Sul finire dell'ormai lontanissimo 2007, su YouTube venne pubblicato lo strambo ed accattivante trailer di Italian Spiderman, film diretto dal fantomatico Gianfranco Gatti e con protagonista Franco Franchetti negli attillati panni del supereroe nostrano caratterizzato da un vistoso paio di baffi e da un physique du rôle assolutamente spiazzante. La pellicola, a detta del proprietario del canale su cui è stato pubblicato il video in questione, risaliva agli anni '60 e, ancora inedita, si apprestava finalmente a debuttare dopo un miracoloso recupero ed un attento restauro.
Il suddetto lungometraggio, che sarebbe stato poi distribuito sempre su YouTube in più episodi, era in realtà il progetto, ambizioso e riuscitissimo, di una scuola di cinema australiana, un esercizio di stile di stampo trash, che non solo seppe accumulare milioni di visualizzazioni sulla nota piattaforma, non solo contribuì a comprovare le capacità registiche di Dario Russo, ma si configurò anche come un perfetto esempio di meta-narrazione.
Al film d'epoca che non era affatto un film d'epoca, fa oggi eco Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer, frutto, come viene narrato nell'intro del gioco, della visione di un sedicenne che, finalmente adulto, è riuscito a dare forma al videogioco dei suoi sogni, quello che aveva già progettato su un quaderno, mentre fingeva di prendere appunti durante le lezioni scolastiche.
Non solo. Questo FPS di stampo volutamente classico e retrò è anche il (più o meno) diretto sequel del lisergico Hypnospace Outlaw, bizzarro simulatore di Internet negli anni '90 in cui, tra le molte altre cose che accadevano, si aveva anche la possibilità di fare la conoscenza di Zane, "sviluppatore" di Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer, nonché protagonista stesso dell'avventura.
I ragazzi di Big Z Studios Inc., insomma, hanno voluto infondere sin dalle premesse una componente spiccatamente meta che di fatto caratterizza ed insieme giustifica l'esistenza stessa della loro creatura, FPS dal sapore speziato e adatto solo ad un ristretto e ben selezionato pubblico, nonché oggetto d'analisi di questa recensione di Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer.
Vendette cazzute
Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer, come il titolo lascia presupporre, parla di vendetta. Il buon Zane è un vigilante in erba nel pieno della sua adolescenza. Suona in una band, si gode a modo suo la scuola, nel tempo libero impara come si fa l'eroe, è preda di qualche delirio di onnipotenza e soprattutto si allena ad imprecare con tempismo e il giusto tono di voce. Il suo mondo viene completamente stravolto quando un gruppo di punk malintenzionati, tra cui figurano anche escrementi parlanti e teste demoniache volanti, decidono di mettere a ferro e fuoco la sua piccola cittadina del centro America, uccidendo al contempo il suo mentore e sua madre.
La trama, dichiaratamente scontata e priva di personaggi ben caratterizzati, si sviluppa attraverso pochi dialoghi e ancor meno filmati, che hanno però il grande merito di riprodurre stile ed estetica dei primissimi videogiochi in 3D. Transizioni ora sfumate, ora nette, collegano tra loro scene caratterizzate da timidi e nervosi movimenti di camera, sequenze non interattive attraverso cui vengono ripresi attori virtuali ovviamente avari di dettagli, mono espressivi, dalla carnagione e dai vestiti che ostentano colori acidi. Bisogna insomma apprezzare un certo tipo di estetica, di stile, di atmosfera per godersi appieno questi intermezzi narrativi. Gli amanti dei B-movie horror, dei film d'azione anni '90, chi è cresciuto scoprendo la trama dei propri videogiochi preferiti leggendola sui libretti d'istruzioni e tramite qualche striminzito dialogo adorerà le battute sboccate di Zane, la fotografia basilare, le immagini sgranate che caratterizzano l'incedere dell'intreccio.
Non aspettatevi chissà quali colpi scena nelle otto ore necessarie per giungere ai titoli di coda, né di assistere a particolari evoluzioni emotive del protagonista. La profondità è la stessa di uno Scary Movie qualsiasi e con questo spirito va approcciata. In ogni linea di dialogo, doppiata in inglese ma sottotitolata nella nostra lingua, manca la raffinatezza del gioco di parole, del doppio senso, della battuta ad effetto. Si ride per l'assurdità del contesto e per il semplice turpiloquio del nostro, non aspettatevi brillanti concatenamenti di parole e figure retoriche.
Lo stile retrò si riverbera ovviamente anche sul fronte grafico. Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer non ha alcuna intenzione di offrire all'utente un impianto estetico avveniristico e al passo con i tempi. Il modello di riferimento è Wolfenstein, Doom, il vecchio Duke Nukem. Le ambientazioni sono avare di dettagli, le animazioni per nulla fluide, le texture a bassa risoluzione, gli effetti speciali sono ridotti all'osso e caratterizzati da una resa retrò. Come Italian Spiderman recuperava l'estetica e lo stile dei polizieschi degli anni '60, la creatura di Big Z Studios Inc. vuole essere scambiata per un FPS pubblicato nel corso degli anni '90.
Anche da questo punto di vista, insomma, non si tratta di un gioco proteso al compromesso. Non c'è via di mezzo: o si adora lo stile adottato, o lo si detesta. L'art design del resto, tra poster, nemici bizzarri e quartieri residenziali composti da graziose villette, ricalca in tutto e per tutto trend, mode e gusti del decennio sopracitato. Il risultato globale è coerente, credibile, piacevole, a patto di entrare in sintonia con i dettami estetici promossi dal gioco.
Sbudellamenti retrò
L'illusione di trovarsi tra le mani un FPS dei bei tempi andati non si infrange affatto quando se ne assapora il gameplay. Rispetto ai padri fondatori del genere, l'unica apertura alla modernità che si concede Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer è la gestione completamente libera e fluida della mira.
Per il resto, cioè che valeva per il Doom del 1993, compreso il ritmo e il gusto per i collezionabili nascosti in ogni dove, vale identico anche in questo caso. I livelli, dalle dimensioni relativamente contenute, propongono lo stesso mix di sparatorie, fasi platform e risoluzione di enigmi legati per lo più al reperimento di chiavi o meccanismi da attivare per spianarsi la strada e raggiungere così il traguardo di turno.
Non c'è spazio per chissà quale tipo di interazione con lo scenario, né il lo schema dei controlli si articola in comandi complessi o numerosi. Si spara, si cambia arma, si interagisce con lo scenario attraverso l'unico pulsante deputato al compito, stop. Lo stesso arsenale non si compone di molte bocche di fuoco. L'arma bianca, una coppia di pistole, una sorta di fucile a pompa, un bizzarro lanciagranate, un lanciamissili e un cannone gatling rappresentano il campionario di strumenti di morte di cui potrà servirsi il protagonista durante la sua carneficina.
Eppure, nella sua basilarità, Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer tiene incollati allo schermo. Il risicato backtracking richiesto nei livelli, il ritmo con cui si avvicendano le orde nemiche, la relativa varietà di scenari proposti, il buon feedback restituito da ogni arma, catturano il videogiocatore in un piacevole vortice di furiose sparatorie e momenti in cui si esplora palmo a palmo l'ambientazione in cerca del sentiero celato.
In ogni caso, non è certo in questo gioco che troverete qualcosa di originale, vista la dichiarata intenzione degli sviluppatori di battere, in ogni senso possibile, un sentiero già percorso in passato, confezionando, semmai, un tributo dall'aspetto familiare e già noto per gli appassionati di lungo corso del genere.
Conclusioni
Graficamente arretrato, per nulla originale, volgare. Ma ha anche dei difetti. Slayers X: Terminal Aftermath: Vengance of the Slayer è in tutto e per tutto un tributo, un emulo degli FPS dei primi anni '90. Proprio per questo è difficile sconsigliarlo a chi ha vissuto quegli anni e oggi li rimpiange. L'art design, il ritmo dell'azione, la concezione del level design è volutamente derivativo. Gli sviluppatori hanno scientemente e volutamente ricalcato e riproposto le stesse formule che fecero la fortuna di giochi come Doom e Wolfenstein. Le sei, sette ore che impiegherete per compiere la vendetta di Zane sono piacevoli, adrenaliniche, divertenti al punto giusto, ma vi appassionerete davvero a questo gioco solo se siete inclini allo stile proposto. Se cercate qualcosa di originale, di innovativo, che sia al passo con i tempi guardate altrove.
PRO
- Vecchia scuola in tutto e per tutto
- Gunplay adrenalinico al punto giusto
- Tanti sentieri nascosti da scoprire
CONTRO
- Non tutti apprezzeranno l'approccio vecchia scuola
- Arsenale fin troppo risicato