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Slave Zero X, la recensione del cyber biopunk resuscitato dai tempi del Dreamcast

Prequel di Slave Zero del 1999, X propone una giocabilità e uno stile completamente diversi, ci riporterà ai bei tempi o sarà un brusco risveglio di fredda realtà?

RECENSIONE di Damiano Gerli   —   21/02/2024
Slave Zero X, la recensione del cyber biopunk resuscitato dai tempi del Dreamcast

Nel 1999 un piccolo team alla Accolade si era invaghito dell'idea di realizzare uno sparatutto in stile squisitamente giapponese, con robottoni giganti in stile biopunk, ispirato ad artisti come H.R. Giger e Yasushi Nirasawa. Il risultato fu Slave Zero, pubblicato prima su Dreamcast e convertito poi per PC, uno shooter competente, ma che - vuoi anche per un mercato non proprio attento - sparì in fretta dai radar. Ancora oggi, però, è un titolo che continua ad avere uno zoccolo duro di ardenti fan ed è per loro che è stato creato Slave Zero X, un gioco sviluppato a distanza di 25 anni come prequel di quell'oscuro titolo Accolade.

Nonostante il quarto di secolo passato, gli sviluppatori hanno inserito tanti i collegamenti tra le due opere, per la gioia dei fan. Si tratta, però, di un fuoco di paglia: sia la trama, sia il gameplay, infatti, differiscono molto dall'originale. Ci troviamo di fronte a un hack 'n' slash fighting game in due dimensioni e non più un gioco in 3D come l'originale. Dai laser e missili vari passiamo a pugni, calci, e attacchi all'arma bianca. Riuscirà a essere un titolo consigliabile anche per chi non ha mai giocato l'originale? Scopriamolo nella recensione di Slave Zero X.

Shou dagli il tormento!

Una gustosa sciabolata ai nostri nemici
Una gustosa sciabolata ai nostri nemici

In X, guideremo Shou, un ribelle che ha deciso di appropriarsi di una delle unità mecha Slave, per sfidare il perfido sovrano Khan. Shou vuole fermare una volta per tutte il piano di Khan di usare queste inquietanti macchine "viventi" come armi da guerra. E cosa c'è di meglio che far partire la ribellione proprio da uno Slave? La storia, per la maggior parte, viene raccontata durante le sequenze di combattimento, dove assisteremo a scambi tra Shou e X, a volte divertenti, ma spesso difficili da seguire, soprattutto quando la battaglia s'infiamma. Per il resto, avremo diverse scene di intermezzo, con un buon doppiaggio disponibile sia in inglese che giapponese; peccato che la narrativa sia non proprio facilissima da seguire se non si è già a conoscenza del mondo di Slave Zero.

Se nella mod per Quake dedicata alla serie e intitolata Slave Zero Episode Enyo c'era un interessante misto di meccaniche, Slave Zero X è solo combattimento, nient'altro che combattimento. Troveremo delle sequenze pseudo-platform, ma son talmente difficili da controllare che, più che una piacevole pausa, sembrano un modo per non farci vedere l'ora di tornare a combattere. In questi frangenti Shou ha un classico doppio salto per destreggiarsi tra container e casse, oltre che per sfuggire a ostacoli, ma c'è questa sgradevole sensazione che il nostro mecha si "attacchi" alle piattaforme, rendendo ogni salto impreciso e faticoso.

Il sistema di combattimento

Bellissimi cambi d'illuminazione in alcuni momenti.
Bellissimi cambi d'illuminazione in alcuni momenti.

In una sorta di via di mezzo tra Devil May Cry e Strider, Shou ha a disposizione una buona dose di mosse e combo. Combinando un attacco potente con uno più leggero e una direzione del pad, potrete eseguire una ricca serie di mosse, alcune anche piuttosto curiose quali una "zampata" che crea un ammasso di carne e unghie che esce dal terreno. Sì, seriamente. L'idea è cercare di mantenere i nemici quanto più in aria possibile, mentre il vostro mecha fende l'aria con la spada verso l'alto. Problema è che, spesso, i nemici avranno lo stesso piacere a farlo con Shou.

Durante il combattimento dovremo tenere d'occhio, oltre alla classica salute, la barra "EX" che, una volta riempita, ci permetterà di eseguire le nostre mosse al massimo del danno possibile. Questa modalità si chiama "Fatal Sync" e consente anche di recuperare punti salute. Una piccola perla blu, invece, indica il "burst": quando è illuminata ci permetterà di "esplodere" lanciando via tutti i nemici intorno a noi; si tratta di un ottimo modo per uscire da qualche situazione spinosa. Infine, abbiamo un numero limitato di granate che possiamo tirare in faccia a qualche nemico antipatico. Visto che è possibile tenere premuto l'attacco pesante per far esplodere i nemici in goduriose esplosioni di carne, capirete che gli attacchi sono di numero molto generoso.

Per la difesa, oltre alla schivata che ogni tanto funziona e altre volte sembra una pessima idea, abbiamo la classica parata. Questa si esegue premendo, al momento giusto, la croce direzionale nella direzione in cui sta attaccando il nemico. Se necessario, anche più volte di seguito per più attacchi. Quindi, se questi vi è di fronte, dovrete premere a destra nell'esatto momento in cui sta attaccando.

Il button mashing come filosofia di vita

L'aureola segnala di aver attivato il Fatal Sync
L'aureola segnala di aver attivato il Fatal Sync

Onestamente, anche dopo diversi tentativi, ancora non è chiaro il tempo d'esecuzione della parata. A volte eseguita in maniera precisa funziona, altre volte il massimo della precisione porta al fallimento più completo. Insomma, di sistemi da imparare a menadito ce ne sono davvero tanti, ma non tutto sembra quagliare nel modo migliore. Si tratta di quel classico gioco che da vedere sembra un gran divertimento, poi quando ci metti le mani sopra è diverso. Qui, purtroppo, arriviamo al problema più grande di Slave Zero X: il sistema di combattimento sembra mancare il bersaglio, più che centrarlo. Anche dopo diversi livelli completati con successo, non abbiamo mai avuto la sensazione di essere in pieno controllo del mecha, ma bensì di essere alla mercé di una scalogna nera di tutti i colori (cit.).

Peggiora la situazione il fatto che tutta questa serie di combo, attacchi speciali, burst e granate non vengano introdotte in maniera graduale. Queste meccaniche, invece, sono frettolosamente spiegate all'inizio, tramite una serie di schermate (niente più che un vecchio manuale, insomma) e poi si parte. E sarà meglio abbiate capito tutto in dettaglio, perché sarete chiamati fin da subito a eseguirle tutte. E se all'inizio il gioco sembra abbastanza cauto con la difficoltà, già dopo pochi livelli, troveremo curiosi e repentini aumenti del livello di sfida che trasformeranno il tutto in un "premo bottoni a caso e speriamo bene". E la cosa curiosa? Spesso funziona pure! Terminando la campagna principale, 8/10 ore di gioco, si aprono contenuti endgame belli robusti che aumentano notevolmente la longevità.

In medio stat... malus

C'è sempre da sperare di non trovare troppe sezioni platform in Slave Zero X...
C'è sempre da sperare di non trovare troppe sezioni platform in Slave Zero X...

Tra un livello e l'altro - e a volte anche negli stessi livelli - ci saranno dei piccoli negozi in cui fare una pausa. Avremo la possibilità di spendere i soldi ottenuti durante le sessioni di combattimento (più è buona la vostra performance, più soldi otterrete) per rendere le nostre mosse più potenti, aumentare i punti salute e tutte le classiche cose. Insomma, quelle combo sarà meglio tenerle alte, altrimenti il grinding sarà tosto. Ci sono anche delle possibilità di personalizzazione del mech ma che, onestamente, non sembrano fare enormi differenze.

Non è ben chiaro cosa Poppy Works avesse intenzione di realizzare: un hack 'n' slash o un gioco di combattimento classico? Perché se la presentazione e le meccaniche son derivate dal primo, la complessità del sistema di combattimento e le troppe mosse speciali puzzano del secondo. Il risultato è una via mediana che risulta, almeno per ora, eccessivamente sbilanciata.

Peccato perché graficamente Slave Zero X esce imbattuto in un mare magnum di titoli retro tutti uguali, grazie alla squisita combinazione di sprite 2D su un motore 3D. Notevolissimo anche l'uso di luci e sprite aggiuntivi, un'atmosfera cyberpunk lurida davvero azzeccata. D'altronde, i Poppy Works volevano proprio realizzare un prequel che potesse sembrare uscito alla fine degli anni '90, in una timeline alternativa mai esistita. La colonna sonora segue con un misto d'industrial e drum'n'bass che funge da buon complemento all'azione.

Insomma, per quanto sia certo che il team sistemerà alcuni dei problemucci di Slave Zero X, trattasi d'altronde di un progetto di pura passione (d'altronde, il prequel di un misconosciuto titolo del '99...), purtroppo la base risulta poco stabile. Tra sistemi di combattimento complessi non spiegati a dovere (potete allenarvi con un nemico in una stanza vuota, stile picchiaduro 1vs1, ma fine), una trama difficile da seguire e zero giocabilità alternativa, Slave Zero X può essere consigliato solo ai veri fan del genere. Se vi piacciono i robottoni cybermecha e non vi dispiace imparare un complesso sistema di combattimento, Slave Zero X potrebbe remunerare il tempo investito. Altrimenti, meglio aspettare i saldi.

Conclusioni

Versione testata PC Windows 1.0
Multiplayer.it
6.5
Lettori (5)
6.3
Il tuo voto

Slave Zero X è un hack 'n' slash dalle meccaniche complesse che avrebbe richiesto più lavoro per renderlo più appetibile anche a chi non è in grado d'imparare subito decine di mosse speciali. Nonostante una stupenda grafica 2.5D e un buon comparto sonoro, la giocabilità soffre per le altalene tra facile/difficile e una ripetitività che fa capolino anche nelle 8/10 ore della storia principale.

PRO

  • Squisita grafica 2.5D tra PSX e 16-bit
  • Notevoli contenuti post-game

CONTRO

  • I complicati sistemi di attacco vengono spiegati frettolosamente
  • Difficile padroneggiare il combattimento anche dopo ore
  • Narrativa debole e difficile da seguire