The Story So Far
Dopo avere coronato il suo sogno, sposare la bella Elaine Marley, governatore di Melee Island, di ritorno da un non troppo movimentato viaggio di nozze, il nostro eroe scopre che sia lui che la sua adorata consorte sono stati dichiarati morti e che un malvagio e misterioso Australiano sta riducendo in rovina tutti gli abitanti di Melee battendoli in truffaldine gare ad insulti. Da qui il pretesto per questa ulteriore avventura che vi porterà persino ad imparare il Monkey Kombat e l’Insulto Definitivo!
Questione di comando…
Nell’anteprima del gioco, ho scritto che non esiste più il punta e clicca in queste nuove avventure targate LucasArts. Forse avrei dovuto dire, meglio ancora, che non si usa più il mouse. E questa è una tragedia, specie se il sistema di controllo del personaggio è fedelmente mutuato da Grim Fandango. Inutile dire che è spesso un impresa correre lungo una traiettoria rettilinea, riuscire a girarsi facilmente in luoghi ristretti ed in buona sostanza usare semplicemente il joypad. Scordatevi poi il controllo analogico! Un senso di frustrazione ed impotenza vi perseguiterà per tutto il dipanarsi della storia, spegnendo, spesso repentinamente, quel sorriso demenziale che si stamperà sul vostro volto dopo una delle tante irresistibili gaffe di Guybrush. Per fortuna, in parte, il sollievo arriva dalla fedele tastiera, anche perché in Fuga da Monkey Island è necessario usare più tasti. Le azioni che però risulteranno fondamentali per il prosieguo dell’avventura sono le solite: esamina, raccogli e usa/combina. Il resto dei comandi serve principalmente ad utilizzare l’inventario, a saltare i dialoghi e a correre.
La grafica non è tutto!
Dal punto di vista grafico il gioco è ottimamente realizzato. Gli scenari sono dipinti con uno stile cartoonesco ricco di sfumature, mai stucchevole ed anzi spesso rilassante ed ammaliante. Ottima anche l’animazione dei personaggi che con la loro gestualità enfatizzano il senso dei dialoghi conferendogli ulteriore realismo. Ho scritto ulteriore, perché la localizzazione in italiano ha, se possibile, arricchito l’avventura. Perfetto il doppiaggio dei personaggi che fa uso di un sapiente mixaggio dei dialetti nostrani, mai fine a se stesso e sempre ben implementato. Particolare merito va quindi dato alla CTO ed ai suoi doppiatori che si sono impegnati a fondo per evitare un doppiaggio scandito e palesemente recitato, che avrebbe rovinato la fruizione sonora dell’avventura, come purtroppo spesso accade con i giochi localizzati anche nei dialoghi. Le musiche di sottofondo sono le solite, ciò rappresenta paradossalmente un bene, perché esse sono state sempre uno dei punti forti della saga del sedicente pirata Threepwood. Magistralmente l’accompagnamento sonoro si modifica con gli eventi, arricchendo di pathos le scene drammatiche (???) e rilassando il videogiocatore nei momenti di esplorazione.
Un appunto va fatto sulle scenette di intermezzo, la qualità delle quali risulta spesso gravata da un rendering approssimativo, con poligoni visibilmente sfaccettati e generale carenza di fluidità. Si poteva fare di meglio. Un Playstation da 250.000, fa impallidire il mio PC con tanto di geForce2 per la qualità dei suoi filmati (Diablo 2 rappresenta una felice eccezione a questa regola…).
Compro o non compro?
Ho pensato a lungo a cosa scrivere a questo punto della recensione. Se dico che il gioco merita di essere acquistato e giocato (altrove su un sito italiano, peraltro ottimamente realizzato, leggo addirittura che siamo di fronte ad un gioco da possedere assolutamente…), direi qualcosa che va contro le mie convinzioni. Perciò vi do solo un consiglio: provatelo prima di acquistarlo, magari scaricando il demo localizzato ed assaggiando così una fettina di torta. Se vi dovesse piacere la potrete mangiare tutta, altrimenti mandate giù il boccone e arrivederci e grazie!
Deja-Vu
Electronic Arts e LucasArts: cosa hanno in comune queste due Software House? Il fatto di essere entrambe americane? La parola Arts? Vero, ma non solo. Prendete un gioco vecchio di 10 anni con un enorme seguito di appassionati nostalgici, desiderosi di provare le stesse emozioni di tanti anni fa, quando, al chiuso delle loro camerette e con un modestissimo Amiga 500, sfidavano a colpi di insulti il temibile pirata LeChuck.
Poi prendete una ricca casa di produzione videoludica americana, aggiungeteci il motore grafico di Grim Fandango, una tonnellata di battute demenziali, una serie di enigmi risolvibili solo con molto non senso e dopo avere speso le vostre 100 mila lire avrete: Fuga da Monkey Island.
Avrete cioè un prodotto che differisce dai prequel solo perché ha una storiella nuova, scema come le altre e per questo sicuramente divertente, ma pur sempre deja vu. A questo punto concedetemi un piccolo sfogo: basta! Smettiamola di comprare sempre le stesse cose e vedremo che smetteranno di proporcele. Perché ci si lamenta che i giochi del PC non hanno hanno quel qualcosa che permea ed arricchisce i giochi per console? Perché le nostre costosissime schede grafiche restano sempre inutilizzate da una generazione all’altra? Perché, alla fine, milioni di persone comprano Fifa 2001 e moltissime compreranno questo episodio Monkey Island?
Come avrete capito, non è stato per me facile l’approccio a questa recensione. Ho dovuto finire tutto il gioco per poterla scrivere e vi assicuro che è stata un’impresa titanica. Più volte mi sono trattenuto dallo scagliare il joypad contro lo schermo. Solo il mio stoico coraggio e le numerose bottiglie anestetiche di Grog mi hanno permesso di arrivare alla fine. Intendo la fine di questo episodio, naturalmente!