Matt Gilgenbach non ha mai nascosto i suoi problemi con la depressione, accentuatisi dopo l'insuccesso del suo primo titolo pubblicato da indipendente, quel Retro/Grade tanto originale, quanto ignorato dal grande pubblico. È facile affermare che Neverending Nightmares, il suo nuovo titolo, cerca di rappresentare proprio il suo rapporto con questa malattia, raccontandola attraverso una serie di immagini ed eventi che creano forte inquietudine ed empatia verso il personaggio principale, Thomas, somigliante in modo nemmeno troppo stupefacente a Gilgenbach stesso.
Purtroppo non è possibile scindere il gioco dalla sua 'ispirazione', per il semplice fatto che si tratta di un'opera personalissima, in cui sono stati sublimati in forma videoludica mesi di sofferenze e riflessioni. Solo partendo da qui è possibile comprendere la natura di certe scelte controverse e di alcuni limiti manifesti e mai negati del gameplay. Neverending Nightmares non racconta mai la sua storia fino in fondo, facendola vivere come una lunga serie di incubi dai quali non c'è via di fuga. Non che non ne abbia una, anzi. Soltanto non la chiarisce in nessun modo lasciando al fruitore il compito di collegare i pezzi. Lo sappiamo che alcuni amano essere condotti per mano e sentirsi spiegato tutto lo spiegabile ma, soprattutto quando si ha a che fare con la materia onirica, scendere troppo in spiegazioni rischia di impoverire più che di arricchire, perché si produce sempre una pedanteria di fondo che magari tranquillizza le menti semplici, ma non fa che chiudere in una scatola ciò che evidentemente non può esservi chiuso.
Neverending Nightmares cerca di rendere in forma videoludica l'orrore della depressione
Paura o tensione?
Il controllo dell'inconscio è un'illusione, Gilgenbach lo sa bene e procede per la sua strada prendendosi la responsabilità di affondare il giocatore in qualcosa di oscuro nel senso più ampio del termine. All'inizio di ogni capitolo, e quando viene ucciso, Thomas si sveglia nel suo letto. È in pigiama. Alzatosi inizia la lenta esplorazione di ambienti grandi e terrificanti, i cui dettagli non fanno che degradarsi di sogno in sogno, in una perversa discesa verso la follia da cui non c'è ritorno.
Dal punto di vista ludico c'è poco da fare, se non camminare e interagire con alcuni oggetti, come quadri o bambole, che vanno semplicemente guardati. Il rumore dei passi di Thomas è enormemente accentuato e ben presto ci si rende conto che qualcosa non va. Non c'è vero e proprio orrore, quanto una fortissima tensione che permea ogni passo e che rimbomba in ogni suono. Più si percorrono i vuoti corridoi e le cupe stanze, più ci si rende conto di stare avvicinandosi a qualcosa, ma questo qualcosa sembra non arrivare mai. All'inizio non si fa nulla, letteralmente. Più avanti spunteranno fuori dei nemici, in tutto di tre tipi, che andranno elusi in vari modi (infilandosi dentro degli armadi, facendo meno rumore possibile o, semplicemente, fuggendo), ma i primi minuti di gioco sono un lento camminare senza un perché. Volendo si può correre, ma Thomas ha il fiato corto e il suo scatto si esaurisce in pochi secondi, cui segue una pausa per riprendere fiato (motivo di tensione quando si è inseguiti da qualche mostro). Molti si sono lamentati della mancanza di momenti horror più marcati, ossia di salti sulla sedia di fronte a pericoli improvvisi o di altri trucchetti simili. In realtà la loro assenza è programmatica, nel senso che l'obiettivo, centrato in pieno, è quello di creare un forte stato di ansia e tensione nel giocatore, non quello di spaventarlo con l'apparizione di mostri. Qualche concessione all'urletto da youtuber c'è e non mancano momenti splatter, ma è poca roba. Di base è stata fatta una scelta simile a quella attuata in Amnesia: A machine for Pigs, decisamente poco redditizia a livello commerciale, ossia si è favorita la costruzione dell'atmosfera alla spettacolarità dell'orrore.
Edward Gorey
L'aspetto visivo di Neverending Nightmares è stato sin da subito il suo punto di forza. Molti giocatori si sono avvicinati al titolo di Infinitap Games semplicemente dopo aver ammirato le immagini di gioco, in cui il rosso acceso del sangue fa spesso da contrappunto a un disegno dal tratto infantile, fatto di linee nette e contrastate.
Gilgenbach ha sempre dichiarato apertamente di essersi ispirato alle opere di Edward Gorey per lo stile grafico di Neverending Nightmares, quindi non vi stiamo rivelando nulla di misterioso. Rimane da capire se si tratta di una scelta estetica fine a se stessa o se ha un senso nell'economia dell'esperienza ludica. Il rosso del sangue squarcia il disegno aprendo varchi in un'immensa illusione infantile ormai in pezzi. La casa degli Usher sta crollando, lasciando liberi tutti i mostri celati negli anfratti che si pretendevano chiusi per sempre, e il protagonista non può fare nulla per fermarlo, può solo fuggire e cercare di comprendere, elaborando il lutto per il difficile ingresso nella vita adulta. Il sonno non è più un rifugio sicuro, ma un incubatore di terribili incubi che tormentano Thomas e gli impediscono di dimenticare il suo traumatico passato. L'immensa casa non protegge, ma imprigiona. Di incubo in incubo, gli oggetti del quotidiano assumono un aspetto sempre più decadente e perturbante.
Questioni ludiche
Per comprendere Neverending Nightmares bisogna sbloccare tutti i finali (tre in tutto), che non chiariscono molto, ma che proprio nella loro vaghezza mostrano quanto la storia in questo caso sia solo un pretesto per la rappresentazione di quell'incubo senza fine che è la vita.
A questo punto urge però chiarire un paio di questioni prettamente ludiche. Intanto va detto che ci troviamo di fronte a un titolo davvero breve. Diciamo che per completarlo la prima volta si impiega dall'ora, all'ora e mezza, a seconda dell'abilità con cui si riescono a evitare i nemici. Sbloccare gli altri finali richiede di ripetere alcuni capitoli, ma complessivamente con due ore, massimo due ore e mezza, si riesce a vedere davvero tutto. La seconda questione è un ribadire quanto abbiamo scritto nell'articolo: in Neverending Nightmares c'è pochissimo da fare, se non esplorare gli ambienti. Niente enigmi da risolvere (a parte un paio per sbloccare i vari finali) e il rischio di perdersi è davvero nullo. Possiamo parlare di uno stile ludico minimale, alla stregua dei vari Dear Esther o The Stanley Parable, ma ovviamente bisogna essere coscienti di ciò che si sta acquistando, per non avere brutte sorprese. Quindi, chi fosse alla ricerca di un horror più tradizionale lo eviti accuratamente perché potrebbe rimanere molto deluso.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- La redazione usa il Personal Computer ASUS CG8250
- Processore Intel Core i7 2600
- 8 GB di RAM
- Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
- Sistema operativo Windows 7
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Windows Vista / 7 / 8 / 8.1
- Processore: 1.7GHz Intel/AMD CPU
- RAM: 1 GB
- Scheda video: Compatibile con OpenGL 2.0
- Spazio su disco: 500 MB
Conclusioni
Come scritto nell'articolo, Neverending Nightmares è un'opera molto personale, vicinissima a qualcosa che ci arrischiamo a definire arte, in cui il gameplay è stato quasi completamente piegato alla rappresentazione. Insomma, non aspettatevi un normale survival horror con salti sulla sedia schiaccia brufoli o mostri bavosi che provano a succhiarvi il cervello. Qui non c'è niente di tutto questo. Quello che troverete è un'esperienza breve e intensa, da cui traspare una forza espressiva rara nel mondo videoludico, soprattutto grazie allo stile visivo peculiare e alla capacità di gestire la materia onirica senza abbandonarsi all'ansia di dover per forza condurre per mano il giocatore nell'interpretazione di quanto avviene sullo schermo.
PRO
- Stile grafico eccezionale
- Profondo e perturbante
- Tre finali
CONTRO
- Breve
- La mancanza di cose da fare potrebbe disturbare qualcuno