Qualcuno una volta ha detto che un eroe è qualificato dai suoi nemici. E Spider-Man di nemici memorabili ne ha avuti tanti, nei fumetti e anche al cinema. Merito di grandi interpretazioni, ma anche momenti più propizi rispetto a questi anni in cui i cinecomic arrivano al cinema continuamente: se un tempo il Dottor Octopus di Alfred Molina doveva vedersela con pochi rivali, oggi fra un Thanos, un Loki e vari Joker, giusto per scomodare la Distinta Concorrenza, è più difficile ritagliarsi uno spazio.
Così Spider-Man: No Way Home, l'ultimo film ad arrivare al cinema e il terzo a vedere Tom Holland nel ruolo del protagonista, voleva essere un omaggio alla storia cinematografica del Tessiragnatele. Quale scusa migliore del Multiverso, il nuovo leitmotiv del Marvel Cinematic Universe, per mettere lo Spider-Man di Jon Watts contro un banda di nemici provenienti dai film di Sam Raimi e Marc Webb?
Complice una tecnologia sempre più strabiliante e un portafoglio senza limiti, i Marvel Studios hanno riunito un cast sopra le righe per una battle royal che si avvicina allo spirito dei fumetti supereroistici anche più di quanto abbiano fatto i film degli Avengers. Però in questo Spider-Man: No Way Home c'è qualcosa di più. Qualcosa di più intricato e profondo che ha a che fare col modo in cui l'Uomo Ragno di Tom Holland è entrato nel nostro immaginario, restando sempre come fuori posto, all'ombra degli "adulti".
Scopriamo di cosa di tratta nella recensione di Spider-Man: No Way Home.
Non si torna a casa
Non vogliamo anticiparvi nulla che non abbiate già visto nei trailer, nel materiale promozionale o sulle locandine, perciò ci limiteremo a illustrare la premessa doverosa per la nostra analisi. No Way Home inizia dove finiva Far from Home, con Spider-Man smascherato in mondovisione da un video montato ad arte da Mysterio. Ora che tutti sanno chi è Peter Parker, la vita è diventata impossibile per lui e per gli amici e gli affetti più cari. Giunto al punto di saturazione, Peter si rivolge al Dottor Strange per lanciare un incantesimo che richiama la controversa saga a fumetti Soltanto un altro giorno: l'idea è quella di far dimenticare a tutti la sua doppia identità. Il rituale è rovinato letteralmente da una gag e sortisce un effetto imprevisto, ovvero che cominciano ad arrivare dal multiverso tutti quelli che conoscevano l'identità di Spider-Man.
Doc Ock, Goblin, Electro, Uomo-sabbia, Lizard... praticamente tutti i cattivi, o quasi, dei film di Sam Raimi e Marc Webb. Il modo in cui la sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers li catapulta nella storia è forzato, quasi pretestuoso, ma questi personaggi non sono carne da cannone, non sono nemesi usa e getta per le scene d'azione, ma individui ben delineati che hanno i loro retroscena e le loro peculiarità. Il film tende a essere persino didascalico nel suo rispetto nei confronti delle pellicole originali, ma incredibilmente riesce a conferire a questi personaggi uno spessore ancora maggiore, cesellando le loro storyline cinematografiche con chicche e dettagli che sono oro puro per gli spettatori cresciuti insieme a esse. Il film di Watts, per esempio, calca la mano sul rapporto tra Otto Octavius e Norman Osborn - Alfred Molina e Willem Dafoe giganteggiano, neanche a dirlo - rimarcando come i due si conoscessero sebbene non avessero mai condiviso una scena insieme prima di oggi.
Tuttavia è nell'interazione col Peter Parker di Tom Holland che questo film, figlio della cultura dell'hype, trova la sua dimensione. Sin da quando si è cominciato a parlare di Multiverso e crossover meta-cinematografici, No Way Home ha portato sulle spalle un peso ingombrante, l'eredità di quello Spider-Man: Un nuovo universo che ha rischiato nell'animazione la stessa strada, vincendo a mani basse e conquistando persino un Oscar. In più, No Way Home rappresenta il ritorno del cinema Marvel più commerciale dopo la pandemia, perché Shang-Chi ed Eternals sono film validi, ma sicuramente non sono l'Uomo Ragno.
E lo Spider-Man di Tom Holland aveva bisogno di un film come questo perché doveva emanciparsi. Figlio di accordi commerciali e tiri alla fune su diritti e royalties, Tom Holland si era intrufolato nel Marvel Cinematic Universe come se fosse arrivato anche lui da un altro universo: senza origin story, senza un film tutto suo, era spuntato in Captain America: Civil War e aveva cominciato la sua carriera cinematografica in medias res. Era vissuto della luce riflessa degli Avengers e in particolare di Iron Man, questo Spider-Man.
I suoi film esasperavano i toni comedy del Marvel Cinematic Universe: gli unici ad avere un adolescente per protagonista, affrontavano i grandi temi del supereroismo con la spensieratezza tipica di chi ha una cintura di sicurezza o un grosso materasso su cui cadere dopo un salto nel vuoto. Lo Spider-Man di Tom Holland ha avuto il Tony Stark di Robert Downey Jr. e la zia May di Marisa Tomei e poteva permettersi le leggerezze di un giovane eroe alle prime armi, tanto sarebbe finito tutto bene perché chi andava al cinema a vedere i film di Watts si aspettava esattamente questo: il lato divertente dei cinecomics. Ma in questo modo il nuovo Spider-Man non si evolveva mai e restava l'eterno Peter Pan in calzamaglia colorata.
No Way Home rovescia completamente questa prospettiva. È un film in cui non mancano l'ironia, la commedia e le battute sceme - alcune funzionano bene, altre molto meno - ma ha un insospettabile lato oscuro che emerge soprattutto nella seconda parte della pellicola, ma non solo. È Peter che deve fare davvero i conti con le conseguenze delle proprie azioni, conseguenze per le quali, a volte, non ci sono scappatoie, cinture di sicurezza o scintillanti miliardari in armatura.
Le origini di Spider-Man
Non abbiamo mai visto il ragno radioattivo mordere Tom Holland, ma è in questo film che il suo Peter Parker diventa veramente Spider-Man. In questo senso, No Way Home è una delle origin story più coraggiose e inusuali che abbiamo visto. E riesce a esserlo senza ricorrere alla trappola della nostalgia. I film con troppi nemici sono spesso guardati con sospetto e diffidenza, specie dopo quello Spider-Man 3 che di antagonisti ne aveva proprio tre e non riusciva a gestirne bene neppure uno. Il nostro timore era che No Way Home facesse la stessa fine, o proponesse solo comparse incensate dal marketing a favore della spettacolarità di scena. Invece no. No Way Home è uno Spider-Man insospettabilmente introspettivo che riesce a gestire con grande equilibrio un cast fondato solo in parte sulla conoscenza pregressa dello spettatore.
Jon Watts non è un regista geniale e le sue riprese sono abbastanza ordinarie, ma ha un ottimo senso per la spettacolarità e la dinamicità nelle scene d'azione, che sono fluide, chiare anche in notturno e sofisticate al punto giusto, complici effetti speciali d'eccellenza che mostrano il fianco solo nella computer grafica che riproduce le fattezze di Thomas Haden Church e Rhys Ifans nelle poche scene in cui assumono forma umana. Ma il regista ha già lavorato con gran parte del cast, che sembra particolarmente a suo agio in un po' tutte le scene. La chimica tra Holland e Zendaya è perfetta, forse perché i due giovani attori sono ora una coppia di fatto anche fuori dal set, e Benedict Cumberbatch resta un fantastico Steven Strange che promette grandi cose nel suo nuovo film in uscita a maggio. Convincente anche l'Electro di Jamie Foxx, un villain che ruba la scena a tutti gli altri.
Vorremmo dirvi di più di questo Spider-Man: No Way Home, ma per spiegarvi con precisione cosa ci ha convinto meno dovremmo sconfinare nel territorio delle anticipazioni, un vero campo minato. Vi rimandiamo quindi a uno specialino che pubblicheremo tra qualche giorno e che ci permetterà di sviscerare i dettagli più gustosi e di inquadrare meglio la direzione che prenderà Spider-Man nel Marvel Cinematic Universe. Qui possiamo limitarci a dire che Spider-Man: No Way Home, per chi ha apprezzato i due precedenti film con Tom Holland per protagonista, è una conclusione pressoché perfetta di questa prima trilogia. Una porta spalancata verso il futuro e l'età adulta che, finalmente, ha raggiunto anche questo Peter Parker. Ma è anche un film che resta in riga e che non ha cambiato improvvisamente audience: è ancora una storia "young adult" che potrebbe far storcere il naso a chi cerca un cinecomic più serio o impegnato.
C'è anche una parte di questo autoreferenziale fattore nostalgia che funziona più per l'affetto di una certa parte del pubblico e per le sue ripercussioni creative e/o commerciali che per la sua effettiva riuscita in senso narrativo. Si aggrappa alla sospensione dell'incredulità anche più del solito, che per un cinecomic è già paradossale, ma in definitiva è ciò che i fan di Spider-Man volevano e hanno avuto. Quando le luci si accendono in sala, dopo le due immancabili scene post-credits, resta la consapevolezza che la storia non si ripeterà, ma il solo fatto di esserci stata significa molto per chi con l'Uomo Ragno cinematografico ci è cresciuto.
Conclusioni
Multiplayer.it
8.0
Spider-Man: No Way Home porta i fumetti sul grande schermo come non era mai successo, perché le battle royale tra personaggi provenienti da vari universi sono affari bislacchi che non sempre riescono sulla carta, figuriamoci con attori in carne e ossa. Il regista Jon Watts, invece, vince una scommessa che rischiava di ritorcergli contro un hype smisurato. Il suo nuovo film non è solo un tributo a Spider-Man come eroe cinematografico, ma anche l'origin story di cui aveva bisogno la versione interpretata da Tom Holland, che ora finalmente si regge sulle sue gambe ed è pronta a prendere il posto che gli è sempre spettato nel Marvel Cinematic Universe.
PRO
- Finalmente anche l'Uomo Ragno di Holland trova la sua dimensione nel MCU
- Il cast è eccellente e i tanti personaggi hanno tutti il giusto spazio
CONTRO
- L'umorismo è più misurato ma alcune gag restano comunque discutibili
- Qualche forzatura nella narrativa al servizio del fanservice