Vi siete mai chiesti cosa succederebbe se si unissero ambienti e combattimenti in stile Dark Souls a rompicapi geometrici alla Tetris? Probabilmente no, ma lo ha fatto per noi Straka Studio, un team indipendente slovacco che, alla sua prima produzione "importante", vuole dimostrare senz'altro di avere delle intuizioni fuori dal comune. Ma l'inusualità di un contenuto è sufficiente a rendere un'opera videoludica realmente significativa?
Scopriamolo nella recensione di Loot River.
Esplorazioni suggestive
Loot River non è un gioco che si affida più di tanto alla storia che vuole narrare, bensì punta tutto sull'atmosfera che ha intenzione di creare. Sono pochissime le informazioni fornite al giocatore, tanto da essere sostanzialmente delle suggestioni utili a creare quell'alone di mistero necessario per far immergere chi gioca all'interno di questo universo tetro e austero.
Il gioco si svolge tra gli stretti vicoli e gli intricati corridoi di una città invasa dall'acqua, dove l'unico modo per spostarsi è attraverso le piattaforme galleggianti che compongono lo sporadico e cangiante campo di battaglia, sul quale si consumano innumerevoli scontri con nemici temibili. Il giocatore è, quindi, chiamato ad avventurarsi per i vari ambienti dello spazio urbano, così da ottenere conoscenza (non solo legata all'esperienza vissuta, ma anche a una vera e propria valuta di gioco) e ricompense di vario tipo, da armi ad amuleti utili per superare le ricorrenti aree di gioco.
Ricorrenti, sì, perché Loot River sposa la filosofia dei roguelike, portando il giocatore a ricominciare il proprio viaggio da capo ogni volta che cade in battaglia. Non solo. L'altra particolarità di Loot River è la sua natura procedurale, che promette di cambiare il terreno di gioco a ogni nuovo tentativo.
Da come era stata presentata, questa caratteristica sembrava essere veramente rilevante ai fini dell'esplorazione degli ambienti, ma abbiamo constatato con un po' di delusione che, in realtà, si tratta di ampi pattern ricorrenti che vengono uniti casualmente tra di loro, portando a una nuova ossatura dei livelli, ma che iniziano a diventare familiari dopo poche ore di gioco (condizione necessaria, con molta probabilità, anche a causa della struttura a rompicapo delle piattaforme mobili).
Una fusione di meccaniche
Loot River sembra essere innanzitutto un gioco action, molto tecnico, ma ci si accorge ben presto che la variante del rompicapo ne è una parte integrante, se non vera forza motrice della scena. La meccanica delle piattaforme mobili che diventano piccoli enigmi di esplorazione funziona molto bene, ma la "rivelazione" arriva durante la fase di combattimento, quando l'ingegno è tutto incentrato sull'abbattere il nemico.
Molto più che in altri casi simili, si può effettivamente fare della strategia, isolando nemici, aggirandoli, ma anche colpendoli incessantemente senza dare loro possibilità di contrattaccare in alcun modo.
Il fatto interessante è che, inizialmente, si tende ad avere un approccio "classico" al gioco, utilizzando solo marginalmente le possibilità offerte dal sistema di movimento. Questo permette d'imparare ad affrontare singolarmente i nemici e a comprendere il loro comportamento, ma porta via anche molto tempo, rallentando incredibilmente il ritmo di avanzamento. Tuttavia, dal momento in cui si inizia a sfruttare l'ambiente a proprio vantaggio, il gioco sembra mutare, diventando non solo estremamente interessante, ma anche parecchio divertente. Almeno finché non entra in gioco la ripetitività.
La ripetitività, tra vita e morte
Essendo un roguelike, in Loot River è bene aspettarsi di morire (e tanto). Il gioco non regala niente. Anzi, l'imprevedibilità del posizionamento dei nemici rende il tutto ancora più precario, trasformando ogni angolo in un potenziale punto di non ritorno. Ovviamente, una volta morti, tutto ciò che abbiamo raccolto durante la partita precedente scompare definitivamente, senza possibilità di andare a recuperare quanto perso. Il che è iscritto nella effettiva anima di questa tipologia di videogiochi, quindi niente di fuori dall'ordinario.
Il problema si presenta nel momento in cui la possibilità di progressione è fornita al giocatore con il contagocce: Loot River rientra proprio in tale categoria.
Riuscire a concludere effettivamente qualcosa che non sia esplorare le prime due stanze ancora e ancora è un processo che porta via molte ore di gioco. Il che spinge il giocatore a rallentare e a imparare a conoscere gli ambienti e i luoghi (come è giusto che sia, almeno quando tale procedimento è implementato con parsimonia), oltre a raccogliere quanto più possibile per poi comprare oggetti al "quartier generale" (che verranno resi disponibili immediatamente e poi aggiunti alle ricompense ottenibili casualmente dai nemici o dai forzieri disseminati per i vari livelli).
L'effetto di "girare in tondo" senza mai concludere niente diventa molto forte dopo che l'esaltazione iniziale comincia a scemare. Anche sbloccando un gran numero di armi, incantesimi, attrezzature e modificatori (questi ultimi i veri elementi di varietà), la vostra riuscita o la vostra disfatta saranno sempre e comunque guidate da un amico di vecchia data di tali videogiochi: la fortuna. Questa è una di quelle incognite che o vengono implementate egregiamente, o portano solo frustrazione al giocatore. Nel caso di Loot River, se non capita l'oggetto giusto al momento giusto è praticamente impossibile riuscire ad andare lontano, come è probabile che un colpo di fortuna faccia avanzare molto rapidamente già dai primi minuti di gioco.
Per quanto sembri voler premiare il giocatore per la sua tecnica, il titolo ricompensa chi non ha avuto abbastanza fortuna con combattimenti non difficili (almeno una volta imparati i movimenti dei nemici), ma estremamente lunghi, estenuanti e perlopiù ripetitivi. Abbiamo incontrato più di un avversario contraddistinto da stili di combattimento monotoni, quasi ritmici (compreso uno dei boss principali del gioco, che può essere sconfitto andando a sfruttare lo stesso "innesco" ancora e ancora senza vedere mai una variazione nell'approccio da parte di quest'ultimo, risultando in un combattimento follemente monocorde). Questo, almeno, quando gli scontri scorrono lisci, senza "intoppi" non voluti.
Le criticità di un mondo cangiante
Quanto detto finora dipinge una visione d'insieme per lo più intrigante, caratteristica di una tipologia di gioco che può piacere o meno. Finora abbiamo lasciato da parte i veri problemi di Loot River, quelli che minano l'esperienza del giocatore in negativo. Il fatto di dover ricominciare "tutto da capo" è già una prospettiva che intimorisce il fruitore, quindi immaginate cosa significhi dover ricominciare la partita a causa di un errore inevitabile.
Loot River è un gioco costellato da criticità tecniche. Ci sono semplici glitch di natura visiva, per lo più innocui, ma si arriva anche al calibro di bug che bloccano il gioco in maniera irreversibile. E, guarda caso, scaturiscono proprio da una delle incognite più grandi del gioco: le piattaforme mobili.
Ci è capitato svariate volte che il nostro o altri personaggi rimanessero incastrati tra le piattaforme, impossibilitati a muoversi o a ricevere attacchi. Quando ciò accade a nemici minori, ci si mette l'anima in pace e si procede, ma quando va a influenzare il proprio alter ego o qualche boss è indubbio che ci si trova praticamente dinanzi a un "game over". Immaginate iniziare da capo una partita parecchio fruttuosa che va avanti da più di un'ora perché il boss di turno si è incastrato da qualche parte e non vi permette più d'infliggergli danni in alcun modo.
Questi problemi sono proprio il tipo di elementi che distruggono il valore strutturale di un gioco come Loot River. Passi la fortuna, passi la difficoltà, passi anche la ripetitività (se sfruttata a dovere), ma l'errore computazionale è qualcosa che non può proliferare in tale misura all'interno di un titolo simile.
Fascino audiovisivo
L'altro lato della medaglia è rappresentato dal comparto audiovisivo. Se le sporcizie tecniche non tardano a presentarsi, è bizzarro come in poco tempo il gioco sia in grado di "curarsi autonomamente", facendo dimenticare al giocatore della disavventura appena vissuta solo riproponendo gli stessi elementi visivi e sonori, in una sequenzialità che dovrebbe risultare stantia, ma che ha più il sapore di un afrodisiaco. L'incontro tra pixel-art e illuminazione realistica, come avevamo già affermato nel nostro provato (dove potete trovare anche un più mirato approfondimento del sistema di gioco), è capace di creare un universo visivo familiare (non sembra azzardato affermare che titoli come Dead Cells e Blasphemous abbiano influenzato parecchio il processo creativo del team), ma comunque molto peculiare e riconoscibile.
Tuttavia, il vero fiore all'occhiello è la colonna sonora, probabilmente l'elemento più riuscito di Loot River, fautore principale dell'atmosfera che fonda questo gioco pieno di mistero, sì, ma anche pregno di sagace furia tattica.
Conclusioni
I difetti che cingono Loot River sono innegabili. A gravare sul già precario bilanciamento tra progressione ed esplorazione si aggiungono delle criticità tecniche non indifferenti, capaci spesso di minare l'esperienza di gioco in modo marcatamente frustrante. Eppure, non possiamo fare a meno di continuare a pensare a quei luoghi, a quei suoni, a quelle meccaniche che, seppure arraffate a destra e a manca e legate assieme con ramoscelli e fango, sono riuscite a stregarci. Dopo essere costretti a ricaricare per l'ennesima volta una partita a causa di un problema imprevisto, verrebbe da pensare che non si voglia mai più aprire un gioco simile. Ci si aspetterebbe di disinstallare con sdegno un tale titolo, marcio alla radice. E allora perché non vediamo l'ora di solcare nuovamente le acque di quel mondo sbilenco e affascinante? La perfezione, utopia ultima dell'era moderna, è una fiera pericolosa da seguire. Spesso è proprio la mancanza di quest'ultima a denotare le esperienze che più si insinuano sotto la nostra pelle.
PRO
- Comparto audiovisivo superbo
- Il miscuglio di meccaniche è vincente
- Reattività dei comandi
CONTRO
- Troppi bug bloccanti
- Progressione eccessivamente lenta