente narrativo per l'avvio del gioco. Emile e Karl sono infatti direttamente legati fin dall'inizio, il secondo è il genero del primo, mentre gli altri entreranno a far parte del cast per alcune vicissitudini che non vogliamo rischiare di rivelarvi. Nei quattro capitoli che compongono Valiant Hearts, ognuno composto da sette livelli ad eccezione dell'ultimo, di poco più breve, impareremo a conoscerli, ad affezionarci a loro, a scoprire i motivi che li hanno obbligati a farsi coinvolgere nel tragico conflitto; ci appassioneremo alle loro storie e saremo collegati, inevitabilmente, anche al fido cane che li vedrà tristi, feriti, affaticati e stremati nel corso delle quattro ore abbondanti che ci sono servite per completare il gioco. E anche in questo caso ci sentiamo di lodare la capacità di Ubisoft di proporre un finale che abbiamo trovato estremamente toccante e azzeccato senza cadere in furbe facilonerie o momenti scontati.

Trofei PlayStation 4

Valiant Hearts: The Great War contiene venti trofei, quasi tutti di bronzo e più della metà, undici per l'esattezza, segreti. Gli sbloccabili riguardano in larga parte momenti peculiari della storia, ma anche delle piccole azioni che possono essere svolte stando molto attenti a quello che avviene su schermo, come ad esempio completare almeno una missione a bordo di veicoli senza venire mai colpiti o il salvataggio dell'intero plotone durante la battaglia della Somma. Un'altra piccola manciata di trofei riguarda invece la raccolta dei collezionabili e la lettura dei fatti storici. L'unico trofeo d'argento è direttamente collegato al completamento del gioco.

Ma allora è tutto bello?

Purtroppo però, come è giusto che sia, Valiant Hearts è prima di tutto un videogioco e non (o comunque non soltanto) una bella storia raccontata e disegnata. E qui si intravedono le principali magagne che affliggono questa produzione. Come detto in apertura di articolo, il titolo è un adventure, anzi potremmo spingerci oltre e dire che si tratta a tutti gli effetti di un'avventura punta e clicca. All'interno di ogni scenario potremo muovere il nostro protagonista in senso orizzontale, talvolta attraversando porte e finestre per accedere ad altri livelli di parallasse e all'interno del percorso dovremo vedercela con tutta una serie di enigmi da risolvere per poter procedere. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di enigmi ambientali che prevedono il recupero di un certo oggetto da un punto dello scenario o da un personaggio non giocante e la sua interazione con l'ambiente stesso o con un altro NPC. In casi più sporadici dovremo limitarci a muovere leve e ruote per far combaciare dei pezzi di un qualche ingranaggio o per aprire porte e botole. Ci sono anche delle piccole sezioni più action dove dovremo limitarci a schivare granate e colpi di mitragliatrici sfruttando il giusto tempismo, fasi stealth dove dovremo nasconderci alla vista del nemico in pattuglia e anche delle sequenze dove, a bordo di veicoli, dovremo evitare degli ostacoli che sono al di fuori dello schermo e che ci vengono segnalati da appositi indicatori. Ognuno dei personaggi poi, ha una sorta di abilità speciale che va ad affiancare i comandi piuttosto basilari di movimento, colpo in mischia e lancio di oggetti. Freddie ad esempio è in grado di tagliare recinzioni e filo spinato, mentre Emile può scavare buche e cunicoli. Anna infine, l'infermiera, può curare i feriti attraverso un piccolo minigioco all'insegna dei quick time event.

Il coraggio nel cuore
Il coraggio nel cuore

Il problema è tutto concentrato proprio su questo gameplay che si dimostra fin troppo basilare ed eccessivamente ripetitivo nelle azioni che vengono proposte al giocatore. Troppo spesso ci ritroveremo a fare avanti e indietro avendo bene in testa quello che dobbiamo fare per completare lo scenario ma dovendo impiegare il nostro tempo a incastrare leve o schivare ombre di granate che arrivano dal cielo. E a poco servono le deviazioni sul tema citate sopra, come le particolari sequenze di fuga a tempo di musica mentre si guida un veicolo, descritte poco sopra. Per fortuna ci sono la storia e la volontà di vedere come andranno a finire le vicende dei personaggi a stimolarci ad andare avanti, non di certo un gameplay che dopo la prima ora di gioco ha già detto praticamente tutto. A questo proposito è esemplare la figura di Anna che arriva ad occupare un intero capitolo costringendoci ad affrontare un numero veramente eccessivo di QTE assolutamente inutili e ridondanti ma che, se non altro, sono piuttosto permissivi e ci consentono di sbagliare ripetutamente senza gravi conseguenze. Sia chiaro che la lunghezza dell'esperienza è alla fine perfettamente tarata e non si arriva mai a voler mollare il gioco o ad annoiarsi ma è indubbio che il lato più debole di tutta la produzione è proprio un gameplay che non riesce in alcun modo a stupire o intrattenere il giocatore. Qualcuno potrà vedere forse qualche similitudine con le produzioni più recenti di TellTale Games, The Walking Dead e A Wolf Among Us su tutti, ma in realtà queste hanno dalla loro dei dialoghi estremamente complessi e soprattutto una libertà di scelta data al giocatore che ha conseguenze tangibili sul prosieguo della storia, quando invece Valiant Hearts si "limita" a portare su schermo una trama estremamente lineare e ad offrire delle interazioni basilari a chi ha il pad, o il mouse in mano.

Dove il prodotto Ubisoft non può essere invece criticato è nella componente artistica. Il rendering concesso dall'UbiArt Framework ha permesso ai creativi della software house francese di sbizzarrirsi con un design particolarmente ispirato che riesce a portare sullo schermo tutti gli orrori della Grande Guerra ma anche la gioia e la soddisfazione di chi riesce a ritrovare un familiare o a portare a termine una missione particolarmente gravosa. I colori si mischiano, passano continuamente da toni accesi ad una palette molto più cupa e sullo sfondo vediamo una Parigi prima in festa poi dilaniata dai bombardamenti, chilometri di trincee e cunicoli scavati nel sottosuolo, campagne rigogliose e paludi rese mortali dalle armi chimiche dei tedeschi. Quello che vediamo muoversi davanti ai nostri occhi è il mix perfetto di un cartone animato con un fumetto: transizioni, riquadri che si intersecano e tanti balloon a identificare le azioni che dobbiamo compiere o quello che si dicono i personaggi su schermo. A tutto questo si unisce un comparto audio eccellente con un doppiaggio interamente in italiano particolarmente ispirato, effetti sonori che riescono a coinvolgere il giocatore e soprattutto una colonna sonora che spazia da brani molto noti della musica classica a canzoni assolutamente originali ma estremamente orecchiabili, come lo splendido tema principale, e in grado di immergere da subito il giocatore nell'atmosfera malinconica e agrodolce di questa produzione.

Conclusioni

Versione testata: PlayStation 4
Digital Delivery: Steam, Uplay, PlayStation Network, Xbox Live
Prezzo: 14,99€
Multiplayer.it
8.0
Lettori (150)
8.9
Il tuo voto

Valiant Hearts: The Great War è un piccolo titolo digitale che lotta con sé stesso per meritarsi il voto che gli abbiamo attribuito. Un gameplay decisamente troppo basilare e semplicistico, per non dire ripetitivo, è sorretto con grande maestria da una storia e da una narrativa che non potrà fare a meno di coinvolgere tutti quei giocatori che si sentono pronti a farsi trasportare da un'avventura che sa insegnare qualcosa ai più giovani ma anche a chi ha ormai diverse decine di anni sulle spalle. Un gioco affascinante e malinconico che pur con i suoi difetti, riesce a farsi apprezzare e a lasciare qualcosa nella testa e nel cuore di tutti quelli che riescono a vedere nei videogiochi una forma d'arte in divenire.

PRO

  • È bello conoscere qualcosa di nuovo di un conflitto mondiale troppo spesso ignorato dai videogiochi
  • Artisticamente è semplicemente bellissimo
  • Sa coinvolgere il giocatore senza mai risultare banale o scontato nella narrativa

CONTRO

  • I puzzle sono praticamente tutti uguali e diventano troppo presto ripetitivi
  • I collezionabili, per quanto interessanti, costringono talvolta a un fastidioso pixel hunting
  • Le sequenze QTE di Anna sono fastidiose