Prima di Xenoblade Chronicles c'era Baten Kaitos: è stato il secondo titolo a essere sviluppato da Monolith Soft dopo che Hirohide Sugiura, Tetsuya Takahashi e Yasuyuki Honne avevano fondato una compagnia tutta loro in cerca di maggiore libertà creativa. E Baten Kaitos, sviluppato insieme a tri-Crescendo per GameCube, in un certo senso rappresentava quella libertà creativa tanto agognata. Il titolo non vendette quanto sperato e a malapena giustificò un prequel, in cui i director Honne e Hiroya Hatsushiba credevano tantissimo, ma che ottenendo praticamente gli stessi risultati - un buon successo di critica e di pubblico ma vendite sotto le aspettative - sancì la fine prematura di un marchio promettente.
Sono passati vent'anni e siamo tornati a parlarne in questo momento storico in cui il mercato pesca a piene mani dal passato per trovare una strada verso il futuro, forse l'ispirazione che ormai è venuta a mancare, forse un guadagno facile seppur limitato. Ironicamente, la compilation che abbiamo avuto tra le mani ha un maggior valore per noi del continente europeo: è la prima volta che Baten Kaitos Origins arriva dalle nostre parti, essendo stato confinato al Giappone e al Nord America ai tempi della sua prima uscita. Nella nostra recensione di Baten Kaitos I & II HD Remaster vi diremo, quindi, se vale la pena recuperare questi due JRPG di vent'anni fa e se Bandai Namco ha fatto un buon lavoro con una riproposta che merita assolutamente la vostra attenzione.
Baten Kaitos... uno e due?
Il nome della compilation in effetti è fuorviante, perché si intitola Baten Kaitos I & II quando in realtà i due giochi si chiamano Baten Kaitos: Eternal Wings and the Lost Ocean e Baten Kaitos Origins. Non solo: quello che si potrebbe considerare il secondo, in ordine cronologico di uscita, è in realtà un prequel, ma noi vi consigliamo di giocarlo comunque dopo Eternal Wings and the Lost Ocean perché la narrativa - pur autonoma che sia - è strutturata in una maniera che gli inevitabili rimandi all'altro gioco abbiano un impatto molto particolare se si conoscono già i fatti raccontati nel gioco più vecchio.
Baten Kaitos Origins, infatti, si svolge vent'anni prima di Eternal Wings and the Lost Ocean, e racconta sostanzialmente come si sono messi in moto tutti gli eventi, spiegando una parte importante di questo bizzarro immaginario. A chi si avvicina dopo aver letto l'etichetta Monolith Soft diremo questo: Tetsuya Takahashi non c'entra quasi niente con questi due titoli, che sono stati scritti da Masato Kato e Koh Kojima. Il primo ha firmato storie del calibro di Chrono Trigger, Chrono Cross e Final Fantasy XI, mentre il secondo ha diretto proprio i vari Xenoblade Chronicles già usciti su Nintendo Switch.
Stiamo parlando, insomma, di autori di prim'ordine, che hanno fatto la storia del genere. E si nota portando avanti la narrativa dei due giochi, che riesce a essere sorprendente sotto diversi aspetti. In Baten Kaitos ci caliamo nella parte dello spirito guida di Kalas, un protagonista scorbutico e approfittatore con un'ala naturale e una meccanica: nel mondo di Baten Kaitos, gli esseri umani si sono evoluti per vivere sulle isole nel cielo dopo che il demone Malpercio ha prosciugato l'oceano, rendendo la superficie inabitabile. Quando Kalas e una misteriosa compagna di viaggio improvvisata, Xelha, sciolgono per sbaglio uno dei sigilli che imprigionano Malpercio, comincia un'avventura che li porterà a combattere il dispotico imperatore Geldoblame insieme a una risma di improbabili alleati.
Il protagonista di Baten Kaitos Origins, invece, si chiama Sagi, ma anche lui può comunicare col giocatore, il suo spirito custode. All'inizio della storia, Sagi e il suo socio Guillo - una sorta di marionetta meccanica animata dalla magia - sono accusati di un grave crimine per il quale cercheranno di dimostrare la loro innocenza, finendo invischiati in uno scontro ideologico tra i seguaci della magia e quelli della scienza che getterà le basi di Eternal Wings and the Lost Ocean: nel corso della storia, infatti, compariranno vari personaggi del primo gioco, seppur con vent'anni di meno.
Gameplay a carte
Nel mondo di Baten Kaitos gli esseri umani hanno imparato a canalizzare l'essenza di certi oggetti nelle carte magiche chiamate Magnus: oltre a essere merce di scambio e utensili quotidiani, queste carte sono il cuore del sistema di combattimento che mischia turni e tempo reale. La struttura è quella tipica dei giochi di ruolo giapponesi, non fosse per la mappa del mondo in cui ci si sposta da una ambientazione all'altra seguendo dei binari in puro stile Chrono Trigger: negli scenari i nemici vaganti sono ben visibili ed evitabili, se si preferisce; non ci sono combattimenti casuali e l'interazione col modello 3D del mostro carica il combattimento in una schermata separata.
In entrambi i giochi si possono schierare massimo tre personaggi: le dinamiche di base sono praticamente le stesse, ma ci sono alcune differenze tra un capitolo e l'altro che cambiano sensibilmente il sistema di combattimento. Nel primo Baten Kaitos, per esempio, il giocatore è chiamato a comporre un mazzo di carte per ogni personaggio del party, mentre in Origins si costruisce un mazzo solo per tutti quanti. Può sembrare una terminologia da card game, e in un certo senso Baten Kaitos questo è, perciò bisogna fare i conti col proprio interesse nei confronti di questo tipo di GDR: un paragone azzeccato si potrebbe fare coi più recenti SteamWorld Quest e Slay the Spire.
Progredendo si possono preparare e catalogare diversi tipi di mazzi da cambiare all'occorrenza, poiché un sistema di vulnerabilità elementali obbliga il giocatore a scegliere con cura le carte da utilizzare: il gioco ne pesca un certo numero a caso dal mazzo durante il turno di attacco del giocatore, che deve quindi selezionare le carte opportune, possibilmente calcolando il valore che le contrassegna. Scegliendo carte di valore uguale o progressivo si formano delle combo che aumentano la potenza totale degli attacchi portati a segno.
Quando tocca al nemico, invece, il turno diventa difensivo e il giocatore ha pochi secondi per scegliere le carte che servono a mitigare i danni in arrivo: non ci sono veri e propri accessori come armature o protezioni da indossare; tutto è affidato alle carte Magnus e al level up che incrementa gli attributi principali dei personaggi. È un sistema ingegnoso che contempla un minimo di strategia nella costruzione dei mazzi, specialmente nel secondo episodio dato che l'intero gruppo attinge alle stesse carte: è uno dei motivi che ha indotto Monolith Soft ad aumentare sensibilmente il livello di difficoltà di Origins rispetto al titolo originale. Purtroppo i tutorial non spiegano bene le sfumature del sistema di combattimento e servono alcune ore per prenderci davvero la mano, specialmente in Origins che è discretamente più articolato.
Il sistema di combattimento si appoggia anche a una serie di funzionalità aggiuntive, come gli attacchi a catena e le Combo EX, ma il succo è questo e riesce a tenere botta per tutta la durata dei giochi, che si completano in circa 30-40 ore ciascuno senza contare extra e segreti vari. Fuori dal combattimento, Baten Kaitos I & II HD Remaster riesce a essere coinvolgente grazie a una serie di stravaganti dinamiche di gameplay che prevedono l'impiego delle carte Magnus nella risoluzione di missioni secondarie e rompicapi ambientali: il giocatore può infatti estrarre le essenze di certi oggetti e intrappolarle nelle carte per un secondo utilizzo, magari interagendo con lo scenario per aprire nuovi varchi e trovare collezionabili nascosti. Alcune carte Magnus cambiano col passare del tempo; la frutta può maturare e marcire, cambiando effetto in battaglia e costringendo il giocatore a microgestire i mazzi a più riprese.
Per essere due JRPG dei primi anni 2000, i Baten Kaitos sono invecchiati bene e preservano quel guizzo di originalità che li contraddistingueva all'epoca. Sono sicuramente titoli divisivi, caratterizzati da una direzione artistica sopra le righe che può piacere o non piacere, ma altri aspetti rimangono inoppugnabili, come le eccellenti colonne sonore composte da Motoi Sakuraba, un altro nome storico nel settore che ha firmato le musiche di serie come Tales, Star Ocean e Valkyrie Profile.
La versione rimasterizzata
Bandai Namco ha fatto tutto sommato un buon lavoro con la rimasterizzazione dei due giochi usciti su GameCube nel 2003 e nel 2006, al netto di qualche sbavatura minore. Entrambi i titoli sono doppiati interamente in giapponese, ma se Baten Kaitos, per esempio, ha i sottotitoli anche in italiano, oltre che in inglese, francese, spagnolo e tedesco, Baten Kaitos Origins è sottotitolato unicamente in lingua inglese, e questo potrebbe essere un problema per chi non conosce la lingua d'Albione.
Dal punto di vista tecnico non ci possiamo lamentare troppo. La nuova risoluzione non scolla troppo i modelli 3D ridefiniti dagli sfondi come succede nella stragrande maggioranza di queste conversioni, e il Remaster ha preservato la qualità sopra le righe degli scenari, minuziosamente dettagliati e splendidamente animati. Il gioco gira a 30 fotogrammi al secondo perlopiù stabili, ma abbiamo notato qualche piccolo rallentamento in alcuni momenti del gioco, forse causato da un'ottimizzazione non proprio perfetta del codice.
Per quanto riguarda le funzionalità aggiuntive di questa riedizione, oltre a un graditissimo sistema di salvataggio automatico, è possibile mettere in pausa il gioco fuori dai combattimenti per richiamare un piccolo menù in cui è possibile impostare vari parametri utili a personalizzare la partita. Possiamo completamente disattivare i combattimenti, per esempio, oppure impostare una modalità che permette di sconfiggere i nemici con un solo colpo: stratagemmi pensati per i giocatori che desiderano soltanto godersi la storia senza perdere troppo tempo con le meccaniche di gameplay. Si possono anche saltare i filmati, o aumentare la velocità dei movimenti fino a 300% sia nel combattimento che durante l'esplorazione.
In definitiva, parliamo di funzionalità sensate che migliorano la qualità della vita e aiutano a limare quelle spigolosità da GDR della vecchia scuola, come la rigenerazione dei nemici al caricamento di ogni schermata che può diventare fastidiosa quando i combattimenti sono praticamente impossibili da evitare e tendono a durare troppo. Siamo ben lontani, insomma, da pigre riedizioni come quella di Tales of Symphonia di qualche tempo fa.
Conclusioni
Baten Kaitos I & II HD Remaster è una compilation consigliatissima agli amanti dei GDR nipponici che si sono invaghiti di Monolith Soft da Xenoblade Chronicles in poi, ma che si sono persi i loro primi lavori. Al netto di qualche assenza ingiustificata - come i sottotitoli italiani in Baten Kaitos Origins - abbiamo tra le mani una riedizione sufficientemente curata di due esperienze molto particolari, che meritano attenzione anche soltanto per la narrativa, se non per i sistemi di combattimento decisamente atipici: le funzionalità aggiuntive compensano le spigolosità di altri tempi, permettendo ai giocatori più smaliziati di personalizzare il flusso di gioco come preferiscono.
PRO
- Una bella remaster di due titoli storici che rischiavano il dimenticatoio
- Le storie sono interessanti e alcuni colpi di scena davvero memorabili
- Gradevoli le nuove funzionalità della remaster
CONTRO
- La meccanica a "card game" potrebbe non piacere a tutti
- Qualche problema minore e circoscritto di fluidità
- Baten Kaitos Origins non ha i sottotitoli in italiano