Inside rappresenta per molti versi l'evoluzione di una visione che Playdead aveva introdotto con il sorprendente Limbo, otto anni or sono. Come il titolo d'esordio del team, anche questo è un platform a carattere bidimensionale (sebbene la grafica spazi agilmente nelle tre dimensioni) dai toni particolarmente cupi, impreziosito da una narrazione ermetica e da una direzione pressoché perfetta per tempi e modi, capace di creare un'atmosfera straordinaria man mano che ci si addentra nell'avventura. Ai comandi di un ragazzino che, non si sa bene per quale motivo, sente il bisogno di addentrarsi all'interno di un'enorme struttura, il nostro compito sarà quello di evitare la ronda delle guardie, nasconderci laddove necessario, eseguire determinate manovre con il giusto tempismo e arrivare, al termine di un viaggio che non dura più di tre ore e mezza, a svelare un oscuro mistero.
Gameplay: soli nell'oscurità
Il sistema di controllo di Inside risulta oltremodo immediato, con un pulsante per saltare e uno per interagire con lo scenario: un layout che si sposa perfettamente anche con la fruizione su Nintendo Switch, sia in modalità portatile che docked, in quest'ultimo caso con la possibilità di regolare la luminosità dello schermo per evitare momenti di buio totale. Le varie sequenze alternano situazioni differenti, che compongono il quadro di una sorta di esercizio di game design e confermano ancora una volta le incredibili qualità dello studio danese, che speriamo di vedere presto alle prese con un progetto più corposo, magari con un budget adeguato alle loro ambizioni.
Nella prima fase ci si concentra sul movimento del giovane protagonista, che attraversa boschi nottetempo evitando le luci delle torce di pericolose squadre di recupero, e che in caso di cattura lo faranno fuori senza troppi patemi, rivelando fin da subito un substrato di violenza e crudezza visive che sulle prime non sembrava far parte del DNA del gioco. Si ha subito la sensazione di trovarsi in uno scenario distopico, o quantomeno in un luogo in cui vige un controllo totalitario sulle persone, utilizzate a quanto pare per condurre esperimenti disturbanti, che le trasformano in una sorta di zombie privi di volontà e dunque disposti a lavorare senza sosta, seguendo qualsiasi indicazione gli venga fornita. Ma c'è qualcosa di più, e il ragazzino di cui vestiamo i panni sembra saperlo, in cuor suo: penetrati all'interno dell'enorme struttura che rappresenta il fulcro dello scenario, avremo modo di utilizzare degli apparecchi che consentono di controllare la "manodopera" di cui sopra, giocando con le direzioni, le barriere e le piattaforme per comporre una sequenza di puzzle sempre più sfaccettati e interessanti, ma mai davvero ostici.
La formula trial & error che caratterizzava l'esperienza di Limbo viene ribadita in Inside, ma capita spesso di comprendere al primo colpo cosa bisogna fare per proseguire, e così il grosso dell'avventura scorre via senza particolari tempi morti, svolgendo al meglio la propria mansione comunicativa. Capita dunque che ci si trovi ad avere a che fare anche con zone completamente sommerse, da esplorare a bordo di un affascinante veicolo subacqueo, e in tale frangente occorre calcolare bene i tempi di traversate da completare rigorosamente a nuoto, inseguiti da pericolosi mutanti marini. Fino a raggiungere a una parte finale a dir poco sorprendente, di cui non vogliamo ovviamente rivelare nulla, ma che non mancherà di colpirvi e di lasciare un segno.
Realizzazione tecnica: l'atmosfera innanzitutto
È certamente corretto dire che il grosso del fascino di Inside sta nelle incredibili situazioni che riesce a creare in ognuna delle ambientazioni che ci troveremo a esplorare; atmosfere forti del prezioso supporto fornito da un sound design straordinario, che approfitta dell'essenzialità dei suoni per enfatizzarne l'importanza, miscelando in alcuni casi le musiche e l'azione in-game così da fornirci un appiglio laddove necessario. Tuttavia i ragazzi di Playdead hanno fatto un lavoro di grande precisione e cura anche dal punto di vista della grafica, e ciò si nota non solo nella solidità delle sequenze in movimento, nella bontà delle animazioni e dello stile generale, ma anche nell'attenzione riservata ai dettagli.
Non c'è probabilmente un singolo aspetto del gioco passato in sordina, che non sia stato oggetto di un'analisi separata e approfondita, tesa a offrire il risultato migliore possibile, che è appunto ciò che gli autori sono riusciti a ottenere. La versione Nintendo Switch del gioco appare praticamente identica alle altre, priva di qualsivoglia problema o calo di performance, sebbene le sezioni graficamente più impegnative, nella parte finale della campagna, ci siamo trovati a giocarle unicamente in modalità docked. La portabilità rimane in ogni caso un extra di grande interesse, a maggior ragione quando applicata a un'esperienza che si esaurisce in tempi discretamente brevi e si presta anche un minimo a essere rigiocata, chiaramente senza il coinvolgimento e le sorprese riservate al primo giro.
Conclusioni
Inside conferma le proprie eccellenti qualità anche su Nintendo Switch, con un porting tecnicamente ineccepibile, che può vantare un extra di indubbio valore come la portabilità. L'esperienza messa a punto da Playdead si rivela fin dalle prime battute un esercizio di game design, un titolo che gioca forte sulle atmosfere e ci proietta in un mondo ostile, oscuro e minaccioso, alla ricerca di una scomoda verità. Le varie fasi della campagna vengono scandite dall'introduzione di nuovi, affascinanti meccanismi e da puzzle sempre più sfaccettati, nell'ottica di un viaggio breve ma intenso, che difficilmente dimenticherete.
PRO
- Grandissima atmosfera, direzione impeccabile
- Un esercizio di stile e game design
- Conversione perfetta
CONTRO
- Si completa in fretta