Da quando alla GamesCom 2013 è stato presentato come uno dei titoli di punta per la bistrattata PlayStation Vita, Murasaki Baby ha improvvisamente attirato tutte le attenzioni della stampa di settore e dei possessori della console portatile di Sony. A rendere il gioco ancora più interessante ci pensa il fatto che si tratta del titolo di debutto di Ovosonico, nuovo team fondato da Massimo Guarini dopo la sua esperienza in Grasshopper Manufacture come director di Shadows of the Damned. Un dichiarato tentativo di realizzare prodotti originali e più autoriali, e infatti fin da quando ci hanno mostrato il gioco per la prima volta, i ragazzi del team varesino hanno più volte ribadito la loro volontà di creare un'esperienza forte, nuova e in grado di toccare emotivamente chi gioca.
Murasaki Baby porta su PlayStation Vita un mondo di personaggi folli e atmosfere à la Tim Burton
Mano per la mano
È incredibile come, guardando una tenera bambina con un palloncino durante un viaggio in treno, Guarini abbia avuto l'ispirazione per un immaginario così disturbato e dark come quello di Murasaki Baby, influenzato dichiaratamente dalle atmosfere di Tim Burton e realizzato con uno stile grafico assolutamente unico. Protagonista dell'avventura è Baby, una ragazzina dall'aspetto grottesco disperatamente in cerca della propria mamma dopo essersi risvegliata in un mondo modellato dagli incubi e dalle fobie dei bambini.
Quasi come per aiutare una bimba che si è persa al centro commerciale, il giocatore deve accompagnare Baby, letteralmente tenendole la mano con un dito sul touchscreen e trascinandola con decisione o con delicatezza nei vari livelli. È un input estremamente semplice, quasi banale, ma che nelle intenzioni degli sviluppatori racchiude l'essenza stessa del gioco, creando un collegamento diretto tra l'utente e la bambina. Lo stesso collegamento che prendeva forma tra Yorda e il giocatore in Ico, ma stavolta senza che ci sia un avatar (Ico, appunto) a fare da terzo incomodo. In mano Baby stringe un palloncino viola a forma di cuore, non un semplice abbellimento ma una vera e propria metafora della vita della bambina: se dovesse volare via, esplodere o sgonfiarsi, allora sarebbe game over. Proprio per questo motivo bisogna fare costantemente attenzione, utilizzando il touch screen per recuperarlo nel caso le sfuggisse di mano, oppure per allontanarlo da rovi, fiamme e scariche elettriche. Proteggere Baby ed evitare che il palloncino faccia il botto è già di per sé una bella gatta da pelare, ma per risolvere gli enigmi e le situazioni che vengono di volta in volta proposte si ricorre a quelli che gli sviluppatori hanno chiamato "stati d'animo". Nel corso di ciascuno dei quattro capitoli si sbloccano infatti nuovi stati d'animo, ovvero dei fondali alternativi da selezionare facendo scorrere due dita sul touch pad posteriore: oltre ad avere un proprio "mood", una tonalità distintiva e un tema differente, ciascuno di questi fondali offre diversi tipi di interazione, un po' come se fossero, per intenderci, dei poteri da attivare all'occorrenza. Uno degli stati d'animo permette ad esempio di far piovere e riempire delle pozze d'acqua; un altro scatena una folata di vento utile a soffiare via i nemici o a spingere una barca a vela; un altro ancora rende visibili alcuni elementi dello scenario altrimenti nascosti. Ce ne sono un bel po', e il fatto che siano sempre diversi per ciascuno dei quattro mondi assicura trovate e situazioni mai uguali tra loro. Purtroppo tutte queste idee non vengono mai elaborate in maniera molto interessante, in buona parte anche a causa del poco tempo a disposizione, visto che Murasaki Baby si riesce tranquillamente a portare a termine in un'ora e mezza, massimo due se per qualche strano e improbabile motivo ci si dovesse bloccare.
Bimbi sperduti
In Murasaki Baby, ogni capitolo vede la protagonista alle prese con un altro bambino coinvolto in situazioni fuori di testa. Si va da Tentacle Boy, un ragazzino sociopatico che preferisce vivere nel suo mondo immaginario e indossare una maschera per isolarsi dagli altri, a Perm Girl, una bimba talmente ossessionata coi suoi capelli ricci da rimanerne letteralmente intrappolata. Peccato che sia evidente la mancanza di coerenza tra il bambino protagonista del capitolo e i vari stati d'animo che si sbloccano al suo interno. In un gioco che prova a dare un'impronta tematica ad ogni mondo, gli enigmi, i fondali e le soluzioni sembrano quasi sempre messi lì senza una logica evidente. Manca in sostanza un nesso tra le varie situazioni e i problemi di ogni bambino, col risultato che l'intera esperienza si frammenta in tanti piccoli e decontestualizzati enigmi, anziché offrire un'esperienza coesa ed emozionante come poteva essere quella di un Limbo o di un Thomas Was Alone, ad esempio.
Fa in parte eccezione l'ultimo capitolo, in cui la possibilità di invertire la gravità capovolgendo la console si riflette chiaramente nella doppia personalità di Twisted Twins, probabilmente il personaggio meglio riuscito di tutto il gioco. Ecco, ci sarebbe piaciuto vedere una tale organicità anche nel resto dell'avventura, ma proprio riguardo il sistema di controllo si apre quello che è un altro degli aspetti più controversi di Murasaki Baby. I ragazzi di Ovosonico si sono sforzati per sfruttare quanto possibile le varie caratteristiche e funzioni di PlayStation Vita, ma in alcuni casi le idee non si incastrano benissimo. Capovolgere rapidamente la console è un'operazione goffa e poco naturale a causa della sua forma e delle sue dimensioni, mentre l'unica e breve sequenza in cui vengono utilizzati i due stick analogici sembra assolutamente fuori luogo e scollegata dal resto. Lo stesso uso del touch screen ha alcune controindicazioni: l'indice che tiene per mano Baby finisce per coprire costantemente parte dello schermo, ma il peggio arriva quando bisogna contorcere in maniera innaturale le dita per guidare la protagonista, spostare attentamente il palloncino e, nel frattempo, colpire tante piccole spille volanti pronte ad attaccarci. Senza contare poi, quei momenti in cui la telecamera è abbastanza lontana da rendere difficile, se non addirittura frustrante, riuscire ad afferrare con precisione la mano della bambina. Ed è proprio a causa di questi piccoli intoppi che la magia di Murasaki Baby svanisce: nel momento in cui bisogna toccare tre o quattro volte lo schermo per beccare il punto esatto, o non appena ci si ritrova a maneggiare la console come una sorta di Twister per le dita, il legame che si stava creando tra l'utente e Baby si infrange completamente.
Conclusioni
Così come il giocatore accompagna per mano Baby in cerca della mamma, Ovosonico accompagna l'utente fino all'epilogo della sua breve avventura. Eppure, nonostante il gioco ci abbia provato dall'inizio alla fine, piazzando anche un colpo di scena nei minuti di recupero, non è riuscito a farci affezionare alla piccola protagonista come forse speravano gli autori. Il vero problema di Murasaki Baby non sta tanto nella durata risibile, nella superficialità delle soluzioni proposte o nei controlli spesso troppo intricati, quanto soprattutto nella promessa non mantenuta di farci emozionare e rendere memorabile l'ora e mezza passata in compagnia di una bimba con il suo palloncino.
PRO
- Esteticamente originale e azzeccato
- Personaggi assolutamente folli
- Interessante l'idea degli stati d'animo...
CONTRO
- ...ma non viene mai sfruttata per puzzle interessanti
- Termina in un batter d'occhio
- Controlli non sempre naturali o ben integrati