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I protagonisti di Persona 3 e Persona 4 a zonzo nei dungeon di Etrian Odyssey

RECENSIONE di Christian Colli   —   05/12/2014
Persona Q: Shadow of the Labyrinth
Persona Q: Shadow of the Labyrinth
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Nonostante gli anni trascorsi dal loro lancio - rispettivamente otto e sei - Persona 3 e Persona 4 sono tutt'oggi titoli popolarissimi sia in Giappone, sia nel resto del mondo, grazie a merchandising, serie animate e, ultimamente, spin-off.

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I fan che sostengono il brand sono tanti e tali da aver giustificato addirittura lo sviluppo di un picchiaduro/visual novel di ottima qualità, e mentre cresce l'attesa spasmodica per il quinto Persona, previsto per il prossimo anno, bisogna per forza rispiegare su esperimenti come questo Persona Q: Shadow of the Labyrinth, concepito come una sorta di crossover spirituale tra la saga omonima e la fortunata serie di RPG "old style" Etrian Odyssey. Un connubio azzardato, forse, ma nemmeno tanto, dato che i due brand hanno diverse cose in comune. Ulteriormente curioso, poi, il fatto che Persona sia a sua volta uno spin-off di Shin Megami Tensei, altro brand che propone alcune caratteristiche peculiari di Etrian Odyssey... e viceversa. Insomma, gli ingredienti per una frittata c'erano tutti, ma sul piatto ci siamo ritrovati una deliziosa omelette farcita.

Il ménage à trois di Persona 3, Persona 4 e Etrian Odyssey funziona a meraviglia, ma piacerà solo ai fan

Il labirinto della vita

In qualità di spin-off, Persona Q ha un pregio e un difetto al tempo stesso: non serve aver giocato i due titoli cui attinge, sia perché la trama non vi si collega in modo particolare, sia perché i personaggi spiegheranno chiaramente quali siano i loro poteri, come si siano conosciuti e quale era il loro scopo nelle avventure originali. D'altro canto, chi non ha mai giocato Persona 3 o Persona 4 non coglierà tante piccole sfumature dei dialoghi, i numerosissimi riferimenti e le citazioni, nonché l'ironia nella stragrande maggioranza delle interazioni.

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È la maledizione del fanservice, e c'è poco da fare, ma Persona Q ha un altro grandissimo pregio, ed è quello di presentare i personaggi con tutte le loro piccole manie grazie a dialoghi scritti - e spesso anche recitati - divinamente: anche se non si è giocato Persona 3, insomma, è impossibile non affezionarsi a Junpei o Koromaru, e considerando che il secondo è un cane e non ha battute, possiamo dire che è un grande traguardo. La storia, d'altra parte, non si colloca temporalmente in un momento ben preciso dei due giochi, che del resto si svolgono ad anni di distanza l'uno dall'altro, ma c'è una spiegazione anche per quello sulla quale, però, glisseremo per non rovinarvi la sorpresa. Il giocatore, infatti, sceglie il "cast" protagonista (quello di Persona 3 o quello di Persona 4, appunto) e inizia la storia con i nostri eroi che vanno a scuola in una giornata come tante, salvo poi ritrovarsi intrappolati in una specie di limbo spaziotemporale. Lì faranno la conoscenza di Zen e Rei, una coppia piuttosto stramba che cela molti segreti, e cominceranno ad esplorare il labirinto nascosto dentro la scuola. Il prologo, insomma, è diverso a seconda del cast selezionato, e le nostre star si riuniscono solo alla fine del primo dungeon, consentendo l'accesso a un enorme roster di personaggi che si diversificano per abilità, statistiche e tipi di attacchi. La trama prosegue attraverso un'infinità di dialoghi, facoltativi oppure no: le scene d'intermezzo sono importanti per capire meglio cosa stia succedendo e cosa abbia causato questa specie di paradosso temporale, ma talvolta il nocciolo della questione si perde in un oceano di gag e battibecchi concepiti solo per strizzare l'occhio ai fan di Persona 3 e di Persona 4, giocando sulle idiosincrasie dei personaggi e sui loro caratteri. Per chi ha giocato i titoli originali è, insomma, una vera delizia, ma chi è poco avvezzo alla lettura - specialmente se mastica poco l'inglese - probabilmente troverà fastidiose le varie interruzioni, specie quando si susseguono a ritmo serrato. In ogni caso, il gioco si intitola Persona Q e, in questo senso, adempie perfettamente al suo dovere, poiché ha tutto quello che un fan di Persona cerca nella serie: una trama cervellotica, personaggi divertentissimi, gag su gag e un'atmosfera inquietante che fa meravigliosamente a pugni con il character design colorato e super deformed di Shigenori Soejima e con la colonna sonora di Atsushi Kitajoh e Toshiki Konishi, un mix di bellissimi brani inediti e di remix che accompagnano l'esplorazione e i combattimenti a colpi di j-pop e schitarrate.

Nella tana del bianconiglio

Se l'aspetto esteriore di Persona Q è, apparentemente, quello degli omonimi RPG usciti per PlayStation 2, il suo cuore appartiene al marchio Etrian Odyssey. Una volta superate le scene d'intermezzo, gli interminabili dialoghi e i semplici, intuitivi menu, lo scopo del gioco diventa abbastanza ovvio: esplorare i vari piani di quattro dungeon che costituiscono il "labirinto" in cui è probabilmente custodita l'unica speranza, per i nostri eroi, di tornare alle loro timeline originali.

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L'esplorazione in questione si svolge tutta in prima persona e a quel punto il gioco si trasforma in un vero e proprio Etrian Odyssey, con i suoi corridoi poligonali, gli incontri casuali con i nemici, le trappole, i passaggi segreti e i Formido Oppugnatura Exsequens, cioè i FOE che nell'altro dungeon crawler Atlus stanno per Field On Enemy: mostri che appaiono sulla mappa e che sono molto più forti degli altri, veri e propri miniboss da schivare finché non si è abbastanza potenti per affrontarli senza morire miseramente. Il leveling, in Persona Q, è tutto o quasi: anche i nemici più comuni offrono una sfida sopra le righe persino ai livelli di difficoltà più bassi e vanno combattuti con un pizzico di strategia e un abbondante impiego di potenziamenti e depotenziamenti. Chi ha giocato Etrian Odyssey, specialmente gli episodi antecedenti il remake Untold, si troverà perfettamente a suo agio con la difficoltà di Persona Q e, magari, sarà anche felice di sapere che quest'ultima fatica firmata Atlus ne propone ben quattro livelli. Anche a quello più basso, però, capita non di rado di imbattersi in nemici comuni più tosti del normale, e in quei casi l'unica via di scampo è il sistema di debolezze e "boost" mutuato dalla serie Persona. Ogni personaggio, grazie al suo spirito protettore, può lanciare vari incantesimi, e colpendo un certo nemico con l'elemento giusto è possibile guadagnare un "boost" che, in questo caso, non garantisce un turno extra come nei veri Persona, ma la possibilità di lanciare un'altra magia a costo zero: un bonus importantissimo, visto che i punti magia scarseggiano e, tra l'inventario limitato e il backtracking, uscire dal dungeon per andare a farsi curare - a pagamento! - non è certo l'ideale. Senza contare che infilare una catena di colpi critici e boost permette, con un po' di strategia, di dominare letteralmente il campo di battaglia. In questo senso, sono di fondamentale importanza i "sub Persona" che tutti i personaggi possono equipaggiare: in Persona Q non sono solo i protagonisti di Persona 3 e di Persona 4 le "wild card" a poter cambiare il loro Persona, ma anche tutti gli altri eroi. I nuovi spiriti si ottengono casualmente sconfiggendo i nemici, e possono essere fusi nella Velvet Room per generarne altri con le abilità di quelli consumati. Ancora una volta, la tattica vince a mani basse: scegliere quale Persona equipaggiare e con quali abilità è importantissimo quando si affrontano i nemici più ostici, e il numero di personaggi e di spiriti collezionabili permette una varietà di build e formazioni veramente incredibile.

L'effetto 3D

Senza arte né parte, l'effetto stereoscopico in Persona Q garantisce una buona profondità durante l'esplorazione in prima persona e le sequenze d'intermezzo, ma di contro rende la grafica un po' impastata, specialmente coi fondali sfocati. Attivatelo, ma non esagerate.

Attraverso lo specchio

Persona Q può sembrare un RPG da manuale in cui si riconosceranno tutti i fan del franchise, ma bisogna tenere presente che è in realtà un Etrian Odyssey "vestito" da Persona, e non il contrario. In un certo senso, il titolo Atlus cerca un compromesso tra due scuole di pensiero diverse accomunate dalla predilezione per i dungeon intricati e il grinding più o meno sfrenato, ma è comunque un Etrian Odyssey nel profondo in cui i menu statici sostituiscono l'esplorazione in terza persona delle ambientazioni e i dungeon propongono ad nauseam gli stessi corridoi, le stesse texture e gli stessi nemici ad ogni piano. Definirli ripetitivi, però, sarebbe un grave errore, dato che il level design in tal senso è assolutamente stratosferico: i labirinti sono intricati, ricchi di puzzle e trappole, e come da tradizione è possibile disegnare la mappa sullo schermo inferiore della console, approfittando di una caterva di icone e opzioni per personalizzarla e rifinirla. Si tratta di una feature tipica degli Etrian Odyssey, naturalmente, e anche in questo caso Atlus è venuta incontro a chi potrebbe non gradirla con alcune opzioni che la disegnano automaticamente o le icone intelligenti che determinano da sole il tipo di dettaglio che si vuole specificare.

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D'altra parte, se è vero che la componente Persona ha ereditato i suoi meravigliosi personaggi, sfornando interazioni divertentissime e "what if" della miglior specie, è anche vero che ha perso quei piccoli elementi caratteristici come i Social Link, il calendario e il "dating sim". Se il giocatore vuole saperne di più sui personaggi, e vederli interagire al di fuori dei dungeon, può sempre ricorrere alle scenette d'intermezzo opzionali nella modalità "Stroll", ma si tratta di un divertissement pensato soprattutto per i fan con scopi concreti limitati a una manciata di sidequest. Anche i combattimenti in prima persona potrebbero apparire piuttosto spartani, a chi è abituato a vedere i personaggi mescolarsi con i nemici sul campo di battaglia: a questo proposito, Persona Q offre la graditissima possibilità di alterare la velocità degli scontri, nel senso che è possibile visualizzarli alla Etrian Odyssey, limitando l'interazione con i nemici agli effetti sonori degli attacchi e poco più, o come in un normale jRPG, con i modelli poligonali dei personaggi che appaiono qualche secondo per attaccare il bersaglio. Una soluzione ingegnosa e piacevole, che tradisce però la realizzazione tecnica abbastanza modesta del gioco: i modelli dei personaggi e dei nemici sono poveri di dettagli e l'aliasing è notevole, specie se la stereoscopia è attiva, ma per fortuna il character design estremamente cartoonesco allevia il difetto e le animazioni durante le chiacchiere d'intermezzo sono sicuramente più coinvolgenti dei semplici artwork statici cui ci aveva abituato Etrian Odyssey.

Conclusioni

Multiplayer.it
8.5
Lettori (15)
7.9
Il tuo voto

Persona Q offre il meglio di due mondi, ma assomiglia più a un Etrian Odyssey che al tanto amato spin-off di Shin Megami Tensei. E il genere dungeon crawler cui Etrian Odyssey appartiene è assolutamente di nicchia: per apprezzarlo serve parecchio tempo, pazienza e un buon spirito strategico. Persona Q rimedia ad alcune asperità cercando vari compromessi, per fortuna, ma paradossalmente rischia di allontanare quel pubblico più vasto che cerca di raggiungere con una tonnellata di fanservice che chi non conosce il franchise potrebbe trovare un po' pesante. Chi invece ha sempre sognato di veder combattere fianco a fianco Yu e Minato, invece, farebbe bene a mettere mano al portafogli.

PRO

  • I cast di Persona 3 e Persona 4 al gran completo, o quasi
  • Sistema di combattimento e gestione dei Persona
  • Level design eccezionale

CONTRO

  • Realizzazione tecnica modesta
  • Improvvisi picchi di difficoltà
  • Fanservice eccessivo per chi non conosce Persona