A partire dal suo annuncio avvenuto all'E3 2015, Robinson: The Journey è stato seguito con particolare attenzione da chi si preparava ad accogliere la realtà virtuale. Sia per la presenza di un team come Crytek alle spalle, sia perché la sua esclusiva per PlayStation VR lo ha candidato a essere una delle possibili killer application del visore abbinato a PlayStation 4. Uno status di sorvegliato speciale, quindi, giustificato dalla propensione alla sperimentazione con le nuove tecnologie dello studio con base a Francoforte, anche dopo le vicissitudini aziendali attraversate nell'ultimo periodo. Al centro di quanto realizzato da Crytek in tempi recenti, troviamo proprio la realtà virtuale: dalla demo Back to Dinosaur Island siamo infatti passati al gioco The Climb, per poi arrivare a Robinson: The Journey. Come stiamo per vedere, quest'ultimo attinge dalle due opere che lo hanno preceduto, senza però riuscire - ve lo anticipiamo - a graffiare come molti avevano sperato. Ma non perdiamoci in ulteriori chiacchiere, perché è arrivato il momento d'indossare il visore per andarcene in giro tra lucertoloni troppo cresciuti.
Robinson: The Journey è il meglio che si possa vedere su PlayStation VR, ma non graffia come sperato
Come Robinson Crusoe
Mentre il naufrago di Daniel Defoe si ritrovava su un'isola deserta al largo del Venezuela, il protagonista di Robinson: The Journey deve affrontare le insidie presentate da un pianeta sconosciuto, dove i dinosauri godono ancora di ottima salute.
Si tratta di Tyson III, globo del tutto simile alla Terra su cui il giovane Robin finisce in seguito al disastro dell'Esmeralda, astronave colonia precipitata senza lasciare altri sopravvissuti, almeno all'apparenza. Il racconto di Robinson: The Journey ha luogo a mesi di distanza da questo avvenimento, partendo da una giornata qualunque nella vita del ragazzo: uscire dalla navicella che nel frattempo è diventata la sua casa, riparare le strumentazioni che gli permettono di continuare a vivere in sicurezza e giocare in compagnia di Laika. Quest'ultimo non è un cane, ma un cucciolo di tirannosauro trovato in un uovo appena schiuso, e successivamente addestrato come se fosse un innocuo barboncino. A parte il piccolo T-Rex, Robin può contare sull'aiuto della sua unità HIGS, un'intelligenza artificiale fluttuante che istruisce il giovane sulle azioni da compiere, aiutandolo anche in alcuni compiti. L'esperienza di gioco di Robinson: The Journey ruota tutta intorno a questi tre personaggi, tra i quali tuttavia non si stabilisce una particolare alchimia. Pur offrendo qualche battuta interessante, l'unità HIGS non è Weathley di Portal 2 e si vede, mentre l'interazione con Laika è troppo limitata per consentire al giocatore di sviluppare una vera empatia nei suoi confronti. Tornando alla trama, ben presto la vita tranquilla di Robin si trasformerà in esigenza di esplorare Tyson III, cosa che dal punto di vista del gameplay si divide tra una fase in cui bisogna risolvere enigmi e un'altra puramente esplorativa. Per quanto riguarda la prima dobbiamo dire che si sarebbe potuto fare di più, in quanto a rompicapi semplici si alternano altri in cui il giocatore finisce per interrogarsi su cosa si debba fare. Non perché l'enigma di turno sia particolarmente difficile, ma perché mancano elementi che offrano indicazioni su come andare avanti in modo efficiente: ne consegue uno smarrimento che in alcuni tratti raggiunge livelli importanti, costringendo chi ha il visore in testa a vagare in giro senza successo prima di venire a capo della situazione.
PlayStation 4 Pro
Robinson: The Journey rientra nell'elenco di titoli che traggono giovamento dal passaggio a PlayStation 4 Pro. Purtroppo non ci è stato possibile provare il gioco su quest'ultimo modello, per cui ci limitiamo a riportare le migliorie che Crytek ha promesso prima dell'uscita: risoluzione e qualità del filtraggio delle texture maggiori, effetti luminosi SSDO/SSAO di occlusione ambientale migliorati, distanza visiva incrementata e una maggiore fluidità nella generazione del livello di dettaglio. La qualità del comparto grafico di Robinson: The Journey può comunque essere goduta in buonissima parte anche su una normale PlayStation 4.
Jurassic sickness
Robinson: The Journey è decisamente più apprezzabile quando si sveste della componente videoludica, per dare spazio alla sua seconda natura da demo tecnica. Non crediamo sia un mistero, infatti, che questo titolo sia stato concepito anche per mostrare le capacità di PlayStation VR e della realtà virtuale in generale, rappresentando in questo senso un ottimo spot. Sin dal momento dell'uscita di Robin dalla sua navicella, Tyson III ci mette davanti a scenari mozzafiato, all'interno dei quali è possibile immergersi grazie all'ottimo lavoro fatto per adattare il CryENGINE alla visuale in primissima persona di PlayStation VR.
Ci si ritrova così a fermarsi per ammirare gli scenari incontaminati del pianeta, abbassando lo sguardo per guardare lo strapiombo di una cascata per poi alzare il naso all'insù e vedere pterosauri che ci sovrastano in cielo. Su tutto aleggia quasi costantemente il relitto dell'Esmeralda, esaltando così il binomio tra tecnologia e natura che contraddistingue la vita di Robin sul pianeta. A dire il vero resta il pop-in riscontrato in una prova precedente, ma la bellezza dell'ambientazione ci permette di perdonarlo senza pensarci troppo. L'esplorazione viene incoraggiata anche attraverso alcuni espedienti, come l'enciclopedia elettronica che tiene traccia delle varie razze e specie che compongono la fauna di Tyson III. Al giocatore viene affidato il compito di raccoglierle e catalogarle, usando lo strumento che il giovane protagonista ha in dotazione. Si tratta di un aggeggio che gli permette anche di muovere oggetti pesanti tramite un raggio, simile nella forma a un controller Move: una scelta stilistica alquanto bizzarra, visto e considerato che il supporto al "gelato" di Sony è totalmente assente in Robinson: The Journey, dove quindi si usa il solo DualShock 4. I ragazzi di Crytek dimostrano di aver dedicato una buona parte del loro tempo allo studio dei controlli di gioco, introducendo espedienti come l'impossibilità di correre per ridurre il motion sickness e lasciando al giocatore la possibilità di configurare alcuni elementi, come il modo in cui la levetta analogica destra permette di girare velocemente lo sguardo di Robin. Tuttavia, gli sviluppatori devono avere sottovalutato la scelta di affidare alla leva sinistra il movimento libero del personaggio: esso ha infatti effetti piuttosto pesanti sulla comunicazione tra cervello e corpo, quantificabili in malesseri abbastanza importanti dopo sessioni di gioco che sforino la mezz'ora. Il motion sickness colpisce il giocatore anche nelle numerose fasi di arrampicata, nelle quali l'assenza del supporto a PlayStation Move è stata sostituita dal movimento della testa del giocatore, che deve così puntare gli appigli ai quali aggrapparsi. Spostare lo sguardo in questo modo si rivela spesso fonte di nausea, soprattutto perché durante l'arrampicata gli elementi appaiono particolarmente vicini ai nostri occhi.
Conclusioni
Dal punto di vista tecnico, Robinson: The Journey rientra senza dubbio tra il meglio di quanto attualmente disponibile per PlayStation VR. Oltre a meravigliare coi suoi dinosauri, il titolo targato Crytek non riesce però a elevarsi a paladino del visore di Sony, rimandando quindi ad altri questo importante compito. La scelta di vendere il gioco a prezzo pieno è un ulteriore punto a sfavore, in base al quale vi consigliamo di acquistare Robinson: The Journey solo nel caso in cui siate alla disperata ricerca di qualcosa da giocare su PlayStation VR. Altrimenti la cosa più saggia è aspettare un calo di prezzo, che immaginiamo non tarderà ad arrivare.
PRO
- Il meglio su PlayStation VR in termini visivi
- Ambientazione coinvolgente
- I dinosauri a un palmo dal nostro naso!
CONTRO
- Gameplay deludente
- Prezzo troppo alto
- Motion sickness in agguato