God Eater 3 approda anche su Nintendo Switch e abbiamo voluto approcciare questa recensione affrontando in maniera veloce e furiosa le missioni, tante, di una campagna in single player che dal punto di vista dei numeri e della struttura non ha nulla da rimproverarsi, sebbene rimanga ancorata a una concezione ormai datata del genere. Grazie all'esperienza fatta su PS4, ci siamo potuti risparmiare il grosso delle cutscene, effettuare gli upgrade che sapevamo essere più efficaci in battaglia (ignorando anche stavolta, praticamente in toto, la trasformazione del God Arc in arma da fuoco: ricorrervi durante uno scontro è troppo macchinoso e ben poco gratificante) e inanellare incarichi su incarichi facendo crescere al contempo la nostra squadra di God Eater Adattabili (GEA) grazie allo sblocco di nuove e più potenti abilità.
Rigiocare il titolo in questo modo, creando naturalmente un personaggio differente (stavolta una ragazza, sempre però equipaggiata con una lama lunare: il miglior compromesso fra potenza e rapidità d'esecuzione), è stato in verità piacevole e ha contribuito in parte a far sbollire il senso di delusione che ci aveva sopraffatti quando abbiamo avuto a che fare con la versione del gioco per PlayStation 4. In generale God Eater 3 si adatta bene alla natura di Nintendo Switch: utilizzato in mobilità si pone come una valida alternativa al tradizionale Monster Hunter ma, come scritto nella prima recensione, non fa assolutamente nulla per scrollarsi di dosso meccaniche e soluzioni ampiamente superate.
Storia e struttura
Il lore di God Eater è particolarmente affascinante: ci troviamo in uno scenario post-apocalittico, un mondo devastato dall'improvvisa comparsa delle Oracle Cell e di enormi creature, gli Aragami, composti proprio da questa misteriosa energia. I sopravvissuti si sono rinchiusi in città fortificate, mentre organizzazioni paramilitari esplorano ciò che resta delle grandi città a bordo di enormi carovane, cercando di ripulirle dalla presenza dei mostri ricorrendo a un corpo di speciali combattenti, i God Eater appunto. Si tratta tuttavia di veri e propri schiavi, giovani orfani che rischiano la vita per corporazioni senza scrupoli che ne sfruttano le capacità, mandandoli in battaglia contro gli Aragami e sostituendoli in caso di morte con altre reclute. Questa distopia viene raccontata in maniera piuttosto efficace nel corso della serie, sebbene anche nel terzo episodio non manchino tanti stereotipi oramai stucchevoli legati a una certa tradizione nipponica, che purtroppo minano la godibilità di un comparto narrativo altrimenti carico di potenziale. Il protagonista del gioco va creato tramite un editor semplice da usare, con tante regolazioni e alternative, e questo si traduce nell'infausta scelta di avere un personaggio muto in mezzo a una serie di comprimari che invece amano decisamente parlare.
Insomma, è un percorso narrativo decisamente impervio quello che ci viene proposto da Bandai Namco con God Eater 3, adattato a una struttura che purtroppo non prova neanche minimamente a discostarsi dalla formula originale, costruendo la pur buona durata della campagna (che tiene occupati tranquillamente per oltre venti ore, raddoppiando tale valore qualora ci si dedichi anche agli incarichi secondari) grazie a banali espedienti, in primo luogo il riutilizzo delle stesse mappe per decine e decine di volte, aumentando semplicemente i nemici al loro interno. La presenza della modalità cooperativa per quattro partecipanti, in locale oppure online, aggiunge un pizzico di valore strategico alle sfide, ma solo a patto di trovarsi in una squadra minimamente organizzata: l'intelligenza artificiale che di solito controlla i nostri compagni di spedizione funziona bene e corre subito in nostro soccorso quando gli avversari ci atterrano, altri utenti potrebbero non fare altrettanto.
Gameplay e realizzazione tecnica
Sul fronte del gameplay qualcosa si è mosso rispetto al precedente capitolo, e infatti è possibile approcciare i combattimenti in maniera più dinamica, ricorrendo a uno scatto veloce (che consuma stamina, certo, ma non così tanta) per ridurre rapidamente la distanza dagli avversari e un set di manovre speciali che includono mosse corali, combo devastanti e una versione più breve del "morso", ovverosia la trasformazione del God Arc in una bocca bestiale dotata di fauci, fondamentale per ottenere prezioso loot dai cadaveri degli Aragami uccisi e utilizzarlo poi, insieme al denaro raccolto, per creare o potenziare parti dell'equipaggiamento.
Quello che tuttavia sarebbe stato necessario fare, anche in barba ad alcuni dei dogmi che regolano il genere action survival, era un completo ripensamento dei controlli che potesse valorizzare uno degli aspetti peculiari della serie, vale a dire la possibilità di trasformare l'enorme lama che i God Eater impugnano (che si tratti di una spada, di una falce, di un martello o di qualsiasi altra forma) in un fucile o in uno scudo tramite la pressione di un tasto. Come accennato in precedenza, infatti, ricorrere alla natura dinamica dei God Arc si rivela inutile in quanto utilizzare il mirino è parecchio macchinoso, colpire gli Aragami con i proiettili produce scarsissimi risultati e persino attivare lo scudo è un'evenienza a cui vi ritroverete costretti solo poche volte. Rendere queste possibilità molto più immediate, ad esempio attivando la modalità di fuoco tramite il trigger sinistro e assegnando a un unico tasto la parata, di concerto con una maggiore incisività di tali azioni, sarebbe senz'altro servito allo scopo. Così com'è, l'esperienza di God Eater 3 non fa che scimmiottare il più classico dei Monster Hunter, senza far valere le proprie differenze e perdendo mordente, come detto, per via dei pochi scenari che fanno da sfondo alle missioni.
Dal punto di vista tecnico, tuttavia, la versione Nintendo Switch appare molto più in palla, e per assurdo quelli che erano i limiti del gioco su PS4 si trasformano quasi in pregi, a fronte di aspettative certamente inferiori. Gli sviluppatori hanno dovuto rinunciare a qualcosa in termini di risoluzione, qualità delle texture e soprattutto effettistica: la cosa è ben visibile anche a occhio nudo e il pop-up applicato ad alcuni elementi delle location, insieme a trasparenze in stile dithering, dimostra quanto poco ci si sia impegnati su questo fronte. Tuttavia le performance reggono molto bene, che è la cosa più importante: sia in modalità docked che portatile il frame rate appare solidamente ancorato ai 30 fotogrammi al secondo, e ciò per fortuna non toglie solidità al sistema di combattimento né rende troppo caotiche alcune sequenze. La portabilità, come già detto, rappresenta inoltre un extra molto interessante per il tipo di esperienza proposta.
Conclusioni
God Eater 3 si sente sorprendentemente a proprio agio su Nintendo Switch, tanto che come titolo esclusivo per la console ibrida alla fine dei conti non avrebbe sfigurato. I limiti dell'esperienza sono chiari e fanno riferimento a una struttura obsoleta, a mappe sempre uguali che vengono riutilizzate per decine di volte, a un gameplay che non riesce a valorizzare le peculiarità dei personaggi e del loro equipaggiamento. Tuttavia un conto sarebbe stato giustificare questi aspetti per via di un hardware di partenza meno performante, un altro è approdare in maniera rinunciataria su PC, PS4 e Xbox One per poi scalare un minimo gli asset e trovare la quadra su Switch, godendo peraltro della portabilità come extra interessante e storicamente legato al genere action survival: la serie, nata su PSP, da questo punto di vista non ha mai dimenticato le proprie origini.
PRO
- Ambientazione affascinante
- La portabilità aggiunge valore al gameplay
- Un bel po' di missioni...
CONTRO
- ...tutte brevi e troppo simili fra loro
- Meccaniche e struttura datate
- Tecnicamente datato