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Paradise Lost, la recensione: un viaggio imperfetto in una distopia toccante

Può un gioco privo di una forte componente ludica essere giudicato secondo i canoni di genere? Scopritelo nella recensione per PC di Paradise Lost

RECENSIONE di Luca Porro   —   27/03/2021
Paradise Lost
Paradise Lost
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Proprio qualche giorno fa vi abbiamo raccontato di Projekt Riese, un fatto storico realmente accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale e di come sia stato la base d'ispirazione dei ragazzi di PolyAmorous nello sviluppo di Paradise Lost. Oggi siamo qui invece per raccontarvi la nostra esperienza dopo aver intrapreso un viaggio misterioso all'interno dei bunker distopici dislocati sotto la Bassa Slesia. Sì perché Projekt Riese non fu mai portato a termine dai nazisti, mentre Paradise Lost propone un futuro in cui tutto quello che conosciamo non esiste più e la guerra non è finita come ci ricordiamo. Siamo pronti a darvi il nostro giudizio finale dunque, nella nostra recensione per PC di Paradise Lost.

Tunnel di emozioni

Paradise Lost: le stanze dei bunker
Paradise Lost: le stanze dei bunker

Questa recensione, per chi vi scrive, è davvero una delle più complesse a cui ha dovuto lavorare negli ultimi anni. Ci scuserete dunque, se prendiamo qualche riga per farvi una premessa che però riteniamo doverosa. Guardare un titolo dal mero punto di vista tecnico è sbagliato, ci sono tanti aspetti che contraddistinguono un'opera e basarsi unicamente su uno di essi per completare un giudizio è chiaramente errato e non lo faremo oggi. Eppure, per provocazione, lanciamo questo sasso nello stagno aspettando il riverbero delle onde. Può un videogioco essere giudicato come tale se non contempla una componente ludica? E allo stesso modo, può la pressione di una leva per una decina di volte in circa cinque ore di avventura essere considerata componente ludica? Infine, può un titolo che dichiaratamente si ispira a un certo genere di videogiochi, essere considerato parte di quel genere se non abbraccia nessuno dei suoi pilastri fondamentali?

Paradise Lost: un mondo distrutto
Paradise Lost: un mondo distrutto

Szymon è un bambino che ha perso tutto. La colpa è dei grandi, come sempre. Adulti attirati dal potere, dal denaro, accecati dall'odio verso ciò che non si conosce, verso chi non si conosce. Il gioco del potere è un gioco subdolo, che spesso avvolge anche chi in quel gioco non avrebbe voluto entrarci o non avrebbe dovuto. Szymon è un bambino che ha perso tutto, anche la madre e di questo non si dà pace. Szymon è il bambino di cui vestirete i panni e con cui cercherete di accettare la perdita dell'unica persona che in quel mondo di grandi e meschini, provava a tenerlo al sicuro.

Il viaggio vi porterà tra le rovine di un mondo distopico, un mondo che non esiste, ma che sarebbe potuto essere. L'America non intervenne nel Secondo Conflitto Mondiale fin da subito, Hitler completò il Progetto Gigante, trasferì lì la popolazione e lanciò un attacco atomico che mise in ginocchio quasi tutto il pianeta. Dentro e fuori i bunker, la desolazione avanzava e il caos iniziava a regnare. Rovinarvi il viaggio però, non è la nostra intenzione e dunque lasciamo il resto della trama alla vostra scoperta. Ed è proprio questo il punto più forte di Paradise Lost: le idee, la narrativa. PolyAmorous ha scelto un tema complesso, un argomento non facile e lo ha trasposto con amore, aspetto che trasuda spesso nei vari momenti in cui approfondirete la storia. Il viaggio di Szymon nell'accettazione del suo lutto si intreccia a doppio filo con il racconto di quanto accaduto all'interno di quei tunnel e di quelle mura. Questo sarà ciò che vi spingerà ad andare avanti e in alcuni casi a chiudere un occhio nei confronti di ciò che non è Paradise Lost.

La questione tecnica e ludica

Paradise Lost: una delle stanze
Paradise Lost: una delle stanze

La provocazione iniziale nasconde ovviamente dei riferimenti concreti nei confronti di quanto ci siamo trovati a giocare. Paradise Lost è un bellissimo e suggestivo (oltre che toccante) viaggio narrativo. Qui però finisce la descrizione. Paradise Lost potrebbe essere definito un walking simulator che riduce ai minimi storici l'interazione del giocatore, relegandola a pulsanti, leve e piccole interazioni con macchinari e niente più. L'ispirazione palesata, intravista anche nei trailer, a opere come Firewatch, What Remains of Edith Finch, ma anche al più recente Call of the Sea non è minimamente da prendere in considerazione.

Mancano ad esempio la profondità della connessione di Firewatch o la struttura degli enigmi di Call of the Sea. Manca tutta una vera e propria componente ludica, intesa come interattività del giocatore. Paradise Lost sembra una grande visita museale, un monito a non dimenticare cosa può accadere quando l'uomo prova a sostituirsi a qualcosa o qualcuno più grande di lui, ma niente più. Paradise Lost è dunque un'opera differente, difficile da collocare all'interno di un genere (lo stesso walking simulator è un titolo che non calza del tutto a pennello) che punta a risvegliare sensazioni, emozioni all'interno dei giocatori, ma che in molti casi potrebbe anche annoiare.

Paradise Lost: tanta esplorazione
Paradise Lost: tanta esplorazione

La questione tecnica è poi una delle più spinose. Da una parte abbiamo infatti il lato artistico del gioco: ispirato, scenicamente ben congegnato e ricco di spunti interessanti, coerenti con quello che era il Progetto Gigante. Dall'altra parte invece, troviamo un titolo profondamente imperfetto, mal ottimizzato e ricco di problematiche. Che il budget non fosse sterminato lo si sapeva, eppure i trailer e ciò che era stato mostrato non ci aveva colpito in senso negativo a prima vista. Durante la nostra prova abbiamo testato il titolo con frame rate bloccato a 60fps (è possibile anche lasciare il titolo senza blocco ma spesso questo comportava pesantissimi cali e problematiche) e qualità Ultra in tutti gli aspetti.

Nonostante questo, il titolo in determinate fasi (spesso in corrispondenza dei caricamenti in background delle nuove aree) subiva cali drastici di frame fino a bloccarsi per qualche secondo e scatti feroci durante la raccolta di oggetti o l'apertura di porte e valigie. Problematica anche la gestione di numerose texture e di alcuni riflessi nei vetri. Niente che non possa essere magari sistemato in futuro, ma allo stato attuale anche ricordandoci della produzione indipendente del titolo, rimangono aspetti troppo impedenti nella fruizione dell'opera.

Paradise Lost: il mondo esterno
Paradise Lost: il mondo esterno

Prima di concludere la nostra recensione, è giusto quindi darvi la nostra risposta alla provocazione iniziale. Paradise Lost è un'opera degna di rispetto, un racconto che deve esistere, per il semplice fatto che se il medium videoludico vuole evolversi, è giusto che provi a sperimentare nuove strade, che abbracci nuove idee e spinga i suoi limiti sempre più in alto. In un periodo in cui la crisi di idee creative è stata amplificata dalla pandemia mondiale, è giusto che opere di questo genere cerchino di smuovere i piccoli sassolini che potrebbero causare una frana (creativa ovviamente). Partire da avvenimenti storici, provare a innovare attraverso metafore chiuse all'interno e all'esterno (attraverso anche elementi di contorno come fumetti, documenti, ecc.) del videogioco, raccontare una storia in un modo personale, deve essere la norma.

Quelli che però a nostro avviso devono essere rispettati sono due pilastri fondamentali: in primis la lucidità di non commettere il passo più lungo della gamba e in secondo luogo, il rispetto della componente ludica. Se dal primo punto di vista la problematica è quella di non riuscire nel proprio intento creativo e di innovazione, a causa dello scarso livello tecnico che ne menoma la fruizione. Dall'altro si deve per forza garantire al giocatore un minimo sindacabile di aspetti ludici e interattività, essendo l'opera in questione un videogioco a prescindere dalla deriva scelta in termini di genere e di idee.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam
Prezzo 12.49 €
Multiplayer.it
6.0
Lettori (4)
6.7
Il tuo voto

Paradise Lost risulta di difficile valutazione all'interno dei canoni classici di giudizio. La nostra prova ci ha consegnato un viaggio emotivo e toccante all'interno dei cinque capitoli che compongono l'avventura. Allo stesso tempo, l'assenza di una vera componente ludica e la presenza di un livello tecnico davvero problematico ne compromettono le innumerevoli possibilità. Paradise Lost è il classico "potrebbe, ma non si applica", è l'abito di cinque anni fa a cui siete affezionati, ma che non vi entra più. Paradise Lost lo amerete o lo odierete e questo per alcuni, potrebbe anche essere il suo vero punto di forza.

PRO

  • Narrativamente valido ed emozionante
  • L'ispirazione artistica è comunque presente

CONTRO

  • Tecnicamente problematico
  • Ludicamente inconsistente