Piccola produzione, grande stupore. Non sempre è così, ma il più delle volte gli studi ristretti sono stati in grado di dimostrare il loro valore all'interno del mercato, spingendo i nomi più importanti (e nomi minori che si sono imposti con il tempo) a produrre e supportare progetti folli e bizzarri. È il caso del titolo firmato da René Rother e distribuito da Devolver Digital, un misto tra videogioco rompicapo e sparatutto con uno stile fuori dalle righe.
Ci addentreremo nei meandri più bui del culto del sole in questa recensione di Children of the Sun.
Il sole sorge attraverso un foro di proiettile
In Children of the Sun siamo chiamati a vestire i panni della "Ragazza", una giovane la cui famiglia è stata portata alla rovina dal Culto del Sole, una setta guidata da un folle "messia". Il nostro obiettivo è molto semplice: uccidere ogni membro dell'ordine fino ad arrivare a tagliare la testa al re.
Quella creata da René Rother è una narrazione muta, con solo qualche immagine sparata come un colpo di arma da fuoco tra un livello e l'altro a comporre questo mosaico psicotico, governato dalla sete di vendetta per un torto subito. Di certo non una storia che lascia il segno, ma sicuramente una buona cornice per dare vita alla vera natura del gioco: la sua anima da rompicapo.
Unire i puntini
Il gameplay di Children of the Sun è tanto semplice quanto la storia che racconta, ma ciò non significa che sia facile, anzi. La nostra protagonista possiede una speciale abilità: quella di controllare la traiettoria dei proiettili. Questo significa che, con un solo colpo, è in grado di eliminare più bersagli. Così, da questo dono, ecco che il gioco prende forma.
Poteva essere un normale sparatutto furtivo, con l'aggiunta della meccanica del controllo dei proiettili, ma no. Rother ha optato per qualcosa di più particolare. Forse una scelta controcorrente, ma che ci ha colpito e anche conquistato.
Il giocatore è, infatti, costretto a eliminare tutti i bersagli con un singolo colpo. Non ci si può spostare liberamente, ma solo su un percorso prestabilito dallo sviluppatore, costringendo il giocatore a pianificare al meglio il suo attacco, grazie anche alla possibilità di marcare i bersagli. Una volta scelta la traiettoria iniziale, si può sparare il proprio colpo. Da qui, abbandoniamo la nostra protagonista e seguiamo il proiettile.
Centrato il primo nemico, il tempo rallenta e abbiamo tutto il tempo che vogliamo per guardarci attorno e mirare contro un altro bersaglio, scagliano il proiettile a mezz'aria verso di questo. E si va avanti così fino a quando ogni membro del culto sulla mappa non sarà stato eliminato.
La precisione che conta
A questa formula (che, detta così, può sembrare abbastanza ripetitiva), si aggiungono altri poteri che vengono sbloccati man mano che si procede lungo la tortuosa strada che ci separa dal capo della setta. La nostra antieroina, infatti, è in grado di correggere lievemente la traiettoria di un tiro, ridirezionare completamente il proiettile a mezz'aria e aumentare la potenza d'impatto di quest'ultimo, così da abbattere i nemici corazzati.
Parlando di avversari, sono presenti anche altri bersagli speciali oltre ai normali sgherri e ai già menzionati catafratti: quelli muniti di scudi antisommossa (impenetrabili e che, quindi, vanno necessariamente aggirati) e una specie di stregone, in grado di creare un campo di forza sferico attorno a sé che respinge i proiettili, a costo, però, di un periodo di ricarica per rigenerare la barriera protettiva.
Queste poche caratteristiche compongono l'intero gameplay di Children of the Sun, disteso su poco più di venti livelli dall'alta rigiocabilità per il "colpo di genio" del punteggio della propria performance, che sfocia poi in una classifica mondiale molto piacevole da scalare. Così, ecco che si finisce uno dei livelli (abilmente differenziati e con delle variazioni sul tema veramente simpatiche, oltre a degli obiettivi secondari "suggeriti" da un gioco di parole prima di entrare in partita) e si ha subito voglia di rimettersi dietro al fucile perché "quel colpo poteva essere più pulito" o "se colpisco prima l'altro prendo più punti".
Mettersi in gioco con stile
In quest'industria che rincorre sempre più la perfezione grafica, l'intonsa nitidezza del reale, ecco che qualcuno va controcorrente e cerca lo sporco, il crudo, l'eccesso. Children of the Sun è una piccola perla di ruvidezza audiovisiva.
Il suo carattere grunge, che echeggia quei vecchi nuovi orizzonti tanto cari ai videogiochi dell'horror underground che ultimamente stanno sfociando su PC, regala un'esperienza sensoriale veramente particolare, tra lo psichedelico e il delirante.
I personaggi, spigolosi, dai poligoni volutamente marcati, assieme alla colonna sonora invisibilmente disturbante e alle scene di intermezzo composte da illustrazioni dal sapore fumettistico, riportano la mente a un immaginario anni '90 da scantinato dei movimenti di controcultura. Un banchetto per gli occhi e le orecchie, a patto che sia adatto al vostro palato.
Conclusioni
Children of the Sun non è un diamante grezzo. Magari un diamante ruvido. Anzi, non è proprio un diamante. È un pezzo di carbone che nessuno desidera, ma di cui alcuni ne scrutano il potenziale e se ne innamorano. Riesce a catturare, in qualche modo, nella sua cupezza, nella sua smisurata crudeltà, il percorso vendicativo della giovane ragazza che ha perso tutto per colpa di promesse infrante. Questa traiettoria della morte fa sentire come il direttore d'orchestra di una ballata macabra. Una piccola opera non per tutti, ma che merita di essere provata. Non si sa mai. Magari potreste trovare il vostro diamante nel cuore di un pezzo di carbone.
PRO
- Fusione delle meccaniche rompicapo e sparatutto veramente divertente
- Buona rigiocabilità
- Audiovisivamente ispirato
CONTRO
- Narrativamente sufficiente, ma poteva dare molto di più