Mentre guardavamo scorrere i titoli di coda dell'ultimo episodio di Andor - proprio l'ultimo, la serie si conclude con questa seconda stagione - e attaccava l'iconica fanfara di Star Wars, per un momento ci siamo sentiti privilegiati ad aver fatto indirettamente parte di questa storia: quante volte può capitare, nell'arco di una vita, di salire su un picco così alto? E dire che non eravamo sicuri che il team di Tony Gilroy sarebbe riuscito a bissare il successo della prima stagione, non ora che la storia doveva ricollegarsi a un'inevitabile climax che conosciamo troppo bene, dovendo trovare nuovi modi per stupirci.
Eppure Andor 2 ha ridicolizzato le nostre altissime aspettative, tenendoci aggrappati alla poltrona per dodici episodi in cui la tensione ha raggiunto livelli stellari, raccontandoci Star Wars sul piano più umano e familiare possibile fino a farci scordare che di Star Wars si tratta: forse il più grande pregio, per assurdo, di un'opera televisiva che avvicina la fantascienza a una realtà di resistenza e coraggio più attuale di quanto crediamo. Vi raccontiamo tutto nella nostra recensione senza spoiler.
Una storia universale
Quella raccontata nella seconda stagione di Andor è una storia che dovremmo conoscere molto bene. È la nostra storia, la storia dei nostri nonni o bisnonni, una storia di resilienza e resistenza, di paura e di coraggio, e anche di ingiustizia perché il fine può giustificare i mezzi o forse no, dipende dai punti di vista. Proprio qui sta il cuore pulsante della seconda stagione di Andor, che è una storia di umanità in tutte le sue sfumature, in una galassia lontana lontana che solo pochi romanzi dell'Universo Espanso hanno ritratto nella sua familiare quotidianità tra Fruttivendoli, matrimoni, pranzi con le suocere. È un approccio talmente insolito che a tratti ci si dimentica che stiamo guardando Star Wars, e forse è proprio questo il pregio più grande di Andor: è una storia universale che non ha bisogno di fanservice e ammiccamenti per reggersi sulle sue gambe.
Che i fratelli Gilroy fossero scrittori di grande talento lo sapevamo già, anche se Andor 2 come la prima stagione è quello che si definirebbe uno "slow burn": se la prende comoda, mette tutte le pedine al loro posto contando sulla pazienza e sull'attenzione dello spettatore, percorrendo una curva ascendente che in alcuni episodi mette anche una forte ansia tanto magistralmente sono gestiti tempi e dialoghi. Ogni parola ha un peso, ogni espressione, ogni movimento. In fondo non conosciamo il destino di nessuno di questi personaggi a parte Cassian Andor e Mon Mothma, quindi sono tutti potenzialmente sacrificabili, specie quelli che non sono ricomparsi in qualche maniera nei film o nelle serie TV cronologicamente successive.
Il merito naturalmente va riconosciuto anche a i registi dei dodici episodi, divisi tra Ariel Kleiman, Janus Metz e Alonso Ruizpalacios, e alla colonna sonora di Brandon Roberts, sempre puntuale, attenta alle scene, perfettamente in sintonia con la sceneggiatura. Nonostante i registi siano tre, Andor mantiene una coerenza stilistica grazie alla suddivisione in archi narrativi che si svolgono ciascuno a un anno di distanza dal precedente, scandendo un preciso conto alla rovescia che conduce alla fatidica battaglia su Scarif di Rogue One.
In questo senso, il primo arco narrativo è probabilmente quello che spiazza di più, apparentemente il più debole dei quattro nella struttura e nella progressione, anche perché nei tre episodi iniziali il protagonista interpretato dal bravissimo Diego Luna ha uno spazio decisamente minore rispetto al resto del cast, impegnato com'è in una sottotrama che in apparenza sembra avere poco senso, quando invece serve a cementificare l'instabilità di una ribellione che non è costituita da una banda di eroi senza macchia e senza paura, ma da schegge impazzite, spaventate e confuse. I primi tre episodi servono a fare il punto sulla situazione, svelandoci com'è cambiata la vita dei vari personaggi nei mesi successivi alla fine della prima stagione: dove sono, cosa fanno e perché lo fanno.
Senza anticiparvi nulla di eclatante, ritroviamo Cassian alle prese con le sue missioni per conto di Luthen Rael mentre l'Alleanza Ribelle prende forma su Yavin, sostenuta dagli sforzi sottobanco di Mon Mothma e Bail Organa. Intanto, l'Impero sta muovendo i suoi passi finali nella costruzione della Morte Nera, nascondendo i suoi piani dietro un famigerato progetto di energia sostenibile che fa capo a Orson Krennic: Ben Mendelsohn torna a interpretare l'insidioso antagonista di Rogue One e, nonostante il suo limitato tempo in scena, riesce a essere, se possibile, ancora più spregevole. Per inciso, il suo ruolo in questo grande disegno è perfettamente comprensibile ma vi suggeriamo la lettura del romanzo Catalizzatore (Catalyst, in lingua originale) che approfondisce la storia della Morte Nera e il suo rapporto con Galen Erso.
La Morte Nera nei dettagli
Il corpo centrale della stagione è composto da due archi narrativi incentrati sul pianeta Ghorman, un mondo che gli appassionati di Star Wars dovrebbero conoscere molto bene perché rappresenta il punto di svolta nella storia della Ribellione all'Impero. Fino a questo momento, il cosiddetto "massacro di Ghorman" ha avuto due nature: una canonica e l'altra Legends, raccontata cioè nelle opere che Lucasfilm non ha (ancora) riconosciuto ufficialmente. I Gilroy e il loro collaboratore Beau Willimon sono riusciti a conciliare le due versioni nella seconda stagione di Andor: i due archi narrativi raccontano la nascita della resistenza su Ghorman, inscenando i molteplici conflitti dietro le quinte e legandola a doppio filo con il personaggio di Mon Mothma, una Genevieve O'Reilly che è riuscita a superare persino l'incredibile interpretazione della prima stagione.
La seconda stagione di Andor non dimentica certo gli antagonisti, in particolare la fanatica Dedra Meero e il pavido Syril Karn: sono due personaggi che riservano più di una sorpresa, anche se l'Imperiale interpretata da Denise Gough è una vera e propria forza motrice della storia. Vi abbiamo detto che Andor è una storia di sfumature umane, incarnate praticamente da ogni personaggio, ma il lavoro che i Gilroy hanno fatto sugli Imperiali, dalla Meero a Karn passando per il maggiore Partagaz è davvero incredibile. Diventa difficile odiarli anche se sono evidentemente i cattivi della situazione, semmai si nutre un profondo disprezzo nei loro confronti, controbilanciato solo dalla sensazione di disagio che si prova a vedere i presunti ribelli cospirare gli uni contro gli altri, alimentando una tensione degna di una storia di spionaggio. Del resto la scuola è quella dei Bourne cinematografici, non ci si poteva aspettare di meno.
Se dovessimo fare l'elenco dei personaggi incredibilmente sfaccettati, realistici e magistralmente interpretati che compaiono nelle dodici puntate di Andor 2, finiremmo per scrivere un papiro. Ciascuno ha qualcosa da dire, nessuno è lasciato al caso. Emergono naturalmente alcune vere e proprie star: il mefistofelico Luthen Rael del gigantesco Stellan Skarsgård è insospettabilmente oscurato negli ultimi episodi dalla sua glaciale assistente Kleya Marki, interpretata da Elizabeth Dulau che, in questa stagione, ha un ruolo molto più decisivo e coinvolgente. È il destino di alcuni personaggi introdotti nella prima stagione e qui meglio caratterizzati, come per esempio Bix Caleen, anche se un po' dispiace che altri, tipo Vel Sartha e Cinta Kaz, abbiano pescato la pagliuzza più corta (regalandoci, comunque, alcune scene veramente memorabili e struggenti).
L'ultimo arco narrativo è quello che conduce direttamente a Rogue One e che risponde - probabilmente non come pensate - ad alcune domande su certi personaggi, ricollegando la storia alla trilogia originale di Star Wars. E nonostante sappiamo già tutto ciò che accadrà in seguito, lo scrittore Tom Bissell e il regista Alonso Ruizpalacios riescono a inscenare un trittico che tiene col fiato sospeso, intrufolandosi nelle dinamiche della Ribellione e della gerarchia imperiale per mettere ancora più in evidenza certe zone d'ombra. Sorprende, soprattutto, il modo in cui è gestito il segreto della Morte Nera: cioè, noi sappiamo che cos'è, che cosa farà e come funziona, eppure restiamo appesi alle labbra dei ribelli inconsapevoli, alla paura palpabile di un'arma ancora senza nome, dalla potenza ignota ma terrificante. Andor 2 tratteggia la questione, la centellina di proposito, trasformandola in un vero e proprio spauracchio nell'ombra che inquieta pure noi spettatori.
La seconda stagione di Andor è ipnotica. A tratti fa scordare tutto ciò che sappiamo su Star Wars, trascinandoci in un vortice di speranza e disperazione. Racconta - con un tempismo fatidico - una guerra impari contro la prepotenza, la crudeltà e il sopruso, combattuta da piccole persone che non sono eroi e che si aggrappano alla speranza o si autoconvincono di farlo. Andor 2 non è lo Star Wars della Forza, delle spade laser e delle battaglie spaziali, ancor meno di quanto già non lo fosse la prima stagione: è un capolavoro di tecnica e scrittura, sostenuto più dal trucco, dai costumi e dalla fotografia che dalla computer grafica allo stato dell'arte.
Andor è una serie di cui si potrebbe parlare troppo poco, bollandola come "il solito Star Wars" quando è tutto tranne che questo. Tony Gilroy ha già dimostrato la versatilità di un marchio che può rivolgersi a tutti, veicolando significati e messaggi senza ricorrere a un'iconografia arcinota e sicura o al caldo abbraccio dei fan. La seconda stagione di Andor conferma la sua intuizione, prendendo ancora più distanze da un immaginario di comodo - quella Morte Nera, appena sussurrata, dopo tanti episodi - per affidarsi alla sola qualità dell'intreccio, alla bravura degli interpreti, alla meticolosità degli artisti che hanno lavorato a costumi, trucco e digitalizzazioni. Per intenderci, se la stessa storia fosse stata ambientata sulla nostra Terra, durante la Seconda Guerra Mondiale, avrebbe funzionato lo stesso: l'universo di Star Wars è solo un valore aggiunto.
Lucasfilm ha profuso uno sforzo enorme nella realizzazione di questo prodotto, sfidando anche certe convenzioni. La nuova stagione è molto più violenta della precedente, sfiorando persino la rappresentazione di un tentativo di stupro, chiamato proprio col suo nome e senza troppi giri di parole: rispetta, insomma, l'intelligenza e la maturità dello spettatore, senza farsi vincolare da un marchio che si è rivolto per anni a grandi e piccini. In questo senso, Andor come serie e la seconda stagione, in particolare, si pongono come uno stacco veramente netto, sperando che non sia solo una parentesi unica ma un corso che altri talentuosi scrittori o registi intraprenderanno. Ma dopo la spensierata Skeleton Crew di qualche mese fa, la seconda stagione di Andor raggiunge un picco, forse, inarrivabile... con buona pace di chi starnazza che la Disney ha ucciso Star Wars.
Conclusioni
Multiplayer.it
10
È difficile descrivere le sensazioni che lascia la seconda stagione di Andor, in particolare di questi tempi. Star Wars è sempre stato una favola che racconta lo scontro tra le forze del bene e quelle del male, ispirate a una storia vera che sta prepotentemente tornando d'attualità, e Andor sembra quasi metterla in scena, ricordandoci i delicati equilibri, le sfumature, le vite spezzate, la speranza che alimenta la resistenza. È una storia universale che Lucasfilm ha consegnato nelle migliori mani possibili: il fatto che riesca a comunicare anche con chi mastica zero Star Wars è già un grandissimo traguardo di per sé, che ci riesca con questa qualità generale è praticamente un miracolo. Alla fine, questo non è neppure Star Wars: è semplicemente cinema.
PRO
- Scrittura di altissimo livello
- Il cast è incredibile ma alcuni attori si sono davvero superati
- È tutto tranne che fanservice ma gli appassionati apprezzeranno i dettagli
CONTRO
- Il primo arco narrativo ingrana lentamente
- Avremmo voluto saperne di più su qualche personaggio meno presente