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Star Wars The Acolyte - La seguace, la recensione della nuova miniserie su Disney+

L'ultima miniserie di Star Wars su Disney+ non convince fino in fondo: cerchiamo di capire cosa è andato storto e cosa si salva di questa prima volta dell'Alta Repubblica in TV.

RECENSIONE di Christian Colli   —   18/07/2024
La locandina di The Acolyte - La seguace

Sulla carta la nuova miniserie di Star Wars prometteva scintille: prima produzione televisiva ambientata nell'era dell'Alta Repubblica - un'epoca raccontata finora solo in romanzi e fumetti - avrebbe dovuto mostrarci le sfumature di grigio nell'Ordine dei Jedi che avrebbero portato al catastrofico ritorno dei Sith nella trilogia prequel. Un progetto ambizioso, costato 180 milioni di dollari e massacrato da folle di odiatori che ormai avvelenano da tempo i pozzi della famosa galassia lontana lontana, viziato dallo spietato confronto con la prima stagione di Andor che un annetto fa ha settato letteralmente nuovi standard qualitativi per le produzioni Lucasfilm.

Se i primi quattro episodi ci avevano fatto ben sperare, al netto di alcune perplessità sia tecniche che narrative, dobbiamo dire di aver concluso la visione della serie con l'amaro in bocca per un potenziale enorme, ma purtroppo largamente sprecato. Vi spieghiamo perché nella nostra recensione di Star Wars: The Acolyte - La seguace che inevitabilmente conterrà qualche spoiler sulla storia.

Un'opera fuori fuoco

Il finale di stagione tutto sommato ha centrato il bersaglio, con un lungo episodio che ha risposto a diverse domande, ne ha sollevate di nuove e ha gettato le basi per una seconda stagione - che non si sa se si farà - tra un paio di cammei importantissimi. Ma bastano un Sith famoso, un Jedi ancora più famoso e un gran bel duello finale a salvare la serie dagli scivoloni del passato? La risposta ovviamente è no, ma l'ultimo episodio di The Acolyte ha sostanzialmente confermato le nostre impressioni, e cioè che la creatrice della serie Leslye Headland abbia costruito la storia intorno ai duelli col misterioso Sith, che sono indubbiamente la parte migliore di tutta la produzione, grazie anche a una coreografia degli scontri assolutamente stellare.

Il Sith interpretato da Manny Jacinto è uno dei personaggi più carismatici di Star Wars
Il Sith interpretato da Manny Jacinto è uno dei personaggi più carismatici di Star Wars

Il problema è sorto nel momento in cui The Acolyte è stata descritta come un "thriller" o meglio ancora un "giallo con i Jedi", cosa che ci ha fatto immediatamente pensare all'ottimo volume a fumetti Sentiero di ombre, scritto da Daniel José Older per la linea dell'Alta Repubblica targata Marvel Comics. Ma per costruire un giallo non basta imbastire il mistero; bisogna saperlo anche strutturare nel corso di vari episodi, cosa che The Acolyte peraltro riesce a fare più che discretamente nella prima metà della stagione, costruendo un enigma a catena che incalza la curiosità dello spettatore, ma che in seguito viene artificialmente prolungato da interruzioni frustranti e rimandi continui che esasperano l'insoddisfacente risposta nel penultimo episodio.

E così la serie diventa uno Star Wars abbastanza classico, perdendo quel guizzo di originalità che aveva promesso per tuffarsi in una mitologia complicatissima, articolatasi in decenni di film, cartoon, fumetti e romanzi. L'idea era quella di usare questa storia per raccontarci il declino dei Jedi, le crepe nella loro granitica convinzione che avrebbero aiutato i Sith a rovesciare la galassia nella trilogia prequel, stabilendo perciò un collegamento tra l'Alta Repubblica e la Saga degli Skywalker.

Per fare tutto questo, però, serviva un cast all'altezza, e bisogna dire che in quanto a personaggi e colpi di scena gli scrittori di The Acolyte hanno preso delle decisioni molto rischiose, che meritano rispetto e che sicuramente annoveriamo tra gli aspetti migliori della serie. Il cast ha funzionato per la maggiore, grazie al contributo di attori del calibro di Lee Jung-jae (che interpreta il tormentato Maestro Sol) e Manny Jacinto (un villain di incredibile carisma) nei ruoli primari, ma anche di ottime prove secondarie come quelle di Dafne Keen (la Padawan Jecki) e le sempre affascinanti Carrie-Anne Moss (la Maestra Indara) e Jodie Turner-Smith (la strega Aniseya).

Ma se Jung-jae e Jacinto rubano letteralmente ogni scena, lo stesso non si può dire per Amandla Stenberg, che interpreta le due protagoniste gemelle Osha e Mae. La Stenberg in fondo non è male, anche se eccessivamente rigida, ma i suoi personaggi sono troppo asciutti per condurre una storia di cui sono elementi chiave, sia nel passato che nel presente. Si finisce per provare davvero poca empatia nei confronti della loro tragica sottotrama, che passa praticamente in sordina, mentre si vorrebbe scoprire di più sull'antagonista che vorrebbe fare di almeno una delle due La seguace che dà il titolo alla serie.

Le basi per una seconda stagione

Alla fine The Acolyte - La seguace è una serie fuori fuoco che non si capisce bene cosa voglia raccontare. La critica alla presunta moralità dei Jedi è chiara e netta, soprattutto negli ultimi episodi e per voce di una guest star d'eccezione come David Harewood, e serve a spiegare meglio, casomai ce ne fosse ancora bisogno, cosa ha portato Anakin Skywalker a scoppiare nella trilogia prequel. Ma in questo senso, la Headland e soci abbozzano soltanto gli aspetti più controversi della mitologia di Star Wars, senza mai scendere in profondità. Si parla di Sith, seguaci, vergenze, midi-chlorian e quant'altro, lasciando lo spettatore più casual a grattarsi la testa in balia di termini, nozioni e riferimenti praticamente incomprensibili. Soprattutto perché la tarda Alta Repubblica di The Acolyte è molto più vicina all'estetica della trilogia prequel, il che confonde ulteriormente le idee.

Le gemelle protagoniste Osha e Mae, interpretate da Amandla Stenberg, non convincono.
Le gemelle protagoniste Osha e Mae, interpretate da Amandla Stenberg, non convincono.

Però è proprio in questo che sta la forza (con la f minuscola) di The Acolyte. L'ultimo episodio, che sembra quasi appartenere a una serie diversa, è un trionfo di citazioni che dimostrano una conoscenza vasta e intelligente della mitologia di Star Wars, dai condotti di aerazione a risucchio ai cristalli kyber che sanguinano, passando per tecniche come la Respinta della Forza molto care a chi ha giocato i vecchi Il potere della Forza o i più recenti Star Wars: Jedi di Respawn. In questo senso, il finale di stagione, riuscitissimo anche per regia e montaggio, si eleva sopra tutti gli altri episodi per distacco: sembra letteralmente il momento cardine, quello intorno a cui è stato costruito un prodotto inutilmente lungo per quello che voleva essere o raccontare.

La regola d'oro solitamente è questa: se lo spettatore comincia a impuntarsi - genuinamente, eh, non tanto per pignoleria gratuita - sui problemi di scrittura, sul realismo di uno space fantasy e sulle incongruenze microscopiche, allora il prodotto di intrattenimento che stiamo guardando ha fallito nella sospensione dell'incredulità. Un'opera come Star Wars deve indurre lo spettatore a credere che sia possibile l'impossibile, distraendolo come un prestigiatore. Il finale di stagione ci riesce, ma lo stesso non si può dire per gli episodi precedenti.

Il Maestro Sol di Lee Jung-jae è un Jedi tormentato e affascinante.
Il Maestro Sol di Lee Jung-jae è un Jedi tormentato e affascinante.

Lo status quo è cambiato nell'epilogo, col personaggio di Vernestra Rwoh (interpretato da Rebecca Henderson) che assume un ruolo probabilmente molto più centrale nella storia, essendo la protagonista di varie storie nell'Alta Repubblica cartacea. Per assurdo, si potrebbe dire che The Acolyte cominci soltanto ora, alla fine della prima stagione: alla successiva toccherà finalmente entrare nelle dinamiche del rapporto tra i Jedi e il Senato della Repubblica, mostrare il vero genio del male che tira tutti i fili dietro le quinte, forse raccontare nuovamente una storia Legends - quella di Darth Plagueis il Saggio - che Lucasfilm non ha mai confermato né smentito.

Ma un eventuale The Acolyte 2 dovrà intervenire su molti aspetti più tecnici, dal montaggio schizofrenico - che ancora una volta tradisce le probabili riscritture dei copioni - alle chiusure un po' troppo autoriali con le canzoni pop sui titoli di coda che, va bene dare un tocco personale alla propria creazione, ma non c'azzeccano assolutamente nulla col linguaggio di Star Wars. Come abbiamo detto, il potenziale c'era, era enorme, e il team di The Acolyte è riuscito a esprimerlo veramente soltanto nell'ultimo episodio di una serie tutto sommato apprezzabile ma sotto le aspettative.

Conclusioni

Multiplayer.it

6.0

The Acolyte - La seguace era una serie ambiziosa, contraddistinta da un ampio margine di manovra, che forse sarebbe dovuta finire in mani diverse: Leslye Headland e il suo team hanno dimostrato una conoscenza enciclopedica nei confronti di Star Wars ma anche che qualche volta tutta la passione di questo mondo non basta a mettere insieme otto episodi intorno a un paio di duelli spettacolari. Perché The Acolyte ha assolutamente i suoi momenti, che apprezzeranno soprattutto i fan, e si chiude con un finale di stagione soddisfacente, ma ci arriva col fiato corto, scivolando troppo e malamente soprattutto nella seconda metà della serie. Le basi per una seconda tranche di episodi ci sono tutte, ora bisognerà capire se li vedremo e se cambierà qualcosa a monte per rendere questo esperimento televisivo veramente indimenticabile.

PRO

  • Alcuni tra i migliori duelli in carne e ossa con le spade laser
  • Manny Jacinto e Lee Jung-jae impeccabili
  • Tantissimi riferimenti per i fan hardcore di Star Wars

CONTRO

  • Problemi di scrittura evidenti soprattutto nella seconda metà
  • La duplice protagonista non convince
  • Montaggio e regia spesso dozzinali