E' quantomai difficile giudicare un titolo che esce a cavallo tra due generazioni. Per quanto l'appeal tecnico non rappresenti l'identità di un titolo, almeno non completamente, in queste occasioni sorge spontaneo chiedersi come sarebbe il medesimo titolo sviluppato utilizzando le nuove tecnologie disponibili. In parte i Bugbear fugano questa difficoltà continuando nella loro corsa per rispolverare il destruction derby e riuscendo, nonostante i limiti ormai evidenti della tecnologia della scorsa generazione, ad arricchire un motore di gioco già encomiabile.
Commento
Flatout 2 è un buon arcade, con i suoi difetti e i suoi pregi, arricchito da un motore fisico in grado di spettacolarizzarlo significativamente e da un motore grafico in grado di amplificare l'esperienza di gioco del prequel. Questa ricetta ne fa un titolo dotato di senso in grado di avere il proprio spazio nel mercato e la propria fetta di estimatori soprattutto considerando la carenza di titoli di questo genere che affligge questo passaggio generazionale. Purtroppo, nonostante l'imponente opera di arricchimento e l'evidente sforzo della Bugbear, Flatout 2 non offre novità rilevanti legate alla struttura di gioco e i piccoli ritocchi apportati qua e la non sono in grado di eliminare i difetti già riscontrati nel primo titolo. Ovviamente è un titolo imperdibile per gli appassionati di destruction arena, derby e attività similari e credo di poterlo consigliare anche agli amanti dell'arcade spassionato soprattutto se non hanno avuto modo di giocare il primo Flatout.
Pro:
- demolizione e motore fisico insieme
- sessanta tracciati piuttosto vari
- motore grafico più maturo
- talvolta eccessivamente incontrollabile
- intelligenza artificiale migliore ma pur sempre schematica
Nel dettaglio
La struttura è sempre quella del vecchio Off Road mescolata con l'arcade più sfrenato. In termini semplicistici Flatout 2 consiste nel dosare il turbo e calcolare la deriva del veicolo che spesso schizza sulla pista come una saponetta su una macchia d'olio. Più che la maggiore cura del design e l'arricchimento di ogni compartimento, a dare una marcia in più a Flatout 2 è l'aumento di elementi sensibili alle leggi della fisica. Le piste pullulano letteralmente di oggetti, bidoni, barricate e soprattutto di costruzioni, ponti e oggetti architettonici pronti ad esplodere in pezzi al nostro passaggio. Ovviamente la distruzione della pista, così come la demolizione dei veicoli avversari, garantisce la ricarica della nitro, il turbo in pratica, che in Flatout 2 riveste un ruolo da protagonista e una risorsa da dosare con estrema cura. La difficoltà infatti è discretamente cresciuta e i piloti avversari sono stati caratterizzati in modo da avere un comportamento più o meno ricorrente e bilanciare un'intelligenza artificiale piuttosto carente. Il primo effetto di questa scelta consiste nell'incontrare piloti determinati a rallentarci e piloti che pensano solo a tagliare per primi il traguardo e la persecuzione di un obiettivo preciso evita il fastidioso fenomeno delle situazioni di incartamento che, in Flatout, finivano per ostacolarci fastidiosamente o, talvolta, rendevano la nostra corsa troppo facile con gli avversari impegnati a sbatacchiare inutilmente gli uni con gli altri. Purtroppo permane un'esagerata difficoltà nel mantenere stabili determinati veicoli. scelta che avrei apprezzato trovandomi di fronte a percorsi più tecnici e meno scassoni e che talvolta si traduce in situazioni di perdita di controllo che sfuggono completamente alle possibilità e alle abilità del giocatore e compromettono irrimediabilmente una gara causando una strisciante e fastidiosa sensazione di impotenza.
A occhio nudo
I miglioramenti tecnologici si vedono a occhio nudo, sia per quanto riguarda il numero di dettagli e di poligoni presenti su schermo, sia per quanto riguarda i modelli dei veicoli, meno grezzi e decisamente più curati. Vegetazione credibile, gole rocciose, ponti sospesi e un gran numero di oggetti, decisamente superiore a quello riscontrato nel predecessore, riempono letteralmente le piste di Flatout 2 conferendo una credibilità tutta particolare al mondo che ci circonda. E nonostante il notevole incremento di particolari, detriti e strutture distruttibili il motore non da segni di cedimento, su nessuna piattaforma, e si mantiene fluido in ogni circostanza. La colonna sonora è caratterizzata da nomi celebri tra i quali spiccano Nickelback, Rob Zombie e Supergrass e sposa alla perfezione l'atmosfera scassona e spensierata del titolo. Sgommate, ruggiti e impatti, soprattutto questi ultimi, godono di un campionamento estremamente vario e in grado di calarci nel bel mezzo della pista. Quello che è ovvio, anche dal punto di vista meramente tecnico, è che il motore fisico resta l'elemento di spicco di Flatout, per quanto il peso relativo degli oggetti sia per l'appunto relativo. Ma nel bel mezzo della bolgia il fatto che gli oggetti decollino spettacolarmente è più un pregio che un difetto, almeno nel titolo Bugbear, e difficilmente ci soffermeremo a rimuginare sul fatto che un pezzo di legno e un macigno di pietra non dovrebbero svolazzare per aria nello stesso modo.
Multipiattaforma
L'esperienza di gioco è pressochè immutata su tutte le piattaforme e il motore di gioco si presenta fluido e senza incertezze. In alcuni frangenti si notano accenni di clipping in lontananza leggermente più marcati nella versione PS2.
Flatout 2 x
Tra assoli rock e brani di artisti come Rob Zombie o Nickelback ci troviamo nuovamente nel fango e nella polvere impegnati a mantenere il controllo di masse di metallo incandescenti, sparate a tutta birra lungo percorsi piuttosto instabili e popolati da avversari ansiosi di ridurci in un ammasso di rottami. La struttura di gioco è pressochè identica a quella incontrata nel primo Flatout e la parte del leone è sempre interpretata dal motore fisico in grado di spettacolarizzare ogni gara e ogni confronto. Ancora una volta troviamo una serie di circuiti ambientati nelle diverse fasce climatiche statunitensi e troviamo anche il primo pregio di Flatout 2. Infatti il design delle piste è sicuramente più curato sia dal punto di vista estetico sia dal punto di vista tecnico. Il proliferare di doppie curve, canyon, salti e strettoie zeppe di ostacoli rende particolarmente ostico il compito di raggiungere il traguardo e di traguardi da attraversare ne abbiamo ben 60 alcuni dei quali piazzati in zone piuttosto selvatiche come le foreste delle Montagne Rocciose. Il numero dei percorsi non è l'unico fattore a crescere in questo seguito che sembra orientato all'arricchimento più sfrenato del primo Flatout. I minigiochi diventano ben 12, sempre tutti orientati allo sfruttamento del motore fisico del gioco. Torna il tiro al bersaglio effettuato con il lancio del pilota attraverso il parabrezza e gli si affiancano discipline più articolate come il baseball. In ogni caso il comune denominatore è l'utilizzo indiscriminato e sadico del corpo del malcapitato pilota lanciato verso obiettivi e bersagli d'ogni sorta. Immancabili si presentano all'appuntamento anche le arene destruction derby dove, in mancanza di un percorso da vincere, resta il solo scopo di distruggere gli avverasri emantenere qualche bullone del nostro bolide attaccato alla carrozzeria. Anche le arene aumentano di numero e di varietà con saliscendi e ostacoli studiati per generare incidenti orgiastici di sicuro impatto e cresce il numero di veicoli disponibili arricchito da modelli piuttosto stravaganti di muscle car e furgoncini dotati di reattori areonautici. Troviamo infine anche un cambiamento che non ha a che fare con la sfera quantitativa e si tratta della possibilità di possedere più veicoli contemporaneamnete, si tratta di un cambiamento non radicale ma piuttosto rilevante ai fini dell'esperienza di gioco che ci permette di cambiare veicolo e strategia di corsa a seconda del percorso che ci attende. Il multiplayer a 8 giocatori completa il quadro di un titolo che pur non rivoluzionandosi cresce sostanziosamente nei contenuti ed è questa modalità la prima a beneficiare dell'aumento di arene e veicoli.