Dragon Quest cambia look
Per il giocatore medio giapponese, una grafica spettacolare e dei filmati in CG sono qualcosa di interessante, di complementare, ma non una priorità, l’elemento portante di un gioco. Ecco perché la sofcto nipponica ha da sempre privilegiato la storia, la giocabilità all’orpello prettamente estetico e talvolta fine e se stesso di certe produzioni a tema. Tuttavia, ed è ovvio, dopo tanti anni ci si è resi conto che era giunto il momento di cambiare rotta, e di abbinare, con sapienza, la qualità tecnica intesa come gameplay, a qualità visiva. Abbandonato di fatto il vetusto engine 2D che aveva caratterizzato la serie, DQVII su Psx compreso, Enix ha puntato su un nuovo motore grafico interamente 3D. Tale engine, fortunatamente, non è stato usato solo per gestire un comparto estetico di tutto rispetto, ma anche per la rappresentazione, costruzione di aree veramente grandi da esplorare. I paesaggi totalmente esplorabili che si stagliano a perdita d'occhio sono quanto di più dettagliato e variegato mai visto in un videogioco e spaziano dalle vaste praterie ai caldi deserti passando per le immense distese marine alle montagne innevate, grandi dungeons (anche se molto simili strutturalmente a quelli visti in Final Fantasy X), grosse e dettagliate città e castelli. La prima area di gioco, tanto per darvi un’idea di quello che stiamo dicendo, è talmente vasta che se la si vuole visitare tutta per bene, fermandosi a curiosare qua e la, si possono anche impiegare ben venti minuti per uscirne.
Esplorando un mondo enorme
Un universo che ha un inizio ed una fine, ovviamente, per non far perdere al videogiocatore il filo conduttore degli eventi del gioco, ma allo stesso momento libero di essere esplorato nella sua interezza. Come accennato poc’anzi, ci possono volere decine di minuti, anche ore, per visitare con cura tutto. Dipende solo da voi, dal vostro modo di concepire un’esperienza videoludica simile. Anche Shenmue, tanto per fare un altro esempio, volendo, era teoricamente lineare, nel senso che si poteva seguire normalmente il corso degli eventi e arrivare alla fine in un certo numero di ore, oppure goderselo sul serio, bighellonando fra la sala giochi o i locali, o i vicoli dei quartieri, cercando di portare a termine sotto-quest, mini-giochi, o semplicemente passeggiando in un mondo virtuale assolutamente credibile per il gusto di farlo, terminandolo quindi con il triplo di ore effettive necessarie per completarlo. A parte forse Wild Arms, a memoria di redattore e appassionato del genere, nessun altro Rpg di nuova generazione ha mai offerto un mondo cosi vasto da esplorare come questo titolo Square-Enix. Speriamo solo sia di buon auspicio per i futuri giochi di ruolo di questa e di altre sofcto. L’elemento esplorativo è una componente fondamentale del gioco, ed è valorizzato anche dalla presenza di una visuale in prima persona che permette al videogiocatore di poter esaminare, in qualsiasi momento, gli ambienti circostanti in maniera più approfondita. Così come grande importanza è stata data all’interazione con gli elementi che “popolano” le varie cittadine o i vari locali che si potranno esplorare. In questi ambienti si potrà infatti parlare con gli abitanti per raccogliere informazioni utili o sbloccare side-quest, sia interagire con diversi oggetti quali botti, vasi, librerie, pozzi e sacchi, nei quali molto spesso si celano preziose sorprese. Oppure ancora giocare al casinò, che offre la possibilità di raddoppiare i propri danari (ma anche di perderli del tutto) con il Bingo, le roulette o le slot machine, o fare acquisti nei classici negozietti o bancarelle piene zeppe di armi, protezioni e oggetti di ogni tipo. La mappa su cui ci si orienta, poi, è dettagliata e modellata sulla conformazione geografica del territorio, il che ci permette di comprendere la struttura stessa delle zone visitabili a piedi fin dall'inizio. Inoltre sulla mappa è opportunamente segnalato il percorso compiuto e i luoghi visitati, in modo da non confondere il videogamer, e aiutarlo a regolarsi per il meglio nel caso volesse ritornare, cosa fattibile in ogni momento, indietro senza perdersi. Magari spostandosi per i vari territori con qualcuno dei “mezzi” di trasporto messici a disposizione dai programmatori, come ad esempio una nave o un volatile leggendario, che ci eviteranno pure qualche scontro casuale di troppo.
Trama
Dragon Quest VIII conferma di essere un RPG “classico” anche a livello di trama e ambientazione. Maghi, castelli, borghi medievali, tutti elementi chiave della storia nel più puro e tradizionale stile fantasy, fanno da contorno alle vicende di un prode soldato di ventura senza nome (il protagonista), in viaggio per il mondo, alla ricerca di uno scettro magico dotato di una terrificante forza oscura, rubato dal castello di Troden da un malvagio e misterioso clown di nome Dholmagous, che ha trasformato i suoi abitanti in pietra, e il Re e la Principessa rispettivamente in un goblin e in un cavallo… Durante il suo viaggio, il nostro eroe incontrerà altri personaggi che si uniranno a lui nel tentativo di recuperare l’oggetto magico e di fermare le mire dittatoriali del malefico clown. La storia, pur non essendo complessa o melodrammatica come quella di Final Fantasy X, si rivela fin da subito accattivante grazie anche alla sua insolita struttura fatta di momenti “reali, presenti”, e “passati”, rivissuti cioè attraverso delle sequenze di flashback, dai nostri beniamini, che si dipana pian piano, svelando lentamente dettagli ed elementi chiave della trama. Interessante notare come, nel caso dovessimo perdere il filo conduttore della storia, sia possibile interagire con i nostri compagni di viaggio per avere informazioni vitali per il proseguo dell’avventura, cosa che, come detto precedentemente, date le dimensioni del mondo da esplorare e in cui è facile perdersi, si rivela molto utile. Pur non essendo molto ampio, il party appare ottimamente caratterizzato, specie per quanto riguarda la personalità di ogni singolo componente del gruppo. Senza contare la forte impronta visiva che solo la mano di un artista del calibro di Toriyama può dare ad un personaggio.
Il Battle-System
Grafica a parte la novità più interessante di DQVIII è costituita dal “vecchio-nuovo” Battle System. Esso non differisce molto da quello visto nei precedenti episodi della saga (il che per i puristi del genere è un bene), se si eccettuano, dal punto di vista estetico, il restyling grafico subito dai menù, e da quello tecnico le due nuove “features” che lo caratterizzano, e che andremo ad analizzare tra poco. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, le battaglie, casuali ma non eccessive come quantità, presentano la canonica struttura a turni, ed hanno solitamente inizio, come nei precedenti Dragon Quest, con una schermata con tanto di visuale in prima persona del nostro Pg principale, e telecamera virtuale che zooma sul primo mostro dinanzi a lui. Poi, quando ha inizio lo scontro vero e proprio, l’inquadratura si sposta, “riprendendo” la scena per intero. Durante la battaglia, il videogamer potrà decidere se controllare solo il protagonista, mentre il resto del party si muoverà automaticamente seguendo una delle tattiche predefinite scelte da noi precedentemente allo scontro, oppure tutti i Pg col solito sistema a turni via menù. Da segnalare in tal senso il fatto che al posto delle classiche finestre nere, quelle viste nella versione Giapponese, in quella americana che stiamo trattando è stato introdotto un menù più comodo da usare, alla Final Fantasy. Gli attacchi si dividono sostanzialmente in quattro tipologie, quelle “classiche” di ogni Gdr che si rispetti: “Normali” (cioè con arma), “Speciali” (con l’ausilio di abilità speciali), “Magici” e tramite “Oggetti”. E qui entra in ballo la prima delle features di cui parlavamo poc’anzi: il “Tension system”. Questo sistema appare quasi una sorta di omaggio ad Akira Toriyama e alla sua serie Dragon Ball Z. Durante la battaglia, ogni personaggio può effettuare, logicamente, un attacco. Ma se eviterete di utilizzarlo subito, questo attacco raddoppierà di efficacia il turno successivo. Se continuate a caricare l’apposita barra per l’attacco senza mai eseguirne uno, i vostri personaggi assumeranno il cosiddetto stato di “High Tension”, o di “Super High Tension”, visibile attraverso la carica energetica che avvolgerà i vostri Pg in maniera simile a Goku e co. A quel punto sarà possibile scagliare contro il nemico un attacco a dir poco devastante e spettacolare. Ovviamente tale condizione di Tensione non sarà possibile tenerla sempre fino alla fine, al suo grado più elevato, in quanto gli avversari non staranno a guardarvi e tenderanno, colpendovi a loro volta, ad abbassare il vostro livello di “tensionamento” in modo da non farvelo utilizzare.
Altro che Pokèmon...
Un’altra feature che in DQVIII costituisce a nostro parere un ulteriore arricchimento del gameplay, è quella che consente al videogamer di catturare e allevare alcuni dei mostri del gioco come fossero dei Pokèmon. Non contenti di tutto il ben di Dio offertoci, infatti, Enix e Level 5 hanno deciso di dare “spazio” all’allevatore di animaletti che è in ognuno di noi grazie al “Monster Raising system”. Il “reclutamento” dei mostri non è una novità assoluta per la saga, visto che è stato introdotto in Dragon Quest V per Snes, ed è presente sia nel sesto episodio che in alcuni giochi specifici ambientati nell’universo di DQ quali Dragon Quest Monsters e Dragon Quest Monsters 2 (GBC) o Dragon Quest Monsters Caravan Heart (GBA). Tuttavia qui appare un tantino più interessante rispetto al passato, anche se purtroppo il controllo delle creature in battaglia non è più consentito all’utente ma verrà gestito interamente dalla Cpu. Tramite l'opzione "scout" possiamo individuare alcuni particolari mostri nella mappa (sono gli unici visibili durante la fase di esplorazione), e dopo averli raggiunti, sfidati e sconfitti, li potremo reclutare fra le nostre fila. Tra queste creature i fedelissimi della saga non mancheranno di riconoscere delle vecchie conoscenze della serie. Altra interessante novità è il “Camp Screen”. In qualsiasi fase di gioco, il giocatore può accedere all’apposito menù premendo il tasto select. Fatto questo, una dettagliata lista di statistiche apparirà sullo schermo rivelando tutti i dati inerenti l’avventura fino a quel momento vissuta (tempo impiegato, distanza percorsa, mostri affrontati, etc.), le opzioni riguardanti la cucina, informazioni varie sul bestiario delle zone esplorate e molto altro. Note conclusive per il comparto audio. Le musiche realizzate dal compositore Koichi Sugiyama sono, come al solito, di livello eccelso e bene si sposano col contesto narrativo entro cui vengono eseguite. Il genere musicale adottato dall’artista sembra stilisticamente ispirato dai Grandi del passato, i Maestri sinfonici come Bach, e aggiungendo di fatto al gioco un valore aggiunto di grande carisma e impatto. Infine ai più nostalgici farà certo piacere sapere che per quanto concerne i vari effetti sonori, esplosioni, rumori di battaglia, etc, sono presenti dei suoni che ci hanno riportato alla mente i vecchi DQ per SuperFamicon! Quasi che gli autori volessero confermare ancora di più l'intenzione di mixare il vecchio col nuovo.
Il trascorrere del tempo
Questo tipo di offensiva, così come gli incantesimi o le altre mosse speciali, varia a seconda del Pg, dell’arma e del suo Level-Up, e avviene visivamente in maniera a dir poco spettacolare con tutta una serie di effetti di luce e grafici assolutamente spettacolari pur nella loro brevità. Qui si distinguono in particolare le sensuali ed ironiche magie compiute da Jessica, come ad esempio la 'Sexy Beam' o la 'Blow a Kiss'. Da vedere assolutamente. Così come in DQ3, in questo ultimo capitolo della saga è presente un sistema denominato “day/night”, che segna il trascorrere del tempo durante l’avventura. Tale cambiamento di orario non sarà netto, ma graduale (alba, giorno, pomeriggio, sera) e sarà visibile persino durante le battaglie. Esso avrà anche una funzione importantissima per l’avventura, oltre che estetica, con risvolti importanti per il gameplay. Il trascorrere del tempo ha infatti un ruolo fondamentale in DQ: alcuni abitanti del villaggio usciranno solo la notte, per esempio, altri si barricheranno in casa lasciandovi magari in sospeso qualche preziosa informazione fino all’indomani mattina, mentre determinati eventi o “quest” saranno possibili essere svolti solo di giorno. Perfino i mostri cambiano a seconda del momento della giornata in cui ci si trova in una determinata area. Molto realistico. Parallelamente all’avventura, DQVIII presenta inoltre tutta una serie di mini-game atti a variare il gameplay e a permettere ai puristi del genere di godersi fino in fondo il gioco, scoprendo tutto lo scopribile. Così come nella serie “Tales of” di Namco, Enix ha implementato nel suo Rpg un “gioco di cucina”. In pratica vi viene offerta l’opportunità di creare armi, oggetti vari o corazze semplicemente sbizzarrendovi con la cosiddetta "pentola dell'alchimia", grazie alla quale potrete “cucinare”, aiutati da apposite ricette recuperate in giro per il mondo, tutto quello che vi pare, inventando di volta in volta item sempre più rari.
Level-Up dei personaggi
Ma chi sono questi nostri impavidi compagni di avventura ? Eccoli. Hero (al quale potrete dare un nome a vostro piacimento) è il tipico damerino narcisista. Vanitoso, un po’ spaccone, nonostante le apparenze si rivela un agguerrito combattente, pronto ad affrontare qualsiasi nemico con indifferenza. Yangus è il più forte del gruppo. Poco propenso alla dialettica preferisce « parlare » con la forza e le armi. Jessica e’ l’unica ragazza del gruppo, ed è una maga potente animata da una inesauribile sete di vendetta verso Dholmagous. Il suo temperamento ardito e la sua impulsività nascondono in realtà un animo triste e tormentato. I quattro personaggi sono realizzati in uno splendido cel-shaded 3-D e possono vantare una “rivestitura” di texture d’alta qualità che gli danno davvero l’aria di Pg di un anime. Ognuno di loro è caratterizzato da un elevato numero di animazioni, soprattutto in battaglia, e a seconda delle armi che hanno equipaggiate, il loro look cambia visivamente. Questo “trattamento” estetico è stato riservato perfino ai mostri di Dragon Quest VIII. Tutte le creature presenti nel gioco sono animate in maniera egregia e curate in ogni particolare, alcuni perfino con una dettaglio tale da sembrare quasi personaggi chiave del gioco piuttosto che semplici “sparring-partner”. Da segnalare l’aspetto piuttosto divertente di certe creature, in puro stile Toriyama. Ci sono super-mostri alla Voltron, e altri meno seriosi e più divertenti, quasi dei “pupazzi”. Tutte le altre texture invece, non sono in cel-shaded anche se mostrano un livello qualitativo fra i migliori mai apparsi su PS2. Gli Skill points vengono come sempre ottenuti alla fine di ogni battaglia. Nonostante alcune similitudini con alti Gdr, essi sono usati in maniera leggermente diversa in Dragon Quest VIII. Una volta acquisito il necessario numero di punti esperienza per salire di livello, i giocatori hanno l'opportunità di decidere da se dove spenderli, quali particolare aspetto del proprio personaggio si vuole incrementare. Ad esempio si può liberamente decidere che Kukule diventi sempre più abile nell’uso della spada, aumentandone il potere di attacco fisico piuttosto che in generale altri parametri. In pratica con questo sistema è possibile far apprendere al proprio eroe virtuale nuove abilità con una spada o un boomerang, per esempio, in modo che egli impari ad usare meglio quella specifica classe di armi e magari scopra nuove combo.
Conclusioni
C'è poco da dire: Dragon Quest VIII si candida ad essere il miglior Rpg di questa generazione di console. Questo grazie al vecchio stile associato ad un moderno sistema tecnico, in un perfetto connubio in grado di generare un titolo completo, capace di emozionare e far divertire chiunque ami sul serio i giochi di ruolo giapponesi. Giocando al titolo Square/Enix si ha la netta sensazione che i Level 5 lo abbiano voluto aggiornare solo parzialmente per renderlo in parte consono alle potenzialità del Monolite Sony, ma allo stesso tempo non hanno voluto stravolgere troppo la struttura stessa, il gameplay della serie. Il feeling, l’atmosfera dei vecchi titoli dell’era 8/16 bit è stato mantenuto intatto, insomma, nonostante il passaggio ad una grafica tridimensionale moderna ed estremamente piacevole da vedere, oltre che ad un sistema di combattimento al passo con i tempi.
- Pro:
- Ottimo character design.
- Grande longevità e assoluta libertà di movimento.
- Gameplay veramente ben congegnato.
- Grafica e musiche da Oscar.
- Contro:
- Lo stile artistico di Toriyama potrebbe non piacere a tutti.
- La struttura di gioco molto classica potrebbe non piacere a qualcuno.
La versione Italiana
Dragon Quest VIII arriva in versione Italiana completamente tradotto nei testi (ma non nel parlato), con un lavoro encomiabile che lascia per gran parte intatta l'ironia che permea i numerosi dialoghi presenti all'interno del gioco. Ad inizio gioco vi è la possibilità di scegliere tra la modalità 4:3 e 16:9, mentre manca all'appello l'opzione 60HZ, anche se nell'adattamento PAL le bande nere sono ridotte al minimo e non danno per nulla fastidio. In definitiva un'ottima traduzione che permette anche ai videogiocatori meno avvezzi con l'Inglese di godersi uno dei migliori JRpg di questa generazione.
Anni prima che la Squaresoft diventasse un punto di riferimento per tutti gli amanti di Rpg, e prima ancora che il suo Final Fantasy rivoluzionasse per certi versi il concetto stesso di “gioco di ruolo”, rendendolo di fatto diffuso anche fra quei videogamers che nemmeno sapevano fino a quel momento cosa fossero termini quali “Skill Point” o “Hp Level”, e sdoganandolo materialmente dalla nicchia in cui era stato relegato da un mercato troppo concentrato su altri generi videoludici, la “piccola” Enix, con la serie Dragon Quest (fuori dal Giappone conosciuta come Dragon Warrior), iniziava la sua faticosa scalata verso l’Olimpo dei cuori di quei pochi appassionati che all'epoca, per primi, si interessavano a quel mondo. Era infatti il lontano 1986 quando lo sceneggiatore Yuji Horii, l'artista Akira Toriyama e il compositore Koichi Sugiyama decidevano, all’interno di Enix, di formare un sodalizio professionale atto alla creazione di un universo fantasy che avrebbe segnato una svolta epocale nel mondo dei videogames. Raggiungendo, in pochi anni, quel successo, almeno in Asia, pari, se non in termini di vendita, almeno in quello di gradimento del pubblico, a quello riscontrato dalla saga FF nel resto del globo.