Eraserhead
Le realtà alternative di Silent hill sono una continua citazione della filmografia di David Lynch, e particolarmente per quanto riguarda la sua opera prima, il capolavoro visionario EraserHead. Realizzato in bianco e nero e privo di espedienti narrativi per far rivivere il cinema surrealista degli anni venti, è una sequenza di eventi privi di senso di cui l’interprete Henry è un’immagine come le altre, destinata a soffrire per l’eternità in un ambiente oscuro e disadattato, alternativamente silenzioso o rivestito da rumori terrificanti.
Silent Heaven
Il nostro viaggio a Silent Hill inizia, o meglio non inizia, con un sogno. Una breve allucinazione, eccessivamente realistica, da cui la giovane Heather si risveglierà poco dopo. Leggermente intontita, si dirige verso un telefono pubblico e conversa serenamente con il padre, in un contesto assolutamente ordinario. Un detective di mezz’età, apparentemente delegato di rintracciarla, si inserisce nella quotidianità delle ragazza, infastidendola tanto che quest’ultima tenta di sfuggirgli passando dal retro. E’ il tramonto, un inconsueto silenzio aleggia nell’aria. Alla quiete subentra il tormento, inspiegabili rumori di provenienza ignota riverberano la cupa atmosfera. I deliri sul paradiso di una misteriosa donna non sembrano lasciare dubbi: siamo stati attirati nel cerchio di follia della collina silenziosa. Tuttavia Silent Hill è piuttosto lontana, quali saranno le motivazioni di questa improvvisa espansione? E’ evidente in questo avvio, come già anticipato nell’introduzione, la decisione di riproporre i toni apocalittici del primo episodio, puntando sulla sensazione di terrore generata dalle ambientazioni alternative, stavolta nettamente più allucinanti e degradate. Come nelle opere di David Lynch, non mancano neanche le autocitazioni, tanto da avere la sensazione a tratti di assistere ad una riedizione, mitigata solamente da Heather, una delle interpreti più notevoli in un videogioco. La propria sensibilità tipicamente femminile, evidenziata da un’espressività e da un’emotività al limite dell’isterico, rende obsoleta la depressione esistenziale di James, narrata prevalentemente tramite il monologo interiore. L’introspettiva di Silent Hill 2 è comunque ancora parte essenziale della tecnica narrativa, soprattutto nella seconda parte, dove gli espedienti psicologici prendono il sopravvento violentando costantemente Heather, senza però mai raggiungere la complessità delle figure presenti nel prequel. Una leggera trasfigurazione, ed è venuto il momento di approfondire l’aspetto più criticato della produzione KCET, la struttura, prevalentemente inalterata com’era intuibile. La differenza più significativa rispetto alle altre avventure è rappresentata dalla presenza di due diverse realtà, una normale, in cui gli ambienti mantengono la loro composizione originale, e una alternativa, in cui diventano luoghi desolati adibiti alle orgie e alle torture di esseri indefinibili. Il contrasto non è solo estetico, ma innanzitutto strutturale, modificandone l’area esplorabile, i nemici, gli enigmi. Per il resto si tratta di un esponente del genere piuttosto classico, a cui sono state apportate delle lievi migliorie nell’interfaccia e aggiunte delle esche per i mostri, a dire il vero decisamente inutili. Chiudiamo con qualche considerazione veloce sulla longevità, discreta come al solito con la presenza di diversi finali ed extra da sbloccare, e sulla conversione, che comprende una valida traduzione in italiano e il selettore 50/60 Hz.
Breeze in Monochrome Night
La condanna ancestrale della città maledetta si riverbera accecante anche nella realizzazione tecnica, una delle più impressionanti emotivamente in assoluto. Le sequenze non interattive sono ora in tempo reale e possiedono un livello di dettaglio veramente elevato, soprattutto per quanto riguarda la stupefacente espressività degli interpreti, in particolare di Heather. E’ solo l’inizio di un microcosmo dell’assurdo, concepito interamente sull’asimmetria delle ambientazioni, solitamente curate, ma che nelle realtà alternative diventano sterminate distese di gelido metallo, sfocate riproduzioni delle atroci stanze di tortura medievali immerse nelle tenebre eterne. Atmosfera surreale ulteriormente definita da creature riprese dal più tetro degli inferni, costantemente in iper-tensione dall’eccellente impiego dei chiaroscuri e dell’illuminazione dinamica, cosi come dell’effetto nebbia volumetrica, divenuta impenetrabile nelle sua densità. Ottime le animazioni, mentre le inquadrature si rivelano eccessivamente coreografiche, imponendo al giocatore di sistemare la telecamera per una visione più opportuna degli ambienti. Akira Yamaoka, novello Nerone, volteggia tra le fiamme dell’incubo, intonando con le tastiere le sue consuete estasi di dolore, sofferenza stavolta pronunciata con brevi composizioni, e sottolineata essenzialmente da quell’ossessivo continuum aritmico riprodotto dalle atmosfere degradate di Eraserhead (vedi box).
Commento
Silent Hill 3 può essere definito l'ideale sintesi tra atmosfere agghiaccianti e tecniche narrative degne di nota. La trama rispecchia perfettamente i toni deliranti e apocalittici del primo episodio, inserendoli in un contesto interiore simile al secondo, con un’ interprete credibile come Heather, costantemente tormentata nelle proprie paure più recondite. Medesima enfasi è posta sulla realizzazione tecnica, ottima sia per quanto riguarda le terrificanti ambientazioni, ornate da effetti di luce e ombreggiature in tempo reale, che per quanto concerne i modelli poligonali, estremamente curati e verosimili negli atteggiamenti. E’ forse la struttura il punto debole di Silent Hill, priva di innovazioni significative, sebbene sia stata migliorata la gestione dell’inventario e il sistema di risoluzione degli enigmi. La longevità si attesta su buoni livelli per il genere, soprattutto considerando che è possibile settare la difficoltà degli indovinelli e come di consuetudine sono presenti diversi extra da sbloccare. Quindi in definitiva un titolo che, nonostante non raggiunga i vertici emotivi di Silent Hill 2, rimane comunque un’esperienza valida sotto diversi aspetti, in attesa di modifiche rilevanti che ne rinnovino le ormai antiquate concezioni.
- Pro:
- Tecnicamente pregevole
- Trama discreta
- Atmosfera colma di tensione
- Contro:
- Struttura ormai antiquata
- Ripetitivo
- Gestione imperfetta della telecamera
Silent Hill può essere definito l’ideale continuazione di Alone in The Dark. Non solo segnava il ritorno di citazioni letterarie e cinematografiche di un certo rilievo, a differenza di Resident Evil, ma ne riproponeva persino lo stile tecnico, più attento alla suggestione piuttosto che al dettaglio, e la medesima complessità degli enigmi. L'atmosfera malata di Silent Hill aveva però origini distinte: Era soprattutto un'illusione onirica, sospesa nel nulla spazio-temporale delle dissonanze industriali di Yamaoka. Il mosaico di paranoie ideato per il seguito diede maggiore rilievo alla tecnica narrativa, tratteggiando un dramma psicologico in cui il subconscio dell’interprete veniva costantemente tormentato in un crescendo malinconico e nichilista, che poteva concludersi solamente con la purificazione del sonno eterno. Un’ode al suicidio, sottolineata da voci suadenti, melodie eteree, rumori primordiali. Questa sorta di ermetismo ne impedì il riscontro positivo tra gli appassionati del primo episodio, attirati più da un comparto visivo atroce rispetto a stasi di contorta inquietudine. La finalità di Silent Hill 3 quindi è di realizzare un’estrema sintesi tra estetica disturbata e profondità interiore.