Giocare un prodotto come Shin Megami Tensei IV: Apocalypse fa volare indietro nel tempo. Di fattori a giustificazione ve sono tanti, ma è uno a meritare menzione: l'orizzonte epico-sacrilego verso cui si dirige l'ambizione narrativa del team ha un sapore nostalgico. Era già accaduto con il primo capitolo, accade di nuovo: è folle, dissacrante, distopico, impietoso. Ora scomoderemo un termine familiare agli appassionati di ruolistica giapponese, l'aggettivo malato, il quale dipinge con grande attinenza le perversioni infinite dell'oscurità demoniaca - e angelica - messa in campo da Shin Megami Tensei IV: Apocalypse in una misura ancora più incisiva rispetto al primo episodio. È un ennesimo ritorno al passato, a quella struttura 100% JRPG a turni che o si ama o si odia e che Apocalypse accentua ancora più del predecessore, che già avevamo a suo tempo un pochino criticato per la sua staticità. Una spirale continua, che parte dal basso per arrivare in alto, oltre le nuvole, andando con forza a porre in discussione religioni, credi, dottrine, fanatismi e qualsiasi altro termine possiate associare al concetto di Fede, di qualunque tipo. Chi leggerà questa recensione, oggi, è ormai la nicchia della nicchia ma è anche per questo che meritate la più profonda stima, perché è grazie a voi che il genere dei JRPG a medio-basso budget esiste ancora e con essi tutto il carico di maturità di trame altrimenti non proponibili in un gioco di ruolo tripla A. Che poi lato gameplay siamo ancora fermi a un retaggio atavico, beh, è un altro paio di maniche.
Classico, a volte scontato eppure in grado di appassionare con una trama decisamente interessante!
Party ed elementi
Da un punto di vista meramente ludico, la formula è quella storica degli Shin Megami Tensei. Magie, debolezze, creazione e conservazione delle icone turni, resistenze elementali e oggetti: siamo sempre lì e a questo punto sempre rimarremo. Per fortuna? In parte sì: la solidità del sistema di combattimento si sostiene proprio sulla tradizione ormai raffinata, perfezionata ma al contempo pronosticabile. Di nuovo in bilico, combattuti nell'elogiare i pregi e al contempo la prevedibilità di un flusso ludico che chi mastica il genere conosce allo sfinimento, con una struttura sostanzialmente invariata rispetto a Shin Megami Tensei IV, giusto un paio di novità. Rimane fisso l'evocatore con un party di massimo tre demoni in contemporanea, è il partner questa volta a giocare un ruolo fondamentale. Se nell'originale la frequenza e l'efficacia del partner erano limitate, in Apocalypse la squadra di comprimari gioca un ruolo assolutamente fondamentale sia all'interno del combattimento sia nell'evolversi della trama e l'approfondirsi di relazioni e dialoghi. È un'aggiunta importante? Eccome: l'avere un quinto comprimario gestito dall'intelligenza artificiale che ogni fine turno compie la propria azione abbassa la necessità di gestione dei punti magici relativi a magie di attacco e difesa necessari per portare a termine lo scontro e di conseguenza la difficoltà generale. Se a questo sommiamo l'inserimento di stazioni di cura lungo i dungeon dal costo tutt'altro che proibitivo, capirete da soli che il team ha optato per un approccio più soft. Anche la sete di esperienza del protagonista è stata tarata verso il basso: per passare di livello sono necessari meno punti, pertanto aspettatevi senza troppa difficoltà di arrivare al livello massimo ben prima della fine della storia principale.
Si, ma è già visto
C'è da dire che se a curriculum avete già altri episodi della saga, basta ben poco per riprendere mano e a difficoltà normale avanzare con facilità.
Il fattore sfida, detto fra noi, ormai non ci sentiamo più in diritto di considerarlo un difetto: i giochi di ruolo giapponesi non hanno mai brillato per profondità al di fuori dei combattimenti - tenete giù i forconi, stiamo parlando solo in termini di sfaccettature di gameplay - in quanto il tutto si è quasi sempre risolto in esplorazione più o meno lineare, lotta di nemici e avanzamento, quindi ben venga non dover sputare sangue per ripetere all'infinito azioni banali. Il fatto è che ormai è difficile inghiottire l'ambizione piuttosto limitata della tradizione ruolistica giapponese più conservativa. Non ci nascondiamo dietro a un dito: dopo aver macinato una lista di JRPG piuttosto discreta, quanto mette sul piatto Apocalypse è esattamente in linea con la tradizione, pertanto sin da subito assimilabile e - di conseguenza - dal limitato sapore già nel medio termine. Potreste venirci a dire che ci sono tante saghe storiche che affondano le radici nella tradizione e infatti è la verità; questo però non giustifica il non riuscire a evolvere nemmeno di una virgola la struttura rispetto a Shin Megami Tensei IV. Solidi, curati, veloci: sia gameplay che sistema di combattimento sono lì, statuari, ancorati al passato con tutto il proprio carico, nel bene e nel male, di familiarità. A dimostrazione di quanto scritto ne è emblema perfetto il dungeon finale: senza anticiparvi nulla, possiamo dirvi che il team ha optato per un approccio di difficile lettura in quanto l'ultimo dungeon è incredibilmente lungo - parliamo di almeno 4 ore portate avanti in scioltezza massima - ma sempre uguale per estetica, level design e colonna sonora. Non sono state poche le volte in cui ci siamo chiesti il motivo di una scelta così insipida, addirittura in controtendenza con l'epicità acustica tipica dei dungeon finali degli Shin Megami Tensei.
Effetto 3D
Contro ogni pronostico, l'effetto stereoscopico di Apocalypse è molto ma molto ben fatto. La parallasse aiuta molto nell'immersione degli scenari e alcuni sono veramente di fattura pregevolissima. Ebbene si, al canto del cigno di Nintendo 3DS ci sono ancora team appassionato dell'effetto 3D.
Storie di divinità
Ciò che giocoforza tiene saldamente in piedi Apocalypse è la storia. Ambientato per la quasi totalità a Tokyo, le ambientazioni che vedrete saranno per buona parte già viste, cambia il punto di vista: non più i samurai di Mikado al centro ma un nuovo gruppo di cacciatori.
Il cast è sicuramente molto più frizzante del primo episodio, dialoghi e legami aiutano a creare un clima più rilassato e meno oscuro di SMT, ma è la trama il piatto forte. Apocalypse inizia alla fine di Shin Megami Tensei IV, e si vede: il climax della seconda metà è molto, molto appagante in quanti personaggi e nemici scendono tutti in campo per dare vita a una parentesi narrativa anomala e quindi di grande spessore, anche vista in relazione all'eredità marmorea della saga, con colpi di scena non banali che mescolano di continuo le carte in tavola e la sempreverde caratteristica dei finali multipli. Lo avete capito: la seconda metà del gioco è superiore alla prima poiché è come se il team avesse optato per un all-in narrativo dove al centro non vi è più il gameplay o il combat system, messi in secondo piano, ma la trama, che vi scorrerà via senza presentarvi troppi ostacoli, permettendovi di goderne appieno.
Conclusioni
La main quest è veramente la colonna portante di Apocalypse. Non che il resto manchi, è che la struttura è talmente conosciuta e priva di reali novità d'impatto sul gameplay, che non appena avrete capito l'antifona, la base ludica scorrerà via con sufficiente facilità da non essere sicuramente la parte che ricorderete più in futuro. Un bel gesto d'amore per i fan più conservatori, un buon JRPG per tutti gli altri, il quale merita di essere giocato per chi, dopo il primo episodio, ha piacere di scoprire come finiscono le dispute demoniaco-angeliche di Tokyo. Perché di quello si tratta: di un completamento del predecessore, venduto però al doppio del prezzo. Nessun passo in avanti quindi, ma sicuramente molta passione nello scardinare per l'ennesima volta con originalità filosofie e religioni occidentali.
PRO
- Più di 60 ore di trama
- Interessanti colpi di scena
- Struttura ludica per cultori di vecchia data...
CONTRO
- ...ma indirizzata solo a loro
- Costa il doppio del predecessore
- Scenari per buona parte riciclati