Le circa settanta ore che abbiamo passato in compagnia di Alear e il pittoresco cast di Fire Emblem Engage hanno sostanzialmente confermato le nostre impressioni iniziali: il nuovo titolo sviluppato da Intelligent Systems per Nintendo Switch è semplicemente fantastico da giocare, ma la narrativa, che stentava a decollare in quelle prime ore, non ha mai spiccato il volo. C'è da dire che Fire Emblem non è mai stata una serie particolarmente memorabile da questo punto di vista, fatte alcune doverose eccezioni; in questo senso, sarebbe stato sicuramente opportuno seguire le orme del precedente Fire Emblem: Three Houses, che con i suoi sviluppi feroci e le molteplici diramazioni, aveva incontrato il favore del pubblico e della critica. Per qualche motivo lo sviluppatore nipponico ha preferito concentrarsi sul gameplay.
Nella nostra recensione di Fire Emblem Engage scoprirete se e quanto ha pesato sulla nostra valutazione questa scelta particolarissima e controversa.
Che poi, da qualche parte, sotto quella patina da fantasy di serie B, c'è pure una storia interessante, con qualche trovata magari non particolarmente originale, ma sufficientemente insolita. Scadiamo nei cliché del genere, tra legami di sangue, amnesie, rivelazioni e marrani millenari che vogliono conquistare il multiverso pure qui: il problema è che Fire Emblem Engage questa storia la racconta in modo maldestro, con dialoghi puerili - che la localizzazione italiana cerca disperatamente di risollevare - e pigre inquadrature nelle scene che precedono e seguono gli scontri, in cui i personaggi più importanti discutono o commentano le vicende.
La regia è statica, per non dire sciatta, e c'è uno stacco prepotente tra queste scene pedestri e le splendide cinematiche in computer grafica, girate molto meglio e decisamente più dinamiche, che rappresentano i momenti salienti della storia e che purtroppo si contano sulle dita di una mano.
Questo non significa che Fire Emblem Engage sia un'esperienza da dimenticare, se non altro perché si appoggia a un cast di tutto rispetto. Lo ripetiamo, più convinti di prima, ora che abbiamo completato il gioco: in questo coloratissimo contesto fantasy, lo stile eccentrico dell'illustratrice Mika Pikazo funziona davvero bene e caratterizza alla perfezione i personaggi che si uniranno alla causa di Alear o che lo contrasteranno sul campo di battaglia. I diversi look esprimono i caratteri, i lignaggi e le culture cui appartengono i tantissimi comprimari che recluteremo nel nostro esercito, giacché una delle tematiche principali accennate nell'avventura è proprio l'importanza di mettere da parte le divergenze e unire le forze contro un nemico comune.
A differenza dei precedenti Fire Emblem, in cui le controparti dei giocatori erano silenziose e senza una precisa identità, Engage ruota tutto intorno alla figura di Alear, una specie di messia - maschio o femmina, a voi la scelta - che si risveglia dopo mille anni per salvare Elyos dal ritorno di Sombron, il Drago Maligno.
La maggior parte dei comprimari ha poche battute nella campagna principale, affidata perlopiù ai rappresentanti dei regni che compongono Elyos e che si legheranno ad Alear, ma le consuete conversazioni di Sostegno, che si sbloccano facendo partecipare agli scontri le varie unità, aiutano ad approfondire meglio la nostra conoscenza non solo dei personaggi secondari, ma anche degli Emblemi. Questi ultimi, che come probabilmente saprete sono i protagonisti dei Fire Emblem precedenti, hanno un ruolo di primo piano nella storia, ma i riferimenti ai titoli da cui provengono rientrano nel puro fanservice e quasi sicuramente sfuggiranno a chi quei giochi non li ha vissuti.
È un peccato che Intelligent Systems abbia trascurato questo aspetto del suo marchio di punta. La nostra impressione, infatti, non è che lo sviluppatore giapponese ci abbia provato e non ci sia riuscito, ma che non abbia proprio voluto impegnarsi sulla narrativa: si ha la sensazione che questa storia esista solo e soltanto per giustificare il gameplay... che per fortuna è maledettamente appassionante.
Il sistema di combattimento di Fire Emblem Engage
Il ritorno a un sistema di combattimento più snello e intuitivo non deve far pensare a un Fire Emblem blando e anacronistico, soprattutto se paragonato a Three Houses con le sue sofisticatezze, a tratti pure eccessive. Questa volta Intelligent Systems ha calibrato la curva di apprendimento quasi alla perfezione, introducendo il giocatore alle tante dinamiche del gameplay in modo progressivo nel corso dei quasi trenta capitoli che costituiscono la campagna. Inizialmente può sembrare che gli scontri siano imperniati solo sulle proprietà del campo di battaglia e sul rapporto tra le armi - molto più importante che in passato, per via della Breccia, una condizione inflitta dalle armi avvantaggiate che impedisce al nemico di contrattaccare nel turno successivo - poiché i primi Emblemi che si sbloccano conferiscono ai loro possessori capacità relativamente immediate.
Col passare dei capitoli e il ritrovamento degli altri Emblemi, si palesa una pletora di meccaniche, spesso ispirate agli altri titoli della serie. L'esempio più calzante possiamo farlo con l'Emblema di Corrin, la protagonista di Fire Emblem Fates, che può utilizzare la Vena di Drago per conferire alle caselle nella mappa proprietà positive o negative.
Bisogna dire che la varietà di obiettivi, mappe e condizioni è davvero esemplare, e forse la più ampia nella storia della serie Intelligent Systems. Si gioca anche per scoprire cos'altro ci aspetta nella missione successiva, e se spesso lo scopo è piuttosto lineare - sconfiggi i boss o raggiungi l'uscita - nella maggior parte dei casi bisogna raggiungerlo per vie traverse: si mettono in mezzo le condizioni atmosferiche sfavorevoli, come la nebbia che oscura la visuale o la neve che rallenta i movimenti, e ostacoli come i miasmi, che proteggono i nemici e che bisogna dissipare o aggirare. L'ingresso di rinforzi, che spesso colgono i giocatori alle spalle, nel bel mezzo della missione, può sembrare ingiusto o sleale, ma tiene sempre sulle spine e nelle mani di un valido stratega può rappresentare una fonte di punti esperienza aggiuntiva.
La realtà è che Fire Emblem Engage è un titolo molto più impegnativo rispetto al passato, e per diverse ragioni. Noi lo abbiamo giocato a livello Difficile senza morte permanente - le tempistiche di una recensione fanno a pugni con una sana dose di masochismo, per quanto possa essere stimolante - ma il gioco consente solo e soltanto di abbassarlo in un secondo momento. Anche così, tuttavia, abbiamo dovuto mettere mano alla Cronogemma del drago in più di un'occasione e qualche volta abbiamo persino riavviato le partite.
La Cronogemma del drago è un manufatto che ci permette di riavvolgere il tempo in battaglia e tornare a un turno che magari ha causato la morte prematura di un'unità. A livello Difficile si può usare solo un certo numero di volte, mentre a Normale la Cronogemma si può usare all'infinito, e comunque la partita non si chiude immediatamente alla morte di Alear: il giocatore può usare la Cronogemma per tornare indietro oppure riavviare la missione scegliendo se mantenere oppure no i punti esperienza guadagnati, e quindi i progressi compiuti nonostante il Game Over. In ogni caso, almeno a Difficile, non si ha mai la sensazione che il gioco sia sbilanciato o che lo sviluppatore stia soverchiando il giocatore con la pura forza bruta: una scelta oculata di unità, spostamenti o Emblemi solitamente fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Nonostante questo, anche a livello Normale il gioco risulta comunque moderatamente impegnativo, con uno schieramento di nemici molto più numerosi e più forti rispetto alle poche unità che il giocatore può schierare in campo. Per questo motivo è fondamentale calcolare le abilità passive delle classi e dei personaggi, sfruttando le sinergie per sopraffare i nemici prima che siano loro a travolgere noi: l'intelligenza artificiale è soddisfacente e tende ad accerchiare le unità svantaggiate come armi o Punti Vita residui, spesso mirando ai guaritori e agli arcieri, che non possono contrattaccare a distanza ravvicinata.
Fire Emblem Engage è stato un'esperienza strategica gratificante ai livelli di difficoltà che abbiamo sperimentato, e non osiamo immaginare che delizioso tormento possa essere a Folle, specialmente se si considera che la campagna elargisce l'oro col contagocce e aggiornare l'equipaggiamento del nostro esercito appare difficilissimo, se non impossibile, nonostante tutte le funzionalità a disposizione: serve a poco avere la possibilità fin da subito di comprare o potenziare le armi, se non ci sono i soldi per farlo.
Il gioco è pensato per costringerci a microgestire le risorse, a decidere se vogliamo spendere quei pochi ori sul miglioramento di un'arma - che possiamo pur sempre far girare tra le diverse unità - o sul tabellone delle Donazioni, che moltiplica virtualmente le altre risorse, come gli ingredienti per la mensa o i minerali che servono al fabbro, ma a volte dà l'impressione di essere un po' troppo tirchio. Alcune missioni della campagna ricompensano il giocatore per il traguardo raggiunto con ingenti somme di denaro, ma è quasi un trabocchetto: meglio essere parsimoniosi e tattici, che combattere lunghe scaramucce sulla mappa dell'Elyos per un pugno di monetine.
Varietà di gameplay
Il Somniel è uno degli aspetti riusciti a metà di Fire Emblem Engage, pensato probabilmente per stabilire una continuità col precedente titolo della serie per Nintendo Switch: l'idea di un quartier generale esplorabile in terza persona è coinvolgente e accentua le dinamiche GDR con la possibilità di interagire direttamente coi nostri compagni e di intraprendere vari minigiochi, dalla solita pesca all'allenamento, passando per una sorta di sparatutto in groppa a una viverna, ma è chiaro che l'assenza della componente in stile Persona di Three Houses ha influenzato la realizzazione del nuovo hub.
In tutta sincerità, quella parte del gameplay non ci è mancata - in Three Houses tendeva ad appesantire l'esperienza tra una missione e l'altra - ma il Somniel, allo stesso tempo, soffre di una certa ridondanza e molte funzionalità, come l'Arena o la Sala degli Emblemi, costringono il giocatore a una ripetitiva serie di azioni inframmezzate da caricamenti non proprio brevissimi.
C'è quindi una forte discrepanza tra questa componente GDR, che sembra infilata a forza nella struttura del gioco, e il gameplay nudo e crudo sul campo di battaglia. Una volta entrati nell'ordine delle idee, comunque, si sente molto meno il peso del Somniel e i giri diventano pressoché automatici, anche perché si è troppo concentrati sulla costruzione dei personaggi, che non si limita al canonico sistema di classi e promozioni, dato che nel mucchio ci sono anche gli Emblemi. Ogni personaggio può indossare ogni anello, e ciascun anello conferisce un certo numero di abilità, che peraltro raddoppiano una volta completate le Appendici, cioè le specifiche missioni secondarie.
Quindi abbiamo dodici Emblemi, più quelli extra come i DLC già annunciati, e venti livelli Legame per ogni Emblema, da moltiplicare per una trentina di personaggi che potenzialmente possono imparare ogni singola abilità, poi sta al giocatore decidere quale equipaggiare nei limitati slot individuali. Le sinergie, come potete immaginare, sono innumerevoli, e la combinazione giusta di passive, Emblemi e anelli minori può sfociare in una pletora di formazioni diverse.
Il gioco, tuttavia, è furbo e non mette mica tutti gli Emblemi a disposizione di Alear nelle prime ore della campagna. La storia li dà e li toglie ripetutamente, e a questo servono gli anelli minori che si estrapolano casualmente dagli Emblemi in stile gacha: sopperiscono alla mancanza degli Emblemi quando se ne hanno meno di quante unità si possono schierare in battaglia. La progressione è equilibrata e per un certo periodo di tempo si dispone solo di certi Emblemi. Questo cambiamento impone nuovi approcci e un rovesciamento di abitudini consolidate: si passa dallo sfondare i nemici a colpi di Marth e Ike, a ragionare più tatticamente con Emblemi meno lineari, come quelli di Byleth e Erika.
È un sistema davvero ingegnoso, che peraltro premia la rotazione degli anelli tra i personaggi, in modo che tutti imparino tutto per il semplice gusto di variare strategie. Certo, a difficoltà Folle sarebbe probabilmente un suicidio affidare l'anello di Ike a un peso piuma come il piccolo attendente Clanne, ma la combinazione è possibile e chissà che a qualcuno non piaccia l'immagine di un marmocchio che sfascia i nemici a martellate. Potreste scoprire un mondo di possibilità nella Torre delle prove, una modalità online che permette di collaborare con gli altri giocatori nella Staffetta o di sfidare le loro formazioni preferite nelle prove Altrotempo, ma anche di affrontare delle sfide single player chiamate prove Tempesta.
Questo, peraltro, ci fa pensare alla varietà di combinazioni non solo nel gameplay, ma anche nell'estetica. I personaggi possono fondersi per un certo numero di turni con gli spiriti degli Emblemi, e così facendo non acquisiscono solo nuove abilità, ma anche un nuovo look più etereo. Sebbene ogni Emblema abbia uno specifico costume da Unione che non cambia tantissimo da personaggio a personaggio, gli artisti di Intelligent Systems hanno sostanzialmente disegnato ogni possibile combinazione dei modelli 3D, che è già di per sé un lavoro impressionante.
Fire Emblem Engage, graficamente, è un vero gioiellino e non c'è moltissimo da aggiungere. Non solo nella modellazione 3D, che è curata e particolareggiata, ma anche e soprattutto nelle animazioni, che sono fluidissime, scattanti, precise e spettacolari. Rispetto agli ultimissimi Fire Emblem in 3D si è tornati ai virtuosismi visivi dei primi titoli, con colpi critici fortemente scenografici e una regia che funziona meglio nelle scene di combattimento, con zoomate a effetto e inquadrature dinamiche, che negli intermezzi della narrativa, il ché è tutto dire. Delude solo la poca varietà di nemici, che sono perlopiù Aberrazioni - praticamente zombi - in tutte le salse, e persino i mostri, cioè i miniboss che occupano più caselle e richiedono qualche sforzo in più per essere abbattuti, appartengono tutti alla stessa specie, con poche variazioni di colori.
Abbiamo giocato Fire Emblem Engage sia sul TV che in portabilità, e le prestazioni - anche a livello di consumo energetico, per dire - sono state sempre eccellenti, con rarissimi se non impercettibili rallentamenti, che si sono verificati soprattutto negli scenari geometricamente più complessi, e perlopiù durante gli zoom sulla scena della battaglia nello scenario 3D precaricato che, immaginiamo, tendano a stressare maggiormente l'hardware Nintendo. Il nostro pannello a 49" ci ha restituito un'immagine sempre pulita e definita, senza sgradevoli scalettature, mentre in portabilità il titolo Intelligent Systems risulta chiaro e leggibile, nonché particolarmente vivace e luminoso sullo schermo della Switch OLED.
Nulla da eccepire sul fronte grafico, insomma, mentre su quello sonoro possiamo segnalare la presenza del doppiaggio in inglese e in giapponese, che peraltro va a cambiare completamente la canzone nella cinematica introduttiva. Noi abbiamo giocato soprattutto in inglese, trovando azzeccata la stragrande maggioranza delle voci, ma ovviamente si tratta di una preferenza personale e non dubitiamo che gli appassionati di anime possano trovare più calzanti le voci nipponiche. Come dicevamo i testi sono localizzati in italiano. Abbiamo apprezzato anche la colonna sonora: non è tra le più memorabili della serie, ma ha grinta, accompagna le battaglie con stile, e arrangia in maniera efficace i brani originali che rimandano ai Fire Emblem passati e agli Emblemi che li rappresentano.
Conclusioni
Fire Emblem Engage è forse la massima espressione della serie Intelligent Systems, nel bene e nel male: la narrativa è arrivata al proverbiale fondo del barile, mentre il gameplay ha raggiunto vette impensabili. Il titolo Nintendo ci ha divertito da matti, impegnandoci in missioni sopra le righe con una varietà di personaggi, situazioni e combinazioni che faranno la felicità degli appassionati, e questo aspetto ci ha fatto sopportare di buon grado i pessimi dialoghi e i colpi di scena scontatissimi di una storia che, con un cast tanto pittoresco e ben caratterizzato, avrebbe potuto dire molto di più. Inutile dire che lo consigliamo caldamente agli amanti degli strategici a turni col pallino per gli anime.
PRO
- Probabilmente il miglior Fire Emblem lato gameplay
- La difficoltà predefinita è impegnativa, ma mai frustrante
- Longevo, vario e bellissimo da vedere
CONTRO
- La storia è banalissima e alcuni dialoghi sono tremendi
- Il Somniel si poteva progettare meglio
- La distribuzione delle risorse non è calcolata benissimo