Essere identificato agli occhi del mondo come il "Dark Souls cinese", essendo emerso come uno dei progetti più interessanti del ChinaJoy vari mesi fa, può essere un'arma a doppio taglio, con la visibilità che dona un accostamento del genere e di converso la difficoltà di affermarsi sotto un'etichettatura di questo tipo. Tuttavia, bisogna dare atto a Sinner: Sacrifice for Redemption di aver provato a proporre qualcosa di veramente nuovo nell'ambito dei souls-like, come vedremo in questa recensione, e non è certo una cosa da poco, considerando quanto poco spazio sia concesso per le digressioni dal sentiero tracciato da Hidetaka Miyazaki e compagni in questa sorta di genere videoludico, le cui definizioni sono alquanto labili. Lo stesso concetto di souls-like è vago e scricchiola su diversi lati, perché di fatto la particolarità dell'esperienza di gioco è un tratto fondamentale dei titoli From Software, pertanto la pretesa di allargarne le caratteristiche fino a comprendere un intero genere sotto quei tratti così strani e peculiari sembra un po' un controsenso.
Tuttavia, che ci siano delle somiglianze tra i vari Souls e giochi come Lords of the Fallen e Nioh è indubbio, anche se pensare di accostare qualsiasi direttrice action RPG un po' più rigida e selettiva del normale alla visione di gioco di Miyazaki sembra un po' pretestuoso, perché certi elementi del gameplay esistono da ben prima che nascesse Demon's Souls. Se il dubbio può permanere per quanto riguarda i titoli suddetti, che si caratterizzano anche per un lore ben definito e una struttura piuttosto complessa, per Sinner: Sacrifice for Redemption è difficile non pensare che si tratti di un progetto costruito per inserirsi nella scia di Dark Souls e simili, anche per una produzione piuttosto limitata che ha spinto gli sviluppatori a concentrarsi su un'esperienza di gioco molto spartana e compatta, oltre ad affidarsi come di consueto a un livello di difficoltà veramente molto alto, per certificare ulteriormente la propria appartenenza allo pseudo-genere. I risultati hanno dimostrato subito un buon potenziale, con qualche dubbio che più o meno è rimasto intatto fino a questo punto.
I sette peccati capitali
La scelta di costruire una sorta di boss rush piuttosto che un videogioco dalla forma più standard potrebbe essere il riflesso di una certa limitatezza dei mezzi a disposizione del team indipendente Dark Star, ma si tratta comunque di una decisione coraggiosa, scegliendo di concentrarsi esclusivamente sul gameplay tralasciando tutto il resto, compresa la costruzione di una storia e di un lore convincente. Poco male, si potrebbe dire, nel caso in cui si riesca a trovare un approccio stilisticamente elevato che compensi il non detto con un'atmosfera davvero travolgente, purtroppo non è proprio questo il caso. Non che gli action RPG di questo tipo abbiano bisogno di una trama per andare avanti, come hanno dimostrato d'altra parte anche gli stessi Souls, ma se c'è una caratteristica che travalica dialoghi e cutscene è almeno la costruzione di un lore profondo e convincente, in grado quantomeno di coinvolgere e creare una sorta di sutura tra il giocatore e l'eroe senza nome sullo schermo.
In questo caso abbiamo a che fare con un misterioso viandante che si ritrova a combattere contro otto mostri, sette dei quali rappresentanti altrettanti peccati capitali. Le animazioni che aprono ogni scontro e illustrano qualcosa delle creature con cui dobbiamo batterci sono affascinanti e creano un certo interesse, ma tutto rimane estremamente superficiale e poco approfondito, rendendo difficile stimolare una vera connessione con lo strano mondo messo in scena, che resta sempre a metà tra l'esplicito e l'enigmatico, risultando in una sorta di costruzione abbozzata. Non che manchi l'atmosfera in Sinner: Sacrifice for Redemption, anzi il suo allontanarsi da certi cliché del dark fantasy ormai standardizzato è lodevole e la caratterizzazione di alcuni boss veramente azzeccata, ma nel suo ridurre tutto all'osso non dimostra di avere abbastanza carattere da sostenere un ermetismo narrativo così serrato e il tutto sembra limitarsi a una sorta di esercizio di stile un po' naïf.
Boss rush con delle particolarità
L'idea su cui si basa Sinner: Sacrifice for Redemption è la riduzione del souls-like a un insieme di scontri con i boss. Da una sorta di hub centrale è possibile accedere a sette livelli, ognuno dei quali contiene soltanto un boss fight, ovviamente molto difficile e particolarmente spettacolare. Si tratta dunque di impegnarsi subito al massimo, studiare i pattern d'attacco e lavorare di tattica per cercare di superare la prova, perché qui non ci si può affidare nemmeno al cuscinetto offerto dalla possibilità di dedicarsi al grinding per assottigliare il dislivello con il potere dei boss, né conquistare nuove armi e armature visto che la dotazione di base resta immutabile in ogni scontro. Il concetto è ridurre l'esperienza di questo genere al suo nucleo, spogliandola del grinding e dell'esplorazione per concentrarsi esclusivamente sull'intensità dello scontro più impegnativo, un'idea che sulla carta è anche molto interessante ma che crea dei problemi di continuità, carattere e compattezza dell'esperienza, lasciando l'impressione di una sorta di prototipo ancora lacunoso più che un gioco completo in ogni sua parte.
Non è peraltro l'unica caratteristica originale del gioco, che inserisce un'altra particolarità per incrementare il tasso tecnico degli scontri: prima di entrare in ogni arena, si subisce una sorta di penalità, con la riduzione di qualche statistica del protagonista. Si può trattare di un calo dei punti ferita, della riduzione della quantità di armi secondarie utilizzabili o della rottura dello scudo, che rende ostica la difesa, ma ogni boss richiede un pegno da pagare solo per essere incontrato e questo influisce fortemente sulle caratteristiche del personaggio, imponendo delle scelte e delle tattiche precise, che vanno a complicare ulteriormente le cose. È questo il "sacrificio" menzionato anche nel nome del gioco, che viene richiesto prima di entrare in ogni battaglia. Si tratta di una sorta di livellamento verso il basso invece che verso l'alto come solitamente accade negli action RPG, ed è a tutti gli effetti l'idea migliore e dal maggiore potenziale implementata in Sinner: Sacrifice for Redemption. La possibilità di scegliere l'ordine in cui affrontare i boss e i conseguenti sacrifici da effettuare per primi ricorda un po' l'impostazione classica della selezione livelli di Mega Man e impone un ulteriore livello di strategia con cui fare i conti, anche perché i vari sacrifici influiscono anche sui combattimenti successivi, imponendo un attento bilancio su quali eseguire per primi, con la possibilità di poterli "ritirare" nel caso in cui non sia stato ancora battuto il relativo boss.
Ferro e legno
Seguendo lo stile imposto dai Souls, il sistema di controllo è volutamente ostico e legnoso, simulando la pesantezza dei movimenti con armi e armatura attraverso una lentezza imposta dalla necessità di dare priorità all'animazione. Questo si traduce in un certo ritardo nella risposta agli input che però fa parte dello stesso gameplay, perché varia in base al tipo di arma utilizzata e rende le differenze di peso, potenza e agilità tra le varie soluzioni dell'arsenale veramente significative nel vivo dello scontro. La particolare impostazione di Sinner: Sacrifice for Redemption prevede un arsenale fisso, togliendo in questo modo un elemento interessante come la ricerca di nuove armi e la sperimentazione di diverse tipologie di equipaggiamento, trasformando il tutto nello studio di una strategia efficace per ogni diverso boss che è sostanzialmente univoca, o quasi. Pertanto, diventa necessario padroneggiare alla perfezione l'uso di ogni arma a corto e lungo raggio, perché le combinazioni e le possibilità di utilizzo alla fine non sono molte: questo, se da una parte richiede una tattica per certi versi ancora più ragionata, dall'altra rappresenta un certo impoverimento di uno degli elementi tipici degli action RPG.
Il team Dark Star è veramente di piccole dimensioni ma palesa una notevole ambizione, considerando le caratteristiche di questo progetto. Anche grazie all'estensione limitata dei suoi livelli, Sinner: Sacrifice for Redemption dimostra una notevole cura profusa nel comparto tecnico, sebbene emergano diverse ruvidezze tipiche di una produzione indie da parte di un team forse non ancora espertissimo. La caratterizzazione dei boss è veramente notevole, in particolare per quanto riguarda alcuni di questi che si presentano decisamente originali (Levin Undok con il suo aspetto quasi fiabesco, l'enigmatica e affascinante Chanel e l'inquietante Faiz Tilus restano alquanto impressi nella memoria, ad esempio) rendendo quasi tutti i boss fight dei momenti emozionanti e caratteristici. Lo stesso non si può dire dell'anonimo protagonista (la cui mancanza di tratti distintivi potrebbe però essere un effetto voluto) e di alcune sbavature tecniche che risultano piuttosto evidenti come una certa inconsistenza nel frame-rate e qualche animazione veramente poco raffinata, anche per quanto riguarda il personaggio principale.
Conclusioni
È certamente derivativo, ma Sinner: Sacrifice for Redemption si basa su delle ottime idee, almeno una delle quali in grado di proporre qualcosa di veramente nuovo nell'ambito dei cosiddetti souls-like ma anche degli action RPG in generale. L'idea della boss rush non è completamente inedita, ma il sistema di livellamento verso il basso attraverso i sacrifici è davvero interessante e in grado di proporre qualcosa di nuovo in questo ambito, incrementando progressivamente il tasso tecnico degli scontri. I boss presentano anche momenti memorabili, ma la struttura frammentata e la presentazione ermetica rendono difficile l'immedesimazione nel gioco, con un lore appena accennato e un sistema di combattimento necessariamente limitato, basandosi su un arsenale fisso. C'è ovviamente da tenere in considerazione le dimensioni ridotte della produzione, ma la mancanza di tessuto connettivo tende a far sembrare Sinner: Sacrifice for Redemption una sorta di prototipo concettuale più che un gioco completo in ogni sua parte.
PRO
- Boss fight molto interessanti
- Ottimo il sistema di penalità attraverso i sacrifici
- Atmosfera particolare e affascinante
CONTRO
- Manca un tessuto connettivo che tenga insieme il tutto
- Lore suggestivo ma per nulla approfondito
- Esplorazione e progressione del personaggio inesistenti