Sarebbe veramente troppo semplice ridurre buona parte di questa recensione su un dibattito relativo a Jyamma Games, lo sviluppatore dietro al progetto di Enotria: The Last Song. Nei giorni in cui ci siamo immersi nel gioco e nella stesura di questo articolo infatti, decine sono stati i video, le live e i post scritti sui social per commentare le (re)azioni del team di sviluppo alle critiche e ai dibattiti apparsi online sulla qualità di questo titolo. Siamo tuttavia convinti che servirebbe a ben poco partecipare ulteriormente a questo sterile contenzioso e siamo altresì certi che chi è entrato in questa recensione vuole, in concreto, sapere come è questo Enotria di cui tanto si parla in giro.
Ed è per questo che, con un'operazione mentale non sempre facile, abbiamo scelto di separare completamente l'opera dal suo creatore per focalizzarci con la massima onestà intellettuale possibile, sui lati positivi e su quelli critici di un videogioco che tenta con grande forza e caparbietà di dire la sua in un genere davvero molto complesso e fortemente definito nei suoi dettagli: quello dei soulslike. E in particolare il genere dei soulslike più puri, quelli realizzati da FromSoftware con la loro visuale in terza persona, le dinamiche action RPG ed il grande sbilanciamento verso l'abilità con il pad per superare complessi schemi di attacco di boss e scenari solo all'apparenza convulsi nel loro level design.
Bastano pochissimi minuti di gioco infatti per rendersi conto che il team di sviluppo italiano ha voluto e saputo studiare fino in fondo tutti gli elementi fondanti delle opere della società giapponese, quegli stilemi che definiscono e rappresentano i vari Dark Souls, Demon's Souls, Bloodborne e non ultimo Elden Ring, con l'obiettivo di ricreare su schermo qualcosa che ricordi alla perfezione queste esperienze, ma non ne sia una copia spudorata sul confine del plagio. Sulla falsariga, insomma, di quanto fatto da NEOWIZ con Lies of P. Solo che stavolta, con Enotria: The Last Song, l'allievo non ha superato il maestro e purtroppo non è riuscito ad andare oltre la piena sufficienza. E per lasciare il segno nei soulslike, si sa, la gente si aspetta ben altro.
Ma andiamo con ordine e passiamo ad affrontare gli elementi caratterizzanti del gioco in questa recensione.
Una storia poco chiara, come da tradizione del genere
Dobbiamo ammetterlo, arrivati alla fine del percorso narrativo, ancora non abbiamo ben capito a cosa si riferisca l'ultima canzone che dà il titolo al gioco. Più in generale fatichiamo a comprendere la metafora o comunque i collegamenti a un qualsiasi ambito musicale, visto che Enotria è un titolo che sfrutta con sapienza l'enorme folklore delle maschere carnevalesche italiane, una componente artistica e finanche sociale per cui l'Italia è ben nota in tutto il mondo. Ma lo sappiamo bene che quando abbiamo a che fare con un soulslike in stile FromSoftware, non dobbiamo aspettarci chissà quali approfondimenti rivelatori o spiegazioni narrative capaci di guidare con mano il giocatore tenendolo incollato allo schermo durante meravigliosi filmati e lunghi spiegoni.
Già a partire da questo aspetto fondante dell'opera, la sua storia, è ben evidente come Jyamma Games abbia saputo fare tesoro di alcuni aspetti caratterizzanti del genere che ormai, possiamo dirlo, sono fin troppo banali nella loro ripetitività. L'espediente narrativo vede infatti un certo gruppo di eroi mettere le mani, eoni addietro, su un potere capace di soggiogarli e trasformarli in antagonisti puri e malvagi il cui unico obiettivo è plasmare il mondo in base ai loro desideri e necessità. Un mondo che, nel caso di Enotria, è un palcoscenico dove gli abitanti sono semplici marionette che indossano splendide maschere obbligati a interpretare uno specifico ruolo di puro divertimento e passione per tutta la loro eternità. È il canovaccio a tenerli legati a questa esistenza fittizia e perenne, un racconto capace di plasmare il destino di chiunque, scritto proprio dalle maschere più importanti del creato: Pulcinella, Pantalone, Balanzone, Arlecchino, solo per citare alcuni degli anti-eroi che hanno prima definito e poi incatenato il mondo di Enotria.
Sarà il nostro alter-ego, il senza maschera, colui che non ha un volto né un ruolo definito, a tentare di sovvertire questa esistenza immobile, impersonando un elemento esterno alla vicenda ma che, come sempre avviene nelle opere di FromSoftware, è guidato da qualcuno che vuole resettare questa catena di comando per poter diventare il nuovo imperatore-sovrano-controllore-maschera che dir si voglia. Sì, il déjà-vu è imponente fin dai primi minuti, ma ormai siamo tutti abituati a questi cliché inevitabili che si ripetono in ogni soulslike e ci abbiamo fatto il callo.
In concreto la trama sarà sempre sullo sfondo, talvolta narrata da brevissime scene di intermezzo, soprattutto dopo aver sconfitto un boss principale, in altre occasioni parzialmente raccontata da piccole comparse che qui e là ci lanceranno contro una o due frasi per renderci partecipi della loro esistenza triste ed immobile, o ancora dai dialoghi con Pulcinella, figura altalenante tra il bene e il male che tenterà in tutti i modi di guidarci, ma senza mai dircelo apertamente. E poi ci sono le centinaia di descrizioni di oggetti, armi, manoscritti, documenti, pietre, reagenti e tutto il resto degli elementi disseminati in giro dal team con la speranza che qualcuno si metta lì a collegare dei puntini che in realtà non è che siano poi stati disegnati così bene nella grande tela narrativa di Enotria.
Sì perché il problema più grande della storia dell'opera di Jyamma Games è aver rispettato in pieno tutti i canoni dei soulslike, ma senza averli poi sviscerati e concretizzati come ogni buon opera completa dovrebbe fare. Al termine dell'esperienza sarà impossibile capire perché le maschere si sono comportate così, qual è il fine ultimo dell'esistenza superiore che le ha dotate di questo potere immenso, ma più in generale non si capisce neanche bene se esiste questa esistenza superiore e perché noi siamo arrivati in questo mondo privi di un mascheramento e di un ruolo. Potremmo andare avanti per minuti e minuti con l'elenco dei perché che rimangono purtroppo senza una risposta a causa di un'applicazione maldestra dell'ellissi narrativa che tanta fortuna ha generato nella trilogia dei Dark Souls o in tutti gli altri esponenti del genere firmati FromSoftware. Va bene voler cercare a tutti i costi una storia dove magari una storia non c'è o c'è solo in parte, ma qui davvero mancano i presupposti di un racconto, quelli capaci di farci fare delle domande che magari, anche solo all'apparenza, potrebbero avere delle risposte.
La caratterizzazione artistica
Ed è assolutamente un peccato, perché se c'è un elemento a nostro parere riuscito benissimo in Enotria: The Last Song è proprio la sua caratterizzazione artistica. È la capacità di pescare da quel folklore e da quell'immaginario carnevalesco un po' rinascimentale, un po' medievaleggiante, un po' persino romanico che ha permesso allo sviluppatore di portare su schermo degli scorci visivi talvolta davvero splendidi, soprattutto se ci fermiamo un attimo a riflettere sulle dimensioni di questo progetto che è chiaramente lontano anni luce dai prodotti di FromSoftware o da quel Lies of P già citato in precedenza.
La prima cittadina che incontreremo poco dopo aver attraversato i campi di girasole, Quinta, è ferma immobile abbarbicata su una montagnola come una splendida copia di Civita di Bagnoregio o di qualsiasi altro borghetto medievale italiano, mentre i suoi abitanti in maschera danzano e cantano ubriachi; c'è l'audace reinterpretazione di Venezia, Litumnia, con i suoi canali, i ponticelli e le cantanti liriche che cercheranno di ucciderci a colpi di versi; e c'è anche un misto di antica Roma e antica Grecia che è Falesia Magna, probabilmente dei tre quello peggio riuscito. Tutti sono tutti amabilmente affascinanti e capaci di suscitare ammirazione per quello che il team di sviluppo è riuscito a ricreare su schermo.
E lo stesso si potrebbe dire per le maschere antagoniste, boss e midboss, che sono sempre in grado di risultare credibili, ben immaginate e anche adeguatamente varie negli scontri che propongono e negli scenari che circondano queste battaglie. Il problema, semmai, è negli avversari standard che, anche qui, rispecchiano alla perfezione i consueti stilemi a cui ci hanno abituato i lavori di FromSoftware e cloni vari, a cui si aggiunge un riciclo a tratti davvero esagerato dei midboss. Ci sono almeno un paio di design che vengono riproposti in tutte le salse possibili con piccolissime variazioni sul tema dei colori e dei poteri, per cercare di giustificare l'ennesimo incontro con un gigante o con un cavaliere i cui movimenti, attacchi e azioni varie sono sempre perfettamente gli stessi.
E qui si annida già il primo grandissimo problema di Enotria: un tasso di sfida che si schianta contro un riciclo costante che diventa troppo presto una consuetudine che abbatte prepotentemente la capacità del titolo di sorprendere il giocatore. Ovviamente i tre scenari principali si portano in dote degli importanti cambi di ambientazione e nemici, ma volendo stringere ci ritroveremo davvero troppo spesso ad affrontare sempre gli stessi avversari comprensivi, tra l'altro, degli stessi identici problemi relativi alle animazioni e ad alcuni schemi di attacco.
Un gameplay funzionale ma problematico
E con l'ultima frase del paragrafo precedente, entriamo nel vivo dei problemi di Enotria che sono tutti direttamente collegati al discorso impostato all'inizio di questa recensione: un videogioco realizzato da un neonato team che ha studiato tutti i fondamentali ma ha faticato, probabilmente per mancanza di esperienza o, purtroppo, per eccesso di sicurezza, a metterli in pratica in modo fluido e accorto.
Le problematiche sono infatti molto stratificate e toccano un po' tutti i sistemi di gioco: in parte sono peccati veniali che sicuramente saranno sistemati con un certosino lavoro di patch, correzioni e bilanciamento, ma molti di questi hanno a che fare con il design generale degli scontri e con le meccaniche alla base del genere, qui non implementate con la dovuta competenza.
Del riciclo dei nemici e della loro ripetitività nei comportamenti abbiamo già detto in abbondanza ma è necessario un attimo focalizzarsi sulla questione schemi e animazioni. In molteplici occasioni, sia con gli avversari più comuni che con i boss, si nota infatti un problema di fondo nella gestione delle animazioni dei nemici e di come questi si muovono sul campo di battaglia per concatenare i loro attacchi o per avvicinarsi al nostro personaggio. Accelerazioni improvvise, cambi casuali di orientamento e direzione, attacchi erratici che non è possibile in alcun modo leggere, intere sequenze di animazioni che talvolta sembrano sparire, sono tutti elementi che si ripetono in continuazione andando avanti nel gioco e fanno sì che in molteplici occasioni l'esperienza sia enormemente più difficile (o al contrario troppo facile) rispetto a pochi incontri prima.
Una difficoltà che non stimola la volontà di insistere e padroneggiare le meccaniche, ma che sembra legata interamente alla casualità, all'essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, senza che si possa fare alcunché per comprendere a fondo come leggere l'avversario e come poter contrastare e fronteggiare le sue azioni. E questo è chiaramente un male per un genere che basa tutto sull'iterazione degli scontri con quell'unico obiettivo di migliorarsi e diventare sempre più perfetti con il pad alla mano. Sentirsi dei campioni, quasi dei super-umani per aver saputo anticipare e contrattaccare il nemico dopo averlo studiato quasi a memoria è alla base stessa del concetto dei soulslike.
Questa approssimazione nelle dinamiche di combattimento può essere persino gestita a proprio favore: è per esempio evidente che l'intelligenza artificiale di Enotria abbia dei grandi problemi con la verticalità e difatti se vi capiterà di far cadere da una piccola sporgenza un avversario o di riuscire a fargli scendere delle scale, vi renderete conto che lui rimarrà completamente incapace di attaccare subendo in modo sconsiderato i vostri colpi, magari con l'unica abilità difensiva di muoversi intorno a voi. E lo stesso vale quando riusciamo a frapporre un altro nemico tra noi e un avversario, con il primo che assorbirà tutti i colpi neutralizzando spesso l'area di azione di un'arma, anche quando questa è invece capace in tutti gli altri contesti (cosa che in realtà capita in troppi soulslike) di attraversare qualsiasi muro colpendoci anche dietro angoli e colonne.
Ma potremmo fare decine di altri esempi di questa "sporcizia" di fondo, quasi un'approssimazione che probabilmente è legata alla necessità del team di sviluppo di mettere in piedi un gioco complesso, vasto, forse al di sopra della propria portata, in un lasso temporale troppo ristretto. Enotria è uno di quei classici esempi dove del tempo aggiuntivo e dei confini meglio delimitati sull'estensione dell'opera, avrebbero fatto un gran bene al prodotto. E questo già la demo lo aveva lasciato intendere.
Una componente ruolistica colma di inutili complicazioni
E lo stesso ci sentiamo di dirlo quando ci focalizziamo sulle meccaniche di personalizzazione dell'esperienza ruolistica di Enotria: The Last Song. Questo soulslike, lo ricordiamo ancora una volta, è particolarmente classico nelle sue dinamiche: visuale in terza persona abbastanza vicina da mostrare il protagonista in figura intera, due tipologie di attacco, la schivata con annessa capriola e un sistema di parata che fa chiaramente tesoro degli insegnamenti di Sekiro: Shadows Die Twice, un altro titolo seminale di FromSoftware che però non appartiene al genere dei soulslike. Il combattimento di Enotria è infatti sì molto vicino a quanto visto nella trilogia di Dark Souls e in Elden Ring, ma è fortemente sbilanciato nell'uso della parata perfetta che serve sia a neutralizzare quasi completamente il danno delle armi avversarie, sia a far crescere uno specifico indicatore nei nemici per poi consentirci di sferrargli un colpo di grazia nel momento in cui questo indicatore si riempie e l'antagonista finisce in ginocchio.
Ci sono poi le anime, qui declinate in memorie, che ci permettono di far crescere di livello il nostro avatar come da tradizione del genere e questo può in qualche modo smorzare un filo la necessità di gestire con grandissimo tempismo gli scontri, ma è cruciale far presente che senza padroneggiare la parata perfetta è praticamente impossibile arrivare all'epilogo.
Si nota poi con piacere una certa volontà del team di alleggerire alcuni aspetti tipici dei soulslike, come la gestione del peso come parte integrante della velocità di movimento, di attacco e di schivata del protagonista, che invece in Enotria è legata solo alla tipologia di arma imbracciata per quello che concerne esclusivamente la velocità dei colpi inferti, così come aver eliminato dagli algoritmi almeno un paio delle statistiche tradizionali su cui si basa la tipologia di danno che possiamo infliggere e quindi a cui è legato anche lo scaling delle armi. O ancora, è da apprezzare come il team abbia voluto reinterpretare la gestione delle magie, studiando a fondo quanto fatto da FromSoftware con Elden Ring e proponendo quindi i versi, ovvero degli incantesimi di attacco che dobbiamo prima trovare nel mondo di gioco, si ricaricano menando fendenti con velocità diverse a seconda della loro potenza e possono poi essere utilizzati in qualsiasi momento sul terreno di battaglia.
Per non parlare del sistema di equipaggiamento che lascia da parte corazze, cappelli e gambali in favore di maschere che modificano integralmente l'aspetto del personaggio (tra l'altro con delle interpretazioni artistiche molto affascinanti) e danno accesso a bonus passivi caratterizzanti e ruoli che, ulteriormente, ci permettono di lavorare di fino sulle statistiche base. E ci sono persino i talenti, che vanno prima acquistati scegliendo il nostro percorso tra 4 rami differenti e poi montandoli in 6 slot a nostra disposizione. E se vi dicessimo che tutte queste robe possono poi essere installate all'interno di 3 diversi corredi che ci permettono così di avere 3 diversi set da cambiare al volo durante l'azione del gioco senza doverci recare di volta in volta al nodo di memoria (ovvero il falò)? Ecco è facile capire come, se da un lato Enotria ha tentato di alleggerire alcune personalizzazioni ormai standardizzate, dall'altro ha implementato troppe variabili che, oltre ad appesantire tutto il sistema, lo rendono davvero poco chiaro e hanno scarse ripercussioni sull'azione di gioco che, complice la questione della parata perfetta e le dinamiche tipiche dei soulslike, si risolve sempre e soltanto nell'abilità di gestire il pad e riuscire a leggere le mosse di avversari e nemici.
E considerate che non vi abbiamo neanche parlato dei danni elementali e delle conseguenti resistenze che definiscono bonus e malus a seconda del classico sistema della morra cinese che dovrebbe stimolarci a usare determinati elementi per fronteggiare avversari deboli ad essi ma che, anche in questo caso, si sono rivelati utili in pochissimi scontri, quelli dove magari le magagne di design rendevano quasi impossibile l'apprendimento delle azioni dell'avversario.
Non chiamatelo doppia A
Difficile invece contestare Enotria da un punto di vista meramente tecnico. Quanto detto per la componente artistica lo possiamo infatti ripetere nel momento in cui ci fermiamo ad analizzare la grafica e l'accompagnamento sonoro del gioco. Considerato tra l'altro che si tratta di un titolo di esordio per un team nato per l'occasione, di un gioco che arriva in contemporanea su due diverse piattaforme, PS5 e PC, di un progetto che in fin dei conti esce ad un prezzo budget (44,99€ su PC), di un lavoro che appartiene ad un genere che ha degli specifici requisiti visivi e non è affatto semplice da mettere in piedi tra telecamera, estensione del mondo e gestione dei nemici, è veramente difficile criticare quanto messo a terra da Jyamma Games.
È innegabile che quella sporcizia di fondo più volte denunciata in questa recensione, ha ramificazioni anche su diversi aspetti tecnici tra compenetrazioni, nemici bloccati in posizioni anomale, interazioni che richiedono di essere a precise distanze dagli oggetti con scarti di errore microscopici, ed elementi dello scenario che appaiono e scompaiono in totale casualità. Ma, ancora una volta, si tratta di peccati ed errori che saranno probabilmente sistemati nel corso dei prossimi mesi e non intaccano in modo drastico l'esperienza.
Il team ha altresì fatto un ottimo lavoro con l'implementazione di tutte le principali forme di upscaling tra DLSS, FSR, XeSS, con tanto di frame generation e il titolo è sempre girato in condizioni di grandissima fluidità sulla nostra configurazione di prova in 4K (AMD Ryzen 7700X con NVIDIA GeForce RTX 4080 Super).
Ci sentiamo di spendere ottime parole anche per quello che concerne la colonna sonora che per quanto sottile e assolutamente sullo sfondo, presenta un tema molto orecchiabile e almeno un paio di tracce di accompagnamento all'azione ben realizzate, con talvolta sapori da est Europa che ci hanno ricordato le migliori tracce di The Witcher 3. E una nota di merito la spendiamo per la scelta di Jyamma Games di offrire l'intero doppiaggio in lingua italiana, con un'ottima interpretazione da parte di tutte le voci principali.
Conclusioni
Enotria: The Last Song è un gioco da provare e di questo ne siamo assolutamente certi. Ma è un titolo colmo di imperfezioni: anche questo è innegabile. Imperfezioni che denotano una certa inesperienza del team di sviluppo che ha scelto di rischiare troppo, di lanciarsi in uno dei generi più complessi del mercato videoludico attuale, dove ci sono alcuni capostipiti praticamente irraggiungibili e una manciata sparuta di altri esponenti che, a fatica, ce l'hanno fatta. Enotria purtroppo è molto lontano da tutti questi e pur offrendo un'esperienza che, siamo sicuri, potrà dare qualche soddisfazione a chi necessita di giocare almeno un soulslike al mese, non permette di sorvolare su tutte le problematiche annesse e connesse alle sue meccaniche di gioco e all'esperienza che offre. La nostra speranza è che il team faccia tesoro delle critiche e si lanci a testa bassa in un sequel capace di migliorare drasticamente ogni singolo aspetto del gioco conservando un immaginario sicuramente molto affascinante.
PRO
- Da un punto di vista artistico è da premiare
- Alcune componenti tipiche del genere sono state alleggerite con furbizia
- Si nota lo sforzo per offrire un doppiaggio in italiano di qualità
CONTRO
- Ci sono parecchie deficienze in tutti gli aspetti caratterizzanti dei soulslike
- Molti degli elementi che dovrebbero dare profondità servono a poco
- Troppo sporco e poco rifinito