Non si può scrivere una recensione di Final Fantasy 7 Remake a cuor leggero. Nel bene e nel male, è stato uno dei giochi più desiderati, discussi e polemizzati nella storia di questo medium, a prescindere da ciò che ha significato il titolo originale del 1997 per tutti quei giocatori che magari hanno scoperto i JRPG proprio grazie a esso. Fin dal suo annuncio, Final Fantasy VII Remake è stato il nemico di sé stesso. Come si fa a raccontare da capo una storia che conoscono quasi tutti? Il fattore nostalgia funziona fino a un certo punto: se decidi di dividere l'opera in più parti, l'incantesimo prima o poi si spezzerà anche per i fan più irriducibili. Square Enix ha quindi dovuto trovare una soluzione a questo dilemma, e lo ha fatto nel modo più onesto possibile, ribadendo a ogni intervista che ci saremmo trovati di fronte a un gioco nuovo, a un Final Fantasy VII ripensato per una nuova generazione. Dal canto nostro, mentre scorrevano i titoli di coda alle 5 del mattino, ci siamo scoperti a chiederci, con la fronte corrugata e un'insospettabile voglia di proseguire nonostante la stanchezza e l'impossibilità di farlo, che cosa succederà a quegli eroi che abbiamo incontrato tanti anni fa e che abbiamo ritrovato in forma smagliante.
Remake... oppure Rebuild?
Ventitré anni fa, mentre il dream team di Squaresoft sviluppava Final Fantasy VII per la prima PlayStation, in Giappone si consumava il successo di Neon Genesis Evangelion, un anime che è stato anch'esso un punto di svolta per il rispettivo medium. Anni dopo, il regista di Evangelion, Hideaki Anno, avrebbe rilanciato il suo capolavoro, raccontandolo da capo in una serie di lungometraggi cinematografici che sono cominciati sulle stesse note e poi hanno preso improvvisamente una strada diversa dall'originale, sconvolgendo e incuriosendo i fan. Hideaki Anno ha chiamato questa nuova opera episodica Rebuild of Evangelion. E forse anche Tetsuya Nomura avrebbe dovuto chiamare così questo remake di Final Fantasy VII, perché ci troviamo di fronte a una situazione molto simile.
Lo sceneggiatore Kazushige Nojima ci aveva avvisati: qualcosa sarebbe stato diverso nella storia che molti già conoscono, se non altro perché sono passati vent'anni, il pubblico è cambiato ma soprattutto sono cambiate la tecnologia e i metodi. L'incipit è sempre lo stesso: gli ecoterroristi dell'Avalanche reclutano un super mercenario di nome Cloud Strife per attaccare i reattori di Midgar, una mastodontica città che la Shinra Corporation ha costruito attingendo all'energia vitale del pianeta. Coinvolto suo malgrado più del necessario, Cloud si ritrova a fare i conti col suo passato e con una minaccia molto più inquietante e pericolosa.
La trama di Final Fantasy VII era già particolarmente innovativa ai suoi tempi, ma oggi Nojima ha messo la tecnologia al servizio della narrazione per definire meglio ogni aspetto della storia, raccontandola a un pubblico che si pone molte più domande che in passato. Così le attività dell'Avalanche, per esempio, assumono contorni più sfocati e diventa più difficile giustificarle: la scrittura di Nojima si concentra sui chiaroscuri dei personaggi grazie a dialoghi, espressioni e atteggiamenti più incisivi e realistici.
Personaggi come Barret ne escono sensibilmente più caratterizzati, ma Final Fantasy 7 Remake concede anche più tempo a comprimari di secondo piano come Biggs, Wedge e Jessie, stabilendo nel cast legami ancora più forti e vissuti. Il taglio cinematografico della regia ha ovviamente un merito di primaria importanza. Final Fantasy VII Remake abbandona i confini restrittivi del JRPG originale per un approccio più vicino alle avventure in terza persona che hanno definito questa generazione come Uncharted, God of War, Tomb Raider. È un'impostazione che farà storcere il naso ai puristi, ne siamo sicuri, ma che eleva il racconto a livelli di coinvolgimento innegabili, grazie a una scelta di ritmi, pause e inquadrature di gran classe. Difficile descrivere a parole che cosa significhi rivivere alcuni tra i momenti più iconici di Final Fantasy VII dopo aver compensato per così tanto tempo con la pura e semplice immaginazione, sentire finalmente certi dialoghi o determinate battute.
Apriamo, a questo proposito, una breve parentesi sull'adattamento. Chi ha giocato la demo si sarà sicuramente accorto della discrepanza tra i dialoghi in inglese e i sottotitoli in italiano, una discrepanza che possiamo confermare anche nella release definitiva del gioco. Sebbene sia possibile giocare impostando il doppiaggio in giapponese, noi abbiamo giocato per la maggior parte del tempo con l'audio in inglese perché conosciamo la lingua e volevamo capire fino a che punto si differenziassero i due adattamenti. I due registri linguistici sono effettivamente diversi, se non altro perché in inglese Final Fantasy 7 Remake ci è apparso molto più sboccato e irriverente: alcuni dialoghi cambiano radicalmente, pur mantenendo il medesimo senso, ma va detto che il doppiaggio in lingua inglese dà al gioco un marchio da blockbuster hollywoodiano, prendendo le distanze dai toni più pacati e moderati dell'adattamento italiano e, supponiamo, del copione giapponese. Rimane quindi una questione di pura e semplice preferenza, anche se dobbiamo ammettere che il doppiaggio inglese ci ha davvero convinto grazie alla sua intensità.
Qualcosa è cambiato
A conti fatti, insomma, Final Fantasy 7 Remake è davvero un Final Fantasy VII ripensato, stessa anima in un corpo differente... oppure c'è qualcosa di più che finora Nomura e soci ci hanno taciuto, magari nascondendolo alla fine del gioco? Sapevamo che questo primo episodio avrebbe raccontato soltanto il prologo ambientato nella città di Midgar, e ci siamo interrogati per anni su due fattori in particolare: la durata di un remake che si basa sulle prime cinque ore circa di Final Fantasy VII e il numero di uscite totali che avrebbero dovuto coprire. Alla prima domanda abbiamo finalmente una risposta. Abbiamo terminato Final Fantasy 7 Remake in circa 40 ore di gioco, completando tutte le missioni secondarie e passando un po' di tempo coi minigiochi e con l'arena.
Conclusa l'avventura, si sblocca un livello di difficoltà aggiuntivo che permette di rigiocare liberamente i capitoli per trovare ogni collezionabile, ed è inoltre possibile accedere a nuove sfide di combattimento nel laboratorio di Hojo. I contenuti, insomma, ci sono, e Square Enix non li ha dilatati forzatamente come temevamo: la progressione, che va a braccetto con la narrazione, è organica, anche perché il giocatore ha raramente la totale libertà di esplorazione.
Midgar non è un open world, ovviamente, e bisogna immaginare Final Fantasy VII Remake come un insieme di scenari consecutivi, tant'è che Nomura e compagnia lo hanno diviso in diciotto capitoli. Spesso non è possibile tornare sui propri passi, e avrete la possibilità di spostarvi da un settore all'altro della città solo verso la fine del gioco, praticamente in prossimità dell'immancabile punto di non ritorno. Tutto ciò è coerente con la scrittura e con la narrazione, e l'esperienza si apre solo in determinati frangenti, quando al giocatore è concessa la parziale libertà di gironzolare, fare acquisti e intraprendere qualche missione secondaria. Queste missioni, che possono sembrare inizialmente abbastanza banali, hanno l'indiscusso merito di intrecciarsi tra loro, quasi completandosi o sbloccandosi a vicenda: esse definiscono meglio il mondo in cui ci muoviamo e i personaggi minori con cui avremo a che fare, e naturalmente ci ricompensano con consumabili, accessori, Materie e così via.
Se escludiamo queste deviazioni momentanee, però, Final Fantasy VII Remake è un titolo estremamente lineare che ci indirizza continuamente da un obiettivo all'altro. In generale, il remake ricalca il susseguirsi degli eventi nell'originale, cambiando qualcosa qua e là per dare più spazio ai vari personaggi oppure per introdurne qualcuno inedito. Ovviamente abbiamo osservato con grande attenzione una delle sequenze più famose di Final Fantasy VII: la scena in cui Cloud si traveste da donna per infiltrarsi nel covo di Don Corneo. Sapevamo che sarebbe stata diversa, perché replicarla oggi, in un setting realistico, sarebbe stato estremamente difficile, e siamo rimasti soddisfatti dal risultato complessivo. L'intero segmento è cambiato tantissimo, ma Nojima, Nomura e compagnia sono riusciti a mantenere il tono dissacrante e i sottintesi erotici senza scadere in un becero sessismo. Siamo abbastanza sicuri che questa scelta dividerà i fan, ma abbiamo apprezzato la grandiosità della messinscena, decisamente nomuriana nella regia e nella stravaganza.
È tuttavia nelle fasi finali dell'avventura che si comincia a riguardare quel Remake nel titolo con maggior cautela. Non vogliamo anticiparvi nulla, se non che nelle prossime settimane si parlerà tantissimo del futuro di questa operazione Square Enix, nel bene e nel male. Garantito. Sospettavamo che Square Enix sarebbe riuscita a conquistare più facilmente nuovi fan, ma anche che sarebbe stata dura soddisfare i più intransigenti ammiratori del Final Fantasy VII originale, e forse è proprio per questo che il team creativo si è preso alcune... libertà, per così dire, che spaccheranno in due il fandom. Noi, dal canto nostro, siamo rimasti impressionati positivamente dalle intenzioni di Tetsuya Nomura e Kazushige Nojima, un po' meno dall'esecuzione in sé e per sé, ma ci stiamo sbottonando già troppo. Torneremo sulla questione al momento opportuno, tuttavia vi diciamo questo: pur conoscendo Final Fantasy VII praticamente a memoria, non vediamo l'ora di scoprire cosa ci riserva il futuro del Remake. E questo, per noi, è stato un merito importantissimo.
Comparto tecnico: il nuovo look
In verità non c'è molto da aggiungere sul comparto tecnico di Final Fantasy VII Remake che non si sia già abbondantemente ribadito dopo ogni trailer e, soprattutto, dopo aver giocato la demo disponibile sul PSN da qualche settimana. In una parola, l'ultima fatica Square Enix è sontuosa, e giustifica i due Blu-ray Disc o i quasi 100 GB di download già con la sua scrupolosa, attenta e dettagliata ricostruzione di Midgar. Abbiamo conosciuto la città sotto forma di schermate statiche e sfondi prerenderizzati nel 1997; la ritroviamo completamente in 3D, tutta nuova e al contempo familiare, coi suoi settori che rappresentano i diversi strati della società, le villette a schiera nei placidi sobborghi che fanno da contraltare coi bassifondi in cui si vive alla giornata, le sparute macchie di verde che ci ricordano la natura che fu tra una discarica e un impianto elettrico. Nonostante sia una sola città, Midgar è un micromondo che riflette un'enorme varietà di scenari e situazioni: per questo gli si perdonano i lunghi corridoi e la quasi totale assenza di interazione con l'ambiente, limitata all'apertura di porte o all'utilizzo di leve e interruttori.
Non si può che rimanere a bocca aperta di fronte alla ricostruzione del Mercato Murato nel Settore 6, ora più simile al vero Kabukicho tokyense, col suo realistico dedalo di vicoletti, i chioschi aperti, le luminarie che si riflettono sulle pozzanghere, separando l'opulenza della magione di Don Corneo dalla grezza libido nel vicolo che conduce al nightclub Dolcemiele. Tanta ricercatezza aiuta a perdonare le macchie che sporcano uno dei titoli più belli che abbiamo visto girare su PlayStation 4, macchie che ci sono e che non passano inosservate, specialmente quando le inquadrature ve le sparano in primo piano: qualche texture in bassissima risoluzione, immagini bitmap sgranate che fanno da sfondo in certi passaggi, abitanti anonimi che si ripetono anche nel giro di pochi metri per risparmiare memoria. C'è da sottolineare che stiamo parlando di incertezze che si dimenticano facilmente, ma che purtroppo si notano: a nessuno frega niente che il cartellone fuori da un negozio sia sgranatissimo e illeggibile, o che il pomello di una porta sia più spigoloso degli zigomi di Angelina Jolie in Maleficent, però lo sguardo cade anche sopra questi dettagli.
Tutto il resto, tutto quello che conta davvero, è meraviglioso. I modelli poligonali sono proporzionati, verosimili, dettagliatissimi, animati divinamente. Cloud, Tifa, Aerith e gli altri sembrano attori che interpretano gli eroi con cui molti di noi sono cresciuti, a tratti indistinguibili dai filmati in computer grafica che, a scanso di equivoci, ci sono, punteggiano i momenti più importanti della narrazione e raggiungono livelli assolutamente stratosferici. Nei combattimenti scoppia un tripudio di effetti grafici, senza che il gioco perda mai un fotogramma, e gli artisti di Square Enix sono riusciti a ridisegnare realisticamente alcuni tra i nemici più bizzarri del gioco senza tradire il suo spirito goliardico e marcatamente videoludico.
Se sotto questo aspetto, Final Fantasy VII Remake è un successo, al netto delle piccole riserve summenzionate, sul versante musicale stiamo parlando di un capolavoro senza se e senza ma. Masashi Hamauzu ha riarrangiato le celebri musiche del maestro Nobuo Uematsu, e non solo quelle che abbiamo ascoltato nel prologo di Midgar, ma di molte altre che possiamo sentire coi jukebox sparsi per la città e che possiamo collezionare sotto forma di dischi. Un antipasto di Cosmo Canyon, Costa del Sol, Tango of Tears, Golden Saucer e così via, se vogliamo, mentre nelle nostre orecchie rimbomba il ritmo stellare della nuova e già indimenticabile Let the battle begins. La colonna sonora di Hamauzu dà una carica straordinaria alle scene più importanti, facendo diventare alcuni combattimenti ancora più coinvolgenti.
Trofei PlayStation 4
I trofei di Final Fantasy 7 Remake sono in totale 54: 44 di bronzo, 7 d'argento, 2 d'oro e 1 di platino. Seguendo la storia sbloccherete automaticamente alcuni di essi, mentre per altri dovrete impegnarvi molto di più, per esempio completando tutte le richieste di Chadley o portando a termine ogni missione secondaria, combattendo nell'arena del Mercato Murato o trovando tutti i dischi musicali.
Combattere nel Remake
Il che ci porta, finalmente, a parlare del gameplay e di come Final Fantasy VII Remake sia riuscito a divertirci per 40 ore, anche se qualche volta ci ha fatto imprecare sonoramente. Questo è accaduto soprattutto combattendo al chiuso contro i nemici volanti, quando la telecamera impazziva e, nonostante avessimo agganciato il bersaglio, ci costringeva a muoverla manualmente per capire cosa stesse succedendo.
Abbandonata ogni pretesa di combattimento a turni, Final Fantasy VII Remake adotta l'approccio action con l'aggiunta di una pausa tattica ispirata al famoso meccanismo Active Time Battle, qui implementato sotto forma di tacche che, in sostanza, rappresentano i tempi di ricarica dei singoli personaggi che compongono il party, massimo tre alla volta. Quando un personaggio è a corto di ATB, può attaccare fisicamente con la sua arma o usare un'azione speciale che lo contraddistingue: Cloud può cambiare stile di combattimento, Barret può esplodere un colpo più potente e così via. Gli indicatori ATB - che possono essere manipolati con la Materia e incantesimi tipo Sprint - consentono quindi l'utilizzo di magie, oggetti e altre azioni speciali.
Così, quando comincia uno scontro, nei punti prefissati in cui ci aspettano i nemici, ci si muove liberamente, si schiva, si para e si attacca in tempo reale. Il giocatore può cambiare personaggio al volo, oppure ordinare agli altri di eseguire una determinata azione: appena si apre il menù, il tempo rallenta enormemente, concedendoci l'opportunità di riflettere. La strategia è importante, che questo sia chiaro: i primi combattimenti sono un gioco da ragazzi, ma più si prosegue e più impegnativi diventano. Bisogna imparare a sfruttare i punti deboli del nemico per caricare il suo stato di tensione, sicché raggiunta la condizione massima di stremo sia possibile infliggere danni maggiorati per tutta la durata dello stordimento. È un sistema di combattimento che spinge a cambiare sempre più spesso i personaggi, a usare diversi tipi di Materie elementali e sfruttare un sistema di controllo relativamente personalizzabile: potete impostare delle scorciatoie per renderlo un pelo più action di quanto già sia, ma i vostri compagni di squadra non si impegneranno al massimo se non sarete voi a controllarli direttamente o indirettamente.
Square Enix ha rilavorato le dinamiche della Materia, che restano comunque molto fedeli a quelle originali. Le Materie alloggiate nelle armi - un tocco di classe il fatto che siano visibili - guadagnano punti esperienza che sbloccano nuovi incantesimi e bonus. Alcune Materie servono soltanto a lanciare magie di vario tipo, altre aumentano alcuni parametri, altre ancora implementano vari meccanismi come il contrattacco, e poi ci sono le Materie che in qualche modo cambiano i comportamenti dei compagni di squadra, magari facendo curare automaticamente chi è in pericolo, oppure facendo attaccare lo stesso bersaglio del giocatore piuttosto che un altro nemico.
L'intelligenza artificiale non è particolarmente brillante proprio perché il controllo del combattimento è consegnato nelle mani del giocatore: in questo senso, Final Fantasy VII Remake ci ha messo qualche ora per convincerci fino in fondo, ma alla fine ci siamo divertiti parecchio, specialmente dopo aver affondato le mani nel sistema di personalizzazione delle armi.
Ogni arma che troveremo possiede un'abilità specifica che può essere utilizzata soltanto quando si impugna, o almeno finché non si apprende soddisfacendo alcuni requisiti specifici. A quel punto, potremo cambiare arma senza perdere la sua abilità. Le armi di Final Fantasy VII Remake, tuttavia, non si buttano e non diventano obsolete. Ciascuna riflette uno specifico approccio. Cloud, per esempio, può contare su spade bilanciate, spade che lo avvantaggiano sul piano fisico e spade che potenziano le sue capacità magiche. E ciascuna di queste spade consente di spendere i punti abilità guadagnati aumentando di livello per sbloccare vari bonus che cambiano di arma in arma, rendendo ciascuna di essere più o meno versatile a seconda della situazione. È un sistema semplice, intuitivo e molto divertente che, insieme alla gestione della Materia, vi farà passare parecchio tempo nei menù a studiare le sinergie migliori di volta in volta.
Nulla vi vieta di trasformare Barret in una specie di mago, nonostante il suo aspetto massiccio e sue innate capacità da tank, esattamente come succedeva in Final Fantasy VII: il remake, sotto questo aspetto, svecchia le vecchie meccaniche e le integra perfettamente nel nuovo sistema di combattimento. L'unica delusione, se così possiamo definirla, sono le spettacolari Invocazioni, poche e utilizzabili soltanto quando si combattono determinati boss. Gli Esper non possono essere controllati direttamente e restano sul campo solo per un certo periodo di tempo, prima di svignarsela con un devastante attacco speciale. Il fatto che si possano usare soltanto contro i boss ha un certo senso, poiché Square Enix si è impegnata a rendere questi scontri veramente memorabili. Bisogna ammettere che alcuni di questi potenti nemici sono vere e proprie spugne con quantità esorbitanti di punti vita, e che si ricorre spesso ai consumabili, ma il gioco ci dà sempre i mezzi per abbreviare gli scontri sfruttando i punti deboli o attaccando le appendici che spesso indeboliscono ulteriormente il nemico primario.
Probabilmente il fiore all'occhiello del sistema di combattimento, i boss sono tutti diversi, spesso incentrati su dinamiche originali che contemplano l'utilizzo dell'ambiente circostante o la mutilazione di appendici vari per indebolirli, e quasi tutti, come lo Scorpione Guardiano della demo, si dividono in varie fasi legate da brevi cinematiche che rendono la battaglia ancora più spettacolare, specialmente nel caso dei combattimenti più iconici. Sono letteralmente il culmine delle sessioni di gioco, spesso situati alla fine di quelli che potremmo definire veri e propri "dungeon" come le fogne sotto la magione di Don Corneo o la Tangenziale crollata che lega due settori della città: un altro aspetto di Final Fantasy VII Remake che ci ha convinto è proprio il modo in cui Square Enix ha integrato queste mappe nella struttura del gioco, inventandosi anche qualche interessante rompicapo da risolvere strada facendo. Una soluzione che ci ha ricordato i normali JRPG e che ha rimarcato l'attenzione con cui il titolo Square Enix è stato progettato, nel rispetto del suo glorioso passato ma con lo sguardo rivolto al presente e, soprattutto, al futuro.
Conclusioni
Final Fantasy 7 Remake è senza dubbio un titolo profondamente diverso dal leggendario JRPG del 1997 e avvicinarsi a esso immaginandolo come una copia carbone in alta definizione potrebbe essere il peggior errore che potrebbe commettere qualsiasi fan. Noi abbiamo adorato il modo in cui Square Enix ha riproposto il suo titolo più famoso, mettendo la tecnologia al servizio della narrazione. Ci siamo divertiti per una soddisfacente quantità di ore e non vediamo l'ora di mettere le mani sul sequel, specialmente se questo è stato l'antipasto di quello che il team di Yoshinori Kitase oserà su PlayStation 5. Alcune scelte faranno sicuramente discutere, altre potrebbero farvi persino arrabbiare. Final Fantasy VII Remake è fatto di luci e ombre proprio come la città di Midgar... ma proprio come succede a Midgar, più le ombre si allungano e più le luci risplendono, lasciandoci quel profondo senso di pace che si prova solo dopo una lunga attesa, finalmente ripagata.
PRO
- Valori produttivi generalmente stellari
- Sistema di combattimento vario e divertente
- Il taglio cinematografico rende alcuni momenti ancora più memorabili
- Sono riusciti veramente a tradurre un prologo di poche ore in quasi quaranta ore che giustificano il prezzo pieno
CONTRO
- Qualche texture a bassissima risoluzione che finisce spesso in primo piano
- È impossibile che alcune scelte narrative mettano d'accordo i fan più agguerriti