Quando metti insieme gente straordinaria, il risultato deve essere per forza tale? Questa è la domanda da porsi di fronte a un gioco apparentemente piccolo, minimalista, quasi lanciato nel mucchio sperando che il suono generato sia maggiore di altri titoli indie valevoli, ma scomparsi dopo poco tempo da sotto i riflettori. Dungeon Encounters è un prodotto nato da un desiderio di Hiroyuki Ito, direttore di Final Fantasy IX e ideatore della Active Time Battle, che torna per sublimare la sua invenzione ludica.
Al suo fianco pesi massimi come Hiroaki Kato, produttore di Final Fantasy XII, Ryoma Ito, che si è occupato del design dei personaggi e Nobuo Uematsu, leggendario compositore della colonna sonora di Final Fantasy e di questo gioco. Sono tutti profili di primo livello, riuniti in stile amici di vecchia data, vogliosi di creare un JRPG capace di fare da sintesi tra vecchio stile, matematica dei numeri ed esplorazione al contempo ricca e ridotta all'osso.
Continuate a leggere per scoprire cosa pensiamo di questo nuovo JRPG di Square Enix nella recensione di Dungeon Encounters.
Labirinto a scendere
Dungeon Encounters è un titolo ridotto ai minimi termini, ma non per questo privo della sostanza che conta: con una sinossi semplicissima, il gioco introduce in un'ambientazione quasi completamente fantasy (quasi perché un paio di personaggi e di nemici non lo sono) in cui è comparso un labirinto pieno di mostri che scende verso il basso. Chiunque è andato non è tornato, per questo è stata istituita un'accademia per accogliere avventurieri che vorranno provare a sconfiggere tutti i mostri e superare il labirinto.
La storia che introduce oggi personaggio è splendidamente caratterizzata, capace di far immergere bene all'interno del carattere di ogni comprimario. C'è però un elemento che salta subito all'occhio ed è l'assoluta orizzontalità di ogni alter ego: al netto delle caratteristiche base iniziali, i personaggi non hanno unicità, sono tutti equamente sviluppabili. Se quindi l'immagine vi mostra un guerriero bestia o un mago o una chierica, questo non vuol dire che nel sistema di gioco i tratti artistici corrispondano a capacità o altro.
Possiamo quindi riassumere che, ai fini del gioco, se togliamo l'equipaggiamento, ogni personaggio iniziale sarà quasi uguale agli altri, diventa quindi semplicemente un discorso di impatto iniziale e piacevolezza del disegno.
Dungeon Encounters è quindi un enorme gioco di esplorazione labirintica a scendere, con più di 90 livelli organizzati esteticamente a gruppi da 10. La logica è semplicissima: ogni livello sarà composto da caselle, né più né meno. Ci saranno caselle mostri, quindi scontri, o caselle informative, caselle enigma - logico o visivo - e caselle di supporto, dove recuperare vita, rianimare i compagni, acquistare oggetti e così via. Potremmo definirlo un dungeon crawler a caselle, in cui dover "colorare" ogni percorso per sbloccare via via altri punti abilità da usare per allargare le possibilità di supporto indotto del gruppo di esploratori scelto.
Numeri diretti
La nuova creatura di Ito è un tripudio di scontri numerici bidirezionali, minimale, ma capace di dare assuefazione sin da subito: abbiamo un party di massimo frmato da quattro personaggi, cinque oggetti equipaggiabili di cui due armi, due protezioni e un accessorio, qualche abilità a consumo e tanti numeri.
Il sistema di combattimento di Dungeon Encounters attinge dalla tradizione ruolistica nipponica al limite dell'ossessione numerica, proponendo un meccanismo molto intelligente. Due tipi di attacchi - fisico e magico - e due tipi di difesa - fisica e magica - chiudendo con la vita effettiva: gli attacchi, da una parte e dall'altra, avranno quindi l'obiettivo di mandare a zero quanto prima una delle due difese, così che ogni attacco successivo della stessa tipologia andrà a togliere vita al nemico.
Si crea così una danza di attacchi - alcuni fissi, altri a impatto casuale - che spesso fanno dannare - o sopravvivere nel nostro caso - quando la difesa, invece di andare a zero, rimane con un valore bassissimo ma ancora valido come scudo difensivo. Con una trovata numerica veramente semplice nella sua essenza, Ito confeziona un sistema profondamente matematico e al contempo ludico, visto che sarà nostra la responsabilità di equipaggiare il party con armi fisse, casuali, a distanza, a raggio e via dicendo.
Pericoli nel labirinto
Veniamo ora al gameplay, che nella sua semplicità nasconde dei twist hardcore assolutamente imprevisti: l'avanzamento nelle profondità nel labirinto è un viaggio che parte semplice, ma che già dal piano 20 si complica non poco, aggiungendo all'equazione parecchi pericoli, anche per colpa di nemici con attacchi spesso devastanti o scontri che sorprendono mettendoci di fronte ad avversari potentissimi.
Per dire, siamo stati disintegrati da un nemico che per due volte ha fatto una mossa che toglieva tutta la difesa a tutti i personaggi di livello pari ad un numero primo. Ce l'ha fatta due volte, party distrutto. Inizialmente pensate che l'autosalvataggio vi riporti da qualche parte, ma invece no: dovrete ripartire da capo con nuovi avventurieri, raggiungere il punto in cui avete perso il primo gruppo e pian piano farli tornare in vita. È un processo farraginoso, non aiutato da varchi tra piani presenti solo ogni 10 livelli, che potrebbe sfiancare e disorientare per la sua brutalità.
Ci era già capitato e già ci eravamo dovuti fare vari diversi piani con un party di personaggi di livello base, evitando ogni scontro, con anche un po' d'ansia per la paura di sbagliare e mandare alle ortiche anche gli ultimi personaggi rimasti disponibili. Insomma, parliamo di un prodotto sufficientemente onesto in genere, ma capace di dar vita a quelle 2-3 situazioni casuali capaci di distruggere il party in un attimo, costringendo a fare salti mortali. E se perdete anche gli altri personaggi? Game over, o ricominciate da un bel pezzo prima, buttando via ore di gioco, oppure con l'ultimo personaggio rimasto in vita, oppure da capo mantenendo l'esperienza, ma non gli oggetti.
Insomma, vien da dire che è tutto bello finché non si capisce quanto complesso può diventare avanzare nel labirinto, ma magari qualcuno apprezza proprio questo senso di oppressione che costantemente cresce. Immaginate un Dark Souls dove, se morite, avete una sola possibilità di tornare a prendere le anime perse; se perdete prima, ricominciate o da capo o da ore di gioco indietro.
Semplice, ma molto piacevole il comparto sonoro curato da Uematsu, in grado di accompagnare con discreto relax per poi farsi più spinto, in stile The Black Mages, quando si entra in battaglia.
Conclusioni
Dungeon Encounters vi darà inizialmente molta assuefazione e voglia di proseguire, ma va detto che la quasi totale assenza di storia e di variazioni appesantisce il viaggio. Avrebbero fatto comodo dialoghi, bossfight, unicità dei personaggi, equipaggiamenti particolari, invece l'orizzontalità generale dei valori e della progressione vi porterà a dover diventare sempre più forti per fare sempre più danni ai nemici, logicamente via via più temibili, che vi si frapporranno davanti. Potremmo dire che Dungeon Encounters rappresenta l'ossatura perfetta dei JRPG, in cui però manca volutamente tutto il resto della struttura, che poi è quella che spinge ad andare avanti in un gioco di ruolo. Divertente, ma sicuramente ma non per tutti; l'altra certezza è che il gioco è ritagliato attorno Nintendo Switch, quasi impensabile pensare di giocarci su piattaforma solo fissa.
PRO
- Sistema di combattimento veloce e matematico
- Personaggi minimal ma con un loro fascino
- Il flusso e l'esplorazione funzionano
CONTRO
- Anima veramente tanto, troppo punitiva
- Nel medio la struttura diventa troppo leggibile e ripetitiva