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Dopo Mother Brain

Samus torna su Wii con un capitolo affidato a Team Ninja che continua dove Super Metroid si era fermato.

RECENSIONE di Andrea Palmisano   —   07/09/2010
Metroid: Other M
Metroid: Other M
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Metroid: Other M era atteso al varco con particolare curiosità non soltanto da tutti quei possessori di Wii che non si ritrovano nel filone casual, family e party che va a costituire la maggior parte dell'offerta sulla console Nintendo; l'interesse per nuova avventura di Samus era legato anche al nome dello studio di sviluppo incaricato al progetto, quel Team Ninja a cui si devono i natali di serie del calibro di Dead or Alive e Ninja Gaiden.

Dopo Mother Brain

Produzioni, quest'ultime, non sempre universalmente apprezzate o capaci di mettere d'accordo tutti i videogiocatori. In realtà tra livelli di difficoltà a tratti esasperanti, telecamere poco gestibili, tette sballonzolanti e l'estro sopra le righe del deus ex machina Tomonobu Itagaki, quasi sempre le opere del Team Ninja hanno saputo offrire contenuti ludici perlomeno validi esaltati da una componente grafica di grande livello. L'abbandono però da metà del 2008 del suo istrionico fondatore è stato uno scossone che il gruppo nipponico deve ancora dimostrare di esser stato in grado di assimilare e digerire; Metroid: Other M costituisce quindi anche un banco di prova, un punto di svolta da cui auspicabilmente poter ripartire.

La lunga storia di Samus

Metroid: Other M si pone nel percorso cronologico narrativo della serie immediatamente dopo Super Metroid, quindi successivamente alla morte del piccolo Metroid per mano di Mother Brain; Samus, a bordo della sua navicella, intercetta un segnale di soccorso con nome in codice proprio "il grido del piccolo", proveniente da una zona remota dello spazio. La prima cosa che distingue questo capitolo, e che appare evidente fin dai primi minuti, è la grande enfasi posta sulla trama all'interno di un franchise che invece fino a questo momento avevo relegato tale componente ad un elemento accessorio. Questo avviene tramite un notevole numero di sequenze in computer grafica di buona fattura a dipanare così uno script abbastanza interessante, anche se fin troppo verboso e non particolarmente originale. Tutto ruota attorno all'incontro tra Samus e un gruppo di soldati della Federazione Galattica capeggiati da Adam Malkovich, ex comandante della stessa protagonista ai tempi del suo arruolamento nel corpo in questione. Un rapporto complesso, quello tra l'eroina e Adam, che viene narrato con dovizia di particolari e riempiendo così Samus di una emotività e una caratterizzazione che per qualcuno può risultare addirittura eccessiva, in ricordo della aura di mistero e silenziosa onnipotenza che finora aveva delineato l'eroina. Sta di fatto che Samus finisce per collaborare col team di vecchi compagni, cercando di scoprire quali segreti celi la misteriosa nave aliena al suo interno. Proprio la posizione di comando di Adam costituisce la soluzione tramite la quale i programmatori hanno scelto di gestire la progressiva scoperta dei poteri di Samus, uno dei punti fondamentali di ogni Metroid; in questo caso in sintesi la povera protagonista continua a possedere in ogni momento tutte le abilità presenti nel gioco, ma il loro utilizzo è subordinato alla gentile "concessione" del leader nel momento in cui questo lo ritiene opportuno. Una soluzione narrativa francamente poco credibile, se non frustrante da sostenere; il fatto che per esempio ci si trovi a perdere costantemente energia per l'eccessivo calore della zona con la lava, e che si debba attendere il "permesso" per poter utilizzare la tuta protettiva di cui si è già in possesso, è una assurdità che obbliga a spostare altrove l'attenzione per poterla accettare e allo stesso tempo rispettare la propria intelligenza.

Dopo Mother Brain

Al di là di tali elementi comunque piuttosto marginali, l'aspetto più interessante di Metroid: Other M è senza dubbio quella sorta di "ritorno al passato" che restituisce Samus alla terza persona, dopo gli ottimi episodi della serie Prime realizzati da Retro Studios in cui i giocatori hanno letteralmente indossato i panni della protagonista. Il Team Ninja ha infatti preferito scegliere la soluzione che ha accompagnato gli esordi del franchise, o almeno questa è la prima impressione; in realtà nonostante ci siano un buon numero di corridoi e aree da percorrere sul piano orizzontale, come nei classici capitoli bidimensionali, Metroid: Other M è fondamentalmente un action game 3d. Moltissime e frequenti sono infatti le aree, più o meno ampie, da esplorare in tutte le direzioni sul piano quindi tridimensionale; in maniera analoga ci si può spesso imbattere in piattaforme su cui saltare, o zone da raggiungere con buona precisione. In tutte queste occasioni diventa complicato accettare la soluzione nel sistema di controllo scelta dai programmatori, che hanno optato per affidarsi soltanto al Wiimote senza nessuna possibilità alternativa. Le motivazioni di tale decisione sono comprensibili nell'ottica della volontà di dare al gioco quel senso retrò e "classico" che evidentemente si voleva associare a questo episodio; alla prova dei fatti è però difficile non ritenerla una forzatura, per tutta una serie di motivazioni che vanno a compromettere la qualità del gameplay. In primo luogo appare ben presto evidente come la croce direzionale sia insufficiente per garantire la precisione necessaria nei momenti in cui quest'ultima è invece fondamentale, dando vita a situazioni di anacronistica frustrazione. Il secondo aspetto discutibile è invece la gestione del passaggio alla visuale in prima persona, che avviene puntando lo stesso Wiimote direttamente sullo schermo; così facendo si possono esplorare visivamente le ambientazioni o sparare i missili (e questa è l'unica maniera con cui si può utilizzare tale arma), ma lo scotto da pagare è la totale immobilità a cui si viene condannati, fattore ovviamente deleterio durante un combattimento o nelle sequenze più concitate. Probabilmente il Team Ninja ha visto in tale scelta un motivo di sfida per il giocatore, chiamato ad una coordinazione costante e continua, ma l'esperimento non appare francamente riuscito; al contrario si percepisce che la fluidità dell'azione ne risente, per non parlare di quando il sensore che rileva il puntamento del Wiimote non fa perfettamente il suo lavoro.

Samus, respond! Samus! SNAAAAAKE!

Ma i motivi di perplessità non si fermano qui, e vanno a toccare altri aspetti di questo Metroid: Other M. Uno dei più criticati nei forum di tutto il mondo, e a ragion veduta, sono i passaggi in cui si viene forzatamente bloccati sulla visuale in prima persona alla ricerca di un preciso indizio che permetta di proseguire. Non ci si può muovere, spostare o cambiare visuale: molto semplicemente si deve cercare, spostando lo sguardo e col Wiimote puntato, un elemento quasi mai chiaramente evidenziato il quale faccia da "trigger" per la sequenza successiva. Il problema è che appunto spesso ci si trova a non sapere cosa dover cercare, e soprattutto nella maggior parte dei casi si tratta di elementi di grandezza microscopica che risolvono il tutto ad una sorta di "pixel hunting" che ricorda i momenti meno divertenti delle avventure grafiche punta e clicca; una vera e propria caccia al tesoro che non aggiunge nulla al gameplay e che non procura nessun divertimento particolare. Discorso analogo anche per le sequenze durante le quali la telecamera di sposta dietro alle spalle di Samus, alla Resident Evil 4, cosa che dovrebbero sottolineare alcuni momenti di particolare pathos; la pesantezza e legnosità che assume il sistema di controllo in tali occasioni rende anche questi passaggi un qualcosa che fa fatica a trovare senso positivo nell'economia di gioco e di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. E la necessità, per ricaricare missili e energia, di fare quella manovra di concentrazione con il controller messo in verticale non ci sembra poi così migliore rispetto ai cari vecchi rifornimenti rilasciati dai nemici uccisi, come avveniva nei precedenti Metroid. Di fronte a tante critiche, dove il Team Ninja avrebbe potuto però mostrare di che pasta è fatto è senza dubbio nel sistema di combattimento, grazie all'esperienza maturata con quei Ninja Gaiden che proprio su tale componente basavano la propria sostanza; ed effettivamente si percepisce un grande lavoro soprattutto nel bilanciamento della difficoltà e nella profondità, che avrebbe dovuto trovare un giusto compromesso per interfacciarsi con un'utenza non così totalmente hardcore -per non dire masochista- come quella della serie con protagonista Ryu Hayabusa.

Dopo Mother Brain

Ecco quindi che se il non sempre perfetto auto targeting toglie un bel po' di strategia, limitando gli scontri coi nemici minori ad una semplice ripetuta pressione del tasto 1, nelle battaglie con avversari di maggior spessore è necessario organizzare una tecnica un po' più elaborata, studiando i punti deboli e sfruttandoli a proprio favore. Se grossomodo le cose funzionano in tali occasioni, è però imperfetta l'implementazione della schivata; in poche parole premendo al momento giusto la croce direzionale, si possono evitare i proiettili e i colpi dei nemici e allo stesso tempo ottenere una disponibilità immediata del Raggio Ricarica. Il tempismo però non deve essere ricercato con precisione certosina come nei migliori action game, ma al contrario può semplicemente essere "pescato" continuando a premere rapidamente il d-pad. Una scorciatoia che svilisce un po' tale componente, e di conseguenza ridimensiona l'intero combat system. La spettacolarità degli scontri con i boss mettono parzialmente in secondo piano questa criticità, e tutto sommato siamo ben lontani da un risultato fallimentare, ma visto il pedigree dello sviluppatore forse ci si poteva aspettare qualcosa di più. E il level design? Discreto, ma lontano dalla qualità delle opere Nintendo; in gran parte è fin troppo lineare e assolutamente povero dell'elemento esplorativo, ad eccezione forse dell'ultima parte del gioco, ma questo non è il problema maggiore quanto piuttosto la percezione che manchi il tocco di genio, la qualità cristallina dei prodotti fatti internamente dalla grande N. Infine la componente tecnica, non certamente sensazionale; il Wii è stato usato in maniera decisamente migliore in passato, e al di là dei limiti della console è palese una qualità delle texture sottotono e una direzione artistica generale poco più che sufficiente. L'universo di Metroid rimane affascinante ed in grado di sostenere l'impianto estetico, ma questo elemento non è certo merito del Team Ninja. Didascalico infine il sonoro, lontano dalla potenza evocativa dei migliori capitoli della serie.

Conclusioni

Multiplayer.it
7.5
Lettori (201)
8.3
Il tuo voto

Il testo della recensione potrebbe suggerire una votazione disastrosa per un gioco fallimentare; in realtà si tratta soltanto della dettagliata spiegazione dei motivi per cui, secondo chi scrive, Metroid: Other M rappresenta uno dei capitolo più deboli della serie. Pensandolo come se fosse un action game originale, non legato ad un brand così importante e dai nobili trascorsi, ci si trova di fronte ad un titolo di buona qualità capace di divertire discretamente lungo tutta la sua durata, pur senza mai sorprendere o brillare. Ma inquadrato nell'ottica di una delle serie Nintendo più valide in assoluto, da sempre capace di garantire produzioni esaltate da un gameplay calibrato al millimetro e in grado di custodire al suo interno l'essenza stessa del videogaming, Metroid: Other M non può che essere una delusione. Team Ninja non è nè Nintendo nè Retro Sudios, ma per scoprirlo abbiamo dovuto soffrire. Alla prossima, Samus.

PRO

  • Fondamentalmente divertente
  • Il fascino del mondo di Metroid
  • Le battaglie coi Boss

CONTRO

  • Scelte di game design molto discutibili
  • Sistema di controllo a dir poco rivedibile
  • Team Ninja non è Nintendo, e si vede