Se l'epoca videoludica che viviamo è caratterizzata, tra l'altro, anche dal completo sdoganamento di un genere così peculiare come le visual novel giapponesi, in parte lo dobbiamo al coraggio che Capcom dimostrò nel 2005, quando decise di portare in occidente la riedizione Nintendo DS di un'avventura uscita quattro anni prima su Game Boy Advance.
Certo, il nuovo portatile di Kyoto, col suo touch screen, si prestava particolarmente bene a un gioco nel quale per andare avanti bisognava scegliere e cliccare le icone e le linee di dialogo giuste, ma il concetto stesso di legal drama totalmente nipponico, con storie al limite della follia e personaggi talmente caratterizzati da risultare a volte fuori di testa, avrebbe fatto tremare le gambe a qualsiasi responsabile del reparto localizzazioni. Come poi andò è storia nota, Phoenix Wright: Ace Attorney si rivelò un successo capace di catalizzare le attenzioni di una grossa fetta di pubblico anche in America ed Europa, dando il via alla localizzazione di tutti gli altri episodi canonici nonché di una serie di spin-off, e per quanto la fortuna della saga sembri un po' scesa ultimamente - ma traduzioni in italiano e versioni pacchettizzate assenti, così come la totale mancanza dell'ultimo spin-off ambientato nell'era Meiji sono un po' conseguenza, un po' causa di questa disaffezione - che la serie regolare si debba presentare da noi in qualche forma è ormai praticamente un obbligo.
La nostra recensione di Phoenix Wright: Ace Attorney - Spirit of Justice! Un altro verdetto vincente?
La morte della giustizia
Phoenix Wright: Ace Attorney - Spirit of Justice è il sesto episodio della saga, e indubbiamente, dopo quindici anni di attività e l'incontro col Professor Layton che aveva permesso al team storico di dilettarsi con un gameplay più fresco e vario, si portava appresso un importante carico di aspettative soprattutto in quelle che potevano essere le novità portate sul campo.
Sin dai primi annunci poi un respiro più ampio veniva confermato, con un'ambientazione totalmente nuova e un'inedita meccanica di gameplay; ci si rende presto conto, però, che la struttura di base non è cambiata di una virgola nonostante le premesse molto diverse dal solito, e per quanto questo possa lasciare un po' di amaro in bocca sulle prime, se poi sia effettivamente o meno un male lo vedremo solo dopo. E le premesse sono queste: un anno dopo gli eventi di Dual Destinies, Phoenix si reca nel Regno di Khura'in dove Maya Fey, altro storico personaggio della serie, sta completando il percorso necessario a diventare pienamente una medium, ciò che il retaggio della sua famiglia le impone di essere. Khura'in è un Paese palesemente ispirato al Tibet: "estremo ovest dell'estremo oriente", sorge su un'altissima catena montuosa ed è governato da una monarchia strettamente legata alla religione della Sacra Madre, nella quale il ruolo di sacerdoti e governanti si confonde. Un viaggio che dovrebbe essere solo di piacere si trasforma presto, e Phoenix viene subito coinvolto in un omicidio del quale è accusato la sua giovane guida, che è anche un apprendista monaco al principale Tempio del Paese. A difenderlo in tribunale, del resto è il suo lavoro, non ci pensa due volte, e immaginate la sorpresa nello scoprire che a Khura'in i processi non solo si svolgono senza avvocato difensore, per quanto la categoria sembra totalmente disprezzata. La difesa di un accusato non è un reato in sé, ma il difensore ne condividerà il destino in caso di condanna in virtù di una legge approvata oltre vent'anni prima; è chiaro sin dalle prime battute che a Khura'in è successo qualcosa di grave nel sistema giudiziario, e, inutile dirlo, attraverso i cinque episodi si snoderà la trama che ruota proprio attorno a questo nucleo. Forse uno dei motivi è che la giovane principessa Rayfa Padma Khura'in è in grado di rievocare in tribunale le ultime memorie della vittima: la Divination Séance è la nuova meccanica introdotta, e vede Phoenix cercare di individuare le contraddizioni tra le memorie, che coinvolgono tutti i sensi del defunto, e le conclusioni che ne trae Rayfa, che normalmente sarebbero considerate come legge dal giudice.
L'effetto 3D
La sensazione è che a volte ci sia solo perché ci dev'essere: realizzato molto bene, sembra però non sposarsi sempre al meglio con la direzione decisamente anime che la serie ha preso, e oltretutto limita un frame rate che già di suo sembra di tanto in tanto star spremendo al limite l'ormai anziano Nintendo 3DS. Riacquista però una sua decisa utilità nelle fasi investigative: i fondali da analizzare minuziosamente a colpi di pixel hunting sono a volte talmente strabordanti di elementi che riuscire a visualizzarli in 3D aiuta, e non poco, ad organizzarsi.
I soliti sospetti
All'inizio districarsi nella Divination Séance, tra due schermi e cinque sensi, è un po' complicato, ma ci si rende conto presto che poi, di base, non è una meccanica tanto lontana da quelle a cui la serie ci ha abituato, che del resto sono tutte presenti. Non solo i lucchetti psichici di Phoenix, ma anche il braccialetto di Apollo che gli permette di individuare i tic nervosi dei testimoni, o il Mood Matrix di Athena che individua le emozioni discordanti con la testimonianza, e persino l'analisi forensica di Ema Skye che individua impronte digitali a tutto spiano. Eh già, perché anche questi storici personaggi sono tutti presenti, anche se non sono a Khura'in. Metà del gioco si svolge infatti nella nipponicissima Los Angeles della localizzazione inglese, dove gli altri rappresentanti dello studio non solo legale di Wright sono rimasti: ospite d'onore il procuratore Nahyuta Sahdmadhi, che poi è anche un monaco khura'inese in una sorta di scambio culturale che, capite, tutto può essere tranne che casuale.
Si scopre insomma presto che dietro premesse senza precedenti il sesto Ace Attorney è la classica, prudente evoluzione che consiste semplicemente nell'aggiungere poca nuova carne sul fuoco di una ricetta collaudata: ma anche l'atteggiamento un po' deluso di chi si aspettava cambiamenti più consistenti con lo svilupparsi della storia si attenua fino ad annullarsi, perché gli elementi vincenti sono sempre lì, a partire dalla trama che riesce ad essere ogni volta più esagerata senza mai perdere in credibilità, i personaggi capaci di alternare grandi momenti comici a drammi intensissimi e situazioni al limite dell'horror (in questo senso la nuova nemesi, Sahdmadhi, è un personaggio molto promettente ma forse non sfruttato al meglio), e soprattutto un gameplay, diviso come al solito in fase processuale e investigativa, che, vittima sempre dei soliti problemi di una linearità fin troppo estrema che prevede una sola soluzione e un solo momento giusto nel quale sfoderarla, sembra essere andato incontro a una revisione per quanto riguarda il ritmo, che ora pare molto più veloce per quanto la mole di gioco, 25 ore circa, sia in linea con gli episodi precedenti, e la fluidità, con diversi piccoli aggiustamenti al sistema di aiuti e di record. Anche grafica, sonoro ed estetica in senso lato esibiscono una continua, sottile ma visibile, evoluzione. I già ottimi modelli 3D di Dual Destinies presentano maggiori dettagli e molte animazioni in più, gli sfondi (quelli di Khura'in sono meravigliosi) hanno più respiro, godono di piccoli tocchi di classe scenici e della presenza sempre maggiore di inquadrature più ampie e movimenti di camera che allontanano la sensazione di essere di fronte a una serie di schermate statiche, tutto votato a dare ad Ace Attorney lo status di una vera opera a cartoni animati, una visual novel nel senso nuovo del termine, nella quale la regia è tanto importante quanto la (eccellente) mano del disegnatore. Non è un caso che i poco frequenti intermezzi anime siano stati affidati allo stesso studio che produce la serie televisiva, e non è un caso neanche che le musiche, tra ritorni di motivi noti ma interpretati in modo sempre diverso, e i nuovi brani ispirati alla tradizione tibetana, siano agli stessi eccellenti livelli di sempre.
Conclusioni
Se fosse Phoenix Wright a interrogarci, sicuramente alla fine dovremmo confessare che ci aspettavamo maggiori novità da Spirit of Justice, sulla scia della nuova ambientazione. Eppure nonostante la delusione in tal senso, è straordinario come ogni episodio riesca ogni volta a confermare e riprodurre le stesse sensazioni della prima volta che si è lanciata un obiezione ribaltando, con tanto di musica incalzante e animazioni evocative, un processo in cui tutto sembrava perduto. Merito di un team che ha deciso, evidentemente, di concentrarsi su una scrittura di altissimo livello e sull'evoluzione stilistica, e facendo così mantiene la qualità a livelli sempre eccelsi. Spirit of Justice, fatto salvo il maggior coinvolgimento emotivo dato per forza di cose dalla regia sempre più importante, ha le stesse possibilità di tutti gli altri episodi di essere per qualcuno il migliore, per altri il peggiore, ma la distanza tra i due punti è davvero poca cosa. Certo, si potrebbe parlare della presenza dei soliti limiti così come dell'assenza dell'italiano e di una versione pacchettizzata, ma Ace Attorney ormai è questo, e ancora una volta il gioco vale davvero tutta la candela.
PRO
- Solita scrittura di altissimo livello
- Evoluzione lenta ma visibile a livello stilistico
- Gameplay più ritmato e fluido
CONTRO
- Linearità come sempre troppo limitante
- Inglese richiesto per apprezzare i dialoghi al meglio