Il quadrato del Sator è una delle più antiche ed appassionanti particolarità del nostro passato. Se ne parla poco, ma a ben vedere è un quadrato magico che può essere considerato anche il primo puzzle, il primo scioglilingua e le prime parole crociate del nostro passato più remoto. Sator Arepo Tenet Opera Rotas, cinque parole di cinque lettere ognuna che, inserite all'interno di una quadrato, possono essere lette in ogni verso, creando un palindromo.
Non è un caso che in Tenet, chiave centrale del Quadrato e titolo dell'ultima pellicola di Christopher Nolan, siano presenti tutte e cinque, ognuna a rappresentare qualcosa di profondamente diverso e maledettamente vicina alla sua natura originale. Questa recensione di Tenet sarà totalmente priva di spoiler, anche perché a ben vedere sarebbe quasi impossibile anticipare un rompicapo come questo, impegnativo ed esplosivo anche nella mente di chi, come chi scrive, ha avuto la fortuna di vederlo con un po' di anticipo rispetto all'uscita pianificata per domani, 26 agosto 2020.
“Non cercare di capirlo... Sentilo”
Con queste parole il Protagonista - questo l'appellativo con il quale chiama sé stesso, per una ragione ben precisa seppure inconscia - viene a conoscenza di Tenet e dell'inversione del flusso tempo. Un atto di fede che è esattamente lo stesso che Nolan chiede allo spettatore. Lì dove uno splendido Ken Watanabe chiedeva lo stesso ad un Leonardo Di Caprio sognatore in Inception, mettendo noi nella posizione di comprendere tutto, qui invece ci lascia al principio, non ci prende per mano e racchiude all'interno di due ore e mezza i suoi vent'anni di sperimentazione sul tempo.
Tenet è un film dannatamente difficile. Indubbiamente il più ambizioso della ventennale carriera di Nolan: perché lì dove si è sempre giocato con i piani temporali - siano essi quelli del sogno di Inception o della relatività di Interstellar, o anche solo quelli della dilatazione del racconto di Dunkirk - questa volta Nolan esagera nella maniera più splendida possibile. Riavvolge il tempo, poi lo rilascia, poi lo accartoccia su se stesso e lo distende di nuovo, creando un'opera che non ha precedenti dal punto di vista della messa in scena e che compie gli stessi identici gesti sulla mente degli spettatori.
Matrix, c’eravamo tanto amati
Tenet inganna, perché inserisce il suo tema apparentemente portante, quello dell'inversione dell'entropia e quindi lo sconvolgimento della cronologia del tempo, come fosse centrale nel racconto, per poi cucirci sopra tanti film diversi. Si dice da un'eternità che il grande regista è quello capace di toccare diversi generi nella propria carriera: Nolan lo fa in un'unica splendida pellicola in 70mm. Dentro Tenet c'è lo 007 da sempre voluto e che ancora non ha girato, il war movie riadattato, la fantascienza, l'action più puro e perfino il dramma familiare, tutti intrecciati tra loro con l'obiettivo di salvare tutti noi da qualcosa di "peggiore dell'olocausto nucleare".
La salvezza del mondo è d'altronde sempre importante per Nolan, per alcuni addirittura esagerata, ma certamente così chiara e nuda di fronte allo spettatore che, seppur scettico, finisce per crederci. Così come ci credono i protagonisti di una storia che arriva sempre prima di loro, li precede e li corrode, chiamandoli a loro volta ad anticipare loro stessi e il tempo che scorre.
Sono questi gli elementi portanti di un'opera che guarda lontano, ma senza arrivarci fisicamente mai. Fantastica sul futuro tornando al passato, gioca con la pillola blu e la pillola rossa di "Matrixiana" memoria. Lo fa in una miriade di momenti, parlati, scenografati e fotografati. Non abbiamo intenzione di rovinarvi la sorpresa ma pensateci quando vedrete il film, quando vi troverete ad analizzare una fotografia talmente desaturata che esplode nei suoi colori sgargianti e vividi dei momenti "temporalmente" importanti.
Nolan gioca con sé stesso, si mette alla prova nell'incastro di un puzzle difficilissimo da districare e quasi impossibile da comunicare nei tempi e nei ritmi. Un film che lascia interdetti ai titoli di coda e che si dipana dopo, con i minuti, con le ore. Un film di quelli che genuinamente richiedono più visioni per essere apprezzati in ogni loro infinitesimale dettaglio. E meno male, ci verrebbe da dire.
Il potere della nuova squadra
Sappiamo tutti come il montaggio ed il suono siano fondamentali da sempre nella poetica di Nolan. Il rapporto di lunga data con Lee Smith e Hans Zimmer sono alla base della riuscita di alcuni dei momenti più iconici della filmografia del regista angloamericano. La doppia mancanza ha da sempre spaventato tutti, portando però sullo schermo un lavoro particolareggiato e intimo, affiancato a location più vere, smorte e profondamente europee rispetto al passato.
L'accompagnamento di Ludwig Göransson è magistrale, complice anche la forte scuola Zimmeriana della sua musica, capace di stare costantemente dietro al racconto, avvicinando in questo Inception a Dunkirk, probabilmente i due film più lontani tra loro nella carriera di Nolan, ma allo stesso tempo accostabili all'essenza di questo Tenet. Lo stesso vale per il montaggio di una Jennifer Lame distante anni luce da questo mondo, ma così a suo agio nella ricerca dell'intimità di un dramma familiare intenso e che fa da sfondo all'intera vicenda.
Questi due elementi si accostano alla solita fotografia dell'immancabile Hoyte van Hoytema, e disegna sul volto e sui corpi del cast la disperazione di un tempo che corre avanti e indietro e che sta per travolgerci tutti. Non manca sir Michael Caine, omaggiato dallo stesso nome del suo personaggio, al quale si aggiungono un Washington bravissimo protagonista, un Robert Pattinson sempre più in corsa per diventare uno dei migliori attori della sua generazione (oltre che avere dalla sua un personaggio splendido) e una Elizabeth Debicki statuaria e fortissima, madre disperata e donna di altissima classe. A chiudere il cerchio quel Kenneth Branagh che torna dopo Dunkirk e che racconta un villain umano e maledetto, come maledetto è il suo passato.
Conclusioni
Multiplayer.it
8.0
Dopo sei mesi di chiusura forzata, Tenet non rappresenta solo la salvezza del proprio microcosmo narrativo, ma idealmente quella di tutto il cinema. Giustamente scelto come film della riscoperta della sala, non possiamo che spingervi ad andare a vederlo lì dove è pensato che venga visto. Tenet è l'apoteosi di quello che l'esperienza cinematografica più regalarci oggi ed è anche la summa di un lavoro ventannale che dovrà necessariamente, dopo questa volta, mutare profondamente e virare su altri lidi. Nolan racchiude tutto il suo cinema e la sua poetica in un film incredibilmente elitario e allo stesso tempo dedicato a tutti, che è un po' quello che da sempre solo lui è in grado di fare così bene. Un'opera con una delle messe in scena e dei montaggi più ambiziosi della storia di quest'arte.
PRO
- Non avete mai visto una roba del genere
- Il tempo è tangibile, nella messa in scena e nel montaggio: pazzesco
- Il cast è meraviglioso e suona all'unisono
- Una carriera in un film solo
- Non abbiamo rimpianto Hans Zimmer...
CONTRO
- ...nonostante forse la mancanza di un suo tema riconoscibile ed imperante
- Per alcuni, che per qualche motivo hanno trovato difficile Inception, questo sarà incomprensibile