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Everhood, la recensione: un gioco di ruolo musicale fuori di testa

Guitar Hero incontra Undertale in questo psichedelico GdR musicale: la nostra recensione di Everhood.

RECENSIONE di Alessandra Borgonovo   —   05/03/2021
Everhood
Everhood
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Il primo impatto con Everhood è difficile da descrivere, poiché probabilmente nessun trip riuscirebbe ad avvicinarci all'esperienza sviluppata da Chris Nordgren e Jordi Roca. Questo inusuale GdR musicale raggiunge vette di effetti psichedelici assurdi, che non ci saremmo immaginati nonostante l'avvertenza iniziale prima di cominciare la partita: un viaggio di circa dieci ore ci siamo ritrovati a percorrere una storia di cui, già dalle prime battute, sapevamo non avremmo compreso nulla, accompagnata da un gameplay che è la vera colonna portante del gioco ma non basta a impedire al gioco una lenta parabola discendente fatta di inutili frustrazioni, ripetitività e il familiare trucco del "aspetta, ora viene il bello!" per quanto riguarda la narrazione che si protrae più a lungo di quanto avrebbe dovuto. Scopriamo dunque pregi e difetti nella nostra recensione di Everhood su Nintendo Switch.

Un'esperienza surreale

Non ci vuole molto per annusare che Everhood è pronto a giocare la carta della storia dal filo logico contorto, anche troppo: bastano pochi minuti e un'introduzione semplice ma, proprio per questo, in grado di farci alzare le antenne. Le premesse sono che dopo aver accettato di perdere l'umanità per abbracciare l'immortalità ci risvegliamo nel corpo di una bambola vestita di rosso (Red, per gli amici) solo per scoprire che ci è stato rubato un braccio. L'obiettivo sarà dunque andare a riprendercelo e fin qui tutto in regola, nonostante un'ambientazione e soprattutto dei personaggi innegabilmente bizzarri: basta davvero poco per rendersi conto di come una premessa innocente si possa trasformare in un dedalo di informazioni e pezzi di trama cui diventa difficile dare un senso, tuttavia qualunque parola in merito ci farebbe cadere nella trappola dello spoiler. Limitatevi a sapere che il vostro obiettivo principale è riprendervi il braccio rubato.

In un mondo sulla falsa riga di Undertale per quanto concerne l'estetica, caratterizzato da un forte uso del nero ma in cui non mancano ambientazioni più "complete" e colorate, ci muoveremo in lungo e in largo per ottenere l'oggetto della nostra ricerca: parleremo con cestini della spazzatura, vampiri raffreddati, cavalieri in mutande, pesci rossi e chi più ne ha ne metta, ma il momento in cui Everhood brilla di più - non solo in termini cromatici - sono le battaglie. Optando per un iniziale approccio non violento, l'unica possibilità che ha Red di uscire indenne da questi scontri è schivare i colpi in arrivo nell'ottica di un sistema di combattimento unico. Concettualmente ricorda Guitar Hero, anzi non escludiamo possa esserne un omaggio poiché lo scontro si svolge sempre su un terreno modulato come la tastiera di una chitarra: qui, faccia a faccia con il nostro nemico, dovremo evitare i suoi assalti a ritmo di musica. Le note si presentano in diverse forme ma, ridotte all'osso, sono di due tipologie: quelle che possiamo saltare e quelle che invece dovremo evitare muovendoci lateralmente. È comunque piacevole vedere che a livello grafico sono stati fatti degli sforzi per variarle in base all'avversario da affrontare. Non è esattamente una regola aurea, molti presentano la stessa estetica, tuttavia alcuni di loro varieranno sul tema cogliendoci anche in contropiede.

Everhood: uno dei primi combattimenti del gioco
Everhood: uno dei primi combattimenti del gioco

In termini di difficoltà, Everhood ne presenta diverse tra cui anche una Story Mode per chi vuole rilassarsi e godersi (o provarci) la storia. Il gioco però è stato pensato per essere affrontato ad Hard e così noi l'abbiamo vissuto dall'inizio alla fine, pentendoci in più occasioni della scelta: è possibile cambiare modalità in qualunque momento ma a un certo punto diventa una questione di orgoglio personale e siamo rimasti fedeli a noi stessi fino all'ultimo. La sostanziale differenza tra le diverse difficoltà è il numero di colpi che puoi subire prima di morire e il lasso di tempo entro cui le vite si rigenerano se non subiamo danni. Messa così sembra abbordabile, fidatevi però che non è semplice come la si dipinge, questo grazie alla necessità di dover adattare la nostra coordinazione occhio-mano in maniera efficiente di volta in volta: la varietà degli scontri è infatti sufficiente a tenerci sulle spine e, spesso, sfrutta proprio l'elemento psichedelico insito nel gioco per metterci in difficoltà tentando (a volte riuscendoci) di distrarci con effetti su schermo di fronte ai quali verrebbe solo voglia di spegnere la console. Un trucchetto di cui a volte il gioco abusa ma che, tutto sommato, gli possiamo perdonare; o meglio, potremmo se non ci fosse un pesante problema di cui parleremo tra un momento.

Everhood: c'è spazio anche per sessioni di gioco di ruolo
Everhood: c'è spazio anche per sessioni di gioco di ruolo

Possiamo dividere Everhood in due parti più atto finale. La prima è quella, a dispetto di una storia senza capo né coda, più avvincente perché siamo sempre impegnati a imparare come sopravvivere. Nella seconda metà otterremo la capacità di deflettere gli attacchi e qui è dove inizia la lenta parabola discendente del gioco - considerate che pur trattandosi di un GdR, qualsiasi aspetto relativo al genere è assente, dai potenziamenti, ai livelli, all'esperienza, persino all'equipaggiamento stesso. Premesso questo, una volta che diventeremo più aggressivi e avremo dunque la possibilità di infliggere danno agli avversari dovremo ripercorrere a ritroso il gioco, tornando sui nostri passi e affrontando nuovamente gli stessi personaggi più diverse aggiunte che rendono sì l'esperienza meno pesante ma non riescono a salvarla dalla ripetitività, soprattutto perché arrivati a quel punto (salvo rare eccezioni) avremo visto praticamente ogni possibilità espressiva del gioco. L'atto finale è invece un inutile trascinarsi in una narrazione che continua a far leva sull'eccessivo ermetismo e sfruttare il già menzionato "aspetta, ora viene il bello!" per non arrivare mai a nulla, presentando una serie di battaglie che raggiunge picchi ingiustificati di difficoltà e logora la poca pazienza rimasta a quel punto.

Everhood: gli effetti psichedelici iniziano a farsi pesanti
Everhood: gli effetti psichedelici iniziano a farsi pesanti

Everhood non è certo il primo gioco a svelare la propria mano proprio in chiusura, dopo aver girato attorno alla questione per tutto il resto del gioco, ma laddove altri sono riusciti a farsi perdonare questo temporeggiare, qui è difficile concedergli il beneficio del dubbio: certo, l'impatto della narrazione varia in base alla prospettiva di chi sta giocando, eppure rimane la sensazione che si sia voluto giocare fin troppo con il detto e non detto. La scarsa, per non dire totale assenza, di empatia verso i personaggi ha un ruolo cruciale in tutto questo ed è dovuto a uno sviluppo risicato degli stessi: fatta eccezione per il protagonista, la cui natura criptica ha un senso ai fini della storia, gli altri avrebbero meritato un trattamento migliore anche solo per come ci rapporteremo nei loro confronti durante la seconda parte. Così invece è come avere a che fare con delle bambole vuote, verso cui è davvero difficile provare qualcosa che non sia, eventualmente, frustrazione quando ci fanno sudare sette camicie per essere sconfitti.

Alla fine, gli elementi che fanno rimanere in piedi Everhood sono il sistema di combattimento e la musica: del primo abbiamo già parlato a sufficienza, è molto buono pur senza evolversi troppo, mentre dal punto di vista musicale non c'è nulla da recriminare. Tutte le tracce si lasciano ascoltare, o affrontare se preferite, molto volentieri e pur appoggiandosi molto sull'elettronica spazia anche lungo altri generi che riescono a offrire la giusta varietà. Unica pecca generale è quel trucchetto per cui spesso la difficoltà maggiore deriva da un uso degli effetti psichedelici eccessivo. In aggiunta non possiamo lasciare da parte la presenza di qualche minigioco che si sforza di variare l'esperienza: niente di eccezionale ma nel complesso si presenta come un gradevole intermezzo per ottenere gli oggetti grazie ai quali proseguire la nostra missione.

Qualche difficoltà tecnica

Everhood: una sfida di kart ci sta sempre bene
Everhood: una sfida di kart ci sta sempre bene

Ve l'abbiamo anticipato nei paragrafi precedenti e ora ne possiamo parlare: l'aspetto che più affossa Everhood sono i tempi di caricamento. In media sono tra i dieci e i quindici secondi ma in alcuni casi si possono estendere fin quasi a trenta; un problema non indifferente se si pensa che il gioco carica per qualsiasi cosa, dal passaggio attraverso le porte, ai cambi di schermata fino a tutte le volte che riproveremo una battaglia dopo essere stati sconfitti. Considerato sia che durante l'avventura vi è comunque una certa dose di esplorazione e backtracking, sia soprattutto che è a volte è molto semplice venire sconfitti (può capitare persino nei primissimi secondi dello scontro), il tutto si fa alla lunga incredibilmente frustrante. Se poi, nell'ottica dei combattimenti, aggiungiamo il fatto di dover sempre vederci l'introduzione del nemico siamo attorno a una media di venticinque secondi per ogni lotta ripetuta. Siamo rimasti sorpresi da tempi così lunghi per un gioco 2D e in alcuni casi ci siamo persino chiesti se il gioco si fosse bloccato o fosse ancora in fase di caricamento, non essendoci alcun elemento a schermo che indica la cosa.

Everhood: poteva mancare lo scienziato folle?
Everhood: poteva mancare lo scienziato folle?

Un ultimo difetto a balzarci all'occhio riguarda i frequenti errori di ortografia e grammatica, nulla che non si sarebbe potuto facilmente rilevare. Verso la fine, quando Everhood si fa più descrittivo e narrativo, balzano più all'occhio e potrebbero infastidire chi parte da una buona conoscenza dell'inglese.

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Digital Delivery Steam, Nintendo eShop
Prezzo 9,99 €
Multiplayer.it
7.0
Lettori (6)
7.4
Il tuo voto

Non bastano delle valide tracce musicali, un buon sistema di combattimento ed effetti psichedelici a profusione per distrarre dal fatto che Everhood sia sì un gioco con una promettente base di partenza, ma vada lentamente a perdersi fin quasi a diventare inconsistente. Nel complesso è un'esperienza con diversi punti di merito - la musica, appunto, e la messa in scena degli scontri - tuttavia si affida spesso e volentieri ad alcuni trucchetti per rendere il tutto inutilmente difficile, a dispetto della possibilità di cambiare difficoltà a piacere. I lunghi tempi di caricamento non aiutano affatto nel godere di un'esperienza che, pur nel suo eccessivo ermetismo di trama e in una ripetitività di fondo, avrebbe potuto giocarsela meglio. Rimane un'esperienza da provare, nonostante tutto.

PRO

  • Sistema di combattimento intrigante
  • Tracce musicali varie e molto orecchiabili
  • L'estetica alla Undertale ha il suo indubbio fascino...

CONTRO

  • ... ma il peso sugli effetti psichedelici è a volte eccessivo
  • Dalla seconda parte, il gioco segue una parabola discendente
  • I caricamenti su Nintendo Switch sono troppo frequenti e lunghi