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Oninaki, la recensione

Tokyo RPG Factory ci riprova con un titolo pieno di buone idee ma anche parecchi problemi: la recensione di Oninaki

RECENSIONE di Christian Colli   —   24/08/2019
Oninaki
Oninaki
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Tokyo RPG Factory, il team allestito da Square Enix per sviluppare principalmente giochi di ruolo giapponesi vecchia scuola dopo il successo riscosso da Bravely Default, continua a vacillare. Dopo i discreti I am Setsuna e Lost Sphear, speravamo davvero che Oninaki fosse il momento della svolta. Le premesse c'erano tutte, anche perché finalmente il piccolo staff di programmatori sembrava essersi svicolato dalla necessità di aggrapparsi al fattore nostalgia per intraprendere un sentiero diverso, non necessariamente innovativo ma comunque di maggiore personalità. Purtroppo non è andata come previsto e Oninaki, di cui leggete la recensione, seppur pieno di idee interessanti e buona volontà, continua a mettere in luce i principali punti deboli dello sviluppatore nipponico, specialmente sul fronte tecnico.

Una storia poco approfondita

L'incipit di Oninaki che abbiamo avuto la possibilità di giocare nella demo, qualche settimana fa, ci aveva fatto ben sperare circa la forze motrice di un gioco che appartiene a un genere in cui la storia dovrebbe essere un fattore di primaria importanza. Purtroppo, dopo poche ore, ci siamo resi conto che i ragazzi di Tokyo RPG Factory non sono riusciti a sostenere la complessità di un'idea interessantissima ma forse al di fuori della loro portata. Nel mondo di Oninaki, i viventi hanno imparato ad affrontare il lutto negli interessi dei defunti: se questi ultimi non trapassano e restano vincolati al passato dal rimpianto o dal rimorso, rischiano di trasformarsi in anime perdute senza riuscire mai più a reincarnarsi. Ecco perché esistono i Watcher, gli Osservatori che hanno il potere di comunicare con gli spiriti e di viaggiare liberamente dal mondo dei mortali alla sua controparte ultraterrena, una sorta di dimensione parallela dove girovagano gli spiriti di chi è morto da poco.

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Kagachi è un distaccato Watcher che si occupa dei casi più difficili grazie alla sua capacità di legarsi ai Daemon, spiriti erranti portati per il combattimento. Oninaki richiama il mito nipponico degli Shinigami, gli dèi della morte che aiutano le anime a trapassare, ma sceglie un approccio brutale che definisce una società terrorizzata non tanto dalla morte in sé stessa, ma da quello che significa per chi rimane in vita. Tokyo RPG Factory prova a esplorare queste dinamiche ispirandosi alla realtà, tra sette suicide e sciacalli che approfittano della paura per fare i propri interessi, ma nel giro di pochissime ore abbandona ogni pretesa di riflessione sociale per proseguire con una storia che riesce a essere lineare e disorganica al tempo stesso quando Kagachi, accompagnato da una bambina fantasma, si ritrova a dare la caccia al Night Devil, un misterioso spirito che intende sprofondare il mondo nel caos.

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Il problema è che il canovaccio si sviluppa in modo incoerente, appoggiandosi a caratterizzazioni sommarie e dialoghi semplicemente tremendi. Non sappiamo se la colpa sia da attribuire principalmente alla localizzazione in lingua inglese, ma il ritmo dei dialoghi e la loro vena spocchiosa, se non più spesso infantile, si sposa malissimo con la drammaticità della vicenda. I personaggi, che parlano un po' tutti allo stesso modo, sembrano usciti da un brutto anime per adolescenti, e il gioco tratteggia in modo superficiale i loro legami, sminuendo l'impatto di alcuni colpi di scena. La maggior parte di questi dialoghi non è neppure doppiata completamente, coi personaggi che si limitano a pronunciare qualche parola in giapponese per contestualizzare la conversazione, e la colonna sonora minimalista, ma molto buona, fa quel che può per sostenere i momenti più importanti, impreziosendo soprattutto le brevi cinematiche in cui Oninaki sfoggia una regia decisamente più dinamica rispetto ai precedenti titoli dello stesso sviluppatore.

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Dalla vita alla morte e ritorno

Per quanto riguarda l'aspetto di Oninaki, è importante premettere che Tokyo RPG Factory è uno sviluppatore a budget ristretto, perciò bisogna approcciarsi al gioco con una mentalità più cauta e considerata, senza aspettarsi chissà quali meraviglie tecnologiche. In questo senso, Oninaki è un titolo che non delude, sia in modalità portatile che sul TV, grazie a uno stile molto più ricercato rispetto a quello impiegato in I am Setsuna e Lost Sphear. Il character design è delicato, quasi etereo, e gli artisti del team hanno fatto un ottimo uso dei colori per distinguere il mondo dei vivi, caldo e acceso, da quello dei morti, cupo e inquietante. La palette è, in effetti, ciò che distingue principalmente i due mondi. Possiamo spostarci da uno all'altro in qualsiasi momento premendo un semplice tasto, ma di fatto non cambia la geometria delle mappe o la natura dei nemici, praticamente gli stessi sia in un piano che nell'altro. Come molte altre idee di Oninaki, anche questa dinamica avrebbe potuto dare molto di più.

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Cambiare dimensione, infatti, non ha nessuna valenza strategica e raramente influenza il gameplay. Sono pochissimi i casi in cui si deve risolvere un rompicapo sfruttando questo potere di transizione: al massimo troveremo dei portali, nel mondo dei morti, che ci trasporteranno in un altro punto della mappa inaccessibile dal mondo dei viventi. Alcune porzioni di mappa, nell'aldilà, resteranno oscurate - e letali - finché non avremo sconfitto un miniboss nella dimensione dei viventi. L'esplorazione delle mappe, in pratica, ci obbliga a spostarci da un piano all'altro all'occorrenza, suggerendo un eventuale backtracking per trovare forzieri o spiriti erranti nell'aldilà. Sebbene non sia una vera e propria criticità, né influenzi negativamente una progressione tutto sommato lineare, dobbiamo ammettere che Tokyo RPG Factory avrebbe potuto esprimere in modo molto più interessante le indubbie potenzialità di questa meccanica. Ci sarebbe piaciuto risolvere enigmi e puzzle spostandoci da una dimensione all'altra, magari usando questo potere per schivare nemici troppo forti o scoprire nuovi percorsi.

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L'esplorazione, invece, si rivela prevedibile e ripetitiva, nonostante le mappe nelle fasi finali del gioco tendano a essere sensibilmente più elaborate. La disposizione dei nemici, invece, lascia davvero molto a desiderare. Essi compaiono a sciami in punti predefiniti delle mappe, sono raramente aggressivi e dispongono di uno o due attacchi per tipologia. La varietà è discreta, anche perché la maggior parte dei nemici viene riciclata di mappa in mappa con piccole modifiche all'aspetto o ai colori. In questo senso, considerando la specularità delle mappe e dei nemici, ma anche la semplicità del motore poligonale, non riusciamo a spiegarci la lunghezza estenuante dei caricamenti su Switch. Persino la transizione da una dimensione all'altra, che dovrebbe essere quasi istantanea, a volte congela brevemente lo schermo, e andare in Game Over ai boss diventa un esercizio di frustrazione non tanto per la difficoltà in sé di alcuni di essi, che sono abbastanza tosti anche al livello di difficoltà intermedio dei tre disponibili, quanto per la necessità di attendere parecchi secondi prima di riprovarli.

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Il Daemon è nei dettagli

Un action RPG può anche avere una storia essenziale, ma se il sistema di combattimento è divertente, la baracca si regge praticamente da sola. Sfortunatamente non è il caso di Oninaki, almeno non del tutto. Mentre I am Setsuna e Lost Sphear si ispiravano principalmente a grandi classici come Chrono Trigger e Final Fantasy VI, Oninaki ricorda soprattutto Secret of Mana. Nei panni di Kagachi dobbiamo esplorare le mappe e sconfiggere orde di nemici in tempo reale, affrontando periodicamente qualche boss di grandi dimensioni. Kagachi, di per sé, non può fare molto: un tasto ci permette di attaccare inanellando piccole combo, un altro di curarci con le pozioni curative che troviamo in giro e che possiamo trasportare in un numero limitato, sebbene destinato ad aumentare nel tempo. Ogni altra capacità in combattimento, incluso il tipo di arma equipaggiata, dipende dal Daemon che stiamo usando. I Daemon sono spiriti erranti che Kagachi può manifestare un po' come fanno i protagonisti de Le bizzarre avventure di JoJo coi loro Stand e rappresentano a tutti gli effetti il "party" di Oninaki.

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Kagachi può equipaggiare fino a quattro Daemon diversi che saranno associati allo stick sinistro. Ogni Daemon conferisce, oltre a un'arma specifica, soggetta a regole d'attacco precise, anche un'abilità peculiare che può essere una schivata, il salto, la capacità di generare scudi protettivi e così via. Possiamo cambiare le armi dei singoli Daemon: i nemici le lasciano cadere generosamente ma la qualità dipende dal livello raggiunto e la maggior parte delle armi è sostanzialmente identica, eccezion fatta per il numero casuale di slot in cui è possibile incastonare le Shadestone, pietre che conferiscono vari tipi di bonus agli attacchi. Sbloccato l'alchimista in città, si acquisisce la capacità di consumare le armi scartate per potenziarne una in particolare: è un sistema semplicissimo che incoraggia a combattere i nemici solo solo per accumulare le risorse necessarie a potenziare le armi che preferiamo. In questo senso, è molto più problematico crescere i singoli Daemon.

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Ogni Daemon, infatti, possiede un albero di abilità da sbloccare consumando le specifiche pietre che i nemici lasciano cadere casualmente. Sebbene alcune di esse siano generiche e utilizzabili da qualsiasi Daemon, mentre combattiamo usando un certo Daemon troveremo soltanto le pietre associate a quello spirito in particolare. Il gioco, insomma, incentiva a ruotare i Daemon per potenziarli individualmente, ma questo approccio si rivela particolarmente difficile per il semplice fatto che alcuni Daemon sono... be', pessimi, per usare un eufemismo. Il problema è insito soprattutto nel sistema di combattimento, legnoso e poco reattivo, ma anche nel design dei vari Daemon e dei loro attacchi. L'idea sarebbe che alcuni Daemon sono più indicati a combattere certi nemici rispetto ad altri: magari infliggono più danni o le loro abilità specifiche, come le schivate o gli scudi, garantiscono un certo vantaggio contro proiettili o attacchi particolari.

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In realtà, però, i Daemon appena sbloccati possiedono soltanto un attacco speciale - se ne possono impostare un massimo di quattro per Daemon - mentre ogni altra abilità o bonus deve essere prima sbloccato consumando le pietre che si ottengono usando quel Daemon specifico. In altre parole, c'è un sistema di combattimento interessante, in Oninaki, che però si palesa soltanto dopo aver investito parecchio tempo in ogni Daemon, magari grindando nemici più deboli. Un Daemon sviluppato garantisce bonus speciali ogni volta che si evoca, consente di cancellare gli attacchi speciali in colpi normali e viceversa, potenzia ulteriormente il giocatore quando raggiunge una certa percentuale di affinità, un indicatore in basso a sinistra che aumenta combattendo e che determina i danni che Kagachi può ricevere e infliggere una volta superata una certa soglia. Individuando i Daemon più divertenti da giocare, Oninaki riesce a dare anche qualche soddisfazione, ma ci si arriva soltanto col tempo e con la pazienza, laddove un gioco di questo tipo dovrebbe conquistare il giocatore fin dai primissimi momenti.

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È chiaro che un sistema di combattimento non dovrebbe svelare tutte le sue carte fin da subito, altrimenti rischierebbe di annoiare il giocatore prima del tempo, ma Oninaki estremizza questa idea concedendo al giocatore un numero fin troppo essenziale di strumenti per farsi largo nel gioco, abilità di dubbia chiarezza in cui investire i punti guadagnati totalmente a caso e capacità di movimento estremamente limitate che si finisce per ignorare completamente. Prendiamo per esempio Dia, la Daemon che ci permette di saltare e colpire dall'alto: ebbene, questa manovra è talmente rigida e imprecisa che utilizzarla è inutile, se non deleterio. La maggior parte delle animazioni, inoltre, è così lenta da scoprire completamente Kagachi e renderlo vulnerabile ai nemici, pertanto si finisce col provare i nuovi Daemon e magari tornare a quelli consolidati e già sviluppati, in barba a qualunque strategia. Peccato, perché sarebbe bastato un pizzico di lungimiranza in più per rendere tutto il sistema molto più entusiasmante.

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Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Multiplayer.it
6.5
Lettori (10)
5.9
Il tuo voto

Siamo veramente dispiaciuti per Tokyo RPG Factory: questi ragazzi hanno una visione creativa e talento da vendere, ma non la competenza o il budget per concretizzare le loro idee in un prodotto rifinito che valga davvero il prezzo di vendita. Oninaki è indubbiamente la loro opera più sofisticata sotto diversi aspetti, ma ogni idea implementata presta il fianco a scelte davvero discutibili. Non ci troviamo di fronte a un brutto gioco, insomma, ma a un titolo mediocre che riuscirà a brillare soltanto per i giocatori più pazienti e determinati.

PRO

  • La storia affronta tematiche interessanti
  • La direzione artistica e la scelta dei colori
  • Il sistema di combattimento regala parecchie soddisfazioni solo sviluppando i Daemon giusti

CONTRO

  • Caricamenti lunghissimi e ingiustificabili
  • Personaggi blandi, dialoghi terribili
  • La maggior parte dei Daemon è poco divertente da usare e faticosa da sviluppare