Sapore di mare
La prima caratteristica che salta all'occhio di Suikoden IV, già dal filmato introduttivo (un assemblaggio di frammenti di cutscene, che purtroppo fa rimpiangere la meravigliosa introduzione animata del prequel), è che questa volta l'avventura si svolge per mare, tra le Island Nations, una sorta di arcipelago formato da una moltitudine di isole-stato, 100 anni prima degli eventi che avranno luogo nel primo Suikoden. In una di queste isole, Gaien, viene addestrato duramente un piccolo esercito di cavalieri, e neanche a dirlo il protagonista di Suikoden IV è uno di questi soldati: orfano, cresciuto dalla nobile famiglia Vingerhut presso la quale ha stretto amicizia con il giovane erede Snowe, il nostro alter-ego si prepara alla cerimonia che ufficializzerà il suo ingresso, e quello dei suoi compagni d'armi, nell'esercito di Gaien. Suikoden IV inizia in mare, durante l'ultimo allenamento dei nuovi cavalieri di Gaien, che introduce il clima gioioso di una festa a lungo attesa e la spensieratezza di un gruppo di giovani soldati le cui missioni sono sempre all'acqua di rose, per via della pace che regna tra le Island Nations. Una pace che, palesemente, è destinata ad essere bruscamente interrotta: è proprio durante una missione, boicottata dall'assalto di un manipolo di pirati, che si manifesta la leggendaria Runa del Castigo, che si dice doni al suo possessore immensi poteri distruttivi in cambio però di un terribile prezzo. Ma chi sarà, e perchè sopratutto, il nuovo portatore della Runa Maledetta? Quale sarà il suo fato, e quello delle 108 Stelle del Destino che si narra si riuniscano nei momenti di crisi per proteggere il mondo dalle più oscure minacce? Konami ci racconta una nuova favola con la solita maestria, che per quanto condita dagli ormai inevitabili clichét del genere RPG (e della saga di Suikoden) regala poetici momenti di estrema drammaticità od epicità, e alcuni tra i più caratterizzati personaggi di sempre, come lo stesso Snowe Vingerhut, un giovane pavido ed egocentrico che saprà mostrare il suo cuor di leone e maturare come nel più cavalleresco dei racconti.
La risacca dei cambiamenti
Come si diceva in apertura, Suikoden IV fa un passo indietro, dal punto di vista non solo narrativo, ma anche ludico. Giocare Suikoden IV a tratti è come giocare un RPG della "vecchia scuola", senza complicati menù da gestire, assurde statistiche da tenere d'occhio o complesse manovre di combattimento. I cambiamenti rispetto al terzo episodio interessano in particolare il sistema di combattimento: ancora scontri casuali (purtroppo eccessivamente frequenti), ma questa volta gestiti in modo meno astruso ma anche meno originale. Non più sei eroi divisi in tre file alle quali assegnare i vari comandi, ma un party di quattro personaggi ai quali dare ordini individualmente, nel modo più classico possibile, tra colpi normali, magie runiche (che per fortuna non colpiscono più un'area col rischio di danneggiare le nostre unità) e gli immancabili attacchi combinati che coinvolgono più protagonisti in spettacolari animazioni dagli esiti devastanti (o quasi). Al classico e frequente sistema di combattimento "party contro nemici" si affiancano ancora una volta i più rari Duelli, che coinvolgono in un epico testa a testa uno dei protagonisti e il cattivone di turno, e le nuovissime battaglie navali, che rimpiazzano gli scontri campali che hanno hanno reso celebre la saga. Se nei primi due Suikoden avevamo a che fare con vere e proprie guerre tra dozzine di unità con un sistema che ricordava la morra cinese, se nel terzo episodio le battaglie di massa diventavano una sorta di partita a scacchi, in un capitolo ambientato per i mari Konami ha implementato delle vere e proprie battaglie tra galeoni che ricordano quelle ammirate in Skies of Arcadia (Dreamcast, GameCube): semplici e intuitivi, ma anche spettacolari, i monumentali scontri tra la nave dei nostri eroi e le flotte avversarie sono uno dei momenti più attesi durante l'avventura, in quanto estremamente divertenti e strategici. Non manca ovviamente la possibilità di reclutare le Stelle del Destino per costruire un mini-esercito che ingrandirà e modificherà la base operativa dei protagonisti rendendo disponibili nuovi mini-giochi, negozi e varie opzioni per ampliare le possibilità dei giocatori tra un combattimento e l'altro. Sulla carta Suikoden IV quindi si presenta come un titolo estremamente vario e coinvolgente, ma il discorso da fare è un po' più complesso. E' vero che negli ultimi anni abbiamo visto una proliferazione a dir poco esagerata del genere RPG, ed è anche vero che gli ultimi titoli con cui abbiamo trascorso intere nottate hanno presentato meccaniche sempre più complesse e a tratti esasperate, ma la strada da intraprendere ora dovrebbe essere l'ideazione di un RPG che possa divertire con un sistema di gioco semplice e originale, e se possiamo assicurare la semplicità a tratti spiazzante di Suikoden IV, d'altra parte non si può parlare di originalità visto che per questo quarto capitolo Konami non ha fatto altro che pescare a piene mani nei due prequel a 32 bit, dei quali vengono riproposti numerosi elementi ludici e narrativi. Abbandonato l'originale Trinity Sight System in favore di un racconto senz'altro avvincente ma banale nella narrazione, abbracciate scelte del passato che hanno fatto la differenza anni fa ma che di certo ora non sorprendono, la Konami presenta quindi un episodio che è un po' un mix dei primi tre Suikoden, ma che manca di quella magia e novità che caratterizzava perfino il discusso prequel per PlayStation 2.
Il vento soffia anche nella direzione giusta
Sul piano tecnico non serve neanche considerare i due prequel, che ricordiamo erano bidimensionali, ma rispetto a Suikoden III, abbiamo una metamorfosi eccezionale. Il terzo episodio, uscito in versione giapponese ben quattro anni fa, stupiva positivamente per la qualità estetica delle location, ma allo stesso tempo non si può dire che deliziasse l'occhio la modellazione approssimativa e rozza di personaggi e mostri, dalle animazioni legnose e innaturali e dalle texture scialbe e a tratti monocromatiche. In Suikoden IV fortunatamente la qualità delle ambientazioni è rimasta invariata, gratificando il giocatore con paesaggi di rara bellezza incredibilmente dettagliati, e contemporaneamente i personaggi e le creature, ostili e non, sono stati realizzati con proporzioni realistiche (nel prequel erano super-deformed) e con un livello di dettaglio decisamente alto, pur seguendo il nipponico character design, forse meno raffinato dei prequel ma decisamente gradevole, nonostante le proporzioni discutibili adottate in certi casi. Le stesse animazioni, deludenti in Suikoden III, sono nel capitolo IV naturali, fluide, realistiche. Non mancano ovviamente i soliti effetti speciali particolarmente coreografici che accompagnano magie e attacchi speciali, qui ancora più definiti e spettacolari che nel prequel, dove erano il punto di forza dei combattimenti. Ancora, un nuovo elemento per il quale Konami sembra avvicinarsi ai moderni RPG è la regia delle cutscene che, praticamente assente nel prequel, esplode in questo episodio in una serie di sequenze non interattive che spettacolarizzano i momenti salienti della trama. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora pregevole, ottimamente composta, buon accompagnamento per le battaglie, l'esplorazione e le molteplici cutscene, ma non particolarmente ispirata, così come il doppiaggio: molto buono, sopratutto per quanto riguarda i personaggi principali, ma non eccellente. Davvero paradossale come il nuovo RPG Konami si sia avvicinato agli standard tecnici odierni, pur ancorandosi a un passato ludico ormai troppo remoto.
Criticare Suikoden IV è difficile, ingiusto. Sarebbe come criticare quanto di meglio gli RPG ci abbiano offerto in questi anni, sarebbe come colpevolizzare e sminuire un sistema di gioco sempli ma efficace e coinvolgente, una trama avvincente e un comparto tecnico più che buono. Eppure, Suikoden IV si rivela a tratti deludente. Il recente Metal Gear Solid 3 della stessa Konami mette in discussione le regole della sequelizzazione: un "3" nel titolo per un gioco ambientato prima dei predecessori e che si gioca in un modo del tutto nuovo (o quasi). Suikoden IV è nella stessa situazione: quarto episodio di una saga, ambientato prima dei "prequel", eppure non c'è nulla di innovativo (la navigazione non basta) da invogliare gli appassionati di RPG nella sua fruizione. Tutto sembra già visto. Ed è un peccato, perchè Suikoden IV ha molto da offrire a chi ha voglia di avventurarsi tra le Island Nations per le quaranta ore necessarie a completare l'avventura senza impegnarsi in mini-quest accessorie. I fan della saga lo ameranno (come non potrebbero, con tutti i volti familiari che compaiono durante l'avventura?), ma i patiti del genere saranno colti da deja-vue continui mentre i casual gamers potrebbero trovarlo fin troppo all'antica per i loro gusti più moderni. Che dire, quindi? Suikoden è Suikoden, è una fiaba che regala momenti splendidi, ma è anche un videogioco e come tale possiamo solo sperare che l'immancabile sequel (o prequel?) possa godere dell'inventiva che a casa Konami questa volta è venuta meno.
- Pro
- E' Suikoden
- Trama avvincente
- Semplice e godibile...
- Contro
- ... ma visto e rivisto
- Non tutti i personaggi sono ben caratterizzati
- Combattimenti casuali monotoni e troppo frequenti
L'uscita del terzo capitolo della saga di Suikoden, RPG di punta della Konami, è passato quasi in sordina, a causa anche della mancata commercializzazione sul territorio europeo. Anche, ma non solo. Suikoden III, uno dei migliori RPG che PlayStation 2 ospita nella sua ludoteca, è anche uno dei giochi più difficili da giudicare, in cui un comparto tecnico men che mediocre fa a pugni con una profondità ludica incredibilmente notevole. Ma i fan della saga a questa sfida tra la tecnica e il gameplay sono abituati, in fondo anche i primi due episodi, per PSOne, si sono battuti con la grafica tridimensionale di titoli come Final Fantasy e i suoi spettacolari Full Motion Video. Il punto di forza di Suikoden (letteralmente "La Leggenda della Luna Scarlatta") è sempre stata una trama avvincente, narrata in modo ineccepibile e intrecciata a un sistema di gioco estremamente appagante. Non a caso Suikoden III è l'episodio più complesso anche dal punto di vista narrativo, grazie alla trovata del Trinity Sight System e ai suoi tre protagonisti, la cui posizione e il ruolo nel complesso intreccio permettono di gustarlo da prospettive differenti. E in un'era videoludica in cui si favorisce la spettacolarità delle immagini e dei suoni, la profondità di Suikoden III sia in America che in Giappone è passata quasi in secondo piano. E' stato quindi piacevole scoprire l'anno scorso che la Konami stava per tirar fuori dal cilindro un nuovo episodio della saga, più al passo coi tempi dal punto di vista tecnico, e ambientato cento anni prima degli eventi del primo, leggendario Suikoden, un'idea non certo originalissima (sembra che alla Konami stiano puntando sui finti sequel/prequel, basti pensare a Metal Gear Solid 3) ma neanche priva di fascino. E così adesso ci troviamo davanti Suikoden IV, dove i ruoli sono invertiti: tecnicamente notevole, ludicamente retrò. Com'è possibile?