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L'America, tra realtà e utopia

Dopo svariati rimandi, Ubisoft spalanca finalmente le porte del suo garage affacciato sugli USA

RECENSIONE di Stefano F. Brocchieri   —   05/12/2014
The Crew
The Crew
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The Crew è un gioco di corse clandestine. E di competizioni su pista. E di specialità molto vicine al rally, in ogni sua sfumatura, dalla più ortodossa alle più folli degenerazioni raid. E di gare endurance. E un campionario di brevi e schizoidi prove di abilità. E un simulatore di autista e corrierino. E uno di pedinamenti automobilistici e fughe per la propria libertà o la vita. E di stunt. E di lotta a sportellate. Il racing game di Ubisoft è questo e molto altro ancora, una produzione ambiziosa, che si propone come un trattato enciclopedico della guida arcade in cui all'appello, spunta più spunta meno, non sembra mancare nessuna declinazione così come proposta da Metropolis Street Racer in avanti, sapendoci mettere anche qualcosa di suo. E un cuore grosso così, più precisamente grande quanto il Sogno Americano e la sua promessa di libertà, un'anima massiva e incline alla condivisione social, un'educazione ruolistica e un'indole progressista. Il tutto realizzato da gente di esperienza, che ha lavorato a Test Drive Unlimited, V-Rally e Driver, e che le quattro ruote le mastica come un chewingum, dimostrando con i fatti di sapere dove mettere le mani sotto al cofano. Gente che, tuttavia, per certi aspetti ha deciso di sterzare verso direzioni discutibili, senza contare che gli strumenti in certi frangenti sembrano esser proprio scappati di mano, generando inceppamenti e qualche vero e proprio incidente di percorso a seguito di cui questa enorme macchina non riesce a sfogare appieno i suoi cavalli, tagliando la linea del traguardo ammaccata e ridimensionata.

È arrivato il momento della verità per The Crew, l'MMO racing di Ubisoft. La nostra recensione

Da grande voglio fare la Viper SRT-10 Coupe

The Crew è un racing MMO. Volendo si potrebbe parlare proprio di MMORPG, visto che mutua dai giochi di ruolo svariati concetti, come quello di classe, quest e subquest, punti esperienza, gilda, PvP, istanze e altro ancora e li reinterpreta in chiave automobilistica. Quasi tutto quello che si fa nel gioco attribuisce XP, il cui accumulo è alla base di un iter di crescita lungo 50 Livelli. Livellando si ottengono Punti Abilità, attraverso cui migliorarsi in diversi reparti (tra cui accelerazione, frenata, sterzo, sfruttamento del Pro-ToX) od ottenere vantaggi di vario genere (come un radar con cui scovare cosa c'è nei paraggi, una linea che in gara indica la traiettoria consigliata, boost di XP e scontistica varia e assortita).

L'America, tra realtà e utopia

E poi le classi, specializzazioni con caratteristiche e predisposizioni specifiche, incarnate dalle cinque Spec di auto di cui si può entrare in possesso: Tuning, Off-Road, Xtreme, Raid e Pista. Salve alcune limitazioni imposte dal buon senso ingegneristico (o più probabilmente dai contratti con le relative case costruttrici...), ciascuna delle circa quaranta vetture su licenza presenti (che spaziano dalla Golf GTI all'Agera R, dall'immortale Skyline GT-R alla Murcielago IP 640, dall'M5 2011 a LaFerrari) può essere "trasformata" in una di queste Spec e conoscere anche lei un percorso di crescita, con tanto di Livelli, da cui dipendono il nugolo di modifiche prestazionali che si possono applicare per migliorarne gli attributi e variarne le dinamiche comportamentali. In puro stile RPG il Livello è importante anche ai fini del bilanciamento: provare certe missioni o partecipare a determinati eventi PvP con una macchina non abbastanza "coltivata" può arrivare ad equivalere a non avere la minima possibilità di farcela. Va detto che gli sviluppatori sono stati piuttosto attenti nel calibrare la progressione: tolta qualche nota stonata, la difficoltà dei gruppi di missioni principali (ovvero quelle relative alla storia) che si sbloccano strada facendo è generalmente commisurata a quello che verosimilmente è il Livello attuale di personaggio e auto.

L'America, tra realtà e utopia

A volte è stata posta attenzione anche a bilanciare specificatamente gli obiettivi della missione nel caso in cui si opti di giocarla in cooperativa, rivedendo di conseguenza i requisiti di successo. Diverso è il discorso di altri generi di quest, attraverso cui The Crew ambisce ad avere più spessore in senso massivo, come le Missioni Fazione, con le quali contribuire al prestigio di uno dei cinque schieramenti a cui ci si può affiliare (Aquile, Orsi, Serpi, Coccodrilli e Lupi), contribuendo alle sorti di una lotta territoriale di cui si tirano le somme con cadenza mensile, attribuendo ricompense speciali ai vincitori. Un apparato pensato chiaramente per offrire motivi di interesse sul medio e lungo termine, indirizzato dunque per sua natura a giocatori già belli che livellati e riguardo cui è comprensibile che il tasso di sfida possa risultare proibitivo per quelli alle prime armi che vogliono comunque provarci. Chiudono il discorso le sfide, obiettivi ed eventi occasionali indetti temporaneamente, un tipo di incentivo a tenersi sul gioco che è diventato quasi la norma in multiplayer online canonici, figuriamoci in quelli dal taglio MMO.

American spirit

Dai meno di dieci secondi di una Sfida di salto alle oltre due ore di un coast to coast. Come si diceva in apertura, The Crew propone sostanzialmente ogni genere di prova di abilità e competizione arcade possa venire in mente. Il tutto sullo sfondo di una riproduzione (ovviamente in scala) del territorio degli Stati Uniti, in cui ci si può muovere liberamente, volendo nella sua interezza, senza caricamenti o altre soluzioni di continuità, in una struttura free-roaming dall'ampiezza impressionante e dalla varietà paesaggistica eccezionale.

L'America, tra realtà e utopia

Difficile pensare a un luogo iconico del Nord America e scoprire che non marchi presenza. A colpire, tuttavia, non è soltanto il monumentale sforzo geo-topografico e tecnico alla base di una ricostruzione di questa portata, ma anche il modo con cui lo si è preso come spunto per offrire una spiccata caratterizzazione situazionale. In parole povere: come abbiano saputo fare di ambientazione mission design. Limitandoci giusto a qualche esempio, per non rovinar sorprese: ci si può ritrovare a inseguire un fuggitivo sulla Overseas Highway, l'autostrada in mezzo al mare che collega la Florida alle Isole Keys resa celebre da True Lies e Dexter, costretti a muoversi saltando da un ponte in costruzione all'altro mentre il nostro obiettivo sfreccia sulla strada lì a fianco. O di doversi divincolare dalla morsa della polizia nel dedalo di velivoli abbandonati del Cimitero dell'Aeronautica di Tucson, di provare a tener testa agli avversari e al tempo stesso al particolarissimo pasticcio di superfici tra gli acquitrini delle Everglades, di gestirsi la caccia di una preda tra le enormi escavatrici delle cave di Coal State o di lanciarsi da un trampolino sciistico nei pressi di Salt Lake City. Poi, chiaramente, un ABC fatto di gare che iniziano in autostrada, in campagna, tra le gole di un canyon o in montagna e proseguono in città, o viceversa, e altre che sfruttano l'urbanistica costringendo ad attraversare parchi, ponti, quartierini intricati e una tavolozza di percorsi che si spinge ben più in là della semplice corsa a rotta di collo tra gli isolati squadrati e regolari di una downtown. La sublimazione di un discorso simile arriva con le missioni più robuste, che possono superare abbondantemente l'ora di durata fino alle due e mezza del coast to coast, un vero e proprio viaggio durante il quale si riescono ad assaporare fino in fondo le sfumature con cui le diverse regioni dell'America sono state caratterizzate, comprendendone lo spirito, mentre ci si cimenta con una sterminata varietà di contesti di guida.

Guarda, mamma, senza mani!

Un altro aspetto dove si notano l'esperienza e la perizia degli sviluppatori è l'interfaccia. The Crew è un titolo enorme per dimensioni, enorme per possibilità, enorme per mole di dati, ma che si gestisce in maniera splendidamente snella, razionale e confortevole. A partire dalla mappa degli Stati Uniti, realizzata in tempo reale, alla quale sono applicabili diversi livelli di zoom, fino ad arrivare a inquadrare un singolo veicolo (che volendo si può anche seguire, per la gioia di stalker e appassionati di Person of Interest) o tramite cui si può piombare immediatamente in-game, nel punto in cui si desidera (salvo certi paletti, che vedremo poco più sotto). Un'esaustiva serie di filtri permette poi di evidenziare le icone relative agli elementi di interesse, per individuarli con più facilità, mentre cliccandoci sopra si apre un menu a tendina con le azioni eseguibili, arrivando dritto al sodo. Una volta in-game le cose non smettono di essere altrettanto agevoli, grazie a un classico smartphone à la GTA richiamabile on the fly attraverso cui gestirsi amici, stazioni radio e opzioni, senza praticamente smettere di guidare.

L'America, tra realtà e utopia

Sempre dal cellulare è possibile richiamare al volo il proprio parco macchine, scartabellarlo e cambiare istantaneamente vettura senza inutili e ammorbanti giri menu, caricamenti e quant'altro, o approntare qualche modifica prestazionale. Le cose sono ugualmente brillanti per quanto riguarda il gioco, con la possibilità, una volta raggiunta, di affrontare una missione da soli o in compagnia mediante un agile sistema di matchmaking integrato, o di cimentarsi in una delle numerose Sfide disseminate per l'ambiente e decidere in seguito se rifarla o richiamare classifiche e ghost, senza alzare per un istante le mani dal volante. Ma oltre alle pentole sono stati fatti anche i coperchi: se non si ha voglia di passare per l'iter standard, che prevede di tornare alla cartina dell'America e cercarsi una determinata missione, tramite smartphone si può accedere a un comodissimo Diario Missioni, con cui raggiungere istantaneamente quella desiderata. A patto di aver già visitato la location relativa. Una condizione grazie a cui ci si è messi al riparo dall'eventualità che in molti per pigrizia aggirassero di fatto il mastodontico lavoro svolto a livello ambientale, finendo per non fare nemmeno la conoscenza di ciò che The Crew vuole essere. E continuano a non mancare i comfort, visto che gli spostamenti più lunghi possono essere mitigati ricorrendo a una rete di aeroporti e stazioni ferroviarie. Un apparato in cui non potevano essere trascurate le Crew che danno il nome al gioco, ovvero le bande che si possono formare con amici o compagni occasionali. Tramite la mappa si possono tenere sott'occhio i compagni, raggiungerli istantaneamente o tracciare una rotta per il gruppo, mentre in-game si possono gestire inviti, promuovere o espellere membri e richiamare le loro statistiche dettagliate, tutto al volo. Concetti simili valgono per il PvP, che permette di amministrarsi vari aspetti delle partita prima di staccare a una vera e propria lobby. Completano il quadro un sistema di notifiche simile al fondamentale Autolog di Criterion, con cui si può eventualmente interagire in maniera altrettanto agile, e una cascata di dati, classifiche e statistiche, organizzate comodamente nel Drivehub.

Se si tira troppo si spezza

Com'è noto, The Crew è un racing arcade. Non ha la qualità cristallina di un Burnout e l'equilibrio e il livello di precisione di un Project Gotham, per citare due pesi massimi della categoria, ma si caratterizza comunque per una certa piacevolezza e livello di appagamento, che sin dai primi istanti ci ha ricordato Need for Speed Underground 2. Tuttavia, anche se è possibile scegliere fra tre schemi di controllo differenti (Tutti gli Aiuti di Guida, Sport e Hardcore) e agire dettagliatamente su alcuni parametri avanzati per andare maggiormente incontro alle proprie esigenze personali e massimizzare il livello di gratificazione che si può spremere dal modello di guida, non riesce ad affrancarsi da un certo feeling "scivoloso" e al tempo stesso pesante, un po' artefatto.

L'America, tra realtà e utopia

Ma l'aspetto più critico sono le collisioni. Passi anche che gli incidenti siano esteticamente poco appaganti, vuoi per gli algoritmi di deformazione delle lamiere datati, vuoi per il parco dispiego di detriti e scintille, vuoi per impatti che sembrano avere una corrispondenza con le masse e le forze in gioco a dir poco fantasiosa, ma quando ci va mezzo la giocabilità cominciano i guai seri. A far specie sono certe scelte operate a monte e se da un lato fanno piacere i margini di permissività riguardanti le "sfiancate", a seguito di cui in alcuni casi toccando lateralmente un veicolo, specie contromano, ci si mantiene comunque in corsa, dall'altro si è vittima di decisioni eccessivamente punitive, come quando si collide con elementi dello scenario più innocui, in circostanze apparentemente poco drammatiche. A questo si aggiunge una certa incoerenza di fondo, che diventa un far west nel caso delle auto controllate dalla CPU, che a volte vantano "tempi di recupero" da una botta estremamente sospetti. E lascia l'amaro in bocca l'impostazione impressa a svariate missioni. Introdurre elementi scriptati come l'atterraggio a pelo di un aereo, la cortina di fumo generata da un incendio a bordo strada o una valanga è assolutamente comprensibile per caratterizzare meglio certi contesti e introdurre al contempo qualche elemento speciale di disturbo, meno quando si nota, tentativo dopo tentativo, che a comportarsi allo stesso modo è un veicolo generico, che sbuca appositamente nel traffico.

L'America, tra realtà e utopia

E ancor peggio nel caso degli avversari contro cui si sta gareggiando, che in diversi casi tendono a seguire sempre la stessa strada, curva dopo curva improvvisa, che di improvviso in realtà non hanno nulla. Ed è un peccato, perché in altri frangenti gli sviluppatori dimostrano di saperla programmare un'intelligenza artificiale nel complesso valida. Basta prendere il coast to coast, dove la si può vedere alle prese con un gran quantitativo di variabili, ora nel traffico cittadino ora sui tornanti del Gran Canyon, ora su un rettilineo semi-deserto del New Messico ora su quello più incasinato di una statale fuori New York, dimostrando di sapersi comportare piuttosto bene, caratterizzandosi anche per sbavature ed errori che le danno quel gradito feeling di "umano". Il coast to coast, purtroppo, è però anche il benchmark di un'altra pessima scelta creativa: un pronunciato effetto elastico. Spesso durante una gara si ha l'impressione che i piloti controllati dalla CPU colmino un gap in maniera sospetta, recuperando indebitamente terreno su di noi, o in maniera altrettanto sospetta, tendano a concedercelo, quando in vantaggio. Benissimo: durante una traversata dalla Florida alla California abbiamo sorpreso un paio di volte l'autista con cui abbiamo duellato per quasi tutta la durata del viaggio letteralmente fermo ad aspettarci. Fermo ad aspettarci. Insomma, gli sviluppatori hanno deciso di bilanciare le competizioni con mezzucci poco eleganti, che possono arrivare a gonfiare in maniera scorretta e plateale la difficoltà, generando frustrazione, o togliere, in maniera altrettanto artificiale ed evidente, gratificazione alla sfida.

Quando una mano di vernice non basta

È paradossale che un titolo che sia stato in beta diverse volte si presenti in versione definitiva con il bisogno di mandare i server in manutenzione più e più volte al giorno, offrendo a conti fatti un'esperienza più tribolata che nei periodi di test. E fa arrabbiare l'adozione di un'impostazione in base alla quale senza potersi connettere ai server non si può nemmeno accedere ai dati salvati del proprio profilo e magari spararsi un paio di veloci missioni in solitaria o anche solo rifare la tinta alla propria Mustang, rimanendo esiliati nella schermata dei titoli.

L'America, tra realtà e utopia

Nel complesso la situazione non è affatto catastrofica, siamo davvero lontani dai casi più infami regalatici nell'ultimo biennio dall'industria tripla A, ma chi intende godersi The Crew deve mettere in conto qualche contrattempo in quella che è una situazione che, verosimilmente, tenderà ad assestarsi nel tempo, serenamente. Maggior biasimo lo meritano invece certi bug, in realtà non così frequenti ma abbastanza gravi da compromettere l'esito di una gara, facendo buttare alle ortiche tempo e punti esperienza, come certi errori di posizionamento post-rientro in pista o la perdita di riferimenti del navigatore, che può far perdere la rotta. Si è già dibattuto molto sul comparto audiovisivo di The Crew. Come lasciato intendere finora, riprodurre un territorio così vasto e un'interfaccia come la mappa completamente in real time con ogni probabilità sono obiettivi tecnici tutt'altro che banali da raggiungere e meriti indiscutibili del gioco. A risultare parecchio discutibile è invece l'impatto visivo. Sotto questa prospettiva The Crew è un titolo a dir poco traballante, riuscendo a mascherare con fortune eccessivamente alterne l'arretratezza di sistema di illuminazione, rendering ed effettistica. Ci sono casi in cui ci si ritrova al cospetto di vedute evocative e di impatto, che appagano l'occhio senza ingenerare troppe domande, come quelli di certi paesaggi naturalistici, deserto in primis, o di determinate ore del giorno, come l'alba e il tramonto, che possono contare su scelte fotografiche particolarmente ispirate.

L'America, tra realtà e utopia

A queste si alternano vedute davvero sciatte, in cui si è lasciati soli al cospetto di una realtà fatta di carichi poligonali e texture modesti e di una diffusione della luce che fatica a nascondere la sua tendenziale piattezza. Quasi tutto bene per il sonoro, con buoni effetti dei motori e un colonna sonora di spessore, tanto nella scelta delle firme dell'eclettica selezione di brani su licenza (Schubert, Kyuss, Fucked Up, Wagner, Nas, Mos Def, Mozart, Sonic C, The Kills, Bloc Party) quanto per le musiche originali composte in particolare dai The Glitch Mob e da Joseph Trapanese in collaborazione con Peter Connelly per la radio Sine Wave Digital. Il quasi è riferito al doppiaggio in italiano, piuttosto sottotono, vuoi per la recitazione di diversi degli interpreti vuoi per la scarsa corrispondenza con il personaggio a cui sono associati (protagonista su tutti). Ulteriore motivo di disaffezione per una classicissima vicenda di gang e operazioni sotto copertura che non ha davvero nulla di entusiasmante da dire, narrata con un pugno di valide cutscene in computer grafica, tantissime comunicazioni via telefono, molte delle quali trascurabili, e troppi, troppi cliché.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 4
Multiplayer.it
7.5
Lettori (142)
7.1
Il tuo voto

Quando si prova a fare tante cose è facile perdere il controllo e sbandare e The Crew, purtroppo, non riesce a fare eccezione alla regola. Da un lato il titolo Ubisoft concretizza le sue ambizioni, proponendo un territorio sterminato, con dentro tonnellate di contenuti, rivelandosi spesso divertente, talvolta esaltante, in certi frangenti sostanzialmente unico, come quando ci si abbandona al piacere quasi catartico del viaggio attraverso gli Stati Uniti. Dall'altro soffre di pessime scelte di design e uno scarso livello di rifinitura, che oltre ad inficiare lo spessore generale in certi casi arrivano ad avvelenare la pura e semplice godibilità dell'esperienza di gioco.

PRO

  • Gli Stati Uniti, in tutta la loro ricchezza
  • Un quantitativo industriale di gare e sfide
  • Il coast to coast è un'esperienza
  • Mappa e interfaccia di livello superiore
  • Visivamente sa rivelarsi ispirato...

CONTRO

  • ...ma anche mediocre, per via di una cifra tecnico/artistica altalenante
  • Effetti elastico e collisioni possono guastare il divertimento
  • Server non pienamente stabili
  • Storia e comparto narrativo a dir poco mesti