I fan della serie Atlus spesso imbastiscono lunghe, agguerrite e alla fine inconcludenti discussioni su quale cast o storia sia meglio tra Persona 3, Persona 4 e Persona 5: scegliere è davvero molto difficile, anche perché ogni gioco sfiora corde e preme pulsanti diversi, rispecchiando le sensibilità e le esperienze personali dei giocatori. Su una cosa, però, quei fan sono tendenzialmente sempre d'accordo: Shoji Meguro, il compositore delle colonne sonore in tutti e tre i giochi, è intoccabile. La musica ha sempre fatto la parte del leone in Persona, quindi non c'è da stupirsi se qualche tempo fa Atlus ha deciso di prendere il cast di Persona 4 - il più popolare, grazie anche alla serie animata e ai picchiaduro di Arc System Works - e catapultarlo in un rhythm game, Persona 4: Dancing All Night, specialmente dopo il buon successo che avevano avuto esperimenti come Theathrhythm Final Fantasy di Square Enix. A distanza di qualche anno, arriva quindi addirittura una specie di sequel in doppia versione, dedicato a Persona 3 e Persona 5. Sfortunatamente, però, qualcosa si è perso per strada.
Una storia che non c'è
Prima di tutto, mettiamo subito in chiaro un semplice concetto. Persona 5: Dancing in Starlight e Persona 3: Dancing in Moonlight sono due titoli praticamente speculari, un po' come due versioni differenti di Pokémon. Atlus ha avuto questa, uh, felice idea di sdoppiare lo stesso gioco, cambiando il cast, i dialoghi e le musiche, ovviamente, mantenendo al contempo la stessa identica struttura. E questa volta non c'è una vera e propria storia a giustificare le esibizioni dei protagonisti. Persona 4: Dancing All Night in un certo senso strafaceva pure, nel tentativo di raccontare un'avventura surreale attraverso una specie di visual novel ai limiti del plausibile che tuttavia rispettava le atmosfere vagamente thriller del JRPG originale. In Persona 5: Dancing in Starlight e Persona 3: Dancing in Moonlight non c'è nessuna visual novel e la premessa è identica in entrambi i giochi: i protagonisti si ritrovano nella Velvet Room a ballare per dimostrare la loro forza d'animo, tanto è solo una specie di sogno che dimenticheranno il giorno seguente.
Insomma, non è neppure una situazione "what if" in stile Persona Q: Shadow of the Labyrinth, perché i cast dei due giochi non si incontreranno mai e la vicenda è incapsulata in modo da non poter influenzare neppure a posteriori le trame dei JRPG originali. Il prologo si svolge infatti nel giro di un paio di minuti e poi si passa subito a giocare, ma c'è comunque una componente narrativa assolutamente secondaria - e invero abbastanza superficiale - che lo sviluppatore giapponese dedica ai fan più sfegatati di Persona. Completando determinati obiettivi (che cambiano a seconda del personaggio ma alla fin dei fini sono esattamente gli stessi sia in un gioco, sia nell'altro) si sbloccano delle scenette dialogate, chiamate Social, che approfondiscono i legami tra i personaggi, facendoceli conoscere un po' meglio. Sono in realtà dialoghi abbastanza estemporanei che non aggiungono molto in termini narrativi, ma che sbloccano nuove canzoni, costumi, accessori e opzioni utili a personalizzare le partite e le performance.
Gli ultimi dialoghi per personaggio, inoltre, si svolgono nelle camere dei nostri eroi e si associano a un bizzarro minigame che ci permette di esplorare questi locali a trecentosessanta gradi per gustarci qualche piccolo dettaglio o trovare dei collezionabili nascosti. I giocatori in possesso della periferica PlayStation VR possono peraltro visitare queste camera con la realtà virtuale: è una piccola chicca che aggiunge poco e nulla ma che valeva la pena segnalare. È un approccio strano, insomma, ma in un certo senso funziona: fornisce degli obiettivi via via più impegnativi e contemporaneamente ricompensa gli amanti della serie con un po' di fanservice che male mai non fa. Purtroppo, però, lo spessore di questi dialoghi è davvero inesistente, e a renderli quantomeno godibili ci sono solo le animazioni e i bravi doppiatori, quando peraltro è possibile scegliere tra la traccia in inglese e quella in giapponese. Fa un pelo rabbia pensare, alla fine, che questo spin-off così narrativamente scarno sia stato tradotto completamente in italiano, mentre Persona 5 assolutamente no.
Trofei PlayStation 4
I due giochi condividono lo stesso numero di Trofei: sono 42 in totale e il trofeo di platino si ottiene sbloccando prima tre trofei d'oro, dodici d'argento e ventisei di bronzo. Ottenerli non è difficilissimo, perché tanto basta completare i vari obiettivi Social e manipolare la difficoltà per riuscire nell'impresa senza troppe paranoie.
Balliamo
Per quanto riguarda il gameplay, Persona 5: Dancing in Starlight e Persona 3: Dancing in Moonlight si giocano esattamente come Persona 4: Dancing All Night. Atlus ha infatti portato su PlayStation 4 lo stesso, identico schema di controllo del titolo PlayStation Vita, ma così facendo ha ingigantito alcuni problemi. Partiamo dal presupposto che graficamente è tutto molto più bello e colorato: i modelli poligonali dei vari personaggi sono più definiti e curati e la maggior fluidità e naturalezza delle animazioni ha consentito allo sviluppatore di inscenare coreografie ancora più complesse e spettacolari, cui partecipano talvolta anche più di due personaggi a canzone. Tuttavia, come accadeva già su PlayStation Vita con Persona 4: Dancing All Night, anche in questo caso la complessità e la frenesia delle coreografie non giocano a nostro favore, perché finiscono spesso col distrarci dalle note che compaiono sullo schermo e che dovremo battere a tempo di musica.
Lo schema dicevamo è sempre lo stesso: le note si spostano dal centro dello schermo verso sei direzioni diverse e dovremo agire sullo stick analogico sinistro e sui tasti a destra del joypad per seguire il ritmo, talvolta premendo i tasti per un certo periodo di tempo oppure insieme. L'interfaccia tutto sommato è chiara fin dal primo istante, ma se già possono confondere i movimenti delle note mentre sullo sfondo si agitano i ballerini tra mille luci stroboscopiche, un altro problema è rappresentato dal campo visivo offerto dai TV che hanno schermi molto più ampi di quello PlayStation Vita. Seguire le note diventa dunque faticoso, anche se col tempo ci si prende la mano, ma si ha sempre la sensazione di avere pochissimo controllo dell'azione, soprattutto perché il gioco stesso, ragionevolmente, non costringe a performance perfette: il giocatore, per esempio, può del tutto ignorare le note rappresentate dai cerchi azzurri che imporrebbero una pressione dello stick ma che alla fine incidono soltanto sul punteggio, senza mettere a repentaglio il successo della partita.
Le opzioni fortunatamente consentono di cambiare alcuni parametri per rendere il gioco più semplice o più arduo anche al di là dei vari livelli di difficoltà offerti individualmente per ogni canzone: in questo modo anche i giocatori alle prime armi potranno completare facilmente i brani più complicati, mentre i veterani dei rhythm game potranno contare su sfide ancora più impegnative. Tutto alla fin fine riconduce agli obiettivi Social, perché sono gli accessori e le opzioni aggiuntive a consentire una maggiore personalizzazione delle partite, specialmente man mano che si rigiocano le canzoni: il problema più grande di Persona 5: Dancing in Starlight e Persona 3: Dancing in Moonlight è che le tracce sono semplicemente troppo poche. Ogni gioco conta circa venticinque brani, un po' pochini in realtà, soprattutto se si considerano anche i remix che, se dobbiamo dirla tutta, a questo giro ci sono sembrati poco ispirati e quasi sempre inferiori ai brani originali. Un vero peccato: sarebbe stato molto meglio riunire i due cast in un ipotetica sfida di ballo e offrire un titolo che, per quantità di brani e contenuti, giustificasse davvero il prezzo di un gioco ad alto budget.
Conclusioni
Persona 5: Dancing in Starlight e Persona 3: Dancing in Moonlight sono, in definitiva, due titoli che possiamo consigliare solo e soltanto ai super fan della serie e agli amanti dei rhythm game, sempre tenendo conto che i singoli giochi offrono una mole di contenuti piuttosto risicata per il loro prezzo. L'edizione Eternal Collection che comprende entrambi i titoli più Persona 4: Dancing All Night consente di risparmiare qualcosina, ma fondamentalmente questo duplice esperimento ci è sembrato un tentativo pigro e svogliato di cavalcare il successo di Persona 5 e la fama del suo compositore. Sinceramente da una casa come Atlus ci aspettavamo qualcosa di più.
PRO
- Le musiche di Shoji Meguro
- Le coreografie sono spettacolari
- Tutto in italiano
CONTRO
- I brani sono pochi
- Diventa ripetitivo in fretta
- Costa troppo per i contenuti che offre